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Autore: I Fiori del Male    30/03/2014    5 recensioni
AVVISO: Il titolo sarà familiare a molti di voi (quasi a tutti) visto che è lo stesso di uno dei film di Inuyasha. Quel che racconterò però non avrà niente a che vedere con il film, è solo che il titolo centra perfettamente l'intera storia, almeno per me.
Vivo a Tokyo da quando ho memoria; nonostante questo non sono sicuro di appartenervi, ho la sensazione che lo scorrere del mio tempo sia differente da quello di questa città, forse addirittura di questo intero mondo. Sono in qualche modo consapevole di provenire da qualcosa come un’altra epoca e non ho la più pallida idea di come io possa esser capitato proprio qui.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo, Kagome/Sesshoumaru, Kagura/Sesshoumaru, Rin/Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I

- Ogni cosa ha un principio -
 
 
Mi chiamo Inuyasha e sono un ragazzo di diciassette anni come tanti, almeno all’apparenza. La questione dell’apparenza è importante perché, malgrado il mio aspetto quasi del tutto normale,  non sono un comune essere umano ma un demone, precisamente un demone cane come il mio stesso nome suggerisce.
Vivo a Tokyo da quando ho memoria; nonostante questo non sono sicuro di appartenervi, ho la sensazione che lo scorrere del mio tempo sia differente da quello di questa città, forse addirittura di questo intero mondo. Sono in qualche modo consapevole di provenire da qualcosa come un’altra epoca e non ho la più pallida idea di come io possa esser capitato proprio qui.
Ovviamente nessuno è a conoscenza di tutto questo. Per fortuna nel corso degli anni ho saputo guadagnare il timore di tutti,  così che nessuno ha mai cercato di togliermi di dosso il berretto che porto sempre in testa. Se mai ci riuscissero, vedrebbero che al di sotto ci sono un paio di orecchie da cane.
Purtroppo in mezzo alla brava gente che ha imparato a stare al suo posto c’è sempre qualcuno dallo spirito ribelle. Anche in questa mattina qualsiasi di un giorno qualunque, in cui come sempre devo andare a scuola anche io, mi ritrovo ad avere a che fare con gente del genere.

- Ehi, tu! –

Sto camminando sovrappensiero quando all’improvviso qualcuno decide di apostrofarmi a quel modo.

- Che cosa vuoi? O forse sarebbe meglio chiedere cosa volete? – è la mia risposta subito aggressiva. Non è gente buona e si vede. Il mio fiuto e il mio udito fuori dal comune mi hanno permesso, fortunatamente, di notare subito i cinque o sei scagnozzi del tipo che mi sta di fronte, che si nascondono nei paraggi pronti a colpirmi, magari anche tutti assieme. Infatti l’idiota davanti a me fa una faccia a dir poco esilarante. Peccato non abbia perso la voglia di dar fiato a quella fogna che si ritrova al posto della bocca.

- Che voglio? Brutto stronzo fai anche il finto tonto? Sono quello dell’altra sera al bar. Sono venuto a farti vedere che vuol dire farmi incazzare. –
E dire che non ne è stato capace nemmeno quella volta. Crede forse che con sei persone a dargli manforte sia tutto più facile? Normalmente sarebbe così, ma io non sono normale. Non sono uno dei classici bulletti di questa città, buoni solo a parlare e capaci di fare i grandi solo in gruppo. Io sono sempre solo, me la sbrigo per conto mio, e questo perché posso.
Com’è che si dice? C’è chi può e chi non può, no?

Mi avvento su di lui a una velocità assurda – per gli esseri umani ovviamente – e gli sferro un destro in pieno viso. Basta per farlo crollare a terra e vedere il sangue uscirgli copioso dal naso. Una risata selvaggia mi sale spontaneamente su per la gola per poi esplodermi tra i denti e vedo il suo volto farsi bianco, forse più per il terrore che per il dolore. Solo che non basta a impietosirmi, anzi mi fa ribollire il sangue nelle vene.  Così lo prendo per il colletto della divisa e continuo a colpirlo, senza sosta, fin quando non perde i sensi. La paura che sento provenire dagli altri, ancora nascosti, per mezzo del mio fiuto canino mi risveglia e il suono di tutti questi cuori che battono veloci dal terrore è musica per le mie orecchie.
Lo abbandono nel vicolo lì accanto. Spero per lui che i suoi compari siano almeno buoni a prestargli soccorso.

- 'Fanculo! La divisa! – esclamo. C’è una larga chiazza rossa del sangue di quel cretino sul mio petto. Non avrei problemi ad andare in giro così, ma i professori potrebbero non pensarla allo stesso modo e io non posso assentarmi di nuovo senza rischiare l’espulsione. Penso a Kaede, la donna che si è presa cura di me, ormai morta e a quanto ci tenesse a farmi avere un’istruzione. Scuoto la testa e mi allaccio la giacca, nonostante il caldo pazzesco, per non far vedere la macchia all’entrata. Mi cambierò negli spogliatoi con la divisa da ginnastica.
 
 


Mi chiamo Kagome. Kagome Higurashi. Ho sedici anni, sono nata e vivo qui a Tokyo.
Come tutte le sante mattine sto andando a scuola. Non che io abbia nulla contro l’istruzione ma di sicuro preferirei andare a rilassarmi alle terme piuttosto che chiudermi in quel triste edificio ogni mattina.  Sono una ragazza normale dal medio rendimento scolastico che vive una vita perfettamente nella norma. Fin troppo. A volte desidererei qualche brivido in più nella mia monotona esistenza...
... solo che per brivido non intendo certo lo spettacolo degno di un horror che mi si sta parando davanti agli occhi: sono passata davanti a un vicolo, di quelli talmente stretti che nemmeno in pieno giorno riesce a passare abbastanza luce da rischiararli, e invece di trovarlo vuoto come al solito ho intravisto nella penombra un ragazzo, all’incirca della mia età, ricoperto di sangue.  Doveva aver appena partecipato a una rissa con un avversario decisamente troppo forte.
Quanto trovo stupide queste cose... nonostante ciò non posso proprio ignorarlo, così mi avvicino scoprendo che è in compagnia di altri ragazzi, tutti evidentemente scossi.

- Ma cos’è successo? Ti senti bene? – gli chiedo per quanto la risposta sia ovvia, ma non ottengo alcuna risposta nemmeno dai suoi amici, che mi fissano terrorizzati. Immagino pensino che chiamerò la polizia. So che dovrei farlo, ma trovo che non abbia senso e in più comincio ad avere un brutto presentimento.

- Tranquilli, non ho intenzione di chiamare nessuno. – li rassicuro e loro si rilassano visibilmente.

- Be, ecco... – comincia quello più vicino all’uscita del vicolo. Evidentemente non vuole dirmi della rissa, come se io fossi tanto stupida da non arrivarci da sola. Essere una ragazza non vuol dire essere scema fino a tal punto, ma chissà perché non ho ancora trovato un solo ragazzo disposto ad ammetterlo.

- Andiamo... – sbuffo. – Si vede che c’è stata una rissa. E il vostro avversario doveva essere una belva, a giudicare da com’è ridotto lui. – lo indico, e lui annuisce.

Che seccatura, ora sono certa di chi sia stato. C’è una sola persona, almeno in questo quartiere, in grado di fare una cosa del genere. Un compagno di classe cui non ho mai rivolto la parola ma che fa parlare di se nell’intera scuola per via del suo comportamento rozzo a dir poco insopportabile. Certo è ovvio che nasconde qualcosa, un qualche trauma psicologico come tutti i classici bulli. Una di quelle cose che le ragazze percepiscono per istinto.
Sicuramente è opera di Inuyasha.
Pronuncio il suo nome a voce alta e la piccola banda di idioti ricomincia a tremare come avessi evocato il diavolo in persona. Bingo!

- Sei forse sua amica? – balbetta un altro, dall’oscurità.
Perfetto, ci mancava solo questa.

- IO AMICA DI QUEL DEFICIENTE? – esplodo. Mi secca che qualcuno possa pensare una cosa del genere, visto e considerato che non lo sopporto così come non reggo chiunque si comporti a quel modo piuttosto che affrontare i propri problemi. Preferirei vederlo venire da me e dire che ha bisogno di aiuto, anche se non so nemmeno perché sto pensando ad un’eventualità tanto assurda.
Cerco di calmarmi visto che la banda di scemi ha ripreso a tremare come se ci fosse bisogno di avere paura anche di me.

- Chiamate un’ambulanza, ha perso un sacco di sangue. – consiglio loro, pur sapendo che la paura di essere scoperti quasi sicuramente impedirà loro di farlo. Poi guardo l’orologio.

- Accidenti è tardissimo! – esclamo, per poi correre dritta verso la scuola.
 
 


Ma perché questo scemo deve mettersi ad aspettare davanti al cancello tutte le sante mattine?

Il preside sembra avermi letto nel pensiero, perché mi guarda corrucciato.

- Muoviti, Taishou! – mi intima, e io oltrepasso il cancello senza dire una parola. Tranquillo come se non avessi appena smesso di correre per arrivare in tempo. Una ragazza mi sorpassa correndo.
La osservo da capo a piedi: i capelli lunghi lisci e scuri, gli occhi marroni, delle belle gambe scoperte dalla gonna corta, un fisico ben modellato anche se abbastanza nella norma.
Lei però pare essersi accorta della radiografia.

- Che hai da guardare? – chiede, irritata. Io alzo un sopracciglio: è la prima volta che una ragazza si rivolge a me in questo modo. Di solito scappano quando mi vedono.

- Gli occhi me l’hanno fatti per quello. Per guardare. – rispondo, tranquillo. Lei si infuria ancora di più, lo vedo da come stringe i pugni e lo sento dal battito cardiaco accelerato. Ma non molla.

- Bè vedi di guardare qualcos’altro o ti cavo gli occhi! –

Con questo si volta e si dirige in classe senza più fare caso a me, anche se sto ancora fissando la gonna che ondeggia a ogni passo. La seguo prima che il preside ricominci a urlare.

Interessante ...
 
Dopo due sole ore di lezione ho già una voglia tremenda di urlare e di uscire da qui. C’è questo professore che parla, parla, parla delle difficoltà della vita raccontate da un tizio di cui non ricordo il nome, che però aveva un mare di soldi su cui contare. Cosa dovrei dire io,  che sono cresciuto per strada senza la sicurezza del pranzo e della cena fino ai dieci anni?
Qualcuno però, da qualche parte lassù, mi sta ascoltando.

- Taishou, visto che stamattina sembri essere particolarmente distratto, forse è il caso che tu vada a prendere una boccata d’aria. Va in III B e chiedi di Higurashi, ne ho bisogno per un progetto. E cerca di essere educato. –

Grugnisco in risposta mentre mi alzo, tenendo le mani in tasca. Ne tiro fuori una solo per aprire la porta, che poi richiudo con un piede.
Un ghigno mi si stampa sul volto mentre sento il professore dall’altra parte della porta gridare qualcosa sul fatto che non sono molto diverso da un selvaggio.
Cerco di prendermi tutto il tempo che voglio per arrivare alla III B, che fortunatamente è dall’altra parte della scuola, ma alla fine arrivo. Busso educatamente alla porta sbuffandomi addosso da solo per aver usato tanta cortesia, ma apro senza aspettare il consenso.

Più che vederlo, sento il brivido che passa per tutti i banchi non appena la mia faccia compare sulla soglia. Tutti evitano il mio sguardo tranne una ragazza. La guardo meglio e mi rendo conto che è la stessa di stamattina. Se gli sguardi potessero uccidere...

- Cerco Higurashi per conto del professor Suzuhara. – dico, e vedo lo sguardo di lei farsi sorpreso mentre alza lentamente la mano.

- Sono io. – dice, poi guarda il professore che le fa un cenno d’assenso, quindi si alza e viene verso di me. Sento l’intera classe bisbigliare qualcosa sul fatto che probabilmente cercherò di intrappolarla in qualche angolo buio della scuola e la cosa mi fa infuriare: d’accordo il timore, ma non sono quel tipo di mostro ne ho mai fatto nulla per farlo pensare.
Higurashi mi raggiunge. Siamo molto più vicini di stamattina ma la cosa sembra restarle assolutamente indifferente, e così il chiacchierio dei suoi compagni. Com’è possibile? Questa ragazza mi irrita da quant’è sfacciata. Perché non trema come tutti gli altri? E perché mi fissa dritto negli occhi quando mi parla?
 
 

Accidenti! Di tutte le persone che il professor Suzuhara avrebbe potuto scegliere, proprio lui?

Inuyasha mi sta fissando.

- In III A – dice. Gli passo avanti. Non ho certo bisogno di una guida, ma subito me ne pento. Sento il suo sguardo pizzicarmi la nuca.

Sto per esplodere! Tra poco perdo il controllo! Stupido Inuyasha! Cretino! Deficiente! Idiota! ... su su Kagome, sta calma. Non mostrarti a disagio, per lui sarebbe una vittoria, e con te non deve conoscere che le sconfitte!

- E quindi il tuo nome è Higurashi eh? Carino. – dice. Stringo forte i pugni. Quanto vorrei colpirlo!

- Sta zitto! E poi quello è il mio cognome, scemo. Il nome è un’altra cosa. – sputo con cattiveria, continuando a camminare.

- Uuuuh ma sentitela! Come siamo suscettibili eh? Be, allora, Miss Perfettina, il tuo nome quale sarebbe? – domanda, sputando tanto veleno quanto me. Non ho mai desiderato così tanto uccidere qualcuno, finora.

Non gli rispondo.

- Allora? – incalza.

- Non ti interessa. –

- Questo se permetti, lo decido io... –

Eccolo di nuovo in tutta la sua presunzione. Oh come mi prudono le mani!
Sono letteralmente al limite, talmente esasperata che perfino le dimensioni dello spazio che ci circonda si sono alterate: questa scuola è sempre stata grande, ma non mi è mai sembrata tanto immensa.

Ad un tratto due ragazzi sbucano da dietro l’angolo di corsa. Il primo mi spinge, facendomi cadere.

- Ahia! Siete matti? Non si corre in corridoio! – urlo. Tento di rialzarmi ma crollo a terra di nuovo quando mi rendo conto che la caviglia mi fa male. Devo essermela lussata nella caduta. Alzo il viso a guardare Inuyasha, che invece è in piedi con l’aria di chi non ha visto nulla.
Che sia lui la fonte di tutta questa sfiga di oggi? Non è difficile crederlo.
Abbassa un po’ il viso a guardarmi non appena si accorge che lo sto fissando.

- Stai bene? – chiede, tendendomi una mano.

Non faccio in tempo a stupirmi del suo gesto perché qualcos’altro ha catturato la mia attenzione. Qualcosa che non avrei mai pensato di vedere in tutta la mia vita. 




*Angolo Autrice*     Ciao a tutti! :) Grazie per aver letto questo primo capitolo di "Un sentimento che trascende il tempo" :) Spero vi sia piaciuto e vi invito a farmelo sapere con una recensione :) Lo stesso vale per qualsiasi critica abbiate, voglio sentirle! :) Ribadisco qui quel che ho già detto nella presentazione della storia: si tratta di una ri - pubblicazione di una storia che avevo già iniziato a pubblicare ma che non ho mai portato avanti, per ragioni di tempo. Ho deciso di riscriverla per via del fatto che il mio stile nel frattempo è cambiato molto e credo che il mio modo di scrivere sia migliorato da allora :) Vi avviso inoltre che il rating Verde è momentaneo, dato che non so ancora come si svilupperanno del tutto gli eventi, quindi sia quello che eventuali altre caratteristiche segnalate per la storia potrebbero cambiare. :) 

Un bacio 

Una rosa in Fiamme <3
   
 
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