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Autore: loveisasecret    28/03/2014    1 recensioni
[Jongkey]
"Ogni cosa in Kibum pareva che stonasse con lo scenario antico e tradizionalista del luogo in cui era nato e cresciuto.
Lo stesso Kibum, era convinto che quel luogo non facesse assolutamente per lui. Non meritava la piattezza grigia di Dyeolmyeong.
Meritava Seoul. Meritava la metropoli di cui i coreani andavano così fieri. Meritava i neon, i locali alla moda, il Music Bank, i grattacieli e il Lotte World.
Era solo nel posto sbagliato."
La mia seconda fanfic (la prima l'ho ormai abbandonata a sè stessa haha)
Buona lettura!
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Quasi tutti
Note: Lemon, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Jonghyun e Kibum si conobbero alle elementari, il primo giorno di scuola. Non ricordavano le circostanze del loro incontro, ma Jonghyun sorrideva se pensava a Kibum da piccolo, da sempre magrissimo e con un paio di occhiali spessi , e i capelli folti che gli coprivano quasi tutto il volto.
Diventarono  compagni di banco, seppur ancora non ricordavano come. Jonghyun non incontrò mai una persona più chiacchierona di Kibum, sebbene lui fosse tutt’altro che un bambino silenzioso.
Era anche molto fiero, a tratti anche un po’  insolente, ma questa sua insolenza veniva giustificata dal suo essere ancora un bambino. Jonghyun lo trovava però anche molto divertente, a volte.
 
La maestra prese posto, invitando tutti i bimbi al silenzio, e la classe si fece subito muta. All’ultimo banco, Jonghyun si affrettò a prendere i libri.
-Jonghyun-ah!-
-ciao Kibum- rispose l’amico. Non voleva sembrare scortese.
-Ti piace la mia macchinina nuova? Mamma me l’ha comprata ieri- Kibum afferrò entusiasta dalla tasca quella che sembrava un modellino di una vecchia mini cooper rossa fiammante e gliela mostrò, come se fosse il suo tesoro più grande.
Jonghyun rimase stupito dalla sua sfacciataggine, ma rispose che sì, gli piaceva. Kibum  gonfiò il petto per l’orgoglio e assunse una espressione soddisfatta.
 Jonghyun pensò che Kibum  avesse una faccia tanto buffa, mentre si dava arie.


 


 
 
L’adolescenza arrivò come una folata di vento fresco, e li cambiò da dentro, dal profondo, oltre che nell’aspetto fisico. Crebbero insieme, come tutti i migliori amici d’infanzia, e insieme continuarono a vivere le stesse situazioni, le stesse circostanze, come quando erano bambini.
La pelle di Kibum non assunse un cambiamento con l’arrivo della pubertà, ma rimase liscia e morbida. Neanche il suo fisico mutò di molto; anzi, con il passare del tempo acquistò anche dei vaghissimi tratti femminili, che contribuirono ad accrescere la sua delicata bellezza.
Jonghyun, sebbene non avesse sviluppato granché in altezza, compensava i centimetri mancanti in massa muscolare, dovuta soprattutto al lavoro nella cascina di suo nonno. Cercava di aiutarlo come meglio poteva, scaricando e caricando cassette di prodotti fatti in casa e poi destinati al consumo e aiutando la sua vecchia nonna nelle faccende domestiche, oltre che dedicarsi alla scuola.
Non c’era molto da fare, a Dyeolmyeong; o ti rintanavi in casa e stavi tutto il giorno su facebook o alla tv, o uscivi fuori a giocare a nascondino o, se eri un po’ più responsabile, aiutavi i tuoi nonni nel mantenimento del casolare.
Kibum era allergico al lavoro; Jong lo aveva ipotizzato fin da subito, e l’adolescenza lo confermò. Ma non era una grande perdita, pensò Jonghyun, guardando quelle braccine sottili e supponendo che non avrebbero potuto sollevare neanche una gallina.
 
-Jonghyun-ah, muoviti!-
Kibum sorrideva. La collina era ripida, ma non bastarono gli avvertimenti di Jonghyun a fermare la curiosità del più piccolo, che con fatica marciava verso la cima, le gambe magre sotto lo sforzo immane di raggiungerla. Jonghyun lo seguiva, a pochi metri di distanza, con il fiatone, tenendosi ai tronchi degli alberi per non ruzzolare giù.
Il sole non splendeva in quel modo da mesi; la vegetazione era cresciuta fitta in quel piccolo bosco, situato a non molti chilometri da Dyeolmyeong. Tra le fronde il lieve venticello di fine maggio scuoteva dolcemente le foglie, e scompigliavano i capelli nerissimi di Kibum.
Jonghyun fece uscire un mormorio poco distinto, aumentando seppur di poco il passo. Kibum riusciva a trascinarlo dove voleva, se si impuntava riusciva ad essere molto persuasivo e a volte anche seccante. Jonghyun avrebbe preferito morire pur di ammetterlo, ma la verità era che su di lui la testardaggine di Kibum faceva più effetto che sugli altri. Nei giochi, Kibum era quello che stabiliva le regole. Con i suoi genitori era una lotta continua, e a scuola era il peggiore, non perché fosse il meno dotato, ma per la sua insopportabile abitudine di rispondere a tono ai professori.
-Kibum-ah, aspetta, cavolo!-
Il più piccolo aveva già raggiunto la cima della collina, e si guardava intorno, ammirando il paesaggio che si presentava ai suoi occhi. Diverse colline, leggermente più piccole, su cui si adagiavano altri paesi. Dyeolmyeong riposava beata nel silenzio della valle, sotto la collina che i due avevano da poco conquistato.
Jonghyun lo raggiunse. Si misero all’ombra di un faggio, a godersi quella tranquillità. Jonghyun stava davvero per addormentarsi, cullato dal cinguettio degli uccelli sopra quell’albero, quando la voce di Kibum risuonò nelle sue orecchie.
-Jonghyun-ah, non vorresti andartene?-
Jonghyun aprì solo un occhio, rivolto verso il più piccolo.
-Andarmene?-
-Si.- rispose Kibum. –Andartene. Da Dyeolmyeong.-
-per arrivare dove, scusa?- Jonghyun non capiva. Si stava così bene, nella muta tranquillità di Dyeolmyeong. Perché avrebbe voluto desiderare di andarsene?
Kibum sbuffò, si mise a pancia in giù, e indicò un punto impreciso a nord, indicò le pianure. -Lì.-
Jonghyun seguì il suo dito. Lì. Dove si innalzava una nube sottile di inquinamento, Jonghyun lo vedeva perché il cielo era leggermente più grigio che dalle altre parti. Se avessero teso meglio l’orecchio, avrebbero sentito il rumore della civiltà, la frenesia di Seoul, lontana anni luce dalla quiete in cui erano abituati.
-Seoul? Ma ci siamo già stati prima.-
-non per un viaggetto turistico, idiota. Per viverci. Non sarebbe fantastico? Ci sarebbero di cose da fare…-
-Nah, troppo smog.-
Kibum lo aveva guardato, scoppiando a ridere improvvisamente.
-Smog? Ti preoccupi dello smog? Sei in una delle città più belle del mondo! Non c’è paesino sperduto che tenga contro una grandezza del genere.- si era di nuovo messo supino, e aveva accavallato le gambe, chiudendo gli occhi, sul viso ancora lo spettro della falsa risata che si era fatto uscire alla battuta di Jonghyun.
Quest’ultimo rimase a guardarlo, tra il divertito e l’esasperato insieme. -non fai altro che pensare ai tuoi sogni di gloria, Kibum. Vuoi fare il cantante, il modello, l’attore. Vuoi avere Lo staff personale, un loft nel centro di Seoul e recarti ai centri commerciali per gli autografi. E hai solo quindici anni. Tu e le tue solite manie di protagonismo.-
-Sono le mie manie di protagonismo che mi porteranno lontano.- Kibum si era messo a sedere di scatto, ricambiandogli lo sguardo, diventato improvvisamente serio. -Diavolo, Jonghyun! Stai davvero così  bene qui? Per fare una passeggiata devi stare attento ai trattori, il centro commerciale più vicino è l’alimentari in piazza e la luce manca un giorno sì e uno no, eppure tu ti ostini a dire che è comunque il luogo in cui siamo nati e cresciuti, e bisogna andarne fieri! Fieri di cosa? Delle mucche di nonno Kangin che fanno il latte? Del coprifuoco alle nove di sera? Hai visto quando siamo stati a Seoul, Jong? Le hai viste le luci, la vita che trasuda? Sembra di stare su un altro pianeta!- guardava davanti a sé, i lineamenti perfetti leggermente imbronciati, ma con gli occhi sognanti vedeva un palco per le audizioni, e sua madre che piangeva per essere stato ammesso come trainee in qualche label famosa.
 Jonghyun intanto guardava le labbra a cuore di Kibum muoversi velocemente  mentre pronunciava queste parole veritiere, ma all'improvviso si rese conto di aver addolcito lo sguardo, piegando leggermente la testa di lato. Una strana, stranissima sensazione. Avvampò improvvisamente, e si affrettò a tormentare un filo d’erba accanto a lui.
Che diavolo gli succedeva? Jonghyun non lo sapeva, no. Non ne sapeva nulla, perché non ci era mai passato prima. E non sapeva neanche che quel buco che improvvisamente sentiva alla bocca dello stomaco non era dovuto alla fame.
Tutto questo Kibum parve non notarlo, perché proseguì il suo discorso, con un’ombra cupa negli occhi.
-Davvero, Jong. Tutto quello che c’è qui è una vera palla, non capisco come fai a trovarti bene in questo buco dimenticato da Dio.-
-Perché ci sei tu, in questo buco dimenticato da Dio.-
Jonghyun non si rese conto all'istante di aver pronunciato queste parole. Lo fece subito dopo, quando vide un lampo di sorpresa balenare sul viso del più piccolo, gli occhi spalancati e le guance tingersi piano di rosa. Jonghyun, stupito da quella immane audacia, si coprì infantilmente la bocca, mentre il suo amico prese a ridacchiare prima nervosamente, poi con più foga, fino a tenersi la pancia per non morire dalle risate.
Jonghyun lo trovava molto snervante. Perché cavolo rideva l’idiota? Lo guardò accennando un mezzo sorrido, che si spense subito.
Non era molto convincente.
Presto Kibum si calmò, asciugandosi le lacrime, ma aveva ancora le guance rosee per l’imbarazzo, che diventavano sempre più colorite mano a mano che il silenzio si protraeva tra i due.
-allora cosa farai, quando me ne andrò?- esordì Kibum, spaccando in due quel silenzio spiacevole. Cercava di reggere il gioco, che si stava facendo sempre più pericoloso.
Il modo in cui pronunciò quelle parole, con la voce profonda e improvvisamente serio in volto, mandò su di giri Jonghyun. Non se la sentiva di rispondere per evitare di dire cavolate, tuttavia quell’inaspettata audacia lo colse di nuovo.
-Verrò con te, Bumie.-
Kibum posò nuovamente gli occhi su Jonghyun, lo sguardo ancorato a quello dell’amico, e  vide la stessa espressione che prima scatenò in Jong quegli pterodattili che aveva nello stomaco.
E ad un tratto si accorse di averli anche lui.
Intanto Jonghyun, d’altra parte, sorrideva triste.
Accadde in un attimo. Jong non si rese conto assolutamente che, per quanto la sua mente volesse tirarsi indietro, il suo corpo non rispondeva allo stesso modo. Si avvicinava  imperterrito a quello di Kibum, attratto come se fosse una calamita, azzerando la distanza tra loro. Jonghyun riusciva a sentire il profumo che emanava la pelle di Kibum, ma si rifiutò di alzare lo sguardo verso i suoi occhi, perché poteva leggerne paura, o delusione.
Il bacio durò un battito di ciglia, ma fu pari ad una scarica elettrica di 10.000 volt. Jonghyun, in quella frustrante situazione, si stupì di avere la mente abbastanza lucida per sorprendersi  della morbidezza della labbra di Kibum, seppur fossero irrigidite dallo stupore di quel gesto.
Jonghyun abbandonò le labbra di Kibum per primo, resosi conto di quello che aveva fatto. Da quel momento era una situazione irrecuperabile, non si poteva più tornare indietro, e Kibum parve capirlo subito, data l’espressione indecifrabile che aveva assunto il suo volto.
Mentre Jonghyun, in cuor suo,  fu sinceramente dispiaciuto che Kibum non scoppiasse a ridere di nuovo.
 

Salve a tutti!
Duunque, come avrete visto questo capitolo è incentrato solamente sul flashback delle vite di Jonghyun e Kibum,
un pò della loro infanzia e adolescenza, nei momenti più importanti della loro vita.
So che può sembrare un po' noioso, ma è fondamentale quello che c'è scritto, per lo svolgimento della storia!
i prossimi capitoli saranno quanto più spediti possibile, ve lo prometto.
ho avuto davvero tante views per il primo capitolo! spero di non avervi deluso con questo^^
Grazie anche a chi ha messo la storia tra le seguite e le preferite e ha recensito, siete l'amore.
Alla prossima <3

  
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