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Autore: caleidoscopio    26/03/2014    3 recensioni
È palese affermare che, se si vogliono vincere i famosi Hunger Games, non si possono provare sentimenti.
Questo, al Distretto 2, lo sanno tutti bene, inclusa Clove, che a furia di sentirselo ripetere da sua madre se ne è anche convinta.
Clove è stata una bambina particolare, ai suoi tempi, con i capelli di cenere che le incorniciavano il viso sveglio, e con gli occhietti scuri e attenti costantemente spalancati, ma soprattutto con quello spirito caparbio che l’aveva sempre caratterizzata – e messa nei guai.
E aveva soltanto sei anni quando imparò a maneggiare il suo primo coltello.
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cato, Clove
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Imaginary Heart.
Glory and gore go hand in hand.






È palese affermare che, se si vogliono vincere i famosi Hunger Games, non si possono provare sentimenti.
Questo, al Distretto 2, lo sanno tutti bene, inclusa Clove, che a furia di sentirselo ripetere da sua madre se ne è anche convinta.
Clove è stata una bambina particolare, ai suoi tempi, con i capelli di cenere che le incorniciavano il viso sveglio, e con gli occhietti scuri e attenti costantemente spalancati, ma soprattutto con quello spirito caparbio che l’aveva sempre caratterizzata – e messa nei guai.
E aveva soltanto sei anni quando imparò a maneggiare il suo primo coltello. Suo padre l’aveva preparata bene, a quell’evento; le aveva mostrato il modo corretto in cui impugnarlo, come evitare di ferirsi con la lama affilata, e come lanciarlo. Le aveva permesso di allenare fin da piccola una mira perfetta fatta di lame e bersagli attaccati alle pareti di legno del capanno degli attrezzi.
Ed era stata picchiata quando, un anno di coltelli dopo, aveva chiesto con l’assoluta innocenza che solo una bambina può avere: “Ma cosa succede se poi, nell’arena, nessuno combatte?”
Lo aveva domandato anche ai suoi amici, a scuola, ma le uniche risposte che aveva ricevuto erano state le occhiatacce stranite di bambini che, ormai, di innocente non avevano più neanche i lineamenti del viso.
E un’esclamazione: “Se nessuno combatte, tu ammazzali tutti!”
Perché al Distretto 2, tutti vorrebbero solo parteciparci, agli Hunger Games, e rendere orgoglioso il loro preziosissimo distretto. Giusto?
Sì, ma cosa succede se poi, quando i tributi sono nell’arena, si rifiutano di ammazzarsi a vicenda?
La ragazza non lo chiede più ad alta voce, dopo aver insistito inutilmente per tanto tempo e per tanti schiaffi. Ma il pensiero continua ad assillarla, anche quando ormai ha nove anni ed è la più brava del corso di autodifesa a cui sua madre l’ha iscritta.
A dieci anni ci pensa ancora su, incerta.
A undici si da della stupida, e si dice di smetterla. Ormai mancano solo dodici mesi alla sua possibile estrazione agli Hunger Games, la prima della sua vita.
Anche se sa che quella ragazza più grande della sua scuola vorrebbe farsi volontaria. Vorrebbe vincere, ammazzarli tutti, quei “fottuti, deboli, bastardi”. Sa che ha ancora tempo a disposizione…
A quattordici anni, poi trasmettono la migliore edizione degli Hunger Games di sempre. La preferita di Clove, che comincia a prenderci gusto, che non si perde neanche un respiro di quei tributi così singolari, così spietati e interessanti.
Ed è a quindici anni che suo padre butta lì la frase che le avrebbe cambiato la vita. “E perché non ti fai volontaria?”
Lo dice con talmente tanta nonchalance che all’inizio Clove non ci fa neanche caso. Continua a masticare la sua cena con tranquillità e con lo sguardo perso nel vuoto, finché, finalmente, le parole non le arrivano al cervello e le danno la scossa.
“Come?” esclama. Forse ha capito male.
“Sei brava con i coltelli” comincia suo padre. No, non ha capito male. “E poi… non sei stufa di sventrare solo le lucertole che trovi per strada?”
“O i manichini del corso” aggiunge la madre, annuendo. “Dicono che li fai a pezzi.”
Ma le persone non sono lucertole, e neanche manichini.
Giusto?

Quando Clove compie sedici anni, il giorno della mietitura arriva in un lampo.
Ha addosso un vestito che prima non aveva mai messo, ha i capelli lunghi raccolti in una coda bassa, una strana espressione sul viso, e si dirige verso la piazza del Distretto.
E non può fare a meno di pensare: “ma in cosa diavolo mi sto ficcando?”
In qualcosa di più grande di te, risponde la parte sana del suo cervello. Quella parte che, con il corso degli anni, si è rimpicciolita sempre di più fino a diventare un innocuo moscerino ronzante nella mente corrotta della ragazza.
Sei ancora in tempo per tirarti in dietro.
Ma poi, cosa penseranno tutti di me?
Clove scuote la testa.
Penseranno che sono una debole, una vergogna per il Distretto.
Ed è allora che Clove capisce veramente di non avere altra scelta, non dopo che i suoi genitori avevano passato l’intero inverno spargendo la voce di una sua possibile offerta come tributo volontario del il Distretto 2 agli Hunger Games.
E, prima ancora che uno qualsiasi dei bigliettini dentro la grande boccia di vetro possa essere estratto, lei esclama con voce ferma e squillante: “Mi offro come tributo volontario!”
E ha fatto la sua scelta. Le teste dei suoi amici e dei ragazzi del Distretto le rivolgono un mix di sguardi che variano dal curioso, al sorpreso, al sollevato, mentre cammina decisa verso il palco.
Sale con passo fermo, e risponde a tutte quelle occhiate con un unico, inquietante, sorriso sarcastico, che più che un sorriso sembra un ringhio, un ghigno sprezzante che solo un’assassina potrebbe rivolgere alla sua vittima. Oppure una brava attrice, a seconda dei casi.
Ecco che si eleva dal pubblico un’altra voce, questa volta maschile. Un altro tributo volontario.
Ha i capelli chiari, lui, e una strana luce che gli illumina gli occhi azzurri. Una scintilla di follia che in Clove provoca un lungo brivido gelato sulla schiena, che la scuote come una scarica elettrica.
Il ragazzo non la perde di vista per tutto il tragitto fino al palco. La fissa dritta negli occhi, la scruta come un predatore studia la sua preda.
La guarda senza lasciar trapelare nessuna espressione. Ma Clove non è intimorita. È incuriosita.
E anche un po’ contenta, mentre gli applausi e le urla di approvazione si elevano dal pubblico. Un pubblico formato dai suoi parenti, dai suoi amici, conoscenti, compatrioti che esultano per il suo sacrificio – per la sua condanna a morte.

In Clove non c’è più niente della bambina che a sette anni aveva ragionato per ore su cosa potesse accadere ai tributi se, una volta nell’arena, si fossero rifiutati di combattere. Non da quando è diventata lei stessa un tributo, almeno. Non da quando ha conosciuto Cato e ha scoperto di volerlo rendere, in qualche modo, fiero di lei.
Non fiero nel modo in cui sarebbe la gente del suo distretto se vincesse, ma in modo… diverso, strano, che lei non ha mai provato prima. Vorrebbe che Cato le dicesse: “Brava, Clove, sei la migliore.”
E quelle parole le andrebbero bene anche dette con il solito ghigno maligno che Cato tiene sempre incollato al volto, purché a dettarle, quelle semplici sillabe, sia proprio lui.
Clove, da quando è diventata un tributo e ha conosciuto Cato, ha imparato cosa vuol dire “non provare pietà”, perché Cato vuole vincere. Cato vincerà, e la vuole nella sua squadra, nella sua alleanza di favoriti, e lei ne è felice.
Ogni tanto, prima di addormentarsi, dopo una giornata di allenamenti e strategie da creare, si chiede che cosa farà nell’arena, quando (se) si ritroverà nella situazione di dover scegliere tra se stessa e lui.
È tutto più difficile da quando ha conosciuto quel ragazzo; da quando Clove si è…
No, non pensarci adesso!, urla la sua testa. Poi gli occhi si fanno pesanti, e Clove, finalmente, si addormenta.

È fatta.
Clove scende dal piedistallo quando il conto alla rovescia si esaurisce. Corre, e pensa soltanto: “è fatta, non si torna più indietro. O si vince, o si muore.”
Lei e i favoriti si coprono le spalle a vicenda, e corrono.
Prendono quante più armi riescono a racimolare dalla cornucopia, si armano fino ai denti; Clove si procura un set di micidiali coltelli affilati – e vanno a caccia.
La mente non pensa lucidamente, quando uccide. Quando compie un atto così crudo e cattivo, la testa non può essere conscia di quelle azioni.
E mentre Clove uccide, mentre il manto d’erba si macchia di rosso scarlatto, Clove non pensa a nulla, se non a rimanere in vita, forse. Il sangue innocente forma piccole pozzanghere ai piedi della cornucopia. Corpi senza vita di ragazzi che, semplicemente, non hanno mai avuto la buona sorte a loro favore intervallano le pozze, a volte ci giacciono direttamente dentro, inermi.
Quando il bagno di sangue finisce, i favoriti decidono di addentrarsi nella foresta.
E mentre esulta e cerca di non pensare, di tenere la mente vuota, ma lucida, Clove capisce finalmente, che non è possibile che i tributi si rifiutino di combattere. Se per tutti, all’interno di quell’arena, c’è almeno una possibilità di tornare a casa con un briciolo di speranza in più per le proprie famiglie, nessuno vuole sprecarla.
E va bene così.

Ragazza in fiamme, la chiamano.
Che soprannome ridicolo!
Ma tutto sommato, Clove le deve un favore per averla aiutata a sbarazzarsi della biondina dell’uno, qualche giorno prima. Ora nulla la separa da Cato, non ora che gli strateghi hanno ribaltato drasticamente le regole, e sono concessi due vincitori al posto di uno soltanto.
E a vincere saranno lei e Cato, la ragazza ne è sicura. Ancora poco, e potranno tornare a casa. Insieme.
Sono come i gladiatori, non li si può fermare. Sono invincibili e sanno di esserlo.

È Clove a dover partecipare al festino.
Che nome curioso da dare ad un assassinio trasmesso in diretta internazionale. Ad una festa, generalmente, ci si diverte. Clove si diverte ad uccidere?
Non lo sa neanche lei. Questa è, se non altro, la sua facciata, il personaggio che interpreta. Ma sta davvero solo recitando?
E per chi?
Per se stessa?
Per… Cato?
“Non fare sciocchezze. Aspettami” aveva detto lui qualche attimo prima, cambiando direzione all’ultimo momento. Clove non aveva neanche capito dove il ragazzo fosse andato, ma non le importa: sa quello che deve fare. Questo è il momento in cui dimostra a tutti chi è lei veramente.
Lei è la ragazza, anzi, il tributo che ucciderà Katniss Everdeen.
La guarda mentre corre, afferra lo zaino, e si guarda in giro attenta, con la lunga treccia scura e scompigliata che la cade sulla spalla.
Una ragazza così carina…
Clove le lancia il primo coltello, che lei prontamente schiva, guadagnandosi solo un taglio sulla fronte. Prova a difendersi con l’arco, ma non ha scampo.
È arrivata la tua ora, pensa Clove, e qualche attimo dopo le blocca braccia e gambe con il suo corpo. E la minaccia. Decide di tirare fuori anche la storia di Rue. Non si ricorda neanche chi fosse, ma non importa. Vuole ferirla, non solo fisicamente, e non sa neanche lei perché.
Forse perché lei non ha dovuto arrivare ad ammazzare qualcuno per farsi amare da Peeta.
Ecco, perché Katniss sì, e Clove no?
Perché Clove non può essere… amata?
E un secondo dopo, tutti i suoi pensieri spariscono. Una mano forte la solleva e la sbatte contro qualcosa, provocandole una forte scossa di dolore che la attraversa da capo a piedi.
Ed è solo quando tutto quel dolore si attenua un po’, per pochi secondi, che Clove capisce cosa sta succedendo.
Sta per morire. Il pensiero le arriva al cervello come un fulmine e per un momento le blocca il respiro dal terrore.
Il ragazzo che la tiene schiacciata contro la cornucopia le urla addosso qualcosa, ma lei non si prende la briga di ascoltarlo. “Cato!” urla invece, sull’orlo della disperazione.
Arriverà a salvarla, e torneranno a casa insieme.
Clove avrà il suo lieto fine.
“Cato!” urla ancora, ma Cato non arriva. Il ragazzo sbatte ancora il corpo di Clove contro la parete, con una facilità impressionante, come se lei fosse solo un ammasso di stoffa e polvere.
E il dolore aumenta.
Aumenta, ancora, troppo, fino a diventare insopportabile. La vita si annebbia, i colori sbiadiscono, e Clove perde la percezione del suo corpo. Non sa più dove si trova, se è in piedi, seduta, o distesa.
Non sa più nulla, sente le forze allontanarsi fisicamente da lei e lasciarla immune come un involucro vuoto.
Clove non sa più niente, non sa se esiste, non sa come è fatta una rosa, o di che colore sia… forse non sa nemmeno cosa sia, il colore.
Clove… è questo il suo nome?
Ma che importanza ha.
I battiti del suo cuore rimbombano flebili nelle orecchie, rallentando sempre di più, fino a fermarsi.
Questa è la prova che Clove, un cuore ce l’aveva, in fondo.
Non saprà mai se effettivamente il suo cuore fosse davvero in grado di provare veri sentimenti, quelli che prova ogni ragazzo normale alla sua età, che dovrebbe provare, ogni ragazzo normale.
Però, forse lei non è normale. Ha dovuto fabbricarsi un cuore imaginario e costruirsi un proprio prototipo d’amore, che mai le era stato insegnato o permesso in vita sua, per riuscire ad amare… Cato. Perché lei lo amava. O no?
Il cannone spara un colpo; questa è la fine, e nulla ha più importanza.






 

Non lo nascondo, ho paura. In breve, è la prima volta che pubblico qualcosa in questo fandom. Non ho neanche letto molto, giusto un paio di one shot, ma mi sembrate tutti così bravi… che mi vergogno da matti a pubblicare questa schifezza.
Ecco, parliamone, di questa schifezza.
Partiamo dicendo che io amo Clove, anche quando minaccia di tagliare a fettine Katniss, lo fa… come dire, con un certo stile. Invece, odio Cato, con quella faccia da: “Io sono figo e ti ammazzerò lentamente”.
Però li shippo insieme in una maniera vergognosa!
Quindi, ecco che ieri sera mi metto al computer e butto giù qualcosa, tanto per fare, pensando: “massì, tanto non la pubblicherò mai su efp!” . Ecco, appunto, sempre molto coerente sono.
Bho, io spero davvero tanto che vi sia piaciuta.
Sottolineo che i pensieri di Clove sono puramente inventati da me, non penso che la Collins se la immaginasse esattamente così ahahah
Ppoi, mi sono un po’ ispirata alla canzone “glory and gore” di Lorde, che secondo me è stupenda, e un po’ anche a “imagination” di Jamie McDell, che vi consiglio assolutamente, anche perché è scritta ispirandosi proprio ad Hunger Games… quindi, bho, fateci un salto ;)
Ora posso anche togliermi dalle scatole, ho parlato troppo. Lasciatemi un commentino, giusto per sapere se posso tenerla, o è meglio se la faccio sparire dalla faccia della terra ;)


 


 
  
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