Serie TV > Glee
Segui la storia  |      
Autore: __Sabotage    27/03/2014    0 recensioni
Cosa succederebbe se la famosa Unholy Trinity fosse in realtà un gruppo di Skanks disposte a tutto pur di rendere la vita degli studenti del McKinley un inferno? E se si scontrasse con la bontà di un compagno che cercherà di fermare tutto questo? Uno dei due avrà il sopravvento o riusciranno a coesistere?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brittany Pierce, Finn Hudson, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Puck/Quinn
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Per favore, date il benvenuto a un nuovo e fantastico membro del Glee Club, Santana Lopez.” Il professor Schuester mi annunciò entusiasta, facendomi mille sorrisi, mentre io, in piedi a pochi metri da lui, avrei preferito essere in uno cassonetto della spazzatura piuttosto che in quell’aula piena di sfigati.
Ma purtroppo, c’era una ragione valida per cui ero entrata a far parte di quel gruppo del quale, anche solo il nome, mi provocava ribrezzo. Una ragione che non potevo rivelare e che conosceva solo una persona, Finn Hudson.

24 ore prima
“Chi delizieremo con una granitata in faccia, oggi?” Domandai compiaciuta Quinn Fabray, osservandosi le unghie smaltate di nero. Con il suo atteggiamento sarcastico e lo sguardo severo negli occhi, dovuto anche ai chili di eyeliner che si applicava intorno agli occhi, Quinn era diventata un po’ la capetta del gruppo e sebbene la cosa non mi andasse per niente a genio, non potevo farci molto, se non volevo riassaggiare la potenza dei suoi schiaffi e pugni.
“Che ne dite di Hudson?” Domandai, alzando un sopracciglio e cogliendo le mie amiche di sorpresa.
“E’ una preda troppo facile.” Criticò la bionda, staccandosi dalla recinzione e fissandomi dritto negli occhi.
“E’ praticamente la perfezione fatta a persona, dovremmo ricordargli che la vita reale non funziona così.” Sogghignai, pregustando già il momento in cui gliel’avrei fatta pagare. Lui aveva tutto dalla vita, una famiglia perfetta, una media scolastica perfetta, degli amici perfetti e questa cosa non mi andava per niente giù. Le cose erano sempre state facili per lui e così maledettamente complicate per noi, lo odiavo dal primo momento che aveva messo piede in questa scuola.
“Appunto. E’ la perfezione ed è venerato persino dagli insegnanti, non chiuderanno un occhio con lui, vuoi farti sospendere?” Era terrificante come Quinn riuscisse ad apparire calma nella voce e minacciosa con lo sguardo. Era per quello che io e Brittany, la terza componente delle Skanks, non ci ribellavamo spesso al suo volere.
“Cos’è, hai paura?” Prima di poter finire di ridacchiare sotto i baffi ed elaborare ciò che avevo detto, mi trovai contro la recinzione che mi segnava la schiena e il suo braccio sulla carotide, impedendomi di respirare correttamente.
“Vuoi ripetere?” Sentii il suo sguardo entrarmi dentro e percuotermi le ossa.
“Voglio solo fargliela pagare.” Dissi con la sua voce strozzata, sostenendo il suo sguardo. Dovevo resistere e lasciare che quegli occhi crudeli mi fissassero a lungo.
“Magari dopo scuola, quando non rischierai di regalarci una vacanza non prevista. Perché qui si tratta di tutte noi, capito?” Rimarcò l’ultima parte della frase, spingendomi ancora di più contro la recinzione per poi lasciarmi andare con molta poca delicatezza.
Grugnii, massaggiandomi il collo dove fino a pochi secondi prima era presente il braccio del Diavolo.
In quei momenti era difficile credere che fossimo amiche ma dovevo molto a Quinn. Lei e Brittany erano le uniche persone che mi avevano accettato per ciò che ero ed erano la mia famiglia, l’unica sulla quale potevo contare.
“Potremmo scegliere un membro qualsiasi del Glee Club.” Annunciò Brittany, scrollando le spalle. “A eccezione di Finn.” Concluse, lanciandomi un’occhiata, più per controllare se stavo bene che per punirmi.
Brittany era colei che aveva più cuore tra di noi, anche se quel minimo di umanità scompariva quando umiliava tutti i ragazzi della scuola sul suo blog. Avevano provato in tutti i modi a fermarla, cancellandole il sito, sospendendola, convocando i genitori – la scelta più inutile – ma lei aveva un talento naturale con la tecnologia e quindi alla fine la scuola aveva rinunciato. Lei, invece, aveva continuato imperterrita e nessun segreto rimaneva tale a lungo.
“Cos’è questa fissazione per il Glee Club?” Quinn roteò gli occhi facendo cadere pesantemente le braccia dal petto alle gambe. “Avete per caso deciso di diventare delle sfigate che cantano dei loro sentimenti?” Domandò ridendo sorniona, come un felino pronto all’attacco. “So io chi sarà la nostra vittima quotidiana, Noah Puckerman.” Affermò risoluta, incrociando le braccia e ridacchiando tra sé e sé.
 
*
 
Ero furiosa. Quinn era una dittatrice e solo perché aveva il dono di essere una persona terrificante non aveva il diritto di metterci i piedi in testa in quel modo. A pensarci bene, il suo regime di terrore era peggiorato da circa una settimana, ovvero da quando aveva piantato Noah Puckerman, il suo ragazzo storico.
Io e Brittany non potevamo crederci, da quando la conoscevamo, ovvero una vita intera, lei e Puck erano stati inseparabili. Lui spacciava dall’altro lato della strada e lei si assicurava che tutti pagassero cifre esorbitanti, nessuno poteva negare che facessero una grande squadra. Ai tempi, lui era famoso per provarci con tutte le ragazze, ma da quando si era sparsa la voce che Puckerman aveva intenzioni serie con la Fabray, le coraggiose erano andate sempre diminuendo e la fedeltà non era più stata un problema. Molti le sbavavano dietro, ma a lei non interessava. Ciò chepiù le premeva era avere il potere e il controllo delle situazioni. E quando Puck le aveva detto che doveva provare a fare il bravo ragazzo per un po’ perché sua madre era molto malata e voleva farla felice, Quinn aveva deciso di chiudere con lui. Perché aveva capito le sue motivazioni, ovvero aveva messo sua madre prima di sé stesso. E anche lei avrebbe fatto lo stesso per lui se gliel’avesse chiesto e non poteva permetterlo, perché lei era Quinn Fabray e non poteva cambiare per nessuno.
Quando ci aveva comunicato della rottura, la sua voce era calma e ferma e noi che avevamo imparato a conoscerla, avevamo capito che era il peggiore dei segnali. Un uragano Fabray era in arrivo.
Infatti, non appena finì di raccontarci la vicenda, lanciò contro il muro tutto ciò che le passava tra le mani ed essendo nel cortile della scuola, si trattava per lo di più di sassi.
Dopo quel giorno, Quinn non aveva più menzionato il nome di Puck e il livello della sua cattiveria era aumentato esponenzialmente, forse per compensare quello mancante del suo ex ragazzo. Fino ad oggi.
Più che sorpresa, ero arrabbiata, perché anche questa volta, Quinn aveva deciso di infrangere le regole, che lei stessa aveva creato.
Nessun coinvolgimento personale con le vittime delle granitate. E nessuno avrebbe potuto negare che lei era abbastanza coinvolta da Noah Puckerman.

“Se lei poteva avere la sua vendetta, – vendetta per cosa poi? – perché io non potevo avere la mia?” Pensai, mentre mi avvolgevo una ciocca blu elettrico intorno al dito, diretta verso la macchinetta delle bibite fresche.
Infilai un dollaro e premetti il tasto della granita alla ciliegia, una dolce sorpresa per il mio dolce amico.
Mentre aspettavo che la mia bevanda fosse pronta mi guardai intorno e notai gli sguardi curiosi e impauriti degli studenti, che si affrettavano a raggiungere le loro aule per paura di essere colpiti. Non avevano nulla di cui temere, avrebbero ricevuto presto anche loro il mio affetto.
Presi la granita tra le mani e ritornai sullo stesso corridoio da cui ero arrivata, cercando la mia preda.
Finn aveva appena finito di parlare con una ragazza e sorridendo stava entrando nel bagno dei maschi.
Bingo! Pensai sorridendo tra me e me, mentre lo seguivo mantenendo il passo costante.
“Fuori.” Ordinai con voce perentoria agli studenti presenti nel bagno che, una volta vista la granita che avevo in mano, non se lo fecero ripetere due volte. “Bene bene, ecco qui il ragazzo d’oro del McKinley.” Annunciai, gustandomi il momento.
“Santana Lopez, l’unica ragazza che non si sente fuori posto nel bagno dei maschi.” Commentò Finn, ridacchiando.
“Mi piace molto qui, credo che diventerà il mio posto preferito.” Dissi indugiando con le parole e guardandomi intorno sorridendo.
“Beh, allora ci vedremo spesso.” Replicò, sostenendo il mio sguardo. Sebbene ci fosse un filo d’ironia nella sua voce, dai suoi occhi non traspariva, anzi erano limpidi e chiari, come se ci si potesse specchiare dentro.
“Credo proprio di sì.” Dissi, prendendo un sorso di granita dalla cannuccia. “E’ proprio buona, sai?” Agitai la confezione verso la sua direzione, sorridendo. “Però ora è meglio che vada, non vorrei proprio vedere il tuo faccino perfetto piangere.” Esclamai, prima di svuotargli il contenuto addosso, colpendolo in piena faccia, per poi girare sui tacchi indifferente e uscire dal bagno come se nulla fosse.
Che Quinn avesse la sua vendetta ora.
 
*
 
A dire la verità, non è che avessi tutta quella voglia di andare alla festa di venerdì sera ma ci sarebbe stata tutta la scuola e Quinn aveva insistito per andarci per potere tenere d’occhio le nostre prossime vittime. O per spiare il suo ex ragazzo, come la pensavo io.
Si vedeva dal modo in cui si arrabbiava e sorrideva in modo maligno che era ancora molto presa da lui. E dal modo in cui cambiava immediatamente espressione ogni volta che un ricordo la colpiva come un pugno in faccia e dal modo in cui controllava nervosamente il cellulare. Nessuno poteva prendere il suo posto e lei lo sapeva, ma preferiva nascondere la testa sotto la sabbia e non sarei stata io a farglielo notare per poi prendermi un pugno in faccia.
Mi aggirai circospetta per un negozio di abbigliamento costosissimo, cercando un vestito adatto per venerdì. Il tema della festa è originalissimo, ovviamente. Vestito per le ragazze e camicia per i ragazzi.
Non ero esattamente esperta di quel genere di cose perché il mio armadio era pieno di shorts e minigonne. Quello era l'ambito di Brittany, ma lei non poteva accompagnarmi e così avevo deciso di andarci da sola.
Un vestito rosso lungo fino al ginocchio attirò la mia attenzione e mi colpì al cuore. Era perfetto. Non avrei mai pensato di dirlo, ma desideravo con tutta me stessa quell’abito.
Ovviamente non potevo permettermelo, ma quello non era una problema perché mi sarei fatta uno sconto da sola, con l’aiuto delle forbici.
Corsi nel camerino a provarmelo e non c’erano dubbi sul fatto che quel vestito dovesse essere mio. Non ci misi molto a togliere la placca antitaccheggio e a nascondere l’abito in borsa.
Uscii altezzosa dal camerino e mi diressi verso l’uscita del negozio. Qualcosa andò storto perché appena sorpassai la porta, un allarme assordante iniziò a rimbombare in tutta la stanza.
“Signorina, può darmi la sua borsa, per cortesia?” Domandò una voce femminile alle mie spalle. Avevo 18 anni quindi sarei potuta finire in prigione. Ero fottuta.
“Veramente no, scusi.” Dissi forzando un sorriso e stringendo la borsa forte a me.
“Capisco. Ma nel negozio sono installate delle telecamere e l’allarme è appena suonato, quindi so benissimo cos’è successo anche senza guardare nella sua borsa.” Annuii in tono condiscendente, con quell’irritante sorriso stampato sulle labbra. “Ora, se vuole seguirmi da questa parte…” Mi indicò una stanza in fondo al negozio, probabilmente era lì che avveniva il Processo contro le persone beccate a rubare.
“Aspetti, posso pagare io per quel vestito.” Una voce maschile colse me e la mia adorabile nuova amica alla sprovvista. Ma fu solo quando mi voltai che la sorpresa raddoppiò e si trasformò in confusione e poi in agitazione e poi in rabbia. Quella voce apparteneva a Finn Hudson, il ragazzo che avevo cosparso di granita solo poche ore prima.
“Ehm, ne è sicuro?” Domandò incerta la signorina, alzando un sopracciglio. Beh, nemmeno io credevo che Finn potesse avere tanti soldi per pagare quel costoso vestito.
“Certo, ecco a lei.” Rispose sicuro di sé, estraendo una carta di credito dal portafoglio. Mi veniva il vomito, preferivo andare in galera piuttosto che essere aiutata da Finn figlio-di-papà Hudson.
“Mhm, no grazie, non ho bisogno del tuo aiuto, Hudson.” Esclamai facendo scorrere lo sguardo tra lui e la commessa “Chiami pure la polizia.”
“Santana smettila, non siamo al McKinley in questo momento.” Il suo tono annoiato mi mandava su tutte le furie, strano modo di farmela pagare per le puttanate che gli avevo fatto.
“Signorina, le conviene ridarmi il vestito e lasciare che sia il suo amico a pagarlo se lui non può farlo, perché altrimenti sarò costretta a chiamare la polizia e non vorrei davvero essere la causa della sua permanenza in prigione. Sto parlando come minimo di sei mesi.” Il sorriso gentile era sparito e al suo posto era comparso uno sguardo severo e un po’ seccato.
“Va bene, ho capito, tenga pure.” Dissi a malincuore, roteando gli occhi. Ero in debito con Hudson, una delle persone di scuola che odiavo di più, questa giornata non poteva andare peggio.
Dopo aver risolto la questione e aver alleggerito di parecchio la carta di credito di Finn uscimmo dal negozio. Lo presi per un polso e lo trascinai in una stradina adiacente, facendogli sbattere la schiena contro il muro.
“Vuoi vendicarti per stamattina, eh?” Domandai velenosa, prendendolo per il colletto della maglietta.
“Evitandoti la prigione? Non credo che sia così che funzioni la vendetta.” Affermò ridacchiando, guardandomi negli occhi.
“E allora perché l’hai fatto?” Dissi alzando il tono di voce e stringendo sempre più il bavero.
“Per non farti finire dentro.” Sorrise per un attimo poi assunse un atteggiamento stanco e svogliato. “Senti Santana, a me non interessano queste pagliacciate da liceo, okay?” Allentai la presa e lo lasciai andare.
“Uh grazie, ora va molto meglio.” Ridacchiò, aggiustandosi la maglietta. “L’anno prossimo saremo tutti fuori da questa scuola quindi perché affannarsi a chi è più popolare invece che goderci questi mesi rimasti?” Era facile per lui pensarla così. Era sempre stato facile.
“Ci sono delle regole, Hudson.” Ribattei, scostandomi una ciocca di capelli che mi copriva l'occhio sinistro.
“Regole che ha stabilito Quinn Fabray?”
“Regole.” Dissi dura, fissandolo negli occhi. “Vorrei rimanere a chiacchierare qui con te ma ho cose migliori da fare, scusa.” Sorrisi e mi girai, pronta a lasciarmi questa storia alle spalle.
“Ehi, credi davvero di potertene andare così?” La voce perentoria di Finn mi fece voltare, un’ultima volta.
“Va bene, niente granite per una settimana. Contento?” Acconsentì di malavoglia. Quinn non sarebbe stata per niente contenta ma non avevo molte altre scelte.
“In realtà stavo pensando a qualcos’altro, sei pronta a scaldare le tue corde vocali?” Sorrise misterioso mentre una sensazione di terrore, orrore e consapevolezza si impadroniva di me. Non ce l'avrebbe mai fatta a convincermi a far parte di quello stupido Glee Club.

welcomeback.
*prova, prova.* sì, sto provando un microfono immaginario e funziona! sono tornata - più o meno - dopo secoli che scrivevo, o meglio, abbandonavo fanfiction con una nuova idea che mi gironzolava in testa e così ho deciso di spiattellarvela qui, sperando che vi possa gradire.
Ho amato davvero tanto la Quinn della terza stagione, con i capelli fucsia e tutto l'atteggiamento, così ho pensato: e se anche le sue besties fossero delle Skanks?! E così è nata l'idea, niente di che. Sono 2.338 parole che ho scritto in due giorni di ispirazione e mi auguro che sia nato da esse qualcosa di buono.
Non so se riuscirò a portare avanti questo progetto, io ci provo.
Un grande abbraccio, __Sabotage.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: __Sabotage