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Autore: floflo    30/03/2014    2 recensioni
C’č ancora vita in questo fandom?
Ho deciso, dopo un lungo travaglio, di pubblicare questa fic a cui sto lavorando da piů di un anno.
Una storia tutt’altro che semplice - che mi ha fatto penare parecchio fin dal primo istante in cui ho deciso di raccontarla -, costruita su diversi livelli temporali: un po’ prequel del prequel, e spin-off del sequel (tanto per confondere ulteriormente le idee a chi avrŕ la pazienza di seguirmi...) “^^
Cosa conosciamo in realtŕ di Renče e del suo passato? E di quello che č stato il suo immediato futuro dopo il matrimonio con Athos?
Sequel di Feuilleton2- Reloaded, questo racconto inizia esattamente dopo la fine del capitolo quarto della mia precedente storia Feuilleton.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aramis, Athos
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il feuilleton del feuilleton'
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5. Diane – seconda parte -




- Due fidanzati?-
Diane irruppe in una cristallina risata che le scaturiva dal petto, niente a che vedere con quelle risatine al limite della reticenza prontamente celate dietro un ventaglio a cui le signore per bene erano avvezze: la sua era proprio una risata liberatoria, schietta e verace, di quelle che fanno rovesciare la testa all’indietro per la goduria rischiando di far scivolare il grazioso cappellino del completo da amazzone.
Renče aveva deciso di fare una passeggiata a cavallo nei dintorni quel pomeriggio e Diane, accantonando momentaneamente i suoi impegni materni, si era unita a lei.
Quella risata sincera le aveva restituito l’amica che ricordava; quel pomeriggio, Diane, era di nuovo la ragazza spensierata che era stata anni prima, come se il fatto di uscire dalle mura di palazzo de la Croix, l’avesse trasfigurata.
- Non č possibile che abbia detto una cosa del genere! –
Diane sprizzava allegria da tutti i pori e non riusciva a smettere proprio di ridere, aveva iniziato ancora prima che i servi aprissero il cancello per farle uscire a cavallo e non si era ancora fermata. Era stato suo figlio Jean-Marie a dire, mentre le salutavano sotto l’occhio vigile delle tate, che sembravano due fidanzati a cavallo.
Renče montava l’imponente palafreno bianco con cui era giunta a Noisy, ed era equipaggiata come se dovesse affrontare un lungo viaggio a cavallo: lunghi stivali di cuoio e mantello di feltro con un grande cappuccio scuro. Diane invece, indossava un completo di velluto verde da amazzone e cavalcava con la stessa disinvoltura che aveva da ragazza, ma con consapevolezza e la signorilitŕ del ruolo che interpretava ora: la gentil donna.
A vederli mentre si allontanavano dalla via maestra per imboccare una stradina laterale, si sarebbe detto veramente che somigliavano a una coppia di fidanzati – male assortiti, in vero – a passeggio e forse in cerca di un po’ d’intimitŕ nei boschetti circostanti.
Le due amiche, abbandonati ben presto anche i sentieri battuti, s’inoltrarono nei pascoli erbosi circostanti la macchia e saggiato la consistenza del terreno, lanciarono i loro cavalli in un galoppo sfrenato, ridendo a crepapelle e incitandosi a vicenda.
Il grande cavallo di Renče divorava lo spazio con lunghe falcate e i suoi zoccoli possenti sollevavano piccole zolle di terreno umido, mentre la puledra di Diane lo tallonava con le sue zampe snelle, veloce e aggraziata come una libellula.
Nella mente di Renče si era scatenato un tumulto di emozioni, stimoli e ricordi rievocati dalle sensazioni provate in quella perfetta giornata di sole.
Era divertente galoppare nell’erba giovane della primavera, gli zoccoli dei cavalli non martellavano rumorosamente i ciottoli della strada rendendo scomoda l’andatura, sui prati il terreno era soffice e l’erba frusciava dolcemente tra le zampe degli animali, la cavalcata risultava fluida mentre si lascava scivolare piacevolmente avanti e indietro sulla sella di cuoio, in perfetta simbiosi coi movimenti del suo destriero.
Diane montava come una vera signora e, probabilmente, per lei non era cosě agevole inseguirla al galoppo. Di questo, Renče, si doleva leggermente mentre voltava la testa indietro per assicurarsi che la sua amica fosse ancora nei paraggi.
Le tornava alla mente il giorno in cui Diane l’aveva iniziata a quelle corse temerarie nel bosco e le sembrava oltremodo strano che ora fosse proprio a lei inseguirla, giacchč era stato proprio per merito della sua amica se aveva imparato a cavalcare in quella maniera “decisamente inappropriata” per una signorina.
- Č divertentissimo, devi provare anche tu! – le aveva detto semplicemente.
- … Ma non si fa… -
Renče inizialmente era rimasta un po’ perplessa di fronte a quella proposta piuttosto sconveniente, ma la sua amica, del resto, sapeva essere molto convincente semplicemente con uno dei suoi sorrisi disarmanti.
Aveva presto imparato che trasgredire non era affatto difficile.
Uscivano bardate di tutto punto, a volte perfino con le gualdrappe, poi lontano da occhi indiscreti, liberavano i cavalli e montavano in arcione, senza curarsi delle gonne che si sollevavano inesorabilmente sulle caviglie e partivano a spron battuto.
Chi avesse istigato Diane a cavalcare in quella maniera restava tutt’ora un mistero per Renče.
Forse era inevitabile: essere infrante č il destino implicito di regole e consuetudini, ed eludere i divieti faceva parte del gioco.
Il brivido di violare i precetti regalava loro un sottile piacere a cui non sapevano rinunciare, mentre si scambiavano sorrisetti complici il cui significato era noto soltanto a loro.
Durante quelle corse segrete, lontano dagli sguardi delle istitutrici e di zia Bčnčdicte, assaggiavano il sapore di essere semplicemente loro stesse: giovani e indipendenti.
Renče aveva pensato a lungo che la libertŕ avesse il sentore dell’aria che passa attraverso le orecchie di un cavallo.
Fin da bambina era sempre stata affascinata da quelle bestie, che si trattasse da cavalli attaccati a una carrozza, da parata o di grandi palafreni da viaggio: cosě eleganti nelle movenze, cosě maestosi, cosě nervili…
Avrebbe trascorso intere giornate a osservarli se glielo avessero consentito.
Fino a che era rimasto in vita, il cugino David l’aveva portata a passeggio sul suo splendido sauro; si sentiva cosě importante quando lui la teneva tra le ginocchia lassů in alto e gli zoccoli del cavallo risuonavano sul selciato annunciandoli.
Lui le aveva anche promesso che un giorno le avrebbe fatto dono di un pony e le avrebbe insegnato a montare come una vera lady; sfortunatamente perň lui era morto prima di poterle insegnare e di questo Renče si era sempre rammaricata.
Per qualche tempo aveva anche insistito con zia Bčnčdicte perché mantenesse la promessa che le aveva fatto David, ma lei si era sempre categoricamente opposta: in compenso un giorno le aveva fatto trovare un piccolo cavallo di legno, dalla lunga coda di veri crini, con cui giocare.
Evidentemente sua zia sperava in quella maniera di risolvere la questione senza spargimenti di ulteriori lacrime, e la cosa funzionň anche – per un certo periodo di temo - , fino al giorno in cui Renče vide per la prima volta la sua amica Diane sopra un cavallo vero.
Un piccolo pony color miele, dalla folta criniera bionda infiocchettata, tenuto alla corda da uno staffiere, che trotterellava felice con sopra un’ancora piů felice bambina.
I primi tempi si era accontentata di guardare con gli occhi pieni di desiderio quel cavallino grazioso, ad accarezzarlo, a intrecciare la sua lunga coda e la criniera dorata, ad aiutare il garzone a spazzolarlo e a pulirgli gli zoccoli…, finchč non aveva deciso che i tempi erano maturi per fare il grande passo e porre di nuovo la fatidica domanda:
“Posso avere anch’io un cavallo come Diane?”
- Per le ragazze esistono le carrozze e le lettighe. - Era stato il lapidario commento della zia. Era conscia che questa volta non se la sarebbe cavata con un cavallino di legno, il suo divieto doveva quindi essere categorico – I Gaillard hanno sempre avuto idee riguardo l’educazione delle fanciulle talmente… all’avanguardia!-
La zia aveva pronunciato quell’ultima frase con un accento nasale, come se quella parola “avanguardia” avesse un cattivo odore, come il tanfo del letame nelle scuderie, o qualcosa che contiene al suo interno una minaccia da cui fuggire a gambe levate.
Renče aveva chinato il capo, costretta a fare buon viso a cattivo gioco.
Non Diane perň… Lei era un piccolo diavoletto pestifero vestito di seta, nastri e trine…
Un giorno era riuscita a convincere lo staffiere a mettere la sua amica sulla sella del pony e le aveva fatto fare un giro nel giardino di casa…
Tanto era bastato per iniziare Renče all’arte e all’esercizio del cavalcare.
Tanto avevano insistito le due bambine con Madame de Gaillard perchč anche Renče potesse prendere lezioni di equitazione, che quest'ultima, con le sue idee “rivoluzionarie”, ce l’aveva messa tutta per convincere zia Bčnčdicte a far prendere lezioni di equitazione a Renče, declamando con enfasi che una fanciulla erede della nobiltŕ forese aveva l’obbligo quasi “morale” di sapere andare a cavallo.
Un giorno, di ritorno da una battuta di caccia al seguito del marito, aveva ricevuto zia Bčnčdicte fasciata in un bellissimo completo da cavallerizza di velluto color rosso cupo che metteva in risalto il delicato biancore della sua carnagione e i suoi capelli corvini trattenuti da una reticella da cui sfuggivano imperterriti alcuni riccioli ribelli.
Aveva ancora addosso l’odore forte del bosco, della corteccia e delle foglie, fresco dell’erba rorida calpestata, inebriante del vento che sibila tra i rami e infiamma le guance durante una galoppata nella campagna.
Quel giorno, la madre di Diane si era dimostrata particolarmente prodiga di salamelecchi alla zia, novellava in modo spropositato di quanto si fossero divertite lei e le signore mogli gentilizie, e di quanto si potessero tessere legami importanti a questo genere di eventi. Lontano dai saloni da ballo, dove sotto le luci delle candele anche la crusca acquista le sembianze del fiore della farina, durante una battuta di caccia, alla luce del sole, si potevano vagliare la salute, lo stato sociale, l’educazione e le buone maniere di molti giovani e… aspiranti mariti!
Negli occhi di zia Bčnčdicte parve balenare un lampo d’interesse remoto.
Del resto, madame de Gaillarrd era donna di mondo piů di quanto potesse essere lei, che era vedova…
Alla fine, non senza parecchia riluttanza dovuta piů che altro al timore che la nipote potesse farsi del male, vuoi per l’avvenenza di madame e per la prospettiva di fare buoni incontri, la zia aveva dato il suo beneplacito.
Seguiva le lezioni della nipote da dietro i vetri di una finestra, sussultando ad ogni balzo del cavallo, ad ogni incertezza della nipote issata sulla sella, coprendosi gli occhi con le mani ad ogni ruzzolone, sospirando dopo avere ringraziato qualche santo del paradiso ogni volta che Renče si rialzava e rimontava in sella piů determinata che mai.



 
***


Quando furono paghe di emozioni forti, le due amiche misero i cavalli al piccolo trotto e tornarono sulla strada principale.
L’aria fresca e l’adrenalina della corsa avevano infiammato le guance di Renče e allargato i suoi occhi celesti, mentre il viso imbellettato di Diane aveva assunto sulle guance una tenue colorazione rosacea che rendeva la sua carnagione simile a quella di una bambola di porcellana; Renče osservň la sua amica a lungo, tutto di lei parlava di signorilitŕ, la sua posizione composta sulla sella, l’andatura disinvolta della sua puledra, perfino le pieghe che si disegnavano mollemente sul suo vestito, come se le due anime di lei, la Diane ragazza e la sobria madame de la Croix convivessero felicemente.
La strada era fiancheggiata da una doppia fila di gattici le cui foglie giovani stormivano sotto l’effetto della brezza primaverile come un leggero tintinnio di minuscoli sonagli e l’aria era impregnata dell’odore silvestre dei boschi circostanti.
Renče conosceva bene quel profumo, quante volte si era riempita le narici dell’aroma di foglie cadute l’autunno precedente e ormai ridotte a poltiglia dalle intemperie dell’inverno in contrasto con l’odore dolce delle foglie giovani spuntate da poco, odore di terra umida, di erba nuova, di vento.
Si scoprě felice di trovarsi in quel posto, in quel momento, in compagnia della sua amica.
Il suo cavallo allungava il collo ogni volta che passava a fianco delle fronte piů lunghe che gli passavano a fianco e tentava di afferrare le foglie tenere con la bocca.
- Ma che cos’ha il tuo cavallo? – domandň incuriosita Diane - Si direbbe che questa mattina nelle scuderie lo abbiano lasciato a digiuno…-
Renče sorrise compiaciuta.
- Č solamente goloso… Diciamo che non disdegna fare uno spuntino fuori pasto di tanto in tanto! -
Pensň a Porthos, il palafreno bianco era stato il suo regalo di nozze… evidentemente quando aveva scelto quel cavallo, lo aveva fatto con cognizione di causa: tale e quale a lui… Del resto imponente e maestoso – anche nell’appetito - non poteva che averlo scelto lui quel cavallo!
Anche Diane parve divertita da quel commento, il grosso cavallo di Renče, non aveva niente di minaccio, al contrario sembrava sě, un ragazzone imponente e tenace, ma anche incredibilmente bonario.
La sua amica teneva le redini ben salde sul collo della sua puledra che camminava svelta e decisa, ma aveva quel mezzo sorriso da cerbiatta negli occhi, che madame de la Croix non avrebbe mai avuto, e intanto fissava un punto ben preciso lungo la via…
- Ascolta cosa faremo… - disse alla fine senza distogliere lo sguardo davanti a sé.
- … Eh?- A Renče parve di non afferrare bene il senso di quell’ affermazione.
- Beh, dobbiamo pur inventare una scusa per avvicinare tua zia, no? –
Renče ammutolě. Come se il fiato avesse improvvisamente abbandonato la sua gola e una mano gelida le stringesse il cuore nel petto…
- Non sei venuta fino a qui per questo?- domandň senza attendere nemmeno la risposta. – Stamani ho inviato un invito a tua zia Bčnčdicte. Tu hai scritto a tuo marito non č vero? –
Renče biascicň qualcosa, ma improvvisamente aveva la bocca troppo secca per articolare qualsiasi suono di senso compiuto.
- Purtroppo non sono sicura che Cčline sia ancora al servizio di tua zia, ma se la fortuna ci assisterŕ avrai ottime probabilitŕ di incontrarla. La metteremo davanti al fatto compiuto. Andrŕ tutto bene, non ti preoccupare. -
L’intuizione della baronessa e la relativa proposta era stata talmente lineare e priva di artificio che controbatterla a Renče sembrň totalmente privo di senso.
Eppure, qualcosa non tornava…

La cavalla di Diane drizzň le orecchie poi partě al galoppo quando la sua amazzone schioccň semplicemente la lingua, mentre Renče, in groppa al suo grosso destriero, indecisa se rincorrere o meno Diane e la sua vivace puledra, rimase immobile a guardarle mentre si allontanavano.








Ai miei lettori: keep the faith!
Lo so, non aggiorno piů tanto spesso…
Pochissimo tempo da dedicare alle scrittura (e alla ri-lettura!), congiunture personali piuttosto sfortunate, nuovi fandom che attraggono irresistibilmente la mia attenzione e la mia ispirazione mal si conciliano con la prosecuzione di questa fic… 
: (
Ma non temente, non vi abbandonerň… Non č mia usanza lasciare le cose a metŕ, vi chiedo solo di avere un po’ di pazienza!
Un grazie di cuore a tutti voi che, nonostante tutto, continuate a seguirmi e ad avere fiducia!

 
   
 
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