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Autore: Jiulia Duchannes    27/03/2014    3 recensioni
Leonetta Tomletta Naxi Marcesca Fedemilla
Violetta Castillo è la figlia del capo delle guardie del re, promessa sposa ed innamorata del duca Tomas Heredia, la sua vita è perfetta ma basta una passeggiata in paese per sgretolare le sue certezze. L’incontro con Leon Vergas, capo dei ribelli, dà una svolta alla sua vita. I dubbi si insinueranno nella sua mente e il suo cuore si dividerà in due, una parte di lei vorrà appoggiare il rivoluzionario Vergas mossa da un fuoco interiore che non credeva di possedere, ma l’altra è ancora legata al giovane Heredia che non conosce la verità sui ribelli e su Leon.
Ludmilla, figlia del re, viziata principessa dalle pretese esagerate, innamorata del conte Heredia conoscerà invece un contadino, un poveraccio che con le sue maniere rozze e il suo modo di trattarla come una comune mortale e non una regina la farà innamorare: Federico.
Natalia, la dama da compagnia della principessa Ludmilla, Francesca sorella del vice del signor Castillo, Camilla figlia del conte Torres, Maxi braccio destro di Leon, Marco cugino di Vergas, Federico e tanti altri i protagonisti di questa ff.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~ QUESTO CAPITOLO E' STATO INTERAMENTE SCRITTO DA NAXI_4EVER.
NE APPROFITTO PER DIRE A TUTTI QUANTO SIA FELICE DI COLABORARE CON LEI <3
 

Natalia si trovava nella sua stanza a piangere,seduta su una sedia in velluto verde accanto alla finestrella che dava sull'enorme giardino del palazzo.
 Stava ripensando alla scena che aveva visto solo pochi minuti prima. Per colpa sua i ribelli erano stati rinchiusi in cella,ma sperava con tutto il cuore che Ludmilla non sarebbe stata cosí malvagia per condannarli a morte.
 Magari i ribelli non avrebbero pensato che fosse stata lei a metterli nei guai,magari credevano fosse stata un'altra delle ragazze,continuava a ripetersi per darsi forza.
 Ma neanche lei credeva alle sue stesse parole. Sicuramente l'avrebbero scoperta e Maxi non l'avrebbe mai perdonata. Ma lei non poteva permetterlo!
 Se solo non si fosse fatta spaventare e non avesse svelato la verità,tutto questo non sarebbe successo,e in questo momento avrebbe ancora avuto una speranza di poter incontrare il suo principe nel grande giardino.
 Ma non doveva piú illudersi,questo non sarebbe piú successo. Solo il pensiero le fece scendere altre lacrime,che le bagnavano le guance rosee.
 Ma tutto questo era solo colpa di Ludmilla! Se solo non avesse accettato di tornare con lei... Dopo aver passato i minuti piú magici della sua vita con il suo ribelle,Nata era dovuta scappare a palazzo,altrimenti le guardie avrebbero potuto trovarla.
 Si allontanó dal ragazzo spiegandogli la situazione e lui le fece promettere che si sarebbero rivisti. Ovviamente lei accettó,ma subito giró i tacchi per correre al grande portone scuro,lasciato socchiuso prima di uscire.
 Si infiló quatta quatta nel palazzo,appese il mantello ad un chiodo e si diresse silenziosa verso le scale. Ma subito venne fermata da una voce che avrebbe riconosciuto tra mille: Ludmilla.
 -Che ci facevi la fuori?- chiese sospettosa,mentre la fissava con odio.
 -Niente- rispose Nata spaventata. E se l'avesse scoperta? Cosa avrebbe fatto?
-Oh Natalia,lo sai che a me puoi dire tutto! Ma se proprio non vuoi,saró costretta a parlare con mio padre di tutto quello che ho appena visto... Scegli tu- disse girandole attorno come se avesse gia qualcosa in mente.
 Natalia non rispose,perció Ludmilla le tornó davanti dicendole -Vedo che non vuoi parlare. Perfetto,non c'é problema,andró a parlare con mio padre-
 -No,Ludmilla!- ribatté infine Natalia spaventata -Che vuoi che faccia?- chiese poi sconfortata.
-O riveli tutta la verità,o torni ad essere la mia dama- disse con voce ferma la principessina. Ancora una volta era riuscita a sottometterla.
 Nata non rispose,semplicemente si limitó a seguire Ludmilla su per le scale,visto che si stava dirigendo verso la sua stanza.
 Ludmilla capí subito il segnale,e sorridendo compiaciuta continuó a salire le scale,felice di riavere la sua serva.

 Nata non era l'unica ad essere agitata; anche nella stanza di Violetta non si respirava aria di tranquillità.
 La ragazza continuava a girarsi nel suo letto,con la conseguenza di arrotolarsi tutta intorno alle coperte. Aveva sentito dei rumori dal piano di sotto,e tra questi le pareva di aver sentito la voce del giovane Vargas.
 Ma non poteva essere,lui era nella villa!
 Ma per qualche motivo non era piú riuscita a stare ferma,figuriamoci se fosse riuscita a dormire.
 Dopo minuti interminabili di insonnia,la ragazza decise di scendere a vedere cosa fosse successo. D'altronde,avrebbe comunque dovuto scoprire la verità.
 Indossó una lunga vestaglia e scese cauta giú per le scale,illuminate soltanto da una torcia appesa alla parete.
 Arrivata al piano terra,fece attenzione a non farsi vedere dalla guardia,che peró non si accorse dalla sua presenza,era troppo insonnolita per farlo.
 Scese ancora dalla stretta scala a chiocciola che portava alle segrete del palazzo. Sicuramente se era successo qualcosa a quell'ora si poteva trattare solo di un arresto o cose simili,pensó mentre scendeva i numerosi gradini.
-Ahh quanto mai non ho indossato le pantofole!- si lasció scappare mentre innervosita appoggiava i piedi sulla pietra fredda,che le faceva venire dei brividi che le percorrevano tutto il corpo.
 Per fortuna nessuno l'aveva sentita,o meglio,quasi nessuno.
 Solo una persona che l'aveva conosciuta,seppur per poco tempo,e che non era mai riuscita a dimenticarla,poteva riconoscere quella voce.
 E questa persona era proprio lui,Leon Vargas. Appena la sentí parlare,si alzó in piedi di scatto,svegliando i compagni,che ormai dormivano beatamente.
-È lei- disse fissando il corridoio mentre gli altri due ribelli si stropicciavano gli occhi chiedendosi cosa fosse successo -La Castillo é quí- concluse,questa volta girandosi per fissare loro.
 I ragazzi riconobbero il suo sguardo,e subito lo presero per la braccia per trattenerlo.
 Ma Leon riuscí a divincolarsi dalla stretta e corse alle sbarre,iniziando a scuoterle come se volesse romperle e uscire.
 Violetta,che sentí subito questi rumori,accorse spaventata dietro ad una colonnina nel corridoio,e sporse leggermente la testa per vedere da dove provenissero.
 Quasi le venne un colpo quando vide gli occhi smeraldo del giovane Vargas.
 Stropicció gli occhi,credendo fosse un'altra delle sue visioni,ma continuó a vedere il ragazzo che pensava non avrebbe visto mai piú nella sua vita.
 Subito corse verso di lui,senza un motivo,il suo istinto l'aveva spinta a svolgere quell'azione.
 -Sei stata tu!- disse Leon appena la vide arrivare verso di lui,pensando che volesse ridergli in faccia per essere riuscita a vendicarsi.
 -Ma,a fare cosa?- chiese Violetta confusa. Si stava forse riferendo al motivo per il quale era stato arrestato?
-Oh,non fare finta di non sapere nulla principessina,perché so benissimo che siamo stati messi in cella a causa tua!- disse Leon su tutte le furie.
 Era infuriato nero,non soltanto perché era rinchiuso in una maledetta cella per colpa della Castillo,ma anche perché nonostante tutto non riusciva a distogliere lo sguardo dalla ragazza,che sembrava cosí dolce con addosso quella lunga vestaglia.
 Ma i suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Vilu,che voleva convincerlo della verità -Che cosa? No,io non ho fatto niente,credimi!-
Leon non la attaccó,sospiró soltanto suscitando lo stupore dei suoi compagni,che stavano osservando la scena,e di Vilu.
 -Che vorresti dire con quel sospiro?- chiese nuovamente la ragazza,sperando di non suscitare di nuovo l'ira del ragazzo.
 -Che forse hai ragione...- rispose lui cercando di non dare a vedere di essere riuscito ancora una volta a cedere di fronte allo sguardo sincero della ragazza.
 Violetta sorrise soddisfatta,lanciando un'ultima dolce occhiata al ragazzo prima di scappare verso la sua stanza; non poteva rischiare di essere scoperta da qualcuno!
 Anche a Leon venne da sorridere istintivamente,continuando a fissare la minuta figura che saliva le scale,fino a scomparire nel buio del corridoio.

 Nello stesso momento Francesca era chiusa nella sua stanza,piangendo come una disperata mentre tirava qualsiasi oggetto le capitasse sottomano contro la parete.
 Era infuriata con le guardie,che avevano spifferato tutto al re,era infuriata con il re,perchè le aveva impedito di vedere la persona che amava,era infuriata con il signor Castillo perchè l'aveva appoggiato.
 Cos'era successo? Semplice,le avevano impedito di vedere Marco.
 Purtroppo il loro bacio era stato visto da una guardia,che senza pensarci un attimo aveva radunato tutti i soldati,mandando un gruppo a prendere il ribelle,mentre gli altri ad occuparsi della ragazza.
 L'avevano portata subito all'interno del castello con la forza,nonostante lei continuasse a dimenarsi e a pregarli di mantenere il segreto. Ma ovviamente le guardie non provavano nemmeno lontanamente a capire i suoi sentimenti.
 Appena entrarono nel palazzo,Francesca vide venirle incontro il re,accompagnato dal signor Castillo. Entrambi erano seri e i tratti dei loro visi facevano intendere che erano molto arrabbiati.
-Francesca,da ora in poi non potrai piú vederlo- disse il signor Ferro senza mostrare un minimo di compassione per lei. Lui non capiva che per lei sarebbe stata una vera sofferenza non poter piú vedere il ragazzo dei suoi sogni.
-Ma non é giusto!- provó lei a ribattere,senza ottenere nessun risultato,ma solo l'occhiataccia da parte del re.
-Francesca,cerca di capire,i ribelli vogliono solo il male per noi... Non ti avrebbero portato a niente di buono- cercó di convincerla il signor Castillo,con il risultato di far arrabbiare ancora di piú Francesca.
 -Ma loro non sono cattivi! Loro sono solo giudicati male,ma vogliono il bene della gente!- la ragazza tentó di nuovo di aprire i cuori dei due uomini,cercando almeno un briciolo della loro compassione,che peró non arrivó.
-Smettila! Loro sono crudeli,sono malvagi,e tu non li potrai piú vedere siamo intesi?- disse l'ultima volta il re prima di girarsi a testa alta con il suo compare.

 Intanto i tre ribelli si trovavano ancora in quella lurida cella,annoiati. Solitamente avevano sempre qualcosa da fare: rubare le armi,fuggire dalle guardie,tornare al covo e cosí via per tutto il giorno.
 Invece ora forse per la prima volta nei loro ultimi anni,erano tranquilli,liberi di dare sfogo ai loro pensieri.
 Ormai erano cosí presi dalla loro frenetica vita,che non trovavano neanche il tempo di pensare,o forse non lo volevano fare.
 Marco era sdraiato su un materasso di cuoio marrone scuro,intento ad osservare le mille diramazioni che formavano le crepe sul soffitto grigio.
 Forse,se non avesse fatto pace con Leon in quel momento non sarebbe lí,ma avrebbe potuto continuare a vivere la sua vita normalmente.
 Ma allo stesso tempo pensava che se avesse dato ascolto a Leon,perció smettendo di vedere Francesca,tutti e tre non sarebbero stati presi.
 Lui non aveva fatto ne l'una ne l'altra cosa,ma almeno era riuscito a farsi perdonare dal leader dei ribelli.
 Tornato a casa dall'incontro con Francesca,era riuscito ad entrare di soppiatto nel covo,ma per sua sfortuna Leon era ancora sveglio e lo vide subito.
-Perché entri ora?- chiese arrabbiato,ma con una punta di curiositá.
-I-io...- inizió Marco titubante. Se gli avesse riferito che aveva incontrato Francesca,sicuramente si sarebbe arrabbiato.
 -Io cosa? Avanti,parla- chiese con un tono che non ammetteva repliche.
 Marco non sapeva cosa rispondere,perció si limitó soltanto a guardare il pavimento,rosso d'imbarazzo. Non era abituato a mentire all'amico,si erano sempre riferiti tutto.
-Hai incontrato Francesca?- chiese fingendo di essere calmo,per avere la risposta del compagno. Leon vide un minimo movimento della testa del ragazzo,che sembrava essere un sí -Hai incontrato Francesca? Come hai potuto?- chiese di nuovo piú alterato.
 Marco non rispose,ma alzó lo sguardo,pronto a scansare il pugno che sarebbe arrivato presto da parte dell'astuto Vargas.
 E infatti questo arrivó,seguito da molti altri,che se non fossero stati fermati da Maxi,avrebbero steso Marco letteralmente.
-Hei hei ragazzi che succede quí?- chiese Maxi dividendo i due.
-Il ragazzo quí presente ha visto di nuovo Francesca,nonostante io gli avessi proibito di farlo!- spiegó Leon rosso di rabbia.
-Ma lui non ha diritto di dirmi cosa fare!- ribatté Marco spinto da un insolito coraggio.
 Leon stava per darne di nuovo a Marco,ma Maxi li separó di nuovo facendo da intermediario -Ragazzi,fermi! Leon,non arrabbiarti Senza motivo,Marco non ha fatto nulla di male,soltanto prova i tuoi stessi sentimenti per Violetta- queste parole spensero improvvisamente Leon. Neanche lui sapeva il motivo,ma sentire quel nome riusciva a distoglierlo da tutti i suoi pensieri; lo mandava in confusione piú che mai.
-E Marco,non dovresti piú vedere Francesca- disse facendogli l'occhiolino. Avrebbe sicuramente continuato ad aiutare l'amico,ma non poteva farlo capire a Leon.
 Marco capí il concetto e si riavvicinó controvoglia a Leon,che invece rimase con le braccia incrociate a fissare la parete.
-Eddai Leon,é pur sempre tuo amico- provó di nuovo a convincerlo Maxi.
 Leon si voltó verso Marco tendendogli la mano,che venne subito stretta dall'altro,concludendo l'azione con una pacca sulla spalla.

 Maxi invece era in piedi,con le braccia incrociate dietro alla nuca e un piede appoggiato al muro,mentre fissava il buio della notte fuori dalle sbarre della finestrella.
 Pensava a come sarebbe stata la sua vita se non fosse diventato un ribelle.
 Da ragazzino aveva molti sogni; amava ballare e suonare,ricordava che avrebbe tanto voluto formare una band.
 La sua famiglia era povera,ma durante la giornata riusciva sempre a trovare il tempo per dedicarsi alla sua passione. Spesso si rifugiava da solo in un boschetto per ballare. Era l'unico modo con il quale riusciva a non pensare alle fatiche della sua vita,per distrarsi da tutti i pensieri che lo assillavano ogni giorno.
 Si avvicinava a qualche ramoscello,strappava due rametti e li usava per creare melodie battendoli sui tronchi a ritmo.
 Girava in questo modo tutti gli alberi,finché lasciava le bacchette per mettersi a ballare seguendo il ritmo che ormai gli era rimasto impresso nella testa.
 Una volta,passeggiando per il centro della città,era passato davanti ad una piccola bottega che esponeva nella vetrina delle maracas e un piccolo tamburello.
 Aveva speso tutti i suoi risparmi per comprarseli,ed era tornato a casa soddisfatto dell'acquisto.
 Ma i suoi genitori non apprezzavano la passione del figlio,al contrario non vedevano di buon occhio questa distrazione dal lavoro.

 A distoglierlo dai suoi pensieri fu un soldato,che si avvicinó alla cella,seguito dal re,dal signor Castillo e da alcune guardie.
 Per tutti era stata una lunga notte insonne,ma questo non gli avrebbe impedito di annunciare ai prigionieri la cattiva notizia.
-Preparatevi,domani ci sará il processo- annunció il re con voce rauca.
-Quale processo?- chiese Marco spaventato. Sapeva cosa fosse,ma voleva credera almeno per un secondo che il re non intendesse ció che aveva capito.
 -Oh,sentilo il ribelle! Ora fa il finto tonto!- disse il re imitando Marco,suscitando la risata forzata delle guardie e del loro capo -Siete condannati a morte-
 I tre ribelli impallidirono. Avevano pensato al peggio,ma sicuramente non alla loro morte. Ora sí che erano spacciati.


 La mattina dopo,all'alba,un'altra persona fece la sua entrata a palazzo.
 -Signore,ecco il contadino che cercavate!- disse una guardia a gran voce facendo entrare un ragazzo alto e snello,con un ciuffo castano chiaro e gli occhi nocciola.
-Perfetto,gli spieghi cosa deve fare,inizierà subito a lavorare- ordinó il re,soddisfatto del nuovo acquisto,che sicuramente avrebbe dato una marcia in piú alle sue campagne

  
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