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Autore: Strega_Mogana    29/03/2014    1 recensioni
Raccolta di one-shot/flash fic con tema i sorrisi.
Un sorriso a Settimana per Severus. Un anno di sorrisi.
Sfida n. 14 del Forum Il Calderone di Severus - Magie Sinister
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton | Coppie: Harry/Ginny, Hermione/Severus, Lily/Severus
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Titolo: Casa
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Lastand
Pairing: accenno a Severus / Lily
Epoca: post 7 libro
Avvertimenti: AU Riassunto:
Lui non voleva essere compreso. Voleva solo esser lasciato in pace.
Incapace di accettare quella vita era caduto in quella che anche il più inetto degli psicologi babbani avrebbe definito
depressione.
Parole: 2.197

Casa

La vita, a volte, prende una piega inaspettata.
Soprattutto la sua di vita.
Una vita vissuta sempre nella menzogna per salvare gli altri. Una vita passata sul sottile confine tra la vita e la morte. Spia e doppiogiochista. Odiato da tutti. Compatito fin da troppi.
Severus Piton aveva capito che la sua vita era esilarante - mettendoci tutto il suo cinismo - quando si era svegliato al San Mungo dopo il morso di Nagini che, a differenza di quanto si era aspettato, non l’aveva portato al riposo eterno.
E le cose erano peggiorate dopo la sua guarigione.
Dal giorno in cui era uscito dall'ospedale non c’era stato un attimo di pace.
Assillato dai giornalisti avvoltoi della Gazzetta del Profeta, circondato da gente fin troppo servizievole, elogiato da persone ipocrite che, fino a qualche mese prima, l’avrebbero gettato dalla Torre di Astronomia. Gente sorridente che lo vedeva come l’eroe incompreso della guerra.
Lui non voleva essere compreso. Voleva solo esser lasciato in pace.
Incapace di accettare quella vita era caduto in quella che anche il più inetto degli psicologi babbani avrebbe definito depressione.
Si era trasferito in un cottage nel Galles. Isolato dal mondo sia magico che babbano, aveva passato lunghe giornate in silenzio e solitudine. Cercando solo la compagnia dei libri e del calderone. Accettando solo le rare visite di Minerva.
Viveva le sue giornate nella calma e nella routine, si recava al paese più vicino solo una volta a settimana per rifornire la dispensa. Aveva trasformato la cantina in un piccolo laboratorio dove distillava pozioni per una selezionata cerchia di clienti che gli chiedeva dei rimedi tramite gufo. Il giardino sul retro era destinato alla coltivazioni delle piante per le pozioni, mentre quello accanto al basso muricciolo che delineava la sua proprietà era destinato a qualche ortaggio.
Era una vita semplice, pacifica, così diversa da quella che aveva avuto fino a qualche tempo prima.
La sera, comunque, gli incubi tornavano a tormentarlo.
I suoi occhi verdi lo guardavano con astio e fastidio. La vedeva in quella casa, a terra in mezzo ai detriti e giocattoli rotti, con lo sguardo vacuo fisso al soffitto squarciato.
Sentiva le risate di scherno della sua adolescenza e la solitudine schiacciarlo come un macigno.
Dormiva poco la notte e quelle poche ore che riusciva a concedersi erano un’agonia per lo spirito.
Ma era questa la vita che si era scelto. E, tutto sommato, iniziava ad abituarsi a quella nuova esistenza, nonostante gli incubi a cui era, ormai, avvezzo da tempo.
La sua routine cambiò di nuovo un pomeriggio autunnale quando una leggera pioggerella l’aveva colto di sorpresa sulla strada del ritorno dal paese vicino. Era una di quelle pioggerelle sottili, ma così fitte da entrare nelle ossa. Nonostante quel fastidio non aveva smesso di camminare, gli piaceva il paesaggio che lo circondava e non sarebbe stata la pioggia a rovinare quel momento di quiete.
Già stava pregustando il tepore del fuoco sotto il calderone e il vapore di qualche complicata pozione quando, vicino alla soglia di casa, aveva intravisto una grossa sagoma nera.
Sempre con i nervi all’erta e pronto a qualsiasi evenienza aveva estratto la bacchetta e si era disilluso per sorprendere il malvivente.
Quasi nessuno conosceva l’esatta ubicazione della sua casa.
Si avvicinò furtivo, facendo meno rumore possibile. Si bloccò quando mise a fuoco l'intruso.
Era un grande cane nero. Evidentemente aveva cercato riparo dalla pioggia. Quando sciolse l'incantesimo, l'animale sollevò solo il muso e non fece altro.
Restarono fermi ad osservarsi per alcuni minuti, sotto la pioggia, infreddoliti.
Decise di avvicinarsi al cane quando vide del sangue raggrumato sporcargli il corto pelo nero come la notte.
L'animale emise un lamento quando si avvicinò.
- Non voglio farti del male. - aveva sibilato cercando di tranquillizzarlo – Sei ferito. Voglio solo vedere se posso curarti.
Il cane sembrò capire perché non si mosse mentre allungava una mano per vedere meglio le sue condizioni.
Era palesemente un incrocio di varie razze.
Probabilmente un cane utilizzato per le lotte illegali tra cani, aveva evidenti segni di maltrattamento. Severus gli accarezzò il muso.
- Sei nato e cresciuto per combattere. - gli disse – Proprio come me.
L'animale sollevò il muso e solo allora il mago notò una ferita al collo dell'animale. Era il morso di un altro cane.
Era possibile che i padroni l'avessero abbandonato dopo una sconfitta credendolo inutile.
Il mago avvertì, per qualche secondo, prudere le sue cicatrici sul collo.
- Devo curati quelle ferite. - gli disse con dolcezza – Credo che tu sia troppo pesante da portare in braccio e non so quante forze tu abbia per camminare fino al camino. Non devi aver paura, non voglio farti del male.
Non devi aver paura, non voglio farti del male.
Quando era un giovane Mangiamorte pentito, aveva detto quella stessa frase ad una ragazza nata babbana. I suoi compagni l'avevano catturata in un bosco dove aveva tentato di nascondersi, le loro intenzioni erano state chiare fin da subito. Era disgustato da loro e da se stesso.
Era entrato nella piccola cella per portarle qualcosa da magiare.
La giovane strega era in un angolo, piangeva in silenzio senza staccargli gli occhi di dosso, evidentemente terrorizzata.
Le aveva portato il pasto anche il giorno dopo. Non piangeva più, sembrava più calma e determinata.
Gli aveva chiesto di ucciderla prima che i suoi compagni mettessero in atto i loro scopi.
Il giorno dopo le aveva portato ancora una volta il pasto.
Era morta quella stessa notte nel sonno. L'aveva trovata lui e, prima di chiamare gli altri, aveva fatto sparire la fiala di veleno che le aveva passato il giorno prima.
Non poteva fare altro per lei se non evitarle inutili violenze e una morte dolorosa.
Scacciò quel pensiero e prese la bacchetta. Sollevò il cane con un incantesimo e lo portò in casa. L'animale non mosse neppure un muscolo, aveva solo sollevato il muso, più incuriosito che spaventato.
Curargli le ferite era stato abbastanza facile.
Aveva dei graffi su tutto il corpo, una costola incrinata e la ferita al collo.
- Non sono un medimago né un veterinario. - mormorò quando, con un unguento che aveva in dispensa, gli cicatrizzava le ferite – In alcuni punti ti resterà la cicatrice, specialmente sul collo. - si perse un attimo nel suo calmo sguardo nero e, con un dito, spostò il colletto della candida camicia mostrandogli le tonde cicatrici che spiccavano sulla pelle – Ma, come vedi, si può vivere ugualmente.
Curate le ferite andò si concesse una lunga doccia calda. Mentre di dirigeva alla cucina lanciò uno sguardo al camino, il cane era ancora sdraiato davanti alla fiamme. L'unico segno di vita era la coda che si muoveva pigra.
Si preparò la cena e diede all'animale gli avanzi di un arrosto che aveva cucinato qualche giorno prima.
Il cane sembrò gradire la sua cucina, mangiò tutto con voracità, poi si addormentò davanti al camino.
Severus si mise a leggere sulla poltrona, ogni tanto lo fissava indeciso cosa fare, come comportarsi con lui.
Quello che gli avevano fatto era mostruoso, l'avevano usato per poi gettarlo via come un fazzoletto usato.
Un po' come lui.
Chiuse il libro quando si rese conto che era inutile continuare a leggere quando la sua attenzione era rivolta altrove.
Si alzò dalla poltrona, si accucciò davanti al cane pesantemente addormentato, gli accarezzò la testa poi andò a dormire.
C’erano volute due settimane prima che il cane riuscisse a muoversi per tutta casa senza stancarsi troppo. Passava quasi tutta la giornata davanti al camino acceso dormendo; a volte restava fermo ad osservare il fuoco come se stesse elaborando profondi pensieri.
Severus si rendeva conto dell'assurdità dei suoi ragionamenti, ma quella povera bestia era decisamente più intelligente di quanto avesse mai immaginato.
Un pomeriggio assolato, con una temperatura ancora gradevole, aveva aperto la porta di casa e l'aveva guardato.
- Ora sei guarito completamente. Se vuoi puoi andare. – gli aveva detto serio – Non ti costringerò a sopportare la mia silenziosa compagnia.
In risposta il cane si era accucciato vicino alla sua poltrona e l’aveva fissato con i vispi occhi neri, così simili ai suoi.
- Bene. - aveva detto lui chiudendo la porta – A questo punto ritengo necessario che tu abbia un nome. - si sedette sulla poltrona e gli diede una carezza dietro le orecchie – Non sono esperto di nomi di cane. L'unico cane che conoscevo era chiamato da tutti Felpato ma io lo chiamavo Idiota. E tu mi sembri decisamente più intelligente di Sirius.
Il cane lo fissava attento, aveva appoggiato il muso alla sua gamba.
- Siamo due combattenti in fin dei conti e nessuno dei due ha mai mollato, anche quando la morte sembrava la via più semplice. - un'altra grattatina dietro le orecchie e la coda frustò l'aria soddisfatta – Direi che Lastand è un nome che ti si addice.
Il cane abbaiò per la prima volta da quando era in quella casa.
Era iniziata così quella strana convivenza fatta di sguardi silenziosi e lunghe passeggiate.
Il mago di rese conto con il passare dei giorni che Lastand era un cane che amava molto la solitudine. Specialmente la notte.
- Puoi uscire senza graffiarmi la porta. - gli aveva detto una mattina quando, al suo risveglio, aveva trovato quasi metà porta graffiata.
Lastand l'aveva guardato come se fosse impazzito. Riservandogli la più sprezzante occhiata del suo repertorio gli aveva fatto notare come il suo piede potesse attraversare la porta senza aprirla.
- L'ho incantata in modo che possa usarla solo tu e io ovviamente, ma non intendo accucciarmi a terra per entrare in casa.
Il cane aveva annusato la porta e poi aveva provato ad appoggiarci il muso. Aveva passato tutta la giornata ad entrare e uscire di casa.
Una delle visite di Minerva coincise con il primo anniversario di quella inusuale convivenza. Ormai cane e padrone avevano trovato il loro giusto equilibrio.
Severus apprezzava la sua compagnia, era discreto, ma attento, quando avvertiva che i suoi incubi erano più presenti voleva giocare per distrarlo.
Quando era arrabbiato restava davanti al camino e non lo disturbava per evitare di infastidirlo.
Pure lui aveva il suo carattere scorbutico, a volte spariva per giorni per poi tornare sporco di fango, affamato, a volte anche ferito.
La strega lanciò all’animale uno sguardo storto.
- Da quando hai un cane? – gli domandò.
- Da un anno, si chiama Lastand.
- Lastand?
- Sì, come avrei dovuto chiamarlo? Albus?
La donna scosse il capo e si sedette sul divano, Severus prese posto sulla poltrona e Lastand, come di consueto, appoggiò il muso sulla sua gamba.
- E’ un cane intelligente. – disse accarezzandogli un punto preciso dietro l’orecchio destro – Un paio di settimane fa è venuto qui Potter. – un sorriso ironico si formò sulle sue labbra - Ha tentato di morderlo. Tu sai come mi ha trovato Potter, Minerva?
- E’ un Auror ora. – spiegò come se fosse una spiegazione plausibile.
- E sai cosa voleva da me l’Auror Potter?
- Probabilmente voleva darti questo. – risposte agitando la bacchetta e facendo apparire un rotolo di pergamena chiuso da un nastro giallo – L’invito al suo matrimonio.
- Mi chiedo cosa può avergli fatto credere che avrei accettato quell’invito. – mormorò alzandosi dalla poltrona e dirigendosi in cucina a preparare del the.
Lastand seguì Severus con lo sguardo poi si accucciò davanti al fuoco scoppiettante.
Minerva sospirò e lo seguì nella piccola cucina, Severus era restio a parlare del mondo da cui era scappato. Era restio a parlare di tutto a dire il vero.
- Severus, - lo chiamò entrando nella stanza – la mia visita ha un secondo fine a dire il vero. Non sono il messaggero di Potter.
- Perdonami se non sono sorpreso, Minerva. – rispose lui dandole le spalle mentre preparava il the – So quello che vuoi.
- Sono vecchia.
- Anche Albus lo era.
- Non ho la tempra di Albus.
La teiera fu sul fuoco e il mago si voltò.
- No.
- E lasci Hogwarts in mano a qualche burocrate mandato dal Ministero?
- Dalle poche notizie che mi sono arrivate so che Kingsley è un ottimo Ministro.
- Hogwarts non è stata la sua casa. Ma per noi è diverso.
- Hogwarts non è più la mia casa, Minerva. Non lo è più da qualche tempo ormai.
La vecchia strega si avvicinò a Severus e gli mise una mano sulla spalla.
- Hogwarts sarà sempre la nostra casa, Severus. E tu lo sai anche meglio di me.

* * * *


Percorse la strada che separava Hogsmeade da Hogwarts con Lastand accanto che trotterellava allegro, ogni tanto voltando il muso e osservando l’ambiente che lo circondava attirato da un uccellino o da un mago che camminava nella direzione opposta.
Arrivato in cima alla collina si fermò ad osservare il castello in lontananza.
Lo trovava bellissimo anche dopo quasi quattro anni dalla sua partenza verso il Galles.
Era immutato nel tempo, maestoso ed imponente che spiccava all’orizzonte. Baciato dai raggi di sole che lo facevano brillare come un castello delle favole.
Minerva aveva ragione.
Sorrise mentre una mano si posava sulla nuca del cane accarezzandolo dietro l’orecchio destro.
- Siamo a casa Lastand.
Lastand abbaiò e iniziò a correre verso il castello.


   
 
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