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Autore: Anja_Vampir    28/03/2014    1 recensioni
Il fidanzato di Josephine sembra avere molti segreti...
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le petit copain de Josephine
 
Joséphine guardava attraverso le grandi vetrate del palazzo il parco di Versailles, che in quel periodo di primavera era nel suo massimo splendore.
Era ormai sera inoltrata, la festa a corte si stava svolgendo magnificamente e tutti si stavano divertendo.
Tutti.
Tranne lei.
La ragazza si guardò attorno con nervosismo. Presto “lui” sarebbe ricomparso.
Per la tensione la sua piccola mano sinistra stritolò il ventaglio violetto adornato da pizzi bianchi e da disegni di fiori di campo, mentre con la destra lisciava inconsapevolmente la gonna del vestito da sera, che possedeva la stessa sfumatura del ventaglio.
Chiunque, vedendola in quello stato, avrebbe pensato che era ansiosa di vedere il suo futuro marito, ma non era così.
Oh, non era affatto così.
Mentre i suoi occhi azzurri scrutavano la folla, Joséphine non pensava a cadere tra le braccia del suo amato, anzi tutt’altro. In quel momento stava recitando una muta preghiera, nella speranza che almeno per quella notte lui non si facesse vivo. Eppure non era sempre stato così. C’era stato un tempo in cui lei, assieme alle altre dame, lo guardava da lontano e sospirava sognante. Il suo cuore batteva felice ogni volta che lui si avvicinava sorridendo e iniziava una delle sue argute conversazioni. Non passava giorno senza che lei, o qualunque altra dama su cui appoggiasse gli occhi su quel uomo, si chiedesse se mai un giorno lui si accorgerà dei suoi sentimenti e se l’avesse scelta tra le dame di Versailles.
E una sera avvenne proprio questo. La invitò a ballare e le disse che si era accorto che lo guardava sempre ed ne era felice. Fu allora che Joséphine  gli confessò il suo amore e con sua grande felicità venne accettato e corrisposto, senza sapere che quello fu il primo passo verso il suo inferno personale.
La sera seguente la fanciulla era già triste, lasciandosi trascinare dal romanticismo, si era dimenticata che era già promessa in sposa a un nobile scelto dai suoi genitori e che lei non solo non amava, ma non aveva nemmeno mai visto.
Con grande dolore raccontò tutto al suo amato. Pensava che si sarebbe arrabbiato, che l’avrebbe lasciata per sempre… invece, lui la tranquillizzò e le promise che avrebbe risolto il problema parlando con i suoi genitori.
E così fu: tre giorni più tardi il suo precedente fidanzamento fu annullato e lei si ritrovò fidanzata a tutti gli effetti con l’uomo dei suoi sogni.
Erano passati tre mesi da allora, ma ancora si chiedeva come fosse riuscito a convincere suo padre, bigotto e conservatore, a rompere una promessa che ave fatto due anni fa e darla in sposa a lui.
Non era la sola cosa che si domandava…
Chi era? E da dove veniva veramente?
Nessuno lo sapeva, si era presentato come figlio di un nobile di bassa estrazione che aveva sposato una borghese di Parigi arricchitasi con l’importazione di spezie, ma nessuno ne conosceva i particolari e quando qualcuno cerca di scoprirne di più sul suo conto, Vincent cambiava discorso con noncuranza.
Un'altra cosa sospetta era che se ne andava sempre via prima dell’alba e durante il giorno era irreperibile. Evitava sempre i banchetti che si svolgevano a corte, anche se riceveva un invito ufficiale dal Re Luigi XVI e dalla Regina Maria Antonietta, ogni volta inventava un’abile scusa per non partecipare e non solo, Joséphine non lo aveva mai visto mangiare, tutto quello che toccava nelle feste era un sporadico bicchiere di champagne o di vino.
Un’altra cosa che evitava abitualmente erano le messe serali alla cappella…
Sebbene questo fosse lievemente bizzarro, non doveva essere fonte di preoccupazione, ma durante quei mesi era successo qualcosa di così spaventoso che Joséphine  non voleva neanche rammentare.
Eppure nessuno si accorgeva di nulla perché lui era così affascinante, dolce, bellissimo…
- Sembra quasi inumano, non è vero? –
La fanciulla trasalì ma subito cercò di darsi un contegno, perché per la preoccupazione si era dimenticata di essere circondata da un gruppo di dame che chiacchieravano in modo frivolo.
-C… come dite? – chiese, presa in contropiede.
La risata scioccamente stridula di Madame Florénce riempì per un attimo quell’angolo della sala da ballo.
- Ma allora non stavate ascoltando, Madamoiselle, stavamo parlando del vostro fidanzato e di quanto siete fortunata poter sposare presto un uomo tanto affascinante.– disse la donna, avvolta in un sgargiante vestito verde smeraldo, mentre muoveva lentamente il ventaglio per rinfrescarsi. – Scommetto che siete nervosa per il matrimonio, ma sono certa che sarete molto felice. -
Joséphine la guardò con timida incertezza.
- Lo credete davvero, Madame? -
- Assolutamente sì. Vedrete: andrà tutto bene. -  Puntualizzò Florence  sorridendole con dolcezza.
- La ringrazio... -
"Forse Madame Florence ha ragione, forse dopo il matrimonio si sistemerà tutto..."
Stava quasi per lasciarsi convincere da quel pensiero quando, con un brivido gelido per tutto il corpo, lo vide arrivare.
Perfetto e affascinate come al solito, i capelli, abbastanza lunghi da superargli anche se di poco le spalle,di un rosso scuro e intenso erano accuratamente pettinati e posati sulla spalla destra, trattenuti quasi alla fine da un piccolo fermaglio cilindrico d'oro.
Gli occhi erano verde pallido e come al solito era vestito in modo semplice, ma di buon gusto. Quella sera aveva indossato una giacca nera di velluto con i risvolti rosso scuro con fini damascature di seta nera. Il panciotto era identico ai risvolti e ricadeva sul pantalone nero sopra i stivali di cuoio anche essi neri.
L'aveva vista e le stava sorridendo mentre le veniva incontro; sembrava l'incarnazione del Dio Eros.
- Joséphine... - salutò, portandosi la mano della fanciulla all'altezza del viso e sfiorandola delicatamente con le labbra, che erano piene e morbide come la sua voce. Poi inchinandosi elegantemente, si rivolse al resto del gruppo. - Madames... -
Quel saluto ebbe un effetto immediato: alcune ragazze ridacchiarono imbarazzate, fissando con occhi luccicanti l'avvenente presenza maschile, molte altre invece arrossirono e si dedicarono a un furioso sventagliamento, come un nugolo di farfalle multicolore impazzite,
nella speranza di rinfrescare al più presto il viso.
Ma lui sembrò non farci caso e sorrise a tutte in modo dolce e amichevole.
L'unica ad essere rimasta impietrita era Joséphine.
- Monsieur Vincent, buona sera. Stavamo giusto parlando di voi e delle vostre nozze con Madamoiselle Josephine. -
Vincent abbracciò le spalle della fidanzata.
- Sono molto fortunato. - disse - E' il sogno di ogni uomo avere al proprio fianco una fanciulla così vivace ma al contempo così dolce. –
La parola "dolce" le scatenò una miriade di brividi  che partirono dal bacino fino a diffondersi per tutto il corpo come un gelido veleno.
- Siete una coppia meravigliosa - Convenne la giovane dama con il vestito nero e gli occhi castani che le scintillavano di entusiasmo.
Vincent serrò ancora di più la stretta, come se volesse impedire a Joséphine di fuggire e allargò il sorriso, senza mostrare i denti.
- Ora dovete scusarci, – annunciò – anche se detesto distogliere la mia piccola Joséphine dalle vostre gaie risate, temo che ve la rapirò per qualche minuto. -
Quella frase fece scoppiare un’altra serie di risatine, ma nessuno di loro fece caso allo stato emotivo di Joséphine che sentendo quella frase sbiancò terribilmente. Sapeva cosa voleva dire quella frase, succedeva puntualmente una volta al mese, la portava in un luogo appartato e…
Scosse la testa, anche solo pensarlo era terrificante.
Quel gesto non sfuggì all’uomo che con amorevole apprensione le domandò:
- Va tutto bene?  -
Lei lo guardò negli occhi che sembravano dei stagni verdi in miniatura e la pupilla era il punto più profondo. Improvvisamente sentì la paura dileguarsi, come se non fosse mai esistita, tanto che riuscì persino a sorridergli e mormorare – No. Va tutto benissimo. –
Ma quando Vincent smise di guardarla, fu come piombare nella tenebra più assoluta dopo essere stati al sole. Questo non fece altro che alimentare la sua confusione e le sue ansie.
Lui le lasciò le spalle per cingerle la vita. – Allora, vogliamo andare? – le sussurrò con dolcezza.
Joséphine si irrigidì e tenne ostinatamente gli occhi incollati al pavimento di marmo, tuttavia non si oppose e si lasciò condurre fuori dalla sala da ballo.
Raggiunsero in breve tempo le stanze di Joséphine e una volta entrati vide che Vincent chiuse la porta dietro di se, anche se non a chiave; quel particolare non la confortò affatto.
Lui si girò a guardarla, ma contrariamente quello che era successo prima, non le procurò la smania di sorridergli.
Vincent rimase a guardarla, senza che il suo bel viso tradisse emozioni di alcun genere.
Lei lo guardò a sua volta. Perché la stava osservando in quel modo?
Ma soprattutto, in che modo la stava osservando? Notò con disagio che non stava neanche più sbattendo le palpebre…
Per un terribile attimo pensò che era arrabbiato con lei, ma dato che continuava a restare perfettamente immobile, la sua paura svanì come neve al sole.
Joséphine, allora, abbassò lo sguardo fino a farlo uscire totalmente dal suo campo visivo. Il silenzio sarebbe stato opprimente e insopportabile se non fosse stato per le melodie che raggiungevano la sua stanza, dolcemente attutite dalle pareti e dalle porte.
Rimase ad ascoltare il minuetto e il battito del suo cuore.
Alzò lentamente lo sguardo e in cuor suo sperò che quel silenzio significasse che il suo fidanzato avesse lasciato la stanza, senza che lei se ne accorgesse.
Ma naturalmente le sue speranze morirono prima ancora di rivedere gli stivali perfettamente lucidati di Vincent.
Spostò gli occhi azzurri sul viso dell’essere, che non aveva modificato la sua postura di un centimetro, era come cercare di cogliere il movimento di un ritratto o di una statua, non lo si scorgeva  semplicemente perché non esisteva.
Improvvisamente lui le fu talmente vicino che la sua giacca la sfiorava. Non aveva camminato. Tra loro due c’erano come minimo cinque passi di distanza, ma era bastato un semplice sbattere di ciglia per farlo arrivare dalla porta a pochi centimetri da lei.
- Oh! – esclamò, sorpresa, la ragazza, che colta alla sprovvista, fece per istinto un passo indietro, tuttavia il suo tacco calpestò la gonna,che strattonandola le fece perdere l’equilibrio. Non cadde solamente grazie a Vincent, che l’afferrò per la vita; in compenso la sua gamba urtò una sedia che stava dietro di lei, facendola cadere rumorosamente.
- Ma, madamoiselle, quanta sbadataggine… - la riprese, lui, con dolcezza.
Joséphine rimase incerta sul da farsi, era come se la sua volontà si fosse divisa in due e agissero contemporaneamente in contrasto tra di loro.
Una parte di lei amava alla follia Vincent, sentiva il suo profumo così buono e quando vedeva quei occhi che sembravano gioielli, quei capelli che rammentavano la seta rossa e quel corpo rivestito di pelle chiara… era così elegante e sottile e allo stesso tempo così forte e atletico, l’unico desiderio che aveva era quello di abbracciarlo e baciargli quelle labbra morbide e piene.
Mentre la sua altra volontà sapeva che colui che aveva di fronte  non era un uomo ma un mostro e ne aveva paura, voleva spingerlo via e ordinargli di non farsi rivedere mai più, altrimenti l’avrebbe fatto fucilare…
Come si poteva amare intensamente e nello stesso tempo odiare con altrettanto ardore? Come si poteva voler respingere e contemporaneamente abbracciare una persona?
- Cosa c’è, Joséphine, qualcosa non va? -
La ragazza smise di pensare e scosse la testa nervosamente.
- Sei molto silenziosa questa sera… - fece notare lui, mentre con il dito le sfiorò il profilo della clavicola che si stagliava sotto la pelle dorata, facendola rabbrividire.
- Non mi ami più forse? –
Lei alzò gli occhi sorpresa e incrociando quelli di Vincent notò che sembrava davvero molto triste, o forse era un’altra delle sue recite?
Scosse nuovamente la testa.
- Io vi amo, Vincent. – assicurò la fanciulla, ed era vero, o meglio, una parte di verità.
Lui le sorrise, un sorriso puro, un sorriso luminoso, pieno di calore, un sorriso a cui è difficile riuscire a resistere. Contrariamente di quando era in pubblico, con lei sorrideva o rideva lasciando vedere i denti. Per un attimo Joséphine ebbe la panoramica dei suoi denti scintillanti, di cui quattro erano lunghi e affilati come zanne di lupo.
La ragazza sgranò gli occhi ma non si mosse quando lui la baciò con delicatezza.
Il bacio si fece più intenso e le loro lingue si sfiorarono. La bocca di Vincent aveva sempre quello strano sapore, un sapore che dal dolce sfumava verso il salato con una vaga traccia di metallo. Quel sapore la disgustò e interruppe il bacio.
Lui inclinò leggermente la testa mentre la vedeva lottare silenziosamente la nausea che le aveva provocato un’alterazione nel respiro.
-Vi siete già… nutrito…? –
Vincent annuì lentamente, guardandola come se avesse domandato qualcosa che aveva un’estrema importanza, per poi sorriderle di nuovo e fece un passo avanti.
- Siete forse gelosa? – chiese, ironico.
Joséphine sussultò come se l’avesse schiaffeggiata. Prese a indietreggiare, questa volta con lentezza in modo che l’abito non la facesse inciampare un’altra volta, fino a incontrare il muro e spingerlo con la schiena, tanto che sentì il corsetto con le stecche di balena ferirle la pelle, come se così facendo sarebbe riuscita a sfuggire al bel mostro.
Lui la inseguì adattando il suo passo a quello di lei e quando la fanciulla fu intrappolata tra lui e il muro, le accarezzò una ciocca di capelli castani con i riflessi biondi, per poi spostare la mano sul viso che sfiorò con le punta delle dita. Lo fece con una delicatezza estrema ma Joséphine trattenne il fiato, come il solo fatto di essere sfiorata da lui le procurasse dolore fisico.
Le dita di Vincent sfiorarono il collo, che era coperto da un collarino di seta viola e candido pizzo, fermato da una spilla composta da un diamante grande quanto un pollice.
Aprì la spilla e le tolse il collarino lasciandolo cadere a terra.
Vincent le sfiorò il mento con le labbra, facendole accelerare il battito per la paura.
Joséphine era intrappolata in un angolo formato dai due muri e Vincent, quando cercò di fuggire, a lui bastò schiacciarla contro il muro con il suo corpo e sbarrale il lato sinistro.
Le baciò il collo, appena sotto il mento, soffermandosi a godere del suo profumo alla lavanda. Si spostò sul lato sinistro dei e baciò con gentilezza le otto piccole cicatrici circolari che le aveva procurato in quei mesi per poi spostarsi a destra e accarezzargli ancora una volta il profilo del collo con le labbra. Con la stessa lentezza glielo  leccò prima di affondare le zanne.
Joséphine  premette il viso sulla spalla di Vincent per soffocare l’urlo di dolore e lui la strinse a se mentre si nutriva.
Ma furono solo un paio di sorsi. Lasciò subito la presa, ansimando come se avesse appena finito di correre, ma non smise di tenerla stretta a se.
Vincent notò che la fanciulla perdeva ancora sangue, quindi prese a leccarla come un cane  con un compagno ferito, finché il flusso non si fermò del tutto.
Sciolse l’abbraccio e si accorse che Joséphine stava piangendo in silenzio. Le sorrise e baciandole la fronte come per consolare una bambina piccola, mormorò:
- E’ stato come sempre bellissimo. -
Raccolse il collarino e glie lo rimise con la solita gentilezza.
Lei non si mosse e rimase in silenzio con gli occhi vacui, mentre le lacrime continuavano a sgorgare incessantemente.
- Non piangere, Joséphine. - mormorò asciugandole le lacrime – E’ una magnifica serata, non sciuparla con una tristezza futile. -
Ma visto che lei non reagiva allora le ordinò di guardalo negli occhi. Quando Joséphine lo fece, si accorse che le pupille di Vincent erano state letteralmente inghiottite dal verde. Tutto quello che ne rimaneva era un verde più scuro nel centro esatto dell’occhio.
La fanciulla sussultò spaventata, ma fu solo un attimo, infatti il dolore al collo che l’aveva perseguitata fino in quel momento scomparve come per magia, i suoi muscoli si rilassarono e la paura venne spazzata via da un vento tiepido e gentile. Quasi istantaneamente smise di piangere.
Sbatté le palpebre, come se si fosse appena destata dal sonno e notò che le pupille di lui erano tornate normali.
Sentendo il suo profumo si sentì meravigliosamente bene e al sicuro, tanto che si abbandonò contro di lui e lo abbracciò.
Vincent ricambiò l’abbraccio ma in tono scherzoso disse: - E’ meglio ritornare nella sala da ballo, altrimenti gli altri ospiti penseranno che ci siamo persi nel palazzo di Sua Maestà. –
Joséphine sorrise e fece per allontanarsi, ma quando aprì la porta si accorse che Vincent non l’aveva seguita.
- Non vieni con me? -
Vincent sorrise e la raggiunse solo per sfiorarle una mano con le labbra.
- Giuro che ti raggiungerò in tempo per il prossimo minuetto. - promise
Lei allargò il suo sorriso. – Ti amo. – mormorò prima di baciarlo sulle labbra.
Vincent sorrise a sua volta. – Anche io ti amo. – ma vide che Joséphine era rimasta perplessa-
- C’è qualcosa che non va? -
- Niente di grave, ma… ho sentito uno strano sapore quando ti ho baciato. –
- Oh… sono sicuro che e la tua immaginazione, mia piccola Joséphine. –
- Sì, forse hai ragione… - convenne la fanciulla. – Allora ti aspetto. – disse prima di uscire dalla stanza e chiudere la porta.
Vincent andò alla grande finestra e ne spalancò i battenti per uscire sul balcone.
Le stanze di Joséphine erano al primo piano, proprio sopra il parco.
Si tolse il ferma capelli e ammirò con allegro interesse il gioiello alla luce lunare. Non aveva mai posseduto un gioiello e ora ne aveva più di quanti ne potesse indossare.
Passò una mano pallida tra le onde vermiglie dei suoi capelli, erano morbidi e pulitissimi, nessuna pulce o parassita avrebbe più toccato quella folta chioma.
Lasciò vagare lo sguardo nella notte, rabbrividendo al solo ricordo del suo squallido passato, che come un fantasma dalle dita gelide tornava a ghermirlo di intanto in tanto. Ma come aveva imparato a fare oramai da svariati mesi, lo ricacciò nei meandri della sua mente, ben deciso a cancellare dalla faccia della Terra l’ombra di quel Vincent umano e lacero che si aggirava affamato per i bassifondi di Parigi.
Si lasciò andare a un lungo sospiro di piacere.
Era tutto perfetto. Aveva già plagiato tutta Versailles e messo da parte una somma considerevole, che grazie a Josephine si era praticamente triplicata.
Sghignazzò compiaciuto. Josephine era la sua conquista più grande. Era una fanciulla dal viso d’angelo e il corpo di una dea romana, nel fiore degli anni e, come ciliegina sulla torta, faceva parte della famiglia ducale, che era inferiore solo ai sovrani.
Era la fantomatica gallina dalle uova d’oro.
Come se non bastasse trovava estremamente divertente tormentarla. Gli piaceva ghermirla con i suoi poteri per costringerla ad amarlo per poi allentare la “presa” e godersi i suoi momenti di panico, paura e rabbia impotente. Era diventato un uccellino dalle ali spezzate: poteva correre ma non aveva nessun nascondiglio e ben che meno poteva volare via dal predatore.
Vincent si era chiesto spesso che cosa sarebbe successo, continuando a morderla. Si sarebbe trasformata anche lei in un vampiro?
Sarebbe morta e la sua anima sarebbe stata condannata all’inferno?
Sarebbe diventata una sorta di non morta, schiava della volontà del suo aguzzino?
Purtroppo Argail, il vampiro che una notte aveva deciso di morderlo e di renderlo un immortale, era scomparso senza lasciare la ben che minima istruzione sulla sua nuova condizione.
Forse per trasformare qualcuno in vampiro bisognava imporlo, bisognava volerlo e tutto quello che voleva lui in quel momento era tenersi il suo caro giocattolo accanto a se.
Inoltre ora aveva altro di cui preoccuparsi, ovvero della situazione in cui si trovava Parigi. Temeva che un giorno o l’altro il popolo si sarebbe rivoltato e decidesse di fare piazza pulita dei nobili.
Del resto non avevano festeggiato la “sconfitta” della  regina non appena saputo il verdetto della giuria per lo scandalo della collana avvenuto solo l’anno scorso?
Anche molti dei nobili avevano preso a odio Maria Antonietta per aver abbandonato la corte e rifugiarsi nel Petit trianon assieme ai figli e ai pochi favoriti. E’ ovvio che ora tentasse di rimediare ai suoi errori e ai suoi sprechi, ma senza successo.
La famiglia reale francese era ufficialmente sull’orlo della catastrofe.
Il punto era: dove andare prima di essere travolti dalla tempesta?
Ma Vincent in cuor suo aveva già scelto.
Non appena sposato legalmente Josephine, sarebbero andati in America. Una terra straniera senza la monarchia e piena di opportunità.
Al solo pensiero sentiva il cuore fremergli dall’eccitazione.
Una piccola macchia scura sotto il suo balcone attirò la sua attenzione: un grosso gatto nero si fermò a guardare con sospetto il vampiro. Tra le sue fauci teneva, inanimato e sanguinante un topo di fogna poco più piccolo di lui.
- Anche tu hai fatto caccia grossa, eh? – chiese divertito all’animale.
Quello, dopo essersi accertato che non costituiva un pericolo per lui o che non avrebbe cercato di rubargli la preda faticosamente guadagnata, se ne andò sdegnosamente con la coda ben alzata.
Anche vincent rientrò, il minuetto era finito, ma altre danze stavano per iniziare per lui e Josephine.
 
27/03/2013
 
Grazie di cuore a:
Martina (per aver corretto il titolo, visto che né io e né google siamo riusciti a tradurre in francese una frase di 4 parole…)
Matteo (per l’incoraggiamento)
Melania (per i suggerimenti)
PGV per aver corretto.
  
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