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Autore: Ambaraba    29/03/2014    1 recensioni
Questa e' una AU in cui Miles e Bass conducono una vita normale e gestiscono un bar insieme :) L'idea mi e' venuta da un'immagine su Tumblr, spero sia un esperimento riuscito!
Il nome del locale e' stato suggerito da Wildflower :)
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Mani. Sveglia. "Spegnila". Cuscini.
Bass, occhi blu, sorriso, luce, risate, "Buongiorno", tepore, caffè, sole, finestre aperte, mattina, capelli spettinati, "Vieni qua".
Miles, sonno, "Stamattina non mi alzo", occhi chiusi, calzini spaiati, barba di due giorni, magliette sparse in giro, stirarsi, sbadigliare, girarsi dall'altra parte.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Miles Matheson, Sebastian Monroe
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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AU Bar
Mani. Sveglia. "Spegnila". Cuscini.

Bass, occhi blu, sorriso, luce, risate, "Buongiorno", tepore, caffè, sole, finestre aperte, mattina, capelli spettinati, "Vieni qua".
Miles, sonno, "Stamattina non mi alzo", occhi chiusi, calzini spaiati, barba di due giorni, magliette sparse in giro, stirarsi, sbadigliare, girarsi dall'altra parte.
Di nuovo Bass, doccia, profumo di sapone, suono di passi, "Sbrigati, dai", carezze, "Ti amo", jeans e scarpe, "Non si trova mai niente qua dentro", e ancora Miles, "Sei sempre di fretta, fermati", chiude Bass contro il muro, baci dati per forza, leggera lotta, e Bass che ride, "Mi fai cadere, smettila", e Miles, presa da rugbista, lo rovescia sul letto come un cesto di piume, "Voglio fare l'amore con te", gemiti, dita intrecciate, solletico, piacere, baci sul collo, sulle guance, abbracci, "Forse ora dovremmo alzarci", "Hai ragione", ancora un bacio, Bass che scivola fuori dal letto rapido e silenzioso come un gatto, sorriso disarmante; Miles rinuncia a poltrire e si decide ad alzarsi.

Arrivarono al bar in orario, nonostante i piccoli "rallentamenti" mattutini.
Miles si stropicciò gli occhi ancora sbadigliando, salì le scalette, infilò la chiave nel nottolino e tirò su la serranda, mentre dietro di lui sentiva il tintinnio delle chiavi che Bass stava tirando fuori dallo zainetto.
Bass s'infilò dentro quando la saracinesca era ancora a metà, aprì la porta. Mentre piano piano si svegliava, Miles sorrise. Bass appena sveglio era qualcosa a cui non riusciva a resistere. Trovava sempre il tempo di fare l'amore con lui, la mattina, anche se andavano di fretta. "Tu non esci da questo letto finché non lo dico io", gli aveva detto una volta, ridendo. Un'altra di quelle volte in cui erano in ritardo.
Buio. Miles ancora non si sapeva orientare nel locale anche se lo gestivano ormai da un anno; Bass invece si muoveva a suo agio nell'oscurità che conosceva, andò ad accendere le luci. Il posto era semplice ma ben tenuto, ricordava un po' i vecchi pub irlandesi.
Bass si tolse lo zainetto dalla spalla, si tolse la giacca, sorrideva. Era sempre felice di fare quelle piccole cose che avviavano il lavoro di tutta una giornata. Sparì sotto il bancone.
- Birra finita, - disse, disappunto, sopracciglia lievemente aggrottate.
- Alle dieci passo a prenderla, - Miles lo seguì dietro il bancone, dopo essersi tolto a sua volta la giacca ed essersi tirato su le maniche.
Pulirono la macchina del caffè. Miles diede una spazzata per terra mentre Bass tirava giù le sedie dai tavoli, infine passarono il panno sul bancone. Bass guardò Miles, assorto a lucidare i bicchieri, con un sorriso lieve che si allargava piano piano. Lo raggiunse di soppiatto e lo abbracciò da dietro, mosso improvvisamente da un desiderio di contatto che lo stava facendo tremare sulle gambe. Miles si voltò, lo abbracciò a sua volta, lo baciò sulla testa.
- Cosa c'è, - gli chiese, respirando il suo profumo, - carenza d'affetto?
Bass ridacchiò, contro la sua spalla, stringendoglisi addosso. Restarono ad accarezzarsi in silenzio per un po'. Era bello prendersi cinque minuti di tranquillità prima di iniziare, trasformare un luogo pubblico nel loro spazio privato. Quel luogo era la loro piccola isola felice. Era stata dura arrivarci.

Miles ricordava tutto fin troppo bene.
Avevano cominciato a infastidirli a scuola con piccoli dispetti, isolandoli, gettandoli poco per volta ai margini.
Poi avevano cominciato con cose più pesanti. Botte, scritte oscene sulla porta di casa, insulti per strada, libri bruciati, preservativi usati nella cassetta delle lettere e negli armadietti, inseriti attraverso le fessure.
Avevano dovuto sopportarne di tutti i colori. Qualcuno aveva messo in giro delle voci. Ed erano cominciati i guai.
Miles reagiva: agli insulti con gli insulti, alle botte con le botte. Non aveva nessuna intenzione di farsi mettere i piedi in testa, non gliel'avrebbe data vinta. Cercava di essere forte abbastanza per entrambi.
Bass non ce la faceva. Più la situazione si aggravava, più per lui diventava difficile andare avanti. Erano diversi, Miles e Bass. Il primo scaricava la rabbia all'esterno, era capace di correre dietro a quegli stronzi per gonfiarli di botte come se nulla fosse, anche se magari poi ci beccava; Bass invece si lasciava ferire, non era in grado di gestire tutto quel disprezzo, non riusciva a capacitarsene.
Miles aveva sempre amato il lato ingenuo e candido di Bass. Non vedeva il male nel mondo, si fidava delle persone, era sempre sorridente. Non riusciva a concepire l'idea che una persona potesse fare del male a un'altra perché non faceva quello che le dicevano di fare.
Miles cercava di difenderlo, di sostenerlo, di farlo sentire protetto, di attutire la violenza che si stava stringendo loro intorno, ma Bass soffriva ugualmente.
Aveva cominciato a piangere tutti i giorni, la sola idea di andare a scuola lo terrorizzava. Nel giro di tre mesi era diventato un'ombra. Non mangiava, non dormiva, non riusciva a fare niente. Miles si sentiva morire, dentro, perché lo vedeva arrendersi e voleva impedirglielo, ma non sapeva cosa fare.
Bass cominciò a soffrire di febbri frequenti. Era come se il suo organismo fosse arrivato al limite, gli creasse degli ostacoli per non farlo avvicinare a quella situazione che gli creava così tanta angoscia. Spesso la mattina stava male e non andava; Miles restava a casa con lui per accudirlo, gli diceva che dovevano reagire, che se si fossero lasciati sottomettere quella storia non sarebbe mai finita.
Un giorno Miles tornò a casa, all'ora di pranzo, pestato e sanguinante. Aveva un sopracciglio e uno zigomo spaccati.
Gli stronzi lo avevano infastidito sulla strada di casa.
- Frocio di merda, succhiacazzi, rottinculo!
Cercò di ignorare gli insulti, continuò a camminare. Era un esercizio di calma che richiedeva tutta la sua pazienza e concentrazione.
Riuscì benissimo, almeno finché non tirarono in ballo Bass.
- Cosa fai, vai a scoparti la tua principessina? Dev'essere brava a letto, la sgualdrina.
In un attimo, gli era andato il sangue in testa.
- Mai quanto quella vacca di tua madre, testa di cazzo!
E gli aveva tirato il primo cazzotto, che aveva spento le luci al bulletto e aveva dato inizio alla zuffa.
Bass era tornato a casa prima perché aveva un po' di nausea. Si era messo tranquillo in soggiorno a leggere un libro, ma quando lo aveva visto tornare in quel modo era sbiancato, era corso subito da lui.
- Miles, Miles, che è successo??? Stai bene? - I suoi occhioni blu erano spalancati e preoccupati. Miles gettò pesantemente lo zaino a terra, Bass si strinse forte a lui, con le lacrime agli occhi.
- Non è successo niente, sto bene... - cercò di tranquillizzarlo. Tutto inutile: l'altro era scoppiato a piangere a dirotto. Lo baciò sulla testa, passò le dita sulle sue guance per asciugargli le lacrime. Bass non accennava a fermarsi, sussultava come se avesse le convulsioni. Era troppo. Aveva paura. Miles si sentì spezzare a sentirlo piangere così di cuore.
- Ti prego... Andiamo via da qui... - singhiozzò, tremando forte. Non poteva sopportare che facessero del male a Miles. E se un giorno gli fosse successo qualcosa? Che avrebbe fatto? Non poteva stare senza di lui. Era la persona che amava di più al mondo, era la sua famiglia. Era tutto quello che gli serviva per essere felice. Miles era il suo punto di riferimento, la sua sicurezza; era la sua vita.
Miles lo accarezzò, cercando di confortarlo. Doveva farlo. Doveva portarlo via da lì, era la soluzione migliore.
- Ancora un mese e mezzo. Un mese e mezzo, Bass. Ci diplomiamo, troviamo un cazzo di lavoro e ce ne andiamo da questo posto di merda, - disse, passando le dita tra i suoi riccioletti. - Anzi, no, sai che facciamo? - continuò. - Ci dividiamo i compiti. Io vado a lavorare e tu pensi solo a riprenderti, a stare meglio. - Accarezzò le sue guance leggermente scavate, segno di troppe notti insonni e di nervosismo che gli chiudeva lo stomaco, gli impediva di mangiare. - Ci penso io a te, pulcino. - Lo strinse affettuosamente a sé. L'altro tremava ancora. - Te lo prometto.
- Ho paura, Miles-- Ho paura che ti succeda qualcosa... - disse Bass, la voce che tremava, attutita contro la spalla dell'altro.
- Non mi succederà niente, non avere paura. Non può succedermi niente perché sono il tuo cazzutissimo angelo custode, e il mio compito è proteggerti. - Gli posò entrambe le mani sulle guance, lo obbligò ad alzare lo sguardo su di lui. Miles per un attimo trattenne il respiro davanti a quegli occhi bellissimi, ora arrossati e pieni di lacrime. Cercò di mostrarsi il più calmo possibile per infondergli un po' di sicurezza.
- Andrà tutto bene, Bass. Un mese e mezzo, e poi ce ne andiamo da qua. Te l'ho promesso. Dobbiamo solo tenere duro per un altro po'. - L'altro tirò su col naso, l'aria smarrita di un ragazzo tornato improvvisamente bambino. Miles lo baciò delicatamente sulla fronte. - Me lo fai un sorriso, ora? - si sforzò di sorridere per primo, anche se questo voleva dire sentire di nuovo pulsare la fottuta ferita sullo zigomo, porca puttana. Bass annuì, e si sforzò a sua volta. Miles lo baciò ancora e poi si scostò leggermente, si tolse la giacca e gli passò un braccio intorno alle spalle, guidandolo di nuovo verso il soggiorno.
- Allora, ti è passato poi il mal di stomaco? - chiese, cercando di cambiare discorso. Bass scosse la testa: - Insomma...
Miles lo fece sedere, Bass lo guardò.
- Stai qua. Vado a preparare qualcosa da mangiare, magari è fame.
- No, ci penso io! - Bass si era rialzato, gli aveva dato un bacio sulla guancia. - Tu stai qua, stai messo peggio di me. E vado a prenderti qualcosa per disinfettarti le ferite, mmm?
Era sparito prima ancora che potesse dire una parola. Avevano passato il pomeriggio abbracciati, dopo aver sgranocchiato qualcosa. Bass aveva insistito per medicarlo lui anche se Miles voleva fare tutto da solo, ma alla fine l'aveva avuta vinta Bass. Quando ebbe finito, Miles lo guardò, e senza preavviso lo prese tra le braccia e lo coprì di baci. Bass rideva, Miles poteva sentire quanto quell'improvvisa manifestazione d'affetto lo riempisse di felicità, lo distraesse dall'angoscia che aveva provato poco prima. Aveva sentito un inarrestabile moto di tenerezza verso quello scricciolo arruffato che aveva insistito per prendersi cura di lui, non era riuscito a trattenersi. Tutte le volte che lo abbracciava gli si stringeva il cuore nel sentirlo così debole e smagrito, ma sapeva che una volta trovata un po' di tranquillità le cose sarebbero tornate normali, e anche Bass avrebbe smesso di stare male.
- Che ti prende? - aveva chiesto Bass, ridendo, intrappolato tra le sue braccia. Gli piaceva. Gli piaceva da morire quando Miles lo circondava, lo teneva stretto, lo baciava e lo riempiva di carezze.
- Ti amo, - sussurrò Miles sul suo orecchio, prima di riprendere a baciarlo, senza lasciarlo andare. Bass sparì nel suo abbraccio, si strinse forte a lui con un sorriso che avrebbe illuminato a giorno la notte più scura.
- Ti amo anch'io, tanto, - rispose, inspirando a fondo il suo profumo e chiudendo gli occhi. Era una cosa che lo faceva sentire al sicuro, fin da quando era piccolo, e che avrebbe fatto sempre, anche dopo, tutte le volte che aveva bisogno di tranquillizzarsi.
Quel pomeriggio era stato l'inizio di un cambiamento.
Si misero a studiare seriamente e un mese e mezzo dopo, come Miles aveva pianificato, si erano diplomati. Il giorno subito dopo Miles aveva cominciato a cercare un lavoro, ed era finito a consegnare pizze porta a porta.
- Non è un granché, ma meglio di niente, - aveva detto, sorridendo, a Bass. Aveva messo da parte un po' di stipendi, e quando ebbero abbastanza soldi tornò a casa da Bass con una cartina del loro stato, gli coprì gli occhi con le mani e gli fece scegliere un posto a caso.  
Si trasferirono a un centinaio di chilometri di distanza. Ai loro genitori dissero che volevano andarsene perché il posto in cui vivevano non offriva possibilità.
Affrontarono il trasloco con entusiasmo. L'appartamento era piccolo e completamente vuoto, in affitto. La sera in cui portarono le loro prime cose, fecero l'amore sul pavimento in mezzo agli scatoloni.
Bass cominciò a stare meglio giorno dopo giorno. Cambiarono duecentomila lavoretti, senza mai stancarsi. Tornavano a casa la sera con una leggerezza dentro che non avevano mai avuto. Alla gente di quel posto non fregava niente del fatto che vivessero insieme, nessuno dava loro fastidio.
Un giorno passarono davanti ad un locale vuoto che un tempo era stato un colorificio. C'era un cartello con su scritto "Affittasi". L'idea era frullata in mente a tutti e due, sul momento, ma avevano rimandato la discussione alla sera, quando si accoccolarono sul divano a guardare un film.
Miles fu il primo a tirare fuori la questione.
- Ma come facciamo? Ci vorranno un sacco di soldi per fare una cosa del genere, e poi la licenza, e poi è da mettere a posto... - Bass era un po' eccitato e un po' spaventato, ma la prospettiva gli piaceva.
- Facciamo qualche sacrificio in più, almeno per un altro po'. Magari ci metteremo qualche mese a fare tutto, ma ne sarà valsa la pena! Vuoi mettere? Potremmo lavorare fianco a fianco tutto il giorno. Niente più orari impossibili, e giornate intere senza vederci. E poi, quando ci va, molliamo tutto e ce ne andiamo da qualche parte, lasciamo che se ne occupino gli altri. È il bello di avere qualcuno che lavora per te, no? - Miles era stato convincente. Messa così, a Bass sembrava il paradiso.
Avevano preso la decisione.
Circa sei mesi dopo, il "Misfire" aveva aperto per la prima volta.

Dopo circa una mezz'oretta, il bar aveva cominciato a lavorare a pieno regime. C'erano un sacco di pendolari che venivano a svegliarsi con un caffè prima di prendere il treno, gente che stava per andare in ufficio e ragazzini che magari saltavano la prima ora di scuola per fare colazione tutti insieme. La macchina del caffè rombava come se fosse sul punto di esplodere. La quantità di lavoro era così tanta che chiunque altro avrebbe dato di matto dopo un'ora al massimo; Bass invece serviva tutti con un sorriso, non era mai stanco, e regalava caramelle e dolcetti ai piccoli clienti. Non stava mai fermo. Miles cercava di tenere il passo, anche se era impossibile stargli dietro. Avevano preso una specie di tacito accordo per cui il momento della colazione era quello in cui chi lavorava di più era Bass; poi Miles gli diceva di mettersi a sedere e si occupava della marea di gente che veniva a pranzare da loro, serviva gli avventori del locale e anche quelli ai tavoli esterni; Bass lo scrutava dallo sgabello mentre lucidava i bicchieri o preparava una bibita, e rideva nel vederlo sgusciare goffamente tra i tavoli, sempre sul punto di far cadere tutto.  Il pomeriggio, per qualche ora, l'affluenza diminuiva, e Bass riprendeva ad assistere Miles nelle piccole faccende. Poi arrivava la sera, e il locale si riempiva di nuovo di gente smontata dal lavoro, di amici che si riunivano a bere e chiacchierare. Scambiavano qualche battuta con tutti, la gente era simpatica e a poco a poco avevano imparato a farsi voler bene da tutti. Si sentivano bene. Spesso la sera erano stanchi, ma erano felici.
Quasi sempre, dopo la chiusura, era Miles a guidare, e Bass si addormentava sul sedile accanto. Arrivavano a casa, si scambiavano baci e carezze e facevano l'amore, poi crollavano. Al buio, a volte, Miles sfiorava Bass con lo sguardo, una carezza invisibile dalla testa ai piedi. Era rinato. Si era di nuovo dischiuso, come un fiore fragile e bellissimo, riaprendosi piano alla vita. Buttarsi insieme in quell'impresa aveva fortificato ancora di più il legame che c'era tra loro. Avevano sopportato ingiustizie, dolore, e poi stanchezza, difficoltà, momenti di sconforto, ma si erano sostenuti a vicenda ed erano riusciti a costruirsi intorno un piccolo mondo in equilibrio, dove tutto funzionava e i brutti momenti erano solo un ricordo. Miles si incantava a guardarlo e ogni volta realizzava di essere completamente perso per Bass. Era una parte indivisibile di lui. Era la persona che amava di più al mondo. Era quel bambino che all'asilo aveva cominciato a chiamare "pulcino". Era il suo amico, il suo fratellino piccolo, il destinatario di tutto il suo amore. Non desiderava nient'altro.

NOTE:

Rieccociiii :) A breve distanza di tempo, direi!
Ho ritrovato questo pezzo di storia in mezzo agli altri e ho deciso di pubblicarlo :) L'immagine a cui accennavo e' questa: http://25.media.tumblr.com/a0f9e2fc0dc401b69a5c40b1e9b1f1a9/tumblr_mvvlal77fD1qeq9u0o1_500.png
Spero vi sia piaciuta anche se stavolta ho inserito qualche "complicazione" in più....! Però sono del parere che il lieto fine si gode meglio se bisogna faticare un po' per arrivarci!!!
Non so se la continuerò, aspetto suggerimenti (e soprattutto dei ritagli di tempo per scribacchiare u.u)
Un abbraccio a tutti quelli che leggeranno,
A :)
  
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