la pecora ha mangiato o non ha mangiato il fiore?
E vedrete che tutto cambia…
Ma i grandi non capiranno mai che questo abbia tanta importanza.”
Il Piccolo Principe, A. De Saint-Exupéry
Farina, zucchero e burro, miele,
zenzero, cannella e noce moscata, un pizzico di sale, uno di bicarbonato, un
po’ d’olio e un uovo. Ecco come erano nati questi due biscottini. 180 gradi nel
forno e il loro destino era stato segnato. Modellati da grandi mani premurose, decorati
in maniera impeccabile con la più fine delle arti e poi adagiati su
elegantissima carta verde e messi sotto i riflettori.
Vivevano uno al fianco all’altro,
a separarli quel centimetro e mezzo accuratamente calcolato dal loro creatore.
I protagonisti dell’intera vetrina.
I due biscottini, l’attrazione
che richiamava a decine i bambini che passavano per la via e schiacciavano i
loro piccoli nasi sul vetro creando aloni opachi col respiro, fonte di sguardi
da parte dei ragazzini più grandi, testimoni dei teneri baci che le coppiette
si scambiavano passando lì davanti, tenerezza che assumeva i colori dalle luci
di Natale che rischiaravano l’intera città. Ammirati e lodati per la ricchezza
dei particolari, la precisione delle rifiniture e le fattezze che li rendeva
più simili a omini in miniatura che semplici biscottini di pan di zenzero.
Ad uno dei due era stato
disegnato un ciuffo di capelli scuri con il cioccolato amaro, due archi neri
erano gli occhi, strizzati per il sorriso di glassa rossa, sorriso così
perfetto che, oltre che sembrare vero, pareva illuminare l’intero dolcetto. La
punta della lingua spuntava dalle labbra disegnate conferendogli un’aria
birichina e tenera al tempo stesso.
Per l’altro era stato usato del
cioccolato al latte per disegnare i capelli, ciuffi informi per delineare
l’accenno dei ricci, due gocce sempre di cioccolato – questa volta fondente
però – erano state scelte per simboleggiare gli occhi, glassa rossa gli formava
il sorriso, più timido rispetto a quello dell’altro biscotto, e due riccioli del
medesimo colore gli delineavano le gote. Timido e spaurito, che tendeva il
tozzo braccio verso il suo vicino per non essere lasciato da solo.
Al biscotto dal sorriso tenero,
quasi impaurito, la vicinanza del suo amico bastava, lo rincuorava e lo faceva
sentire pieno. Sorrideva grazie a lui, la sua presenza era forte e piacevole
come il calore delle lampade che durante il giorno li illuminava, dolce e rassicurante
come il telo che di notte li copriva e li proteggeva dalle tenebre.
Passarono tutto il tempo a loro
concesso uno vicino all’altro, studiandosi di sott’occhi, sorridendosi quando i
loro sguardi si incrociavano, cercando di annullare quella distanza che li
teneva separati e gli impediva di sfiorarsi. Le loro tenui risate si potevano
udire riverberare nell’aria, se si faceva attenzione, quando il locale era
deserto e nessuna presenza nei dintorni. Il dolore più grande per loro era
l’essere stati creati dall’uno e obbligati a star divisi. O, per lo meno, era
stata l’ombra più grande che aveva oscurato i loro sorrisi fino ad un tardo
pomeriggio di dicembre durante il quale, la grande mano delicata e forte che li
aveva creati, non piombò nella vetrina strappando l’omino di pan di zenzero dal
ciuffo nero al suo posto.
Non fece più ritorno.
Al suo posto la grande mano
depositò un grazioso biscottino con una gonnellina rosa e un fiocco sulla
sommità del capo, ma non era lo sesso. Nulla avrebbe potuto rimpiazzare quel
sorriso.
Ora che l’omino dal ciuffo nero
se ne era andato le luci scottavano fin troppo e il telo che la notte ricopriva
i dolci esposti in vetrina fin troppo ruvido. Le gote del dolce dal sorriso
timido persero colore, le sue labbra acquisirono una nota malinconica e non più
spensierata come prima. Durante le magiche ore della notte, invece che le
spensierate risa allegre, si potevano udire i suoi singhiozzi infranti e tutto
smise di risplendere per la gioia del Natale incombente.
La grande mano tornò una seconda
volta, quel pomeriggio era il suo turno per essere strappato dal cantuccio in
cui era stato per indefinito tempo ed essere trasportato in una graziosa
scatola regalo. Al suo interno era tutto nero, e silenzioso, lì i singhiozzi tristi
dell’omino si amplificavano fino a schiacciarlo. Ma non gli importava, il
biscotto di pan di zenzero non riusciva a pensare ad altro se non alla sua metà
finita chissà dove, in chissà quale posto, chissà se anche lei singhiozzava e
non rideva più con le luci di natale che gli facevano scintillare la glassa
degli occhi.
Poco alla volta il piccolo omino
dal sorriso ormai triste perse il conto dei giorni, si dimenticò il suono delle
risate e il piacere della tenue luce a riscaldare la sua ruvida superficie, lo
scintillio della glassa e il tocco caldo della mano che l’aveva fatto nascere e
poi dato via. Si perse nel suo limbo fatto di buio e singhiozzi sordi. Perse sé
stesso in quella piccola scatola scura nella quale non c’era abbastanza spazio
per le sue – incorporee – lacrime.
«Ecco, questo è per te» si
sentì dire nell’oscurità della confezione. Sballottato e ceduto in una presa
più delicata. Il biscottino dal sorriso timido fremeva per vedere nelle mani di
chi fosse finito, di quale bambino sarebbe stato la sorpresa, quale sorriso
avrebbe fatto nascere ora che il suo si era appannato per il buio.
Un altro pacco venne consegnato e
i due piccoli si accordarono per scoperchiare le scatole nello stesso istante.
Contarono lentamente fino a tre,
e poi la luce si depositò sulle gocce di cioccolato accecando e circondando il
dolcetto. Tepore lo avvolse, il tocco delicato delle dita che lo afferrarono lo
sollevarono strappandolo alla sua confezione.
«Oh ma Zaynie è bellissimo! E’ un
regalo carinissimo, mi piace tantissimo!» esultò il castano ammirando e
percorrendo con il piccolo indice le rifiniture del biscotto. Lo stesso sorriso
e le guancie rosse si fecero largo sul volto del bambino, solo più scintillanti.
«Guarda Lee, sembra me questo
biscotto!» rise l’altro bambino, accostando il dolcetto al proprio volto
sorridendo nella stessa maniera riportata sull’omino di pan di zenzero. Lingua
tra i denti e il volto illuminato dal sorriso che gli strizzò gli occhi.
Il bambino dai capelli più chiari
rise, appoggiando il suo dono sul tavolo.
«Te l’ho preso apposta cosa credi
scemo? Dopo cena li mangiamo! Ora vieni, voglio farti vedere il trenino che mi
ha portato ieri Babbo Natale!» dichiarò, strappando il biscotto dalla mano
dell’amico, per abbandonarlo accanto al suo, e trascinarselo dietro, mano nella
mano, fino nella sua cameretta dove il gioco nuovo li stava attendendo. Tutto
questo non dopo aver sussurrato un “grazie Zaynie” e avergli stampato un bacio
sulla guancia, che si imporporò per l’imbarazzo che colse il bambino
dai capelli scuri.
Accompagnati dalle loro risa i
due piccoli sparirono lasciando i dolcetti sul tavolo. Sovrapposti, senza farlo
apposta, con le tozze braccia – che non erano mai riuscite a sfiorarsi se non
solo nel momento in cui erano ancora immersi nella pagnotta da cui erano sati
ricavati – unite, quasi fusi per le briciole che si erano staccate dal loro
corpo e si erano mischiate sul piano del tavolo.
Ancora una volta i due omini di
pan di zenzero erano uno accanto all’altro, come era giusto fosse.
Destino o pura casualità, fatto
stava che erano lì.
***
Uno, so benissimo che questa cosa non ha nè capo nè coda e tanto meno senso, ed è priva di una trama sotto che sorregga le parole che ho scritto.
Due, è nata ieri sotto sera nel giro di un'ora nemmeno e quindi, stendiamoci su un velo pietoso. Avevo bisogno di fluff ed è venuta fuori questa cosa. Quando ho bisogno di fluff e dolcezza scrivo di fluff e dolcezza, questo è quanto.
Tre, la citazione in apertura, può sembrare che non abbia senso, ma non è così abbiate fede! (e non intendo me! ahahah battuta scadentissima .-.) All'inizio avevo aperto sì "Il Piccolo Principe", libro che amo svisceratamente, a caso per pescarne una frase qualsiasi, ma ora più ci ragiono più vedo quella citazione attinente e perfetta per il testo che dovrebbe presentare, solo che i perchè l'abbia scelta sono ancora troppo nebulosi per poterli condensare in parole. Sappiate solo che è uno dei passaggi che preferisco.
Quattro, siccome questa OS me la cacheranno in pochissimi, se non solo loro tre, sappiate che se è fuori è solo perchè quella ropipalle della mia vicina di casa (ChiaraLuna, e qualsiasi riferimento al nostro discorso dell'altra sera per farmi venire in mente una qualsiasi idea per farmi scrivere su biscotti a forma di cane e alieni mangia teste è puramente casuale!) e la mia dolce Ovy (SandMagia), dopo aver letto impersonal quesa storia, mi hanno minacciato di morte se non pubblicavo, e il mio dolce e delicato Fiorellino (ThePurpleDoor) voleva leggere (se siete qua stasera non perdete troppo tempo con me e correte a leggere lei che merita davvero davvero tanto ed è un bocciolo profumato). Ecco, quindi gustatevela appieno siccome è qua solo per voi! Gnam!
Cinque, credo d'aver finito.
Sei, vi saluto.
Sette, no non non c'è nessun sette.
Otto, questo è il mio twittah: @Break_Away.
xx
Fee.