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Autore: Bloomsbury    26/03/2014    5 recensioni
[Bibbia]
[Fatti Biblici]
Questa storia narra fatti storici presenti nella Bibbia.
Non rispetta una cronologia precisa, ma narra la storia del popolo di Israele
Genere: Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parte I

 
“Egli non entrerà in questa città, e non vi lancerà freccia; non le si farà innanzi con scudi, e non eleverà trincee contro ad essa. Ei se ne tornerà per la via ond’è venuto, e non entrerà in questa città, dice l’Eterno. Io proteggerò questa città affin di salvarla, per amor di me stesso, e per amor di Davide, mio servo”
(Isaia 37:33-35)



 
 
Sarebbe giunto, dall’alto dei cieli, l’Angelo senza nome.
 
Michea, il profeta, viveva in un piccolo villaggio nei pressi di Gerusalemme tra i poveri lavoratori che, nel tempo del regno di Ezechia, operavano nelle mura della città, costantemente minacciati dall’arrivo imminente degli Assiri.
Durante la sua campagna di conquista della Palestina, Sennacherib riuscì a saccheggiare diverse città del regno di Giuda, tranne Gerusalemme.
Egli inviò, quindi, Rabshake da Lakis ed il suo esercito per prendere la città e mettere fine al dilagare impetuoso del credo di Dio, mozzando le lingue dei profeti e assassinando ogni Giudeo vivente.
Quella notte, un comandante Assiro, intimò gli ufficiali di Ezechia ad arrendersi, bestemmiando contro il loro Dio, contro il pilastro stesso sul quale si ergeva il regno.
Ezechia, venuto a conoscenza di tale affronto, si strappò le vesti e pregò Dio di risparmiare Gerusalemme.
Il calore dei fuochi della guerra, scaldò gli animi degli Assiri, ormai certi della loro vittoria.
L’avanzata indistruttibile e l’imminente scontro, erano ormai alle porte mentre Ezechia, con il volto rigato dalle lacrime, pregava senza avere la forza di reagire. Il fuoco della battaglia era ormai vicino e il popolo di Gerusalemme, totalmente indifeso e sull’orlo della disperazione, cercava, come meglio poteva, di salvare i propri figli.
Sennacherib, era già riuscito a conquistare quarantasei città del regno di Giuda e aveva fatto prigioniere più di duemila anime tra uomini, donne, anziani e bambini, costringendo il re Ezechia a chiudersi, come un uccello in gabbia, nelle mura di Gerusalemme.
Era questione di tempo, la città sarebbe stata saccheggiata, distrutta e conquistata dagli Assiri senza che il re e il suo popolo potessero fare nulla per fermarlo.
L’ultima e fievole fiamma di speranza si alimentò con l’arrivo del profeta Isaia che, assistendo il re ormai rassegnato, lo intimò ad avere fiducia perché Dio, per l’ennesima volta, non li avrebbe lasciati soli.
Per un sadico gusto di alimentare il terrore, i soldati Assiri non attaccarono quella notte, ma si accamparono alle porte della città in attesa dell’alba.
Avrebbero attaccato con ogni mezzo, la vittoria era in pugno e, con la loro sola presenza, incutevano terrore e sgomento. Gerusalemme era sola e inerme, solo un miracolo l’avrebbe salvata.
I centottantacinquemila uomini di Sennacherib, si accamparono, pregustando la vittoria che nelle loro bocche sapeva di sangue, di potere, di trionfo.
La terra di Gerusalemme era calda, come una madre amorevole ed eterna e sotto il cielo stellato, cullava i sogni dei soldati che, privi di ogni paura, attendevano l’alba cantando sotto le tende e ingurgitando bramosamente il pasto che li avrebbe resi invincibili mentre, nelle mura della città, si consumava la disperazione più cupa del popolo scelto da Dio.
Il cielo si riempì di preghiere di uni e di canti degli altri, fino a che, saturo, inviò ciò che i primi avevano disperatamente richiesto cingendo i propri neonati al seno.
Nel buio della notte, l’Angelo senza nome, avanzava.
Fiero ed inarrestabile, stringeva la sua spada, facendo frusciare il proprio mantello sul terreno sabbioso del suo Regno.
Gli occhi attenti e vivi contavano i suoi nemici e le labbra schiuse raccoglievano i respiri calmi e ponderati che gli avrebbero dato la forza di compiere quel gesto efferato, ma necessario.
Quello era il suo popolo e seppur in difetto come tutti, aveva chiesto disperatamente il suo aiuto, credendo in lui, fidandosi di lui.
Quelli erano i suoi figli ed erano intrappolati tra le mura della sua Gerusalemme, aspettando il suo arrivo.
Strinse ancora l’impugnatura dell’elsa, mentre gli occhi, illuminati dai fuochi dell’accampamento nemico, si riempirono di risolutezza e di tristezza perché, nonostante fosse un guerriero fin dalla nascita, il sacrificio ed il sangue degli esseri umani non erano mai stati motivo di esultanza.
Compì il primo passo, poi il secondo ed il terzo, acquistando gradualmente velocità sul terreno arenoso che sussultava e si innalzava silenziosamente sotto i piedi dell’Angelo.
Si muoveva nel buio con destrezza, poiché era fatto della stessa sostanza e giunse ai confini dell’accampamento con facilità, alimentato dai gemiti dei bambini e dalle preghiere del suo popolo, straziato dal dolore per ciò che avrebbe dovuto fare per loro, di lì a poco.
Giunto al centro del bivacco, la percezione del vento si rese tangibile sulla sua pelle ed un sibilo quieto giunse alle sue orecchie. Sorrise guardando al cielo e, in pochi attimi, si rese individuabile, cogliendo di sorpresa i soldati Assiri che, fino a quel momento, non avevano minimamente avvertito o scorto la sua presenza, il suo arrivo.
Avrebbe potuto agire indisturbato, senza avvisarli della sua presenza, avrebbe potuto prendere, ad una ad una, la vita di ognuno di loro senza palesarsi, ma sarebbe stato subdolo, meschino, sarebbe stato un gesto lontano da lui.
L’Angelo tolse il cappuccio bianco che aveva celato la sua identità ai nemici e pregando per le anime delle vittime che avrebbe mietuto attraverso i fendenti della sua spada, si mise in posta frontale, in attesa del primo attacco.
I soldati, presi di sorpresa, si ritrovarono disarmati, ma l’Angelo attese, rilassando le spalle, mantenendo la posa regale ed eretta che lo faceva sembrare un principe biondo tra i suoi servi mori.
Il primo soldato Assiro si lanciò contro di lui, brandendo la spada senza alcuna logica, preso dall’euforia data dal desiderio di morte con il quale aveva banchettato poco prima, nell’attesa di scagliarsi contro Gerusalemme.
In molti titubarono, avvertendo distintamente la superiorità del guerriero d'oro che li sfidava senza l’ombra di alcuna paura.
Il solo suo sguardo trasmetteva splendore e nobiltà e ognuno, nel proprio cuore, sapeva che non ci sarebbe stata alcuna gloria nell’attaccarlo. Non perché fosse solo, ma perché sapevano che sotto la sua spada avrebbero compiuto il loro ultimo respiro.
Quella notte, l’Angelo senza nome uccise buona parte dell’esercito, mettendo in ginocchio gli Assiri, assicurando la vittoria al popolo di Dio.
Aveva preso la vita di giovani uomini, mariti e figli, senza il peso di alcuna fatica fisica e nel contempo, aveva provato disgusto per le atrocità che riuscì a scorgere nei loro cuori nel momento stesso in cui li trafiggeva.
Pregò per loro durante la battaglia, per ogni loro peccato, conscio degli orrori con i quali avevano macchiato le loro stesse mani, perché gli Assiri, una volta conquistato un popolo, lo schiacciavano come un piccolo ed inutile insetto, deportando e trucidando ogni anima messa in ginocchio dalla loro potenza feroce e vile.
Uccidevano bambini per non assicurare una discendenza, sterminavano uomini per scampare al pericolo di una futura rivolta, abusavano delle donne per il solo gusto di renderle impure e l’Angelo lo sapeva.
Non per questo non chiese a Dio il perdono per loro e macchiandosi le mani del loro stesso sangue, pregò per le loro anime, liberando Gerusalemme dalla nube oscura che li avrebbe certamente fagocitati.
L’alba sopraggiunse tinta del sangue degli Assiri e l’Angelo, abbandonando il campo di battaglia, puntò gli occhi cobalto sulle mura di Gerusalemme lambite dalle prime luci del sole e, tra le nubi ocra pregne di sabbia e vento, si incamminò verso l’orizzonte, deponendo la spada nel fodero, avvolgendosi nel mantello bianco inzaccherato dai tumulti e dalle vittime, nascondendo l’armatura rilucente che lo identificava come un guerriero alato dell’esercito di Dio.
 
 
 
Angolo Autrice e note.
Salve a tutti. Questa storia che sto scrivendo è un po’ complessa e spero vi piaccia.
Molti eventi che leggerete sono tratti dalla Bibbia e da altri libri storici. La narrazione non rispetta una cronologia precisa perché è mia intenzione non dare per scontato nulla, quindi è necessario spiegare molte cose. Per chi non crede in Dio, nell’Aldilà, nel Messia, vi chiedo di prendere questa storia al pari di un racconto di fantasia se volete, per me non lo è. Sono narrati fatti storici realmente accaduti e che ho avuto modo di ampliare leggendo libri di vario genere.
Il fatto appena narrato risale al 701  a. c.
La versione storica e biblica non si discostano di molto.
Gerusalemme, senza combattere, si salva dall’assedio degli Assiri e il Prisma di Taylor narra che il re Ezechia, ormai senza speranza, invia fuori dalle mura i suoi anziani con trenta talenti d'oro e ottocento talenti d'argento. L’armata Assira si ritira, quindi. Secondo il mio punto di vista è poco veritiera poiché mi sembra assurdo che un’armata che ha già conquistato quarantasei paesi del Regno e si ritrova ad avere in pugno la città di Gerusalemme si faccia comprare da trenta talenti d'oro e ottocento talenti d'argento.
Gli storici accettano la versione Biblica poiché non si trova solo nelle Sacre Scritture, ma anche in uno scritto dello storico greco Erodoto che narra che, durante la notte, un esercito di topi invase misteriosamente l’accampamento degli Assiri rosicchiando frecce, armamenti e viveri, rendendo impossibile l’attacco e, tale accerchiamento, fu tolto dopo che gran parte del suo esercito dovette soccombere ad una pestilenza inspiegabilmente letale, quindi, un contagio colpì gli Assiri proprio nel momento in cui Gerusalemme doveva essere attaccata.
Sannacherib, umiliato, torna nella sua terra e poco tempo dopo viene assassinato dai suoi stessi figli.
La versione della Bibbia coincide con la versione storica poiché non specifica cosa abbia fermato gli Assiri. Semplicemente, dopo aver ascoltato la profezia che ho inserito a capo della pagina, la Bibbia dice che fu inviato nell’accampamento l’Angelo di Dio, senza specificare cosa abbia fatto esattamente.
E l’angelo dell’Eterno uscì e colpì, nel campo degli Assiri, centottantacinquemila uomini; e quando la gente si levò la mattina, ecco ch’eran tanti cadaveri. Allora Sennacherib, re d’Assiria, levò il suo campo, partì, e tornò a Ninive, dove rimase”.
Morirono tutti in una notte.
La mia versione è questa. Se l’Angelo di Dio fosse stato a capo di un esercito di topi non lo so, ma io ho preferito creare un po’ di epicità nel racconto, tralasciando i topi XD
Non voglio offendere nessuno e spero che questo scritto venga preso esattamente come qualsiasi racconto su EFP, è semplicemente una storia narrata da un’umile autrice che ha letto e amato un testo, esattamente come ne ha amati tanti altri.
Bloomsbury
 
   
 
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