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Autore: Tury    30/03/2014    0 recensioni
Una ragazza dal passato misterioso, un re in cerca di vendetta e un uomo che imparerà a conoscere la vita. Il tutto incorniciato da un gruppo di briganti in cerca di potere. Non so bene da dove sia nata l'idea di questa storia, ma ora è qui, tanto vale evolverla. Spero che la lettura possa piacervi, in caso contrario chiedo venia!
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La musica, che prima aveva riempito l’aria, cessò improvvisamente. Tutti si voltarono verso quella ragazzina dall’eterno sorriso. Levinja si alzò dal suo trono e, con passi lenti e leggeri, raggiunse il centro dello spiazzato presente dinanzi al quartier generale. Indossava sempre i suoi abiti neri e la sciarpa rossa, ma qualcosa in lei era diverso. Il suo portamento, fiero e orgoglioso, i suoi occhi, resi vivi da una nuova luce, e i lunghi capelli dorati, mossi dal vento, cancellarono in un attimo l’immagine che, fino a quel momento, gli uomini della brigata avevano avuto di lei. Levinja non era più la tenera adolescente che rallegrava le giornate con le sue risate e scaldava i cuori di quegli uomini abbandonati con i suoi sorrisi. Ora, dinanzi a loro, vi era la loro regina, in tutta la sua maestosità. Arrivata al centro si fermò, guardando ognuno dei suoi uomini, i quali abbassavano la testa, in segno di rispetto, ogni volta che il loro sguardo si incrociava con quello della ragazza. Orel, come sempre, si pose alle sue spalle. Levinja attese qualche secondo prima di parlare.
“Amici, fratelli, come ormai saprete, lo Spirito della Natura ha agito, muovendosi tra di noi, comuni mortali, manifestando la sua volontà. Ha deciso che io dovessi essere non semplicemente sua figlia ma sua amante, facendo della legge dell’equilibrio primordiale il mio unico credo, legandomi in maniera indissolubile al vento, suo figlio.”
Un boato si alzò dagli uomini, che avevano ascoltato in silenzio fino a quel momento. Applausi e fischi risuonarono per tutte le rovine. Levinja attese che la gioia del suo popolo si placasse prima di continuare.
“Questo significa che io non potrò più essere la vostra regina. Il processo di comunione e di fusione con un elemento della natura è lungo e tortuoso e il cammino che mi attende mi terrà lontana dalla brigata per qualche tempo. Come sapete, le sfide che lo Spirito della Natura pone sul cammino del prescelto, devono essere affrontate dalla persona designata in completa solitudine. Al prescelto, è concessa solo la compagnia di un altro possessore degli elementi, in veste di iniziatore. Ciò significa che anche Orel dovrà partire con me. In qualità di regina, devo, dunque, indicare il mio eletto, che farà le mie veci e guiderà la brigata in mia assenza.- Levinja guardò uno dei suoi uomini e sorrise- Sansar, vieni qui, di fronte a me.”
L’uomo obbedì alla sua regina e, staccatosi dal cerchio che gli uomini della brigata avevano formato intorno alla loro sovrana, si pose di fronte a Levinja, pronto a ricevere la benedizione della sua regina. Levinja lo guardò negli occhi e regalò uno dei suoi sorrisi più radiosi all’uomo che ora le stava di fronte. Sansar, guardando il volto innocente della ragazza, non poté non sorrise a sua volta.
“Fratelli, da oggi in poi, Sansar sarà il vostro re.” E come dimostrazione fisica delle sue parole, pose una mano sulla spalla dell’uomo.
Subito, il clamore che aveva animato prima i suoi uomini tornò a far vibrare l’aria. Nessuno si sentì offeso dalla scelta presa dalla ragazza, dato che nella brigata erano sconosciuti sentimenti quali l’invidia o l’astio generato dalla rivalità. I briganti iniziarono ad urlare il nome di Levinja, che rispose all’invocazione con una delle sue sonore risate. Sansar guardò negli occhi Orel, sorridendo. Levinja era felice, tra quegli uomini, in mezzo a quella gente. Non le importava nulla di essere l’unica donna della brigata, di dover condurre una vita da nomade, di dover scappare ogni volta che le guardie del re la riconoscevano. Levinja era felice, perché, per lei, quegli uomini erano la famiglia che aveva sempre desiderato. Sul volto di Orel comparve un sorriso, mentre pensava a ciò, un sorriso che non passò inosservato. Il silenzio calò improvvisamente, ma l’uomo non se ne curò, così preso nell’ammirare il volto radioso di sua sorella, la cui attenzione era completamente rivolta a lui.
“Ehi fratellone, stai sorridendo.”
Orel sembrò svegliarsi dall’estasi in cui era caduto. In quel momento, si accorse che tutti gli occhi erano puntati su di lui. Levinja, accorgendosi dell’imbarazzo in cui era caduto, gli si avvicinò e, prendendogli il viso tra le mani, fece in modo che i suoi occhi non fossero che per lei.
“È la prima volta che ti vedo sorridere. È proprio bello, il tuo sorriso.”
“Mai quanto il tuo, sorellina.” le disse, portando una mano ad accarezzarle il volto.
Sansar tossì, facendo sobbalzare i due.
“Scusate l’interruzione ma è giunta l’ora.” Disse, non guardando i due.
Levinja si staccò dal fratello, corse da Sansar e gli posò un bacio sulla guancia, per poi scappare all’interno del quartier generale.
Orel la guardò esterrefatto, chiedendole dove stesse andando.
“A prepararmi per i preparativi!” e subito scoppiò a ridere, per il gioco di parole appena usato.
Dopo qualche minuto, Levinja uscì dall’edificio. Indossava solo i suoi pantaloni neri, mentre il busto era completamente nudo, eccezion fatta per delle fasce che avevano lo scopo di coprire i seni, appena accennati, della ragazza. Gli uomini della brigati rimasero esterrefatti nel vedere la ragazza presentarsi in quelle condizioni, compreso Orel.
“Andiamo, non avete mai visto una donna?” disse la ragazza, ridendo, mentre si dirigeva al centro del piazzale, senza far caso agli sguardi che si posavano su di lei.
“Si può sapere che significa tutto questo, ragazzina?” chiese Orel, visibilmente imbarazzato.
La ragazza si stese esattamente al centro del piazzale.
“Il rito di unione con il proprio elemento inizia con il marchiarsi il corpo, o sbaglio, Orel? E a eseguire il marchio deve essere solo un altro possessore degli elementi.”
Orel si avvicinò alla ragazza e si inginocchiò, per guardarla negli occhi. Levinja incrociò le braccia sotto il mento e guardò il fratello negli occhi, con il solito sorriso sulle labbra.
“Prendere una coperta e stenderla a terra no, eh?”
“No! Io diventerò parte della natura ed è giusto che non ci siano barriere tra di noi.”
Orel sospirò, mentre andava a prendere il materiale per applicare il marchio. Tornò dopo qualche minuto, con una foglia di palma e un recipiente contenente del liquido che sembrava vernice. Tutti gli uomini gli fecero spazio, mentre l’uomo si inginocchiava vicino alla ragazza, pronto a svolgere il ruolo che era stato chiamato a ricoprire. Levinja arricciò il naso all’odore acre della sostanza.
“Oddio, è irrespirabile. Ma cos’è?”
“Un preparato speciale.”
“Ma puzza!”
Orel la fulminò con lo sguardo.
“Questo è un unguento speciale che deriva da delle piante molto rare. È il tesoro che la nostra famiglia si tramanda di generazione in generazione. Per quanto riguarda gli altri elementi, è facile creare un marchio, come è avvenuto con me. Infatti, io sono legato al fuoco e il mio marchio è stato riprodotto proprio grazie all’utilizzo del fuoco, ma con il vento è diverso. Il vento non lo si può maneggiare in modo che si venga a creare un marchio. Così, l’unico modo per instaurare il legame, è utilizzare quest’olio particolare, prodotto da fiori rari. Questi fiori, sin dalla loro nascita, non si nutrono che di vento. Quindi, in un certo senso, è come se in questo unguento ci sia l’essenza stessa del vento.”
“Ma questa puzza mica mi resterà addosso per sempre?” chiese la ragazza, visibilmente preoccupata.
“Sparirà non appena toccherà la tua pelle. Ora taci e lasciami lavorare.”
La creazione del marchio fu un’operazione che richiese quasi tre ore. Orel si dimostrò un lavoratore attento e minuzioso. La sua mano era precisa, sicura, mentre disegnava sulla candida pelle della ragazza segni mistici dal significato nascosto. Levinja lo guardava, mentre lavorava sulla sua pelle. Ammirava i suoi occhi, di un azzurro così chiaro da farli apparire quasi bianchi, concentrati in ciò che stava facendo. Levinja sorrise, senza distogliere lo sguardo. Le era sempre piaciuto osservare quel ragazzo dalle sembianze di uomo, soprattutto quando lui era troppo preso da altri impegni per accorgersene.
Quando il disegno fu ultimato, Orel le disse che poteva muoversi. Levinja non attendeva altro che quelle parole e, con uno scatto, si alzò e cominciò a far stendere tutti i muscoli, dopodiché corse al ponte per potersi specchiare nelle acque del fiume. Un disegno etnico, quasi tribale, le ricopriva tutto il braccio e la spalla sinistra, compresi il dito medio e il pollice della mano. Orel si appoggiò al ponte e la guardò.
“Allora? Ti piace?”
La ragazza gli sorrise per poi annuire.
“Lo so che il tuo compleanno è dopodomani, ma gli eventi mi costringono a darti il tuo regalo in anticipo. Ecco, questo è per te.”
Orel porse a Levinja il tessuto di seta nera, contenete il suo dono. La ragazza lo raccolse subito, già cosciente di ciò che conteneva, ma nemmeno la sua fervida immaginazione aveva concepito una bellezza simile. L’arco che si trovava a stringere tra le mani era di puro legno di    quercia, tinto di nero con disegni dorati. Studiandolo meglio, si accorse che i simboli dorati che erano stati incisi sopra erano uguali a quelli che erano stati dipinti sulla sua pelle. Al centro dell’arco, esattamente dove va a trovarsi la punta della freccia quando la corda è tesa al massimo, c’era il suo simbolo, il simbolo del vento.
“Orel, è bellissimo.”
L’uomo non rispose ma si limitò a guardare quella ragazza che non faceva altro che fissare il frutto del suo meticoloso lavoro.
“Levinja- la ragazza alzò lo sguardo dall’arco e vide che Orel stringeva tra le dita una freccia- è giunto il momento.”
La ragazza prese la freccia e, seguita dal fratello, tornò dai suoi uomini.
Per l’occasione, era stata costruito un bersaglio da tiro, molto simile a quelli usati nelle gare tra arcieri, indette per allietare i ricchi signori. Il bersaglio era stato posto all’altra estremità del ponte, nascosto tra gli alberi della foresta, posto davanti ad una roccia, utilizzata come appoggio. Nel punto in cui si trovava la brigata, il bersaglio era invisibile. La sfida che ora Levinja si trovava a dover affrontare era centrare quel bersaglio, guidata dal vento. La ragazza posizionò con cura la freccia sull’arco e, con il braccio marchiato, tese l’arco, l’occhio perso in quella macchia verde dove nulla era distinguibile. Con un movimento appena percepibile lasciò andare la freccia, che sparì subito all’orizzonte.
Orel ordinò che nessuno si muovesse e andò a controllare di persona. Dopo qualche minuto, tornò portando con sé il bersaglio, ma della freccia non c’era traccia.
Gli uomini, a quella vista, iniziarono a parlare tra di loro, mentre Levinja rimaneva immobile, con il suo solito sorriso sulle labbra. Quando Orel finalmente la raggiunse, posò con forza il bersaglio a terra, attirando così l’attenzione degli uomini. La ragazza lo guardava, senza batter ciglio, con un’espressione sorniona sul viso.
“Non ho potuto recuperare la freccia- iniziò Orel. A quel punto, la brigata iniziò ad accorgersi di un foro piccolo, appena percepibile, al centro del bersaglio- Ti rendi conto che hai conficcato quella freccia all’interno della roccia che stava dietro il bersaglio?”
A quelle parole, i presenti iniziarono a guardarsi tra di loro, non potendo credere a ciò che avevano appena ascoltato. Com’era possibile che una freccia, fatta di semplice pietra, legno e piume, fosse stata capace di forare una roccia?
Orel chiuse gli occhi, portandosi una mano davanti agli occhi e sospirando. Quando tornò a guardare quella ragazzina dallo sguardo innocente, una luce di celato orgoglio brillava nei suoi occhi.
“Complimenti, Levinja, da adesso in poi, sei ufficialmente una portatrice degli elementi.”
Gli uomini, a quelle parole, ripresero a urlare la loro gioia e a festeggiare. Levinja, vedendosi circondata da quella sana allegria, non poteva non sorridere e non partecipare all’atmosfera gaia che la circondava. Quella ragazzina era riuscita a superare tutte le prove che le erano state messe davanti, dimostrandosi all’altezza delle aspettative.
Ora che il rito di iniziazione era concluso, il viaggio poteva iniziare.
  
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