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Autore: hermgranger    26/03/2014    0 recensioni
...si mosse quella enorme libreria di legno e vidi che quello scaffale era come una porta, infatti dietro c’era come una specie di scavatura nel muro dove c’era qualcosa, qualcosa che emanava un brutto odore, era una persona!, una persona MORTA! Andai alla ricerca dell’interruttore della luce e sotto quel bagliore giallastro vidi il volto di mio padre.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Sono  le 9 di sera e la porta all’ingresso ancora non cigola come al solito.
“Rachel è pronta la cena!” urla mamma dal piano di sotto, in attesa che io scenda. Come ogni sera, quando torno dagli allenamenti per la grande partita di Sabato, mi chiudo in stanza per sentire la musica e far disperdere nell’aria tutti i pensieri negativi e le tensioni accumulate in giornata, e a quanto pare funziona davvero! Passano tre quarti d’ora e papà ancora non torna … non è da lui fare tardi per perdersi quel momento della giornata, per stare con me e con la mamma visto che è fuori per lavoro sin dal mattino presto. Inizialmente non faccio molto caso all’orario, ma quando mi accorgo che quando altri 10 minuti sono passati comincio a preoccuparmi e mia madre ancor di più. Cerco di tranquillizzarla, e ci riesco . Esco di casa e lascio chiudere delicatamente la porta alle mie spalle.
Incomincio a girovagare per la città , senza neanche sapere neanche dove andare, pioveva quella sera e la nebbia mi offuscava la vista. Realizzai che era inutile girare a vuoto così decisi di andare al bar dietro l’angolo, dove papà si ferma spesso per la pausa pranzo. Era affollato lì, pieno di gente … non credo gli fossi molto simpatica e non mi avrebbero invitata a prendere volentieri un whisky. L’ambiente molto piccolo rendeva tutto così soffocante, e per di più le luci fioche e la stanza piena di fumo non rendevano quel posto molto accogliente.
Capii che mio padre non ci fosse mai andato a quell’ora della sera, quando persone di quel genere avrebbero invaso il locale. Decisi di recarmi, allora, dove lavorava il mio vecchio. Sembrava un labirinto lì dentro: lunghi corridoi con stanze separate da vetrate l’un l’altre, sembrava che in quel posto non ci fosse privacy. Le stanze erano molte, giravo e giravo, mi sembrava tutto uguale, le porte degli uffici erano anch’esse di vetro coperte solo da sottili tendine di plastica bianca.
Camminando mi trovai al fianco di una porta blindata grigia, era enorme, forse anche il mistero che si celava lì dietro era enorme, dato che una stanza normale non ha una porta alta circa 2 metri e mezzo e così doppia, vista apparentemente. La curiosità mi stava divorando e più fissavo la maniglia più volevo entrarci e vedere cos’era di tanto importante da essere nascosto dietro una porta così grande. Purtroppo, c’era solo uno stupido codice che mi impediva di varcare la soglia, avevo 0 possibilità ma qualcosa attirò la mia attenzione verso l’alto forse una mosca o qualcosa del genere . Sopra la cornice della porta c’era come un finestrino e qualcosa nella testa mi diceva che potevo farcela, ma la mia autostima si abbassò a 1 quando iniziai a pensare come dovevo alzarmi di due metri per infilarmi lì dentro.
Girai e girai nella speranza di poter trovare qualcosa di utile, di alto, ma di “alto” c’erano solo degli scaffali di alluminio e ferro,  per di più pieni di fatture e documenti. Non sapevo cosa fare ma all’improvviso mi venne un’illuminazione. Decisi di prendere quei puff situati in una di quelle stanze e li misi uno sull’altro, a mo di scaletta, tanti da poter arrivare all’apertura, una volta salita e dopo aver aperto di più il finestrino sarei entrata.
Sembrava che quella stanza non volesse proprio farmi entrare, infatti quel “rettangolo” non era aperto ma coperto da un sottile vetro invisibile dal basso. Ruppi il vetro, non curandomi di cosa avrebbe detto la squadra di pulizia il mattino seguente, durante il loro turno, ed entrai. Entrando mi tagliai con i pezzettini che erano rimasti sul bordo, provocandomi delle piccole ferite di poco conto. Era tutto buio, si vedevano solo le luci dei fari delle macchine che attraversavano una piccola finestra. La stanza era esageratamente grande, chissà cosa se ne facevano di una stanza così quando tutti i documenti erano posti su delle librerie di legno vicino ai muri rimanendo nel centro il vuoto.
Sentii un rumore che proveniva fuori dalla finestra, vidi un’ombra passare velocemente,                                                 un’altra volta, e ancora fino a quando non mi avvicinai con cautela e scorsi che fuori al davanzale c’era un piccolo gattino nero che “passeggiava”. Ero spaventata perché pensavo che qualcuno che mi aveva seguita mi avesse vista entrare. Mi calmai e iniziai a leggere tutte quelle cartelle poste sui ripiani e vidi che, una di quelle era fuori posto e con dei puntini rossi su, la presi e la misi vicino a tutte le altre forzandola un po’ per farla entrare in quello spazio piccolo che era rimasto appena, si mosse quell’enorme libreria di legno e vidi che quello scaffale era come una porta, infatti dietro c’era come una specie di scavatura nel muro dove c’era qualcosa, qualcosa che emanava un brutto odore, era una persona!, una persona MORTA!
Andai alla ricerca dell’interruttore della luce e sotto quel bagliore giallastro vidi il volto di mio padre. Iniziai a correre, scavalcai velocemente la porta, corsi e corsi ancora fino a quando capii che non potevo stare lì a scappare senza far niente, ma dovevo trovare il colpevole. Quel mostro che si era permesso di uccidere mio padre. Non sapevo da cosa iniziare, ma nell’ufficio affianco a quello di papà, c’era un computer acceso, mi avvicinai e lessi un nome, era il nome di un caro amico di mamma che stando sul posto di lavoro di papà era diventato anche il suo amico. Era tipo un modulo di iscrizione, vidi dove abitava e mi diressi subito a casa sua per vedere se sapeva o aveva sentito o visto qualcosa, ma niente, si affacciò solo la signora del piano di sopra che mi disse che era dal mattino che non faceva rientro, però mi comunicò che frequentava una sala giochi nella periferia della città.
Corsi subito lì e lo intravidi nella sala accanto mentre stava giocando una mano di poker, lo riconobbi subito perché papà mi parlava spesso di lui e a volte veniva anche a casa per questioni di lavoro. Quando mi vide, si alzò di scatto e uscì fuori senza neanche salutare i suoi amici, sentii il rumore di un motore, era lui che sfrecciò a tutta velocità verso le strade di campagna. Senza neanche esitare mi misi in macchina, non avevo il tempo di allacciare la cintura di sicurezza, e così iniziò la “caccia all’assassino” … non credo che dopo quell’inseguimento la mia macchina sarebbe arrivata sana e salva a casa.
Aveva appena smesso di piovere ma ricominciò e stavolta ancora più forte! Mancava solo la pioggia all’appello ora!
Lo seguivo passo passo senza lasciare nemmeno 4 metri di distanza dalla sua auto. Svoltò in un vicolo molto stretto, la mia macchina non ce l’avrebbe mai fatta, allora presi una scorciatoia, non la chiamerei proprio scorciatoia dato che la strada era più lunga, ma dopo tanta fatica lo recuperai, si, quando ormai era troppo tardi. Mi trovai ad un incrocio; sarebbe potuto andare da qualsiasi parte.
Tornai a casa delusa, mia mamma era sul divano addormentata con la tv accesa, presi una coperta e gliela misi su. Le avrei raccontato tutto quando avrei scoperto da sola chi era il colpevole, poi realizzai che non ce l’avrei mai fatta così denunciai l’accaduto alla polizia. Ero distrutta, mio padre mi aveva lasciata o meglio dire, qualcuno aveva fatto si che io non potessi più vedere mio papà,che non lo potessi più abbracciare, che non potessi più dirgli quanto gli volevo bene. In quel momento tutti i ricordi di lui e con lui, mi passarono davanti agli occhi come un film, una lacrima solcò il mio volto.
Il giorno dopo, assicurandomi prima che mamma dormisse ancora, tornai a casa dell’uomo, stava per entrare nella sua auto ma lo fermai in tempo chiedendogli spiegazioni sul perché la sera precedente era scappato, e perché proprio il suo computer in ufficio era acceso. Disse che lui non sapeva niente al riguardo, cominciai a fargli domande su ciò, tante domande, le stesse ripetute anche in maniera diversa in modo da confonderlo ma lui non mollava, fino a quando gli feci vedere una foto di mio padre e lui iniziò a piangere così disperatamente che confessò tutto. Il colpevole non era lui ma una donna che lui non conosceva perché non aveva prestato attenzione al viso, ma ricordava che indossava dei tacchi a spillo, notò anche che un bottone dalla sua giacca stava per cadere, e aveva come una specie di tic. “Camminava veloce facendo piccoli passi e aveva una macchina blu notte … al momento la targa non la ricordo, ma ho impresso in mente solo le prime lettere (C G 4)   che l’aspettava di fronte casa mia, dentro penso ci fosse un uomo forse un amico o del genere”.
Gli chiesi se gli aveva lasciato qualche numero di telefono per rintracciarla, estrasse un bigliettino da visita dal taschino e me lo consegnò. Feci chiamare da lui, inventandomi una scusa valida per convincerla a venire.e gli suggerii di dirle se potevano incontrarsi.
La aspettammo per quasi mezz’ora, pensando che forse non sarebbe arrivata ma, dopo qualche minuto, mentre ce ne stavamo per andare vidi la sua macchina blu passarci dinanzi e frenò. Scese ed era proprio come l’aveva descritta, indossava degli occhiali da sole molto grandi e scuri e aveva un rossetto molto appariscente.
Mi accostai a lei diffidente e gli dissi “com’è successo? Sa qualcosa? È stata lei?...” ma lei mi bloccò e rispose che mi avrebbe detto qualsiasi cosa, solo se l’avrei pagata,i soldi per me non erano di certo un problema e avrei dato qualsiasi cosa per sapere la verità. Andai a casa, presi i soldi ignorando le troppe domande di mia mamma e mi rimisi in macchina e le diedi ciò che voleva. Iniziò a raccontare iniziando con un “mi dispiace ma non doveva succedere, non doveva andare a finire così” , confessò che lei era l’amante di mio padre e che suo marito aveva ucciso papà perché aveva scoperto tutta la verità. Rimasi come scioccata a quelle parole, non ci credevo, mio padre voleva bene a mamma e a me, non avrebbe mai potuto farci una cosa del genere, ma mi convinsi quando mi fece vedere delle foto sue con quella donna. Stavo per piangere quando il signor Bruno (l’amico di papà) mi fermò e disse che quell’uomo doveva pagare per aver fatto quel che aveva fatto, non volevo sapere più niente della loro storia “d’amore” ma dovevo perché la voce della giustizia si doveva far sentire!
Andammo a casa della donna, dove il marito era seduto comodamente sul divano a leggere un quotidiano e a fumare un sigaro in compagnia di un bicchiere di cristallo con del liquore color ambra. Incominciai a fargli domande ricevendo solo un “mh” come risposta … doveva essere di poche parole … ma continuavo fregandomene del suo silenzio, fino a quando scoppiò e cedette, disse che amava la moglie e non avrebbe sopportato un tradimento del genere così fede fuori il mio vecchio. Decise allora di andarsi a costituire volontariamente e di accettare il fatto che la gelosia prese il sopravvento. Ci recammo alla stazione di polizia, dove chiamai mia mamma e gli raccontai la storia dicendogli di venire il più presto possibile. Era giustamente sconvolta, non faceva che ripetere quanto fosse ingiusto il destino. Dopo l’interrogatorio, ormai inutile, vidi uscire dall’ufficio quell’uomo in manette, anche se in quel momento provavo un forte odio verso papà, sentivo che non l’avrei mai dimenticato, dopotutto era colui che mi aveva messo al mondo, nonostante il grosso sbaglio commesso verso la sua famiglia, aveva fatto tanti sacrifici per rendermi felice e per questo gliene fui grata.






Saaalve! Sono nuova ed è la prima storia che pubblico, mi farebbe davvero piacere se voi recensiste la storia, anche le critiche vanno bene anzi, benissimo così terrò conto dei consigli per la prossima volta. Graziee C:
  
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