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Autore: Shichan    05/07/2008    1 recensioni
Se ci fosse stato un istante... uno soltanto.
Un attimo in cui Allen Walker avesse potuto ascoltare le parole di Suman Dark nel completo silenzio, anziché tra le urla di disperazione e di morte... forse l'avrebbe sentita.
Forse sarebbe riuscito a sentire... la preghiera di Suman.

Oneshot introspettiva, senza pretese, su uno dei personaggi secondari, a mio avviso, più belli del manga.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allen Walker, Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Requiem for an Exorcist

Disclaimer: I personaggi non sono proprietà mia, ma di Hoshino-sensei.

Le parti in grassetto sono i versi della poesia “Desolazione del povero poeta sentimentale”, di Sergio Corazzino. (<- perché l’esame di maturità fa male, ma stimola le pare mentali dei fic-writer).

Note: So che Suman Dark non è un personaggio principale, ma io avrò riletto dieci volte la sua storia e tutte le volte rischio di piangere come una mocciosa. Proprio perché mi sono affezionata molto a questo personaggio, ho voluto provare a scrivere questa oneshot. Mi rimetto al vostro giudizio. E un giorno, capirò anche perché l'HTML decide arbitrariamente di sottolineare questa parte =w=.

 

Requiem for an Exorcist

 

 

Se ci fosse stato un istante... uno soltanto.

Un attimo in cui Allen Walker avesse potuto ascoltare le parole di Suman Dark nel completo silenzio, anziché tra le urla di disperazione e di morte... forse l'avrebbe sentita.

Forse sarebbe riuscito a sentire... la preghiera di Suman.

 

*** 

 

Perché tu mi dici: poeta?

Io non sono un poeta.

Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.

Vedi: non sono che le lagrime da offrire al Silenzio.

Perché tu mi dici: poeta?

 

C’è un solo nome… uno solo a cui riesco a pensare e che non fa altro che ripetersi nella mia mente.

Jamie.

Jamie.

Jamie.

Come una litania senza interruzioni, che non dà tregua, continuo a sentire quel nome come se rimbombasse nella mia testa. E insieme a quel nome, dentro di me, risuonano parole di sconforto e tristezza, una disperazione e un senso di colpa così forti che a volte, ancora oggi, ho la sensazione che ne rimarrò schiacciato.

Ogni notte, da tempo… faccio lo stesso sogno.

Anche oggi, come quel giorno, io non riesco a salvargli la vita… né a dare pace alla sua anima.

Forse perché la mia maledizione mi permette di salvare le anime degli Akuma, e Suman non lo era.

Lui non era che un essere umano.

E aveva paura.

La notte in cui, per la prima volta, ho assistito alla caduta di un Esorcista, ho cercato in tutti i modi di salvarlo, senza pensare al fatto che forse era troppo tardi… o che, forse, lui non volesse essere salvato.

Mi chiesi perché l’Innocence attaccasse un compagno, un Esorcista. E solo adesso mi rendo conto che in ogni disperato grido di Suman, in ogni agonizzante “voglio vivere”, c’erano due preghiere che né io, né altri siamo mai riusciti a sentire.

“Non fatemi più essere un Esorcista”.

“Lasciatemi morire”.

Probabilmente, anche se quei due pensieri hanno sfiorato la sua mente anche una sola volta… l’Innocence è stata l’unica a sentirli davvero.

Probabilmente, Suman… non si credeva più appartenente agli Esorcisti.

Johnny della Sezione Scientifica conosceva bene Suman, perché erano vicini di stanza e passavano diverso tempo assieme; so che è stato lui, quello che ha pianto più di tutti la sua morte.

Credo che Suman fosse un uomo forte, ma anche molto debole.

Voleva a tutti i costi aiutare la sua unica figlia, che forse amava più di qualsiasi altra cosa in questo mondo. In questo senso, io credo che fosse forte: era sceso su un campo di morte e terrore, impersonando un ruolo che forse non aveva mai sentito suo. Solo per lei, per Jamie.

Ma credo che… Suman fosse debole, che avesse molta più paura di tutti gli altri. Perché io, che sono un Esorcista, capisco il terrore che si prova davanti ad un Akuma per la prima volta.

La sensazione angosciante che una minima distrazione potrebbe significare che morirai.

Ma io non avevo persone che volevo assolutamente rivedere.

A volte penso che Suman provasse il desiderio di piangere, da solo e in silenzio.

Penso che lui, a volte, si sia chiesto… perché? Perché faccio l’Esorcista?

 

Le mie tristezze sono povere tristezze comuni.

Le mie gioie furono semplici,

semplici così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei.

Oggi io penso a morire.

 

Johnny mi ha detto che Suman era un uomo estremamente semplice. Era un buon giocatore di scacchi, anche se contro di lui perdeva molto spesso, era gentile, ma parlava poco di sé.

O per lo meno, era una di quelle persone molto riservate, che lavorano con costanza senza mai lamentarsi.

Una di quelle persone che fanno del proprio meglio, insomma.

Suman sapeva di essere un buon compatibile ma di non essere invincibile, tuttavia andava sempre in missione e cercava di fare tutto il possibile per completarle e tornare all’Ordine.

Johnny mi ha spiegato che a volte, specie all’inizio della sua vita da Esorcista, gli era capitato di sentire Suman singhiozzare nella sua stanza.

Il mondo che vedono gli Esorcisti, non è lo stesso mondo che vedono le persone comuni.

Pensiamo entrambi che Suman si vergognasse, di quel pianto che ogni tanto non riusciva a trattenere: forse perché, essendo un uomo e soprattutto un Esorcista, credeva che non gli fosse permesso piangere.

O forse, pensava che piangere per “semplice” paura, fosse qualcosa di disonorevole in quel mondo che lui vedeva sgretolarsi giorno dopo giorno, e in quel posto chiamato “Ordine Oscuro”, dove la paura e la debolezza, erano il minore dei dolori provati.

Suman – così mi ha detto Johnny – s’imbarazzava spesso a parlare di sensazioni, emozioni o ricordi privati. E spesso arrossiva, se raccontava della sua famiglia.

Diceva sempre che aveva vissuto una vita normale, con le piccole gioie e i piccoli dolori di ogni giorno.

Proprio per questo, forse si sentiva a disagio: credo che vedersi circondato di persone maledette, o dal passato oscuro, o dall’identità indefinita, non l’aiutassero a sentirsi parte integrante di un posto come questo.

Tuttavia, ne sono sicuro… Suman era fedele all’Ordine, e credeva nella lealtà.

A cosa l’abbia portato la disperazione… penso sia una cosa di cui si debba parlare separatamente.

 

Io voglio morire, solamente, perché sono stanco;[…]

Solamente perché, io sono, oramai,

rassegnato come uno specchio,

come un povero specchio melanconico.

 

Vedi che io non sono un poeta:

sono un fanciullo triste, che ha voglia di morire.

 

Suman, per il tempo in cui siamo stati vicini – le circostanze erano discutibili, ma non voglio dimenticare comunque – ha continuato a ripetere: non voglio morire.

Credo che nella sua mente, si fossero fatte più chiare le immagini di Jamie e di sua moglie, così da fargli desiderare la vita, contrariamente al folle desiderio che lo aveva animato nel momento in cui l’Innocence aveva iniziato a logorarlo dall’interno.

Vorrei che nessuno, per quanto possibile… lo giudicasse male.

Penso che voler morire, in sé, in determinate situazioni… non sia sbagliato.

Se anche fosse un modo di fuggire, se anche ci fosse la possibilità che qualcuno potesse soffrirne, io non vorrei giudicare “sciocco” o “egoista” qualcuno così; perché arrivare a desiderare la morte… è un atto di coraggio.

Sentire andare via la vita, è la più terrificante delle paure che un uomo possa provare.

Se Suman, sapendolo, per un attimo ha lasciato vacillare il proprio cuore e la propria fede… va bene ugualmente.

Perché Suman era un essere umano, e noi esseri umani, siamo estremamente deboli.

Oltretutto, mi sono ritrovato a credere che Suman non volesse morire per un capriccio o per il fatto di voler abbandonare quella via che, in un modo o nell’altro, si era ritrovato a percorrere; forse, mi sono detto… forse Suman era stanco davvero.

Lui, che era una persona semplice e un po’ riservata, ma certamente gentile, doveva essersi accorto o doveva aver pensato che finché fosse rimasto un Esorcista, non sarebbe stato davvero sé stesso. Lo penso perché per un attimo, uno solo, mentre i suoi denti stringevano la mia mano, attaccati ad essa come lui in quel momento era attaccato alla vita… nelle lacrime di Suman io ho visto anche il rimpianto.

Non so se sia vero, o se sia stata solo una mia sensazione, ma più che il rimpianto di una persona che non ha ottenuto quello che voleva, mi è sembrato più quello di una persona che si è resa conto di aver vissuto la vita che non era la sua.

A volte, la notte… penso che forse Suman si sentiva come uno specchio incrinato.

Uno specchio rotto in frammenti, che non riesce a riflettere bene nessuna immagine gli si pari davanti… non importa quale essa sia.

Suman, un essere umano che avrebbe voluto vivere per sempre insieme alla sua famiglia modesta, ma per la quale avrebbe fatto di tutto… è arrivato a sacrificare la propria identità prima ancora della sua vita: è diventato il riflesso di due cose senza essere nessuna delle due.

Faceva l’Esorcista, ma nel profondo del suo cuore era un uomo.

Era un uomo, ma chiunque lo osservasse, in lui vedeva solo un Esorcista.

E Suman, era diventato uno specchio triste, con il rimpianto di non poter riavere indietro la propria vita fino alla fine della guerra.

Una guerra di cui non avrebbe visto l’epilogo.

Sono certo, che Suman lo sapesse o, quanto meno, lo sospettasse.

Suman Dark, accortosi di non essere un Esorcista, e di non essere in grado di vedere la fine della guerra per la quale aveva rinunciato a tutto, persino ad avere una risposta alla domanda: “chi sono?”… aveva deciso di morire, a modo suo.

Senza lasciare che quella vita che non gli apparteneva, potesse influenzare anche l’ultima cosa di sé che poteva decidere da solo: come morire.

 

Questa notte ho dormito con le mani in croce.

Mi sembrò di essere […]

Dimenticato da tutti gli esseri umani.

[…]

Ma tu non mi comprendi e sorridi.

E pensi che io sia malato.

 

Ciò di cui l’Esorcista Suman Dark è stato accusato, è tradimento verso l’Ordine Oscuro.

Non voglio mentire, perciò non dimentico che si è detto che lui ha venduto i propri compagni Esorcisti.

Io non ho parlato con lui, tanto da poter affermare con certezza se fosse vero o meno, o se si sia trattato di un malinteso.

Non posso nemmeno dire di averlo conosciuto così tanto da sapere cosa pensasse.

Ma Johnny ha detto che Suman… si sentiva solo.

E temo che, in un angolo del suo cuore, lui credesse di essere ormai stato dimenticato: non solo dalle persone che amava, delle quali, lentamente, si sfocava l’immagine dei volti nella propria mente.

Le persone che lo circondavano, che lo vedevano, che lo incontravano per la prima volta.

Continuavano, insistentemente, a rivolgersi a lui con “signor Esorcista” o “signore” o ancora “onorevole Esorcista”… e non credo che questo giovasse all’anima di Suman.

Al contrario, credo che lui pregasse, silenziosamente, con tutto sé stesso… smettete di chiamarmi a quel modo.

Suman non si è sentito abbandonato dai compagni, come Esorcista.

Lui si è sentito abbandonato dalle persone, come essere umano. Perché in lui tutto vedevano, tranne la persona capace di cadere in ginocchio dopo uno scontro, senza più forze in corpo, chiedendosi perché… perché Dio stesse permettendo una cosa simile.

E, alla fine, si rialzava tornando in una casa anonima, in un albergo e dormiva, cercava di prendere sonno, le mani inconsapevolmente unite…

Perché è vero che non tutti gli Esorcisti credono in Dio.

Ma è altrettanto vero che tutti gli uomini non possono fare a meno di appellarsi a lui, quando cadono nella più profonda disperazione.

Suman, era così.

Nella convinzione che ormai nessuno fosse più in grado di scorgere la parte umana che aveva custodito gelosamente, lasciava che fraintendessero o che in lui vedessero solo l’Apostolo di Dio.

Senza farsi comprendere.

Lasciando che gli altri sorridessero convinti di averlo fatto ad un primo sguardo.

Si teneva sulle spalle il peso di un’anima che chiedeva di non restare sola… e quella di un corpo che vedeva ormai l’Innocence come la peggiore delle malattie che potessero colpire qualcuno.

Radicata, nel suo braccio, esattamente come lo è la mia.

Senza un antidoto, senza nulla che potesse farla sparire come forse, a volte, lui aveva desiderato.

Un malato.

Malato di una maledizione che molti chiamano “salvezza” ed altri, tra noi, definiscono “predestinazione”.

 

Oh, io sono, veramente malato!

E muoio, un poco, ogni giorno.

Vedi: come le cose.

Non sono, dunque, un poeta:

Io so che per esser detto: poeta, conviene

Viver ben altra vita!

Io non so, Dio mio, che morire.

 

E credendosi malato, Suman ha finito con l’evitare di spiegarsi, andando avanti per quella che, oramai, riusciva a vedere come l’unica strada che potesse percorrere, volente o nolente.

Vivendo senza tentare di cambiare nulla, lasciandosi trasportare come da una corrente invisibile, assillato da dubbi che io posso solo immaginare.

Suman si è lasciato morire poco alla volta, giorno dopo giorno, logorato dall’incertezza di tornare, di sopravvivere all’attacco seguente; dilaniato dal pensiero di non poter mai più rivedere sua figlia, per la quale era diventato tutto quello che si riassume in una parola, un’arma e una divisa.

Eseguire gli ordini.

Completare la missione.

Eseguire gli ordini.

Completare la missione.

Eseguire gli ordini.

Completare la missione…

Senza fermarsi, senza abbassare la testa, senza dubitare. Malgrado, questo posso dirlo con certezza perché è il sentimento di ognuno di noi… il suo cuore, era certamente dubbioso di ogni respiro che riempiva i polmoni e di ogni goccia di sangue che gli scorreva nelle vene.

E malgrado si lasciasse morire senza, forse, rendersene conto fino in fondo, quando il nemico ha minacciato di ucciderlo… ha sentito il disperato bisogno di vivere.

Poco importava, il prezzo da pagare.

Suman Dark aveva bisogno di vivere.

Ed ha compreso che, se aveva potuto “mascherarsi” da Esorcista fino a quel momento, avrebbe dovuto abbandonare una delle due vite che, simultaneamente, come tutti noi, aveva portato avanti.

Doveva scegliere se essere un uomo o se essere un Apostolo di Dio.

Forse, per un attimo, ha pensato alla sua vita.

E… per quale motivo dovremmo odiarlo o disprezzarlo per aver scelto di essere un uomo?

 

Suman… ha pianto.

Davanti a me.

Ed io, che cercavo a tutti i costi di salvarlo, non so nemmeno se ci sia stato un ultimo desiderio che abbia sussurrato, sperando che io potessi sentirlo.

In quel luogo pieno di urla, esplosioni e distruzioni… in quel luogo pieno del terrore degli uomini, della loro debolezza, colmo delle paure che ci assalgono fino a far salire un dolore al petto così profondo che quasi non riusciamo a sopportarlo… non so nemmeno se Suman abbia pregato.

E, se lo ha fatto, mi chiedo se abbia pregato per la sua famiglia, se abbia maledetto Dio e gli Esorcisti come aveva già fatto. Mi chiedo che abbia pregato per il perdono o se abbia confessato colpe che credeva di avere e con le quali non riusciva a morire nel modo in cui preferiva.

So soltanto che, a volte, ho la sensazione che Suman abbia fatto tutte queste cose insieme.

Che l’immagine di Jamie riempisse la sua mente, mentre riconosceva le proprie colpe e pregava per un perdono.

Perché Suman era una persona gentile, che amava la sua famiglia.

E per lei, era diventato Esorcista.

Io so… sento, nel profondo del cuore, che Suman ha pregato.

E avrei voluto essere in grado di sentire la sua preghiera.

 

Amen.

 

Io sono un Esorcista, che non crede in Dio ma, con ipocrisia, si aggrappa alla sua esistenza nel momento in cui non sembra esserci altra via d’uscita.

Da questo punto di vista, forse io non sono affatto diverso né da Suman, né dagli altri cosiddetti “Apostoli di Dio”.

Non voglio ricordare Suman Dark l’Esorcista.

Io vorrei ricordare un uomo.

Voglio ricordare Suman Dark quando, anche io, dovrò scegliere tra essere una persona o un Esorcista.

Degli Apostoli morti in battaglia si crema il corpo, cosicché non diventino Akuma e non viene riferito nulla alle loro famiglie.

Tuttavia, io sono qui.

E non posso non dire a sua moglie e sua figlia che Suman Dark è stato un uomo di grande valore, che sono onorato di aver avuto come compagno.

Sulla morte degli Esorcisti, hanno detto che non si fanno eccezioni, sulla divulgazione delle informazioni.

Ma io, voglio tentare la fortuna.

Voglio sperare che qualsiasi preghiera Suman abbia pronunciato, che io non ho udito, sia stata ascoltata da Dio. E se è stato così, sono certo che lui perdonerà al posto dell’Ordine questo mio violare le regole.

Io sono un Esorcista.

E sono orgoglioso di aver conosciuto un uomo come Suman Dark.

 

Vi porgo le mie più sentite condoglianze.

 

Alla famiglia di Suman Dark,

Allen Walker

   
 
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