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Autore: GabrielleWinchester    31/03/2014    2 recensioni
Ultimo atto della storia dell'anarchico Simon, il ragazzo dagli occhi di Giada del Crepuscolo...Dopo la morte del fratello, Simon deciderà una volta per tutte di scoprire la verità, una verità che gli farà scoprire nuove persone e anche il motivo della profezia...Vi auguro buona lettura :-)
Genere: Drammatico, Fantasy, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
- Questa storia fa parte della serie '"La profezia della Giada del Crepuscolo"'
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Buongiorno a tutti,
ecco a voi l'ultimo atto della storia dell'anarchico Simon, il ragazzo dagli occhi color Giada del Crepuscolo...Nel precedente racconto lo abbiamo visto assistere alla morte del fratello Crysad...In questa storia deciderà di trovare la verità dietro la profezia, conoscerà nuova gente e alla fine scoprirà il vero motivo per cui sua madre è morta...Ma non vi anticipo nulla :-) Mi auguro che vi piaccia e che vi emozioni :-) Ringrazio tutti coloro che la leggeranno e la vorranno leggere, tutti coloro che la recensiranno e la vorranno recensire, tutti coloro che la metteranno e la vorranno mettere nelle storie seguite/preferite/ricordate e da recensire, tutti coloro che mi hanno messo e mi metteranno come autrice preferita :-) Buona lettura :-) Gabrielle :-)
PS: Dedico questo racconto a una persona che oggi fa il compleanno e a cui le auguro tante gioie e soddisfazioni. Anche se ormai non ci sentiamo più da parecchio tempo.
NDA: Pavel in lingua russa significa Paola, mentre Kirsti è Cristina in finlandese :-)

 
Petali di Viola e Sorrisi di Sangue

“Crysad” esclamò Simon decomprimendo il petto per fargli un massaggio cardiaco e praticando tre ventilazioni “Non morire per favore”.
Erano passate due ore da quando Crysad era stato ucciso dalla Spada del Giglio Nero e dell’Ambra e Simon decise di provare un incantesimo di Ritorno, la cosiddetta Nenia della Vita, un incantesimo sviluppato dalla Congrega di Dyane per riportare le persone in vita, prima che si sviluppasse il rigor mortis e quindi inutilizzabile. Durante gli allenamenti massacranti nella scuola degli anarchici, Simon aveva assistito alla morte anche cruenta di alcuni suoi commilitoni e grazie a questo incantesimo aveva visto la loro resurrezione. Una risurrezione da molti considerata non convenzionale, per non dire innaturale, perché si affermava che solo il Signore delle Nuvole potesse togliere e riammettere la vita ma Simon sapeva bene quanta importanza avesse, soprattutto in tempi difficili, dove ogni persona era indispensabile. Durante le guerre si cercava di preservare molta più gente possibile e questo incantesimo era l’arma vincente tra una battaglia vinta e una immersa nel sangue, tra la vittoria e la sconfitta più atroce. Una volta aveva visto un intero plotone di fanti e cavalieri dell’esercito di Helios morire sotto ferite tremende, alcuni quasi senza speranza, ritornare grazie a questo incantesimo pronunciato dalla Matriarca della Congrega di Dyane. L’effetto che Simon aveva visto, era una totale tramutazione nell’animo dei soldati redivivi, una trasformazione non solo nella forza fisica, poiché i soldati non combattevano più solo per conquista e per senso del potere, ma anche con un profondo rispetto verso l’avversario. Il fatto di avere visto la morte in faccia e l’entrata del Paradiso, li faceva rispettare la vita più dei viventi.
Per Gewas, aveva visto ritornare in vita persone combinate peggio di Crysad. Con fare nervoso e impacciato, sentendosi come il più misero degli apprendisti, Simon impugnò il suo pugnale e lo conficcò nel terreno, attingendo a tutta la forza possibile, così come gli aveva insegnato Michealus.
Non era stato molto bravo a cantare, ma se voleva salvare la vita di suo fratello, bè doveva metterci tutto se stesso. Se lo avesse sentito sua madre adottiva Opale, bè molto probabilmente lo avrebbe abbracciato e avrebbero riso insieme del suo non-talento. Opale, una donna che aveva svolto il ruolo di madre, un ruolo spettante a Cleopatrium.
“Mamma, io non voglio andare” aveva piagnucolato Simon nel loro ultimo giorno insieme “Fammi stare con te”.
Opale gli aveva scompigliato i capelli, con lo sguardo triste “Simon, non  posso. L’ho promesso al re”
“Non mi interessa se lo dice il re. Sei tu la mia mamma, sei tu” gridò Simon gettandosi tra le sue braccia e calde lacrime scivolarono lungo la gonna di pizzo della donna. La donna baciò la testa del suo piccolo ometto, il cuore gonfio di tristezza e malinconia. Nonostante gli assistenti militares le avessero intimato di non affezionarsi al bambino, di crescerlo secondo le buone maniere, di non donargli il cuore, Opale aveva deciso di ribellarsi a questi ordini. Dannazione, era solo un bambino. Doveva godere di ogni gioia, ruzzolare per terra, sentire il profumo della campagna, non impugnare una spada e uccidere le persone.
“Simon”
“Dimmi mamma!”
“Ovunque tu andrai, io andrò” rispose Opale con un abbraccio “Rendimi fiera”
E l’indomani mattina Simon iniziò il viaggio verso la scuola degli anarchici. Opale lo salutò con un fazzoletto e Simon seppe che era un addio definitivo.
Non sopportava di perdere anche lui. Non importava che lo avesse conosciuto solo ora, non importava nulla, era l’ultimo tassello di vita passata, una vita spezzata da un uomo sconsiderato ed egoista, un uomo che non aveva esitato a uccidere la sua amata perché quest’ultima portava due bambini con il gene crepuscolare. Voleva una vita che andasse al di là di una vita sconsiderata e sanguinaria, che andasse al di là del non fidarsi di niente e nessuno, un’esistenza in cui amare e volere bene a qualcuno, bè non fosse solo un utopia.
“Gewas santo, è morto” aveva urlato Simon al termine di un allenamento intenso, i muscoli che gli tremavano per l’acido lattico “Dovevamo solo rubare la lancia del re Federick, non ucciderlo”
Il Maestro di Spade aveva estratto la lama dal petto del re di Germanium e gli diede un manrovescio. Il giovane anarchico si toccò la guancia rossa e vide una striscia di sangue. I suoi occhi color Giada del Crepuscolo brillarono di rabbia.
“Cosa provi per me adesso, soldato?” lo incitò il Maestro con ironia “Provi rabbia non è così? Provi un’ira così grande? Ebbene è questo che ti chiedo. Dimentica la sensibilità ed abbraccia il freddo della spada, perché molte persone che troverai nella tua strada, non saranno così clementi”
In quel momento Simon seppe di essere stato scaraventato fuori dalla sua infanzia e introdotto nella vita adulta, senza passare dall’adolescenza. Il giovane re lo fissava a bocca spalancata, gli occhi vitrei, ormai morto.
Mettendo le mani a coppa sopra lo sterno, cominciò a cantare la Nenia della Vita. Dovette schiarirsi parecchio la voce e dopo le parole in latino uscirono dalla sua bocca con una facilità che lo sorprese. L’aria cominciò a caricarsi di elettricità e la spada del Giglio Nero e dell’Ambra si agitò notevolmente, in merito all’energia venutasi a creare grazie all’incantesimo. Le sue mani cominciarono a formicolare e dentro di sé s’insinuò l’idea di mollare tutto, ma Simon non cedette alla tentazione. Crysad non doveva morire, voleva che vivesse. Per circa mezz’ora non successe nulla, dopo Crysad cominciò a tossicchiare, il volto livido, le mani attorno al collo nel vano tentativo di respirare. Il medico si alzò malfermo, un sorriso di sangue nella bocca, un sorriso tremendo e molto triste. Non ci voleva, il sorriso di sangue stava a indicare che l’anima era stata compromessa dall’incantesimo e non sarebbe sopravvissuto a lungo. Una lunga risata proruppe dalla sua bocca per poi trasformarsi in una smorfia di dolore e di sofferenza. Cadde a carponi, il respiro affannato, Simon si precipitò ad aiutarlo, ma gli fu impossibile perché non appena lo toccò, sentì un grande calore lungo il corpo, un calore tale da farlo andare via.
“Io non posso tornare in vita”
“Che cosa dici?” domandò Simon costernato “Sì che puoi”.
“Io non posso…” e dopo non ebbe modo per parlare. La sua anima fuoriuscì dal corpo e scoppiò in mille pezzi davanti all’anarchico.
In quel momento Simon comprese che Michealus aveva applicato l’Incantesimo della Spezza-Anima e non c’era nessun modo per ripristinare il tutto. L’ultimo legame era stato distrutto per una profezia. Un legame che alla fine aveva professato il suo amore per la sua donna.
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“Dì a Iole che l’ho sempre amata”
La notte tra l’undici e il dodici gennaio trascorse lenta, mentre l’unico rumore che si sentiva all’interno della grotta, era Simon che scavava una fossa per Crysad, per quell’uomo che aveva scoperto essere suo fratello, per quell’uomo con un destino malevolo. Di fuori imperversava una tormenta di neve, nulla a confronto al dolore del cuore spezzato. Senza nessuno sforzo, l’anarchico strinse tra le braccia quel fratello appena conosciuto, il quale gli aveva appena rivelato che il loro padre, il loro vero padre, era il re di Italiud ed era il peggiore degli assassini, in quanto senza pietà aveva ordinato la morte di Cleopatrium, principessa di Helios e portatrice del gene crepuscolare, per la profezia pronunciata dalla donna condannata al rogo. La Spada del Giglio Nero e dell’Ambra giacque lì, ormai servita al suo scopo e Simon con un modo d’ira cercò di infilzarsela ma senza risultati. Tentò più e più volte, ma si creò una sorta di campo di forza che impedì il suo scopo. L’arma era stata progettata per uccidere Crysad, lui soltanto. E ormai sembrava un giocattolo. Un giocattolo mortale.
“Michealus” gridò in modo belluino, facendo scappare tutti gli animali che stavano dormendo “Perché?”
Mentre riempiva la buca di terra, Simon rifletté su quello che il maestro gli aveva fatto vedere. Perché gli aveva mentito a tal proposito? Perché gli aveva fatto credere che fosse Achilleis il vero bambino della Giada del Crepuscolo? Perché non gli aveva asserito la verità? E poi perché c’era stato l’effetto del sorriso di sangue? Mille domande gli si affollarono in testa, un senso di colpa sempre più opprimente, il quale lo costrinse a fermarsi per un attimo, appoggiandosi alla pala.
Troppe domande e troppe risposte senza esito.
Crysad era un medico, non il perfido bambino della profezia capace di scatenare guerre, era un uomo che aveva trovato l’amore in una donna chiamata Iole. Era un essere umano con un destino demoniaco. Si era aspettato di trovare un mostro, una persona da uccidere senza provare nessun tipo di rimorso, come le migliaia di persone uccise durante il suo addestramento negli anarchici del re, invece.Era un uomo migliore di lui, per un certo verso. Non appena l’ultimo lembo di terra ricoprì la faccia di Crysad, gli occhi divenuti nero gaietto, in quanto avevano perso il potere della Giada del Crepuscolo, si inginocchiò e pregò. Laddove c’era il tumulo di Crysad, nacque un albero dalle foglie di giada. Tutta la rabbia e la frustrazione di Crysad scomparvero e nel villaggio scoppiò una grande allegria, alimentata anche da un pianto sconsolato. Nonostante Crysad fosse stato nominato medico da pochissimo, aveva passato alcuni anni a fare il tirocinio in quelle zone ed era apprezzato. Un vecchio saggio avanzò lentamente, appoggiandosi a un vecchio bastone nodoso e inginocchiandosi accanto alla tomba, asserì “Era un grande uomo”.
Simon si girò di scatto, stupendosi come un vecchio potesse arrivare così silenziosamente, poi scosse le spalle, rendendosi conto che non era tanto importante. Si asciugò con veemenza le lacrime e osservò l’anziano posizionare un fiore e farsi il segno religioso del Signore delle Nuvole.
“Era mio fratello” ribattè Simon con voce incolore “Nonostante il suo destino infausto”
“Tu sei Simon, l’anarchico” disse l’uomo quasi perso nei suoi pensieri.
“Che grande scoperta” rispose irritato Simon, mentre con somma meraviglia vide una rosa grigia dell’Arno spuntare dal tumulo. Il simbolo degli anarchici, persone senza colore definito, misto tra il colore del bene e il colore del male. La raccolse e la mise nella sua cintura. L’ultimo legame con suo fratello.
“Cerca il crepuscolo e troverai la verità” affermò il vecchio e dopo lo lasciò solo, solo con altre domande cui pensare.
Poi decise di ripartire, questa volta determinato a scoprire la verità. A tutti i costi. Nell’anima e nel suo cuore c’erano solo rabbia e delusione. E pensare che aveva dato la sua fiducia in quell’uomo. La neve aveva smesso di cadere. E Simon sellò il cavallo e partì a spron battuto. Verso la verità. Nell’aria si sentì questa poesia:
“ Ho trovato la mia rosa grigia,
tra i meandri di una realtà sconosciuta,
tra la verità,
che profuma di bugia e di dicerie strappate al vento.
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Michealus vide l’ultima parte dello scontro tra Crysad e Simon e sospirò. Alla fine i due fratelli si erano incontrati, i tentativi di rispettare la volontà di re Helios erano stati vani e la profezia si era avvenuta. Nadyne era con lui e per un po’ non si dissero nulla, atterriti da quello che avevano visto. Tutti si aspettavano che Crysad fosse un mostro, invece era un medico alle prime armi e innamorato di una donna, totalmente diverso da quello che era stato profetizzato. Un uomo normale con un destino anormale. La profezia aveva un significato ironico. La visione nello specchio s’interruppe bruscamente, cosicché Michealus non poté vedere il fenomeno del sorriso di sangue.
“Come hai potuto permetterlo? Lui si fidava di te”
Il maestro posò la bacinella e non rispose. Allora Nadyne lo prese per il colletto della giacca “Che cosa fai sei sordo?”
Michealus continuò a non rispondere e dopo con un sorriso affermò “Non sono sordo, ho solo cercato di rispettare la volontà di un uomo moribondo. Ma la profezia ha avuto altre vie. Sono stato un vanaglorioso a tentare di cambiare un destino già prefissato”
“La profezia? “ chiese Nadyne sorpresa, poi un lampo di comprensione balenò nei suoi occhi di crepuscolo “La profezia del Crepuscolo”
“La profezia del Crepuscolo sì” ripetè Michealus mesto “La stessa profezia che ha condannato mia madre al rogo, la stessa profezia che ha distrutto un amore, una profezia che ha distrutto due fratelli, la profezia che potrebbe portare a due nazioni…”.
“Ecco perché avevi manomesso la bacinella delle visioni” esclamò Nadyne, interrompendo il discorso di Michealus “Per evitare che i due fratelli si incontrassero?”
Per un po’ Michealus non rispose e Nadyne sbattè gli occhi irritata, pronta a utilizzare il potere della Giada del Crepuscolo e sbottò “Sì, l’ho promesso al loro nonno in punto di morte. Se devo essere ucciso perché ho cercato di adempiere a una promessa a un moribondo, uccidimi adesso”
“Non ho nessuna intenzione di ucciderti” ribattè Nadyne in tono affranto “Ma non avresti fatto meglio a dirla subito la verità?”
“Ormai quello che è successo, è successo” rispose Michealus e dopo una luce di rivalsa brillò nei suoi occhi “Ma finalmente posso vedere mia madre vendicata per i torti subiti e Cleopatrium potrà riposare in pace. Robertium la deve pagare per il torto fatto”
Dopo avere sentito queste parole, Nadyne non si sentì di infierire su Michealus. Molto probabilmente anche lei avrebbe fatto la stessa cosa. Michealus ebbe appena il tempo di girarsi a guardare Nadyne ritornare di sopra al bancone e vedere nella bacinella il viaggio di Simon verso Italiud. Un viaggio che aveva come fine ultimo quello di scoprire la verità. In un modo o nell’altro. Ed ancora la profezia si doveva compiere per intero. Con la coda dell’occhio vide una donna con una maschera da daino e sussurrò sarcastico “Artemide sa tutto?”
“Il tuo dono di sentire le ombre ti avrebbe fatto scalare i vertici della Congrega”.
“Sei tanto bella Ehlena, ma la tua bellezza nasconde una grande bugia” rispose Michealus girandosi “Non sei venuta certo per farmi i complimenti. Sono nei guai, vero?”
La Sacerdotessa di Dyane annuì e fece comparire delle manette ai polsi di Michealus “Per avere deliberatamente manomesso una visione per interessi personali e per avere applicato l’incantesimo della Spezza-Anima, ti sciogliamo dal tuo incarico di mago”.
“Voi…”
“Non possiamo, vero?” lo frenò la donna, un sorriso dolce e tremendo al contempo “In realtà possiamo. Tua madre era una di noi ed io ero una delle sue compagne durante l’apprendistato. Poco prima che le guardie di Helios la catturassero e la mettessero al rogo insieme a Cassandra, tua sorella, si confessò dalla nostra madre superiora e le raccontò gli aneddoti segreti. Nella profezia parla di due bambini con gli occhi color Giada del Crepuscolo, l’uno capace di fermare la battaglia e l’altro capace di uccidere la pace, bambini capaci di fare soccombere due nazioni. In realtà c’è un’altra parte che vi è sfuggita”
“Quale?”
“Crysad poteva essere salvato, purificato dalla Giada del Crepuscolo, mantenere il suo colore e non nuocere a nessuno”.
“Impossibile” esclamò Michealus stupefatto “Lui…”.
“Lui ha praticato il trasferimento del sangue alla donna che amava e le ha permesso di diventare lo strumento per salvare suo fratello. Non sempre le profezie devono essere seguite alla lettera, caro Michealus. I due bambini della profezia faranno soccombere due nazioni, ma due nazioni già compromesse dalla guerra. Quindi erano una speranza”
“La profezia parlava del fatto che Crysad avrebbe…”.
“Tua madre disse questa cosa, perché si voleva vendicare delle guardie che l’avevano catturata. Poi il mondo ha bisogno di passare dall’Inferno per poter apprezzare meglio il Paradiso. Crysad poteva vivere”
Michealus calò la testa, distrutto da quelle informazioni. Allora aveva ucciso un uomo innocente? Poi senza altra scelta decise di seguire la Sacerdotessa verso la Prigione di Parys. Aveva cercato di rispettare il volere di un uomo moribondo, aveva cercato di vendicare sua madre e alla fine aveva fallito. Nella mente si ricordò il momento in cui i soldati del vecchio re di Helios irruppero nella loro vecchia casa di campagna, il momento in cui vide sua madre strattonata e condannata a un destino atroce.
“Madre”
“Non preoccuparti per me, mon petit” gli aveva detto sua madre sorridendo “Tua madre ti vuole bene”
“Madreeeeee”
La donna ebbe appena il tempo di abbracciarlo, poi due guardie corpulente la trascinarono fuori, incuranti che fosse incinta. Il bambino vide il palco del rogo e gridò. Una guardia gli diede una grande mazzata sulla testa e con un sogghigno mentì a Roxane “Uno in meno”.
In realtà lo aveva stordito solamente. Purtroppo Roxane non lo seppe mai, sapendo che i suoi figli erano morti.
Come era amara e disgraziata la vita. Un sorriso gli increspò le labbra, Robertium l’avrebbe pagata. Ehlena gli disse “ Simon ha provato a farlo ritornare in vita. Ma è sopraggiunto lo spiacevole effetto del sorriso di sangue. L’odio per il re di Helios era molto forte”
Michealus non seppe cosa dire e si promise che se Simon non lo avesse ucciso, bè lo avrebbe fatto lui. Il sorriso di sangue stava a indicare che Robertium aveva riversato su Crysad tutto il suo odio. Poi Ehlena gli mise un cappuccio in testa e lo fece salire su una carrozza. Era la notte tra il tredici e il quattordici gennaio.                                                      
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Intanto che Simon cavalcava a spron battuto verso la città di Fyrenze, per parlare direttamente con Jacos, il Gran Duca del Giglio Azzurro, alla ricerca delle sue origini, e Michealus era condotto nella prigione di Parys per essere processato in direttissima per inquinamento delle visioni, all’interno del nosocomio del monastero dell’Ordine dei Medici c’era un grande fermento. Iole stava affrontando l’esame di ematologia e doveva prevelare un po’ di sangue dal paziente. L’ultimo esame prima dell’agognata promozione a infermiera di Igea.
“Iole stai attenta, non è una bambola”
“Mi scusi maestro” mormorò la ragazza, posando la siringa “Ci riprovo”.
Il maestro del sangue la guardò un po’ scettico, ma non replicò. L’aveva ammessa all’esame pratico come infermiera dell’Ordine di Igea perché aveva notato delle potenzialità. Ma sembrava che queste potenzialità stessero svanendo e si domandò se avesse fatto la cosa giusta. Con più delicatezza, Iole inserì l’ago della siringa nella vena del braccio e cominciò a prevelare il sangue. Da quando Crysad era partito per andare ad aiutare le popolazioni nelle Alpi di Italiud, tutta la sua determinazione si era fatta meno. Ogni notte sognava la notte in cui aveva fatto l’amore con lui, il momento in cui lui gli aveva donato il potere della Giada del Crepuscolo e si domandò che fine avesse fatto. Gli mancava tantissimo.
“Salvo che tu non voglia prosciugarla, direi che va bene così”.
“Mi scusi” rispose Iole titubante, poi rivolgendosi alla ragazza “Puoi dare Isabel”.
La monaca guardò perplessa la ragazza e dopo con fare stizzito si alzò, per ritornare alle sue faccende quotidiane. Iole sospirò, non c’era proprio con la testa. Per circa mezz’ora il maestro del sangue e la ragazza non si parlarono, entrambi impegnati a mettere il sangue all’interno delle provette.
“Qualcosa non va?” le chiese il maestro del sangue “Oggi eri più disattenta del solito. Dovrei forse pentirmi di averti fatto accedere all’esame di ematologia?”
“Mi dispiace Gabriel” rispose la ragazza tormentandosi gli orli della veste color azzurro scuro, simbolo dell’apprendistato infermieristico “Sono solo stanca, tutto qui”
“Essere stanchi, non è una scusa” la rimproverò bonariamente “E noto qualcos’altro”.
Iole non rispose per un po’ di tempo, ripose nello scaffale la bacinella con dentro la provetta di sangue e dopo con un gesto delicato si tolse le lentine ambrate. Gli occhi Giada del Crepuscolo brillarono misteriosi nel suo viso, color verde scuro con spruzzate di viola. Per un po’ nessuno parlò e dopo…
“Sei una Giada del Crepuscolo” esclamò il maestro del sangue meravigliato.
“Ho fatto l’amore con Crysad, qualche mese fa” rispose Iole, prima che Gabriel potesse domandarlo “Così ho potuto acquisire il colore degli occhi”
“Il trasferimento del sangue”
“Come ha detto?”
“Negli annali della medicina, si è potuto ipotizzare che la Giada del Crepuscolo si potesse trasmettere grazie all’atto sessuale. Per molti anni, questa ipotesi è stata presa sottogamba, ma adesso mi rendo conto che hanno sbagliato” si fermò e riprese “Hai notato qualcosa di strano, dopo…?”
“Il piccolo Fyorenze…”
“Stai parlando del bambino paralitico del monastero? Quello considerato un caso impossibile?”
“L’ho guarito” affermò Iole sicura di sé.
Per un po’ Gabriel non rispose e il suo sguardo cercò un tomo dai caratteri d’argento tra i libri della stanza. La ragazza lo guardò stupita e dopo lo vide prendere un volume pesante. Ebbe il tempo di guardare la copertina e dopo il Maestro del Sangue lo aprì a metà, precisamente al capitolo IV, nella sezione “Aneddoti profetici e trasferimenti emotici” ed lesse ad alta voce “Quando una donna del crepuscolo riceverà il dono della Giada del Crepuscolo, avrà il dono di guarire le persone e di salvare..”
“Di salvare chi?” chiese Iole curiosa
Gabriel sfogliò le pagine alla ricerca del continuo e con dispiacere vide che alcune pagine erano state strappate dal libro e lo fece vedere alla ragazza “Dovrai scoprirlo da sola “.
Dopo questa frase, il maestro del sangue si dovette congedare e anche Iole cominciò a farsi domande. Gabriel aspettò che la sua allieva uscisse fuori e strappò la lettera di Danila, la saggia del villaggio dove era andato Crysad. Le parole erano chiare ed esplicite. Crysad era morto. E che era stato ritrovato con un sorriso di sangue nel viso. L’odio di Robertium lo aveva consumato dentro.
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Mentre Iole stava riposando all’interno della sua camera, in attesa dell’esito dell’esame di ematologia e riflettendo su ciò aveva detto Gabriel riguardo al trasferimento del sangue, Simon stava cavalcando di grande lena verso la regione autonoma di Toscaxius, verso il Granducato del Giglio Azzurro, governato dal Granduca Jacos, fratello del re di Italiud. Voleva sapere la verità su quello che era successo la notte in cui lui e Crysad erano nati, del perché suo padre aveva ordinato con spietata freddezza l’omicidio di sua madre e anche perché lui non era intervenuto in difesa di sua madre. Perché non aveva fatto nulla per salvarla.
Non poteva assolutamente dimenticare gli occhi color Giada del Crepuscolo spenti di Crysad, voleva dare un valore alla sua morte. Sorpassò il monastero dell’Ordine dei Medici, non sapendo che al suo interno ci fosse la fidanzata del fratello, e indirizzò il cavallo verso un palazzo dall’aspetto classico e formale, di ispirazione rinascimentale con le colonne doriche. Nelle balaustre sventolava la bandiera lillà con un giglio bianco,  il simbolo di Toscaxius.  Due guardie con la divisa bianca e blu e un giglio bianco stavano di guardia.
Smontò velocemente e si diresse verso un uomo abbastanza robusto, presumibilmente il capitano delle guardie, un uomo dall’altezza approssimativa di 1,75, occhi castani e faccia rubiconda. Dalla stelletta appuntata al petto, l’anarchico si rese conto che aveva di fronte un Syndacus, un ambasciatore fra i vari paesi dell’Europa. Fece il saluto degli anarchici e si annunciò “Sono Simon, uno degli anarchici di re Zachariel. Desidero chiedere udienza al vostro Granduca”
“Sono spiacente signore” rispose il capitano delle guardie “In questo momento è impossibile parl…”
Simon strinse gli occhi arrabbiato, utilizzando il potere della Giada del Crepuscolo. L’uomo cominciò a soffocare, strabuzzò gli occhi, il colorito divenne cinereo e disse “Signore, io non posso..
“Tu mi fai parlare con Jacos o ti spezzo le ossa”.
“Per favore, ho tre figli, per favore” lo supplicò il capitano, incontrando solo uno sguardo gelido “Lasciatemi andare”
“Lascialo andare” gli ordinò una voce autoritaria “Lascia andare Terenzius, il mio Syndacus per la città di Fyrenze”
Con sorpresa Simon lasciò andare il soldato e vide un uomo dai capelli rossicci, ingrigiti con il tempo, e un paio di occhi azzurri penetranti. Suo zio. “Si mantiene bene il vigliacco” Il Gran Duca Jacos avanzò con fare imperioso e dopo sorrise al nipote “Vieni dentro”
Il capitano delle guardie li lasciò passare, ancora sconvolto, e l’anarchico si ritrovò a camminare in un corridoio pieno di quadri d’epoca e di affreschi. Per circa un’ora camminarono e incontrarono gente abbastanza curiosa, fino a quando Jacos non calò la maniglia di una porta di mogano e lo fece entrare dentro. Simon lo vide dirigersi verso un mobiletto di ciliegio e versarsi in un bicchiere di smeraldo un brandy di ciliegie e amarene. Non riusciva a crederci che si comportasse così, con tanta noncuranza, sapendo che per colpa della sua vigliaccheria aveva condannato una famiglia intera.
“Ne vuoi un po’?”
“No grazie” rispose Simon in tono acido “Non ho voglia di bermi un brandy con un vigliaccio come te”.
Jacos posò il bicchiere e annuì “ Già, sono stato un vigliaccio a non difendere tua madre, l’unica donna che ho mai amato”.
“Tu hai permesso di ucciderla come la peggiore delle criminali, non l’hai vendicata. Come fai a guardarti allo specchio e a non sputarti da solo? Mi fai schifo”
Il Granduca del Giglio Azzurro incassò il colpo dato dal nipote, calando la testa. Aveva convissuto con questo peso sul cuore, non parlandone con nessuno, nemmeno con i suoi consiglieri più fidati. Alzò lo sguardo e i suoi occhi si posizionarono su due ritratti, il primo di Cleopatrium, poco mesi prima dell’omicidio e raggiante di felicità per la gravidanza gemellare, il secondo della principessa di Grecix, una moglie che aveva sopportato in silenzio l’amore verso un’altra donna. Tutte le notti erano le stesse da quando Robertium aveva ucciso sua moglie, il sangue, il lampo di vita sparire dallo sguardo e la sensazione di sentirsi indegno. Ma aveva ragione Simon, si doveva sputare da solo. Non era stato in grado di salvare la donna che amava, solo per rispetto della sua famiglia, solo per non scontrarsi con Robertium.
“Come sta Crysad?”
“Non sta. Crysad è morto cinque giorni fa” rispose Simon rancoroso “La profezia ha avuto il sopravvento su di noi. Michealus mi ha donato una spada del Giglio Nero e dell’Ambra e le ha applicato un incantesimo Spezza-Anima”
“Ha impedito che ritornasse in vita” esclamò Jacos costernato “Ecco perché la Congrega di Dyane era in viaggio verso la Sardenius, verso la prigione di Parys. Ha tradito le consegne della Congrega”
L’anarchico strabuzzò gli occhi, incredulo di quello che gli stava dicendo lo zio “Cosa mi sta dicendo?”
Jacos mostrò un vecchio tomo di pelle e lo aprì davanti a un incredulo Simon. La dicitura in alto era intitolata “Profezie controverse” e sotto “La profezia del Crepuscolo”. Il ragazzo cominciò a leggere la profezia che lo riguardava, una profezia che aveva scombinato tutta la sua vita, che gli aveva impedito di vivere una vita serena e spensierata, costantemente in procinto di difendersi e di attaccare. Non appena arrivò alla parte dedicata alla Giada del Crepuscolo cattiva, lesse una parte interessante. Nella profezia c’era scritto che se Crysad avesse fatto l’amore con una donna che lo avesse amato veramente, pur mantenendo il colore degli occhi, avrebbe trasferito il suo potere a lei e la stessa avrebbe potuto essere d’aiuto nel salvare l’altra Giada.
“Crysad poteva essere salvato”
Il Gran Duca annuì con fare triste “Tuo fratello poteva essere salvato. Nonostante la profezia lo indicasse come una Giada del Crepuscolo cattiva, i saggi della biblioteca di Italiud, nella città di Mexines, capirono che cattivo non significava maligno, ma prigioniero di un odio smisurato che mio fratello aveva per il mondo.  Da qui nasceva il potere di tuo fratello di scatenare guerre e risse. Vuoi sapere perché nascono le Giade del Crepuscolo? Perché uno dei due genitori ha tanto odio da riversare dentro i figli”
Simon non rispose e restò a guardare il ritratto di Cleopatrium, una madre con un destino infausto e dentro di sé crebbe la volontà di vendicarla, di dare un senso alla sua morte, di uccidere con le sue mani quel porco  di suo marito e di dare una lezione a suo zio, innamorato ma non in grado di seguire il suo cuore, per paura di ritorsioni in famiglia.
“Sai qualcosa sui sorrisi di sangue?”
“Hai provato a utilizzare la Nenia della Vita e lui ha sorriso di sangue?”
“Precisamente”
“Quando una Giada del Crepuscolo sorride di sangue, significa che all’interno del paese si scateneranno delle guerre intestine. Mio fratello deve essere fermato e tu sei l’unico che può farlo”
Nella stanza scese il silenzio e Simon indirizzò il suo sguardo verso il monastero dell’Ordine dei Medici, verso il luogo dove Crysad aveva vissuto e dove si trovava Iole, la sua amata. Jacos posò il volume sullo scaffale e gli domandò “Mi ucciderai?”
Per un momento l’anarchico sentì il desiderio di impugnare il pugnale affisso alla cintura d’oro ed esaudire la richiesta. Poi rifletté sul fatto che non ne valeva la pena. Il suo compito non era lui, ma Robertium. La migliore punizione era quello di farlo vivere insieme ai suoi potrei che potevano aiutare una persona e alla fine avevano decretato la morte. Era questa la punizione di un vigliacco.
“Il tempo ti ucciderà zio, non io” lo congedò lapidario Simon, lasciandolo solo con i suoi pensieri e i fantasmi “Addio”.
Il Granduca vide suo nipote andarsene e sprofondò sulla sedia. Gli occhi di Cleopatrium e Persephone lo fissarono. Gelidi e inflessibili.
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Mentre il sole stava calando e l’Arno si stava dipingendo di arancione, Simon sospirò di fronte alla porta di mogano intarsiata del monastero dell’Ordine dei Medici. Neanche la più dura e sanguinosa vita poteva competere con il gravoso compito di comunicare a una donna che il suo uomo, bè il suo uomo era morto, morto per una profezia. Stava comunicando la notizia a una persona che il suo amato non sarebbe più ritornato da lei. Aveva svolto questo compito migliaia di volte, senza provare nessuna emozione, impassibile di fronte al dolore di madri e moglie disperate, ma la morte di suo fratello aveva risvegliato la parte umana, la parte che la scuola degli anarchici aveva cercato di estirpare in tutti i modi. Quella parte che lo faceva svegliare la notte, madido di sudore e desideroso di trovarsi tra le braccia di Opale, di ritornare ad essere il bambino spensierato . Facendosi forza, l’anarchico prese il batacchio a forma di leone e cominciò a sbatterlo per una, due, tre volte.
Per un po’ nessuno rispose, poi Simon sentì un rumore di passi, lenti e pesanti.
“L’Ordine sta chiudendo per le orazioni della sera” annunciò una voce greve dall’altra parte della porta “Ripassate verso le sei di mattina”.
“Non ho nessuna intenzione di aspettare fino alle sei” ribattè Simon ritornando a bussare “Ho una notizia da dare a Iole Tyreas”.
“L’infermiera Iole in questo momento si trova ai giardini interni e sta leggendo” spiegò il frate “Non vuole essere disturbata”.
L’anarchico dovette respirare parecchie volte per calmarsi e rispose “Io sono Simon, uno degli anarchici del re Zachariel, sovrano di Helios e..” si fermò un attimo e riprese “Fratello di Crysad. Sono venuto ad annunciare la sua morte”
A queste parole la porta si aprì cigolando e un vecchio frate dalla barba lunga s’affacciò “Crysad è morto?”
L’anarchico annuì solenne e il frate gli aprì la porta, conscio del fatto che Simon avrebbe potuto usare il potere della Giada del Crepuscolo ed evitando così di fare una strage all’interno del monastero. Simon fu accolto all’interno di una grande stanza, adibita a biblioteca, laddove giovani e vecchi medici stavano studiando nuove metodologie per curare le persone e strinse i pugni all’idea che suo fratello si sarebbe perso tutto questo.
“Sei stato tu ad ucciderlo?”
“No” affermò Simon con un groppo alla gola “Ma è come se lo avessi fatto io”.
Il frate lo guardò stupefatto e Simon si affrettò a dirgli cosa era successo. La sua decisione di lasciarlo andare dopo avere scoperto che il loro padre era l’assassino della madre, la Spada del Giglio Nero e dell’Ambra che si era animata e si era conficcata nel cuore, il suo esile tentativo di cantare la Nenia della Vita e il sorriso di sangue. A quelle ultime parole il frate scosse la testa “L’odio di Robertium è stato troppo forte”.
“Jacos non mi ha voluto dire perché Robertium aveva così tanto odio”
“Non sai niente di Myriam, la figlia primogenita del vecchio re Lycid?”
Simon scosse la testa confuso e il religioso cominciò a spiegare tutto dall’inizio. Il re Lycid aveva avuto due figlie, una di nome Myriam e l’altra di nome Cleopatrium, quest’ultima madre di Simon e Crysad. Robertium era stato promesso a Myriam, il loro amore era stato uno dei più chiacchierati e ammirati tra Helios e Italiud, erano giovani e affascinanti, almeno fino a quando Myriam non si era ammalata di febbre emorragica ed era morta a soli ventinove anni. Robertium fu distrutto dal dolore, non volle sentire nessuno, fino a quando non fu costretto a sposare Cleopatrium.
“Quindi la colpa di tutto questo disastro” volle capire Simon dopo l’esaustiva spiegazione del frate “Ha prodotto odio solo perché il vecchio re di Helios gli ha imposto di sposare la sua secondogenita”
“Precisamente”
L’anarchico scoppiò a ridere, una risata amara “Quel vecchio pazzo ha ucciso mia madre, ha permesso una vita da schifo solo perché suo suocero gli ha imposto di sposare la sua secondogenita. Bene, adesso non ho più remore a fargli del male”
Il frate si mordicchiò il labbro, intenzionato a dire qualcosa, ma non sapeva effettivamente che cosa avrebbe detto. Nulla di quello che avrebbe detto, avrebbe distolto Simon dal suo obiettivo di uccidere suo padre. Anche se era divinamente condannabile e imputato all’interno del Baratro del Fuoco, umanamente non se la sentiva di condannare Simon. Robertium aveva combinato troppe brutte cose per non essere punito.
Poi Frate Alexandrius aprì la porta di cristallo nero e affermò “I giardini interni”
Simon annuì e la prima cosa che vide, fu una giovane ragazza di ventinove anni, dai capelli neri e riflessi violacei e gli occhi color Giada del Crepuscolo. Doveva essere lei. Il crepuscolo dichiarato dal vecchio misterioso, poche ore dopo la morte di Crysad. Prima di andarle a parlare, si fermò a guardarla attentamente e si accorse perché Crysad era innamorato di lei. Era bella, ma di quella bellezza narrata da Dantius e Pisteis nel Dolce Stil-Novo, di una bellezza che era interiore ed esteriore. Era seduta sopra una panca di marmo rosa e intorno a lei c’era un arco di cristallo nero con delle rose rampicanti. Si fece avanti e si schiarì la voce “Iole?”
“Sì” rispose la ragazza e poi spalancò la bocca “Crysad!”
D’un tratto l’infermiera saltò in piedi e lo stava salutando, quando Simon la frenò “Io non sono Crysad. Sono suo fratello gemello. Mi chiamo Simon”
L’infermiera chiuse la bocca, chiaramente sconvolta, poi sospirò. Ecco cosa significavano quei sogni, i sogni in cui Crysad le appariva con un sorriso di sangue e la promessa di un amore ultraterreno. Simon fu ammirato dalla compostezza di quella ragazza, si era immaginato che avrebbe strepitato, invece era calmissima, come di una persona che aveva già affrontato l’Inferno. Ad un certo punto la ragazza gli prese le mani e lo fissò negli occhi. Simon ebbe la sensazione che qualcuno gli scandagliasse l’anima e nel frattempo la purificasse e l’infermiera sorrise “Ti ho guarito dai tuoi cattivi pensieri”
“Grazie”
Per un po’ nessuno dei due parlò, il silenzio fu interrotto dal frinire degli insetti e dal canto dei monaci che cantavano il Gloria Aeterna per la Madonna dei Avgelos. Il suono melodioso dei soprano e dei tenori tennero compagnia ai due ragazzi e per un po’, forse per un secondo o per un’ora, si dimenticarono dei loro problemi.
“Lo hai ucciso tu?”
“Cambierebbe qualcosa se ti dicessi di sì?”
“No” affermò Iole tormentando un petalo di violetta “Daresti una ragione alla mia mente ma non al mio cuore”.
Simon annuì e l’infermiera continuò a parlare “Forse ti annoierò, ma poco prima che decidesse di partire, lui era spaventato da ciò che era successo durante l’esame di ammissione. Sembrava convinto di essere un mostro da distruggere”
In poche parole la ragazza gli spiegò che durante l’autopsia una ragazza era resuscitata misteriosamente e gli aveva profetizzato che non doveva assolutamente uccidere suo fratello. Una profezia non realizzata, purtroppo. Simon non poté fare altro che confermare. Nei pochi attimi che ci aveva parlato, in quei pochi istanti, prima che la Spada del Giglio Nero e dell’Ambra lo uccidesse, aveva notato la tristezza negli occhi di suo fratello. Fu una gioia e un coltello rigirato su una ferita sentirla mentre gli raccontava del suo amore per Crysad, del fatto che dopo avere fatto l’amore lei si era ritrovata con il colore della Giada del Crepuscolo e fu prevedibile che domandasse “Mi ha citato alla fine?”
“Sì, ti ha citato” rispose Simon commosso “Sei stato il suo ultimo pensiero”
L’infermiera annuì e l’anarchico sobbalzò quando lei toccò la rosa grigia dell’Arno. Non si era accorto che aveva preso la rosa grigia “Una rosa dell’Arno”
“E allora?”
“Sei un anarchico e non sai cos’è la Rosa Grigia dell’Arno?”
“No” affermò Simon in tono bruco “Dimmelo tu”.
“La rosa grigia compare quando un anarchico deciderà per le sorti di un paese, per un futuro migliore. Quando decide di vendicare una persona morta per ingiustizia”
Simon prese la rosa grigia e la rimise di nuovo al suo posto. Con fare meccanico, l’anarchico si alzò dalla panca e guardò il cielo che stava volgendo verso l’alba, un’alba carica di speranza e di rivalsa. Tese la mano verso la ragazza e le chiese “Vorresti essere anche tu un’anarchica?”
Iole non rispose subito e si rigirò tra le dita la rosa d’ambra, ultimo regalo di Crysad. Per un attimo le due Giade del Crepuscolo si incrociarono, la ragazza con la consapevolezza di stare per fare una cosa buona per Crysad, Simon con una nuova pace interiore. Forse sarebbe morto, ma questo ormai non gli faceva più paura. Finalmente aveva capito l’importanza di una famiglia e il sacrificio per poterla salvare.
“Sì”
“Allora andiamo a trovare mio padre”
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“Avanti”
Iole esitò e dopo Simon annuì incoraggiante. Davanti a lei c’era la porta del monaco Lithius, il rettore dell’Ordine delle Infermiere di Igea, colui che avrebbe deciso le sue sorti come infermiera in Italiud. L’infermiera impugnò la maniglia e lentamente l’abbassò.
“Io sono qui” la incoraggiò Simon “Fai con calma”
La ragazza entrò nella stanza e si trovò dinnanzi la scrivania del monaco. Il monaco, un uomo dall’apparente età di quaranta uno anni, abbastanza appesantito, alzò lo sguardo dal documento che stava scrivendo “Ci stai lasciando”
Non era una domanda, era un’affermazione.
“Sì signore” dichiarò Iole “Sto partendo con Simon”
Il monaco si alzò dalla sedia e si avvicinò alla ragazza. Per un po’ nessun di loro parlò “Certamente l’ordine delle Infermiere di Igea perderà un membro importante ma se è questo quello che vuoi, che la benedizione di Gewas ti accompagni sempre”
Iole abbracciò quell’uomo burbero e Simon pensò al fatto che stava trascinando nell’inferno un’altra persona. Dopo la vide uscire e dichiarare “Sono pronta”
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Nel frattempo che Simon e Iole partivano per la reggia di Avellinus, nella regione di Campanius, per poter sconfiggere una volta per tutte il re di Italiud e la sua follia, all’interno della reggia di quest’ultimo una folla si era radunata attorno alla sala del trono, laddove erano state concesse delle udienze. Da parecchio tempo il popolo chiedeva insistentemente un’udienza dal re e fu una vera e propria sorpresa per loro che il re avesse accettato. Un vecchio era tenuto duramente da due guardie corpulente.
“Lasciatelo stare” ordinò il re di Italiud “Voglio proprio vedere cosa ha da dire”
Due guardie buttarono malamente un vecchio contadino davanti al trono. Il vecchio si prostrò più che potè, a causa della schiena malandata e con fare balbettante affermò “Sua Eccellenza, il popolo ha fame”.
“Io che cosa dovrei fare?” domandò il re sdegnato “Aprire le mie scorte a voi? Scordatelo”
“Vostra eccellenza, voi sapete e lo sanno anche le vostre guardie, come il popolo sta faticando a recuperare il raccolto distrutto dalla nevicata di gennaio e le continue razzie da parte della Contea di Napolines e del Ducato di Potenzius, bè non contribuiscono a farci vivere. Io so che lei è un re buono e giusto e farà di tutto per farci aiutare”
Nella stanza calò il silenzio, non credendo alle proprie orecchie. Robertium un re buono e giusto? Ma se aveva appena aumentato l’aliquota delle tasse per il cibo da esportare fuori e aveva tassato i bovini. Ah il popolino, sempre disposto alla battaglia ma sempre fiducioso e propenso a seguire colui o colei che avrebbe dimostrato di avere un po’ di carisma, non rendendosi conto che il male si poteva nascondere dietro un sorriso benevolo. Il re di Italiud si mise una mano sul mento e sorridendo “Le tue parole mi hanno commosso profondamente”.
“Mio signore, allora ci aiuterete?” chiese il vecchio in tono estasiato “Sia lodato”.
“Figuratevi, è una gioia aiutare il mio popolo”.
Il vecchio spalancò la bocca, incredulo, e si stava lanciando a ringraziare il re, quando una guardia si avvicinò silenziosamente e gli tagliò la gola. L’anziano cadde a terra come un sacco di patate, davanti a una corte ammutolita. Robertium scese dal trono e guardando l’intera corte gridò “Questo è la condanna per chi si permette di lamentarsi”.
Due guardie trascinarono il vecchio fuori dalla sala del trono, lasciando la corte sgomenta e una lunga striscia di sangue. Con fare sdegnato, Robertium si risedette sul trono e congedò tutti “L’udienza è finita. Andatevene tutti”
Pian piano la stanza cominciò a svuotarsi, il popolo terrorizzato ma al contempo desideroso di destituire quel re dispotico e i consiglieri che auspicavano per un colpo di stato. Una volta solo, il re di Italiud chiese brusco alla moglie, attorcigliandoli i capelli biondo-rossicci“Quanto ti manca per partorire?”
“Pochi giorni Robertium”
“Hai fatto le analisi?”
“Sì e non ti preoccupare, i gemelli non hanno gli occhi color Giada del Crepuscolo” mentì Brigit con un largo sorriso “Saranno i tuoi degni eredi”.
“Lo spero bene per te” la minacciò Robertium con un bacio e uno sguardo gelido “Altrimenti non esiterò a ucciderti come ho fatto con Cleopatrium “.
Brigit stava per rispondere quando con passo trafelato un nunzio arrivò e comunicò “La Congrega di Dyane ha preso in consegna Michealus. Arriverà a breve”
“Finalmente una bella notizia” esclamò Robertium tirando qualche moneta al nunzio “Dì al boia di affilare l’ascia”
Il nunzio guardò una moneta con fare bramoso e fece un inchino alla principessa. La principessa di Irlandes deglutì ma sostenne fermamente lo sguardo del marito. L’unico che doveva morire era proprio Robertium. Il regno di Italiud stava cadendo a pezzi a causa della sua malvagità e del suo egocentrismo. Lo vide dirigersi verso la porta e non appena fu fuori, fece uscire fuori una guardia rimasta nascosta ad ascoltare “Libera Kirsti dalle prigioni e mandala a cercare Simon”
“Sarà fatto signora”
“Beautrius?”
“Mi dica”
La principessa di Irlandes esitò e dopo lo congedò senza dire un’altra parola. Il regno di Robertium doveva finire al più presto e l’unico in grado di ucciderlo, era proprio il figlio. Prese la collana che portava al collo e vide sua cugina. Sua cugina Cleopatrium.
“Sarai vendicata, Cleo, sarai vendicata”
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Dopo l’incontro con la regina di Italiud, Beautrius prese una fiaccola e incominciò a scendere le scale, diretto verso le segrete. Salutò le guardie che erano addette alle prigioni e con passo frettoloso si diresse verso l’ultima cella. Cercò di ignorare i lamenti e le richieste degli altri prigionieri, molti vecchi e donne incinte, imprigionati solo perché avevano osato lamentarsi contro Robertium.
“Liberaci, per favore”
La guardia digrignò i denti, pensando al fatto che il regno del terrore di Robertium doveva finire. Dopo circa mezz’ora arrivò, dove doveva arrivare. Per un momento pensò che non ci fosse nessuno, poi una voce femminile mormorò stanca “Ve la volete spassare di nuovo?”
“Come stai Kirsti?”
La donna rise e si scagliò contro le sbarre della cella, una donna ormai al limite delle forze. Beautrius non si lasciò impressionare e con calma la analizzò, provando una grande compassione per lei. Si reggeva a malapena in piedi, i capelli ricci erano sfibrati e recava segni recenti di violenza. Nonostante l’avessero combinata malissimo, Kirsti riusciva ad avere la bellezza di chi ha dignità.
“Lo vedi da solo come sto. Vattene”
Beautrius tirò fuori un mazzo di chiavi e con sorpresa di Kirsti aprì la porta della cella “Esci”.
“Sono condannata a morte?” domandò Kirsti in tono sarcastico “Finalmente hanno deciso di esaudire i miei desideri?”
“La principessa Brigit ha decretato la tua scarcerazione. Dobbiamo andare a salvare tuo padre, la Congrega di Dyane lo ha preso in consegna e non lo sta portando a Parys ”
“E dove?” chiese la ragazza preoccupata.
“Da Robertium, per l’esecuzione capitale” dichiarò Beautrius “Esci”.
La figlia di Michealus uscì a passo malfermo e Beautrius dovette sostenerla per un po’. Sapeva da quale destino proveniva e dentro di sé sperò che alla fine di tutto, bè ognuno di loro potesse vivere una vita serena, una vita senza guardarsi continuamente indietro. Kirsti guardò per l’ultima volta la sua cella, i ricordi della prigionia qui e in Russiav, in balia dello zar Ivan il Massacratore, dove aveva fatto l’odalisca ed aveva assistito all’uccisione di sua sorella Pavel.
“Come facciamo a uscire? Certamente non possiamo dall’uscita principale”
“E chi ti ha detto che usciremo dall’uscita principale?” ribattè Beautrius e dopo con un gesto furtivo spostò una pietra, rivelando un passaggio segreto. Kirsti lo scrutò attentamente e si mise in posizione di difesa “Non entro”.
“Kirsti”
“Che cosa succede là?” borbottò una guardia in tono alticcio.
Beautrius imprecò tra sé e sé, stavano sprecando tempo prezioso. Nel frattempo che l’altra guardia giungesse da loro, afferrò le braccia di Kirsti e la baciò appassionatamente. Il suo collega lo guardò sghignazzante e commentò “Lo sapevo che anche tu non eri da meno. Lasciacene un po’ per noi”
Dopo canticchiando un motivetto osceno, se ne ritornò di nuovo al posto. Beautrius si staccò da Kirsti, tra di loro nessuna parola. Kirsti fissò quel giovane ragazzo di ventinove anni, quella guardia che si stava offrendo come salvatore di una situazione al limite dell’inferno, la leggera barbetta e i capelli tagliati corti.
“Vuoi fare la fine di Pavel?” la scosse Beautrius “Se vuoi finire e vendicarla, dobbiamo andare via”
La ragazza strabuzzò gli occhi e poi decise di seguirlo lungo quel corridoio stretto e maleodorante. Le pareti erano ricoperte di sangue e l’atmosfera non contribuiva certo a pensieri allegri. Si dovette fermare e scuotendo la testa, si mise le mani sulle orecchie “Non posso”
“Non lasciare che i tuoi ricordi ti condizionino la vita” la incoraggiò Beautrius “Prendimi la mano”
Kirsti la prese titubante e insieme corsero. Durante la corsa, Kirsti ripensò alla sua prigionia in Russiav, al fatto di essere stata la concubina dello zar, di avere fatto tutto quello che voleva lui, per poi essere ripagata con le peggiori delle ricompense. La morte della sorella.
“Sei bellissima”
“E tu sei un porco” sibilò Kirsti, prendendo il corpo della sorella, ormai in agonia “Lei non centrava niente”.
Lo zar di Russiav scoppiò a ridere e le prese il mento tra le mani callose. Kirsti voleva vomitare ma non ne aveva la forza. I tredici mesi di prigionia l’avevano fiaccata completamente.
“Non centrava nulla? Lei era a capo di una rivolta per destituirmi”
Kirsti chiuse gli occhi, mentre il freddo dell’ascia colpiva. L’ultima parola che sentì da sua sorella Pavel fu “Ti voglio bene”.
Ritornò in sé quando vide la falce di luna su in cielo. Erano usciti dal castello. Si appoggiò a un tronco di betulla e respirò. Aria pulita e purificatrice. Dopo quasi tre mesi di prigionia, non le parve vero di essere stata liberata. Ormai si era abituata a stare in quella cella, sperando che la morte la portasse via e la liberasse dalle mani sudice di quelle guardie, così integerrime di giorno, ma di notte cambiavano totalmente. Poi si accorse che non erano soli. Un uomo con un cavallo nero stava avanzando verso di loro e Beautrius sguainò la spada “Bea, posa l’arma. Non mi riconosci?”
Beautrius strinse gli occhi e riconobbe il figlio di Robertium “Sire?”
Sopra un cavallo purosangue arabo, era seduto un uomo dai capelli biondi acconciati a una treccia e gli occhi color Giada del Crepuscolo.
“Chiamami Achilleis, ragazzo” rispose Achilleis, facendo un inchino a Kirsti “Tu dovresti essere la figlia di Michealus”.
“Sì”
“Mia madre mi ha comunicato ogni cosa e mi ha detto di accompagnarvi” affermò Achilleis, anticipando le domande di Beautrius e Kirsti “Il tempo non è dalla nostra parte”.
“Perché ci aiuti? Anzi perché aiuti mio padre?”
Achilleis frenò il cavallo e si girò a guardare la ragazza. Padre e figlia si assomigliavano molto, anche caratterialmente “Perché voglio onorare la morte di Cleopatrium”.
Kirsti non seppe come rispondere e con l’aiuto di Beautrius s’issò sulla sella, diretti a intercettare la carrozza della Congrega di Dyane. Achilleis urlò, dando voce ai pensieri di Kirsti “Ma questo non mi impedirà di ingaggiare prima o poi una battaglia contro di lui”
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Il viaggio di Michealus verso la prigione di Parys fu lungo e abbastanza scomodo. La Congrega di Dyane non aveva badato per niente alla sua comodità, ma non disse nulla. Sapeva che aveva fatto un errore, ma lo avrebbe fatto comunque. Era da una quindicina di giorni che viaggiavano in quella carrozza sgangherata, le strade percorse erano tutte piene di buche, i pasti erano molto frugali e molto spesso dovette rinunciare a mangiare.
“Avresti potuto essere un perfetto patriarca” stava parlando il cocchiere “Hai rinunciato a un bel po’ di potere per un vecchio decrepito”.
Il maestro di Simon annuì stanco e chiuse gli occhi, solo per un istante. Vide sua madre bruciata al rogo, la sua famiglia distrutta da una banda di criminali, la sua decisione di intraprendere il destino da anarchico, il destino di Simon. Il re di Helios non era affatto un vecchio decrepito, era solo un uomo con due figlie morte, due figlie legate allo stesso uomo. Un uomo che non aveva esitato a uccidere la moglie per una profezia.
A un certo punto la carrozza si fermò bruscamente e sentì il cocchiere gridare innervosito “Cosa fate voi qui?”
“Liberiamo il prigioniero”
Michealus si sporse a vedere e fu una vera e sorpresa, quando vide una giovane donna dai capelli castani ricci e gli occhi dello stesso colore, a forma di goccia. Era accompagnata da due giovani, uno dei quali riconobbe subito come il figlio di Robertium. La scorta della carrozza cominciò a ingaggiare una lenta ma fallimentare lotta contro il trio e in un attimo fuori tutti morti. Non essendo abituati ad agguati, i militari della Congrega di Dyane non erano preparati a eventuali imboscate, sicuri che qualche mago o strega Dyanese li aiutasse. La ragazza diede un calcio al cocchiere e disse “C’era bisogno?”
“Non mi dire che non volevi farlo” sghignazzò Achilleis estraendo una lama d’oro dallo stomaco di una guardia “I mesi nella prigione di Stato ti hanno rammollita?”
La ragazza tirò fuori la lingua e dopo vide Michealus scendere dalla carrozza. Achilleis borbottò qualcosa e li lasciò soli, soli con un gruppo di cadaveri. L’ex membro della Congrega di Dyane non volle credere a quello che aveva davanti agli occhi.
“Ciao papà”
L’uomo abbracciò sua figlia, ritenuta morta da tantissimo tempo. L’ultima volta che l’aveva vista, era stato all’incirca trenta anni prima, quando era stata distrutta la sua casa e sua moglie uccisa e stuprata. Il suo ultimo ricordo era di una bimba di cinque anni trascinata da un soldato russo. Adesso si trovava una donna di circa trentacinque anni, fisico asciutto, una donna, un tempo bambina. Sembrava uscita da un brutto incubo, un incubo con cui aveva combattuto e non si era arresa. Accanto a lei rimase il soldato di Italiud.
“Ti credevo morta, Kirsti”
“Molta gente mi crede morta, papà” rispose la ragazza in tono duro “Sono stata un’odalisca per lo zar Ivan, sono scappata via, la marina militare del re Robertium mi ha recuperato lungo le coste di Maltius e mi ha trascinato in prigione, dopo avere scoperto che ero tua figlia”.
“Tua sorella Pavel dov’è?”
Nel silenzio calato improvvisamente Michealus seppe che la sua secondogenita era morta. Resistendo al fatto di urlare e di correre a uccidere colui che l’aveva uccisa, si calmò e domandò il motivo del loro agguato e della sua liberazione.
“Cosa ci fate qui?”
“Papà tu non stavi andando alla prigione di Parys, nella regione di Sardenius” spiegò Kirsti “Ti stavano portando da Robertium per l’esecuzione capitale”.
“La Congrega di Dyane non mi avrebbe tradito così…” esclamò Michealus “Specialmente Ehlena”.
E il suo sguardo cadde una giovane donna, con la maschera di daino tolta dal viso. Tanto bella, quanto pericolosa. Doveva essere sospettoso quando gli avevano messo un cappuccio in testa, in quanto sapeva che la Congrega di Dyane preferiva che i prigionieri guardassero la vita tolta, ma immaginava che avessero solo modificato le regole. Con mani ferme tolse il pugnale decorato dal petto della donna e la tentazione di infierire sul suo corpo fu forte. Ma poi decise che non valeva la pena.
“Il denaro può corrompere anche chi non ti ha tradito mai” rispose Kirsti “Hanno ricevuto alcuni milioni per la tua condanna a morte”.
Poi Michealus guardò il soldato di Italiud e borbottò in tono burbero “Grazie per avermela portata di nuovo”.
“Si figuri” rispose Beautrius schermendosi “Non potevo assolutamente lasciarla marcire in quella prigione”
“Non voglio interrompere questo idillio familiare, ma dobbiamo andare” li interruppe Achilleis in tono sbrigativo.
“Grazie Achilleis”
“Tutti e quattro dobbiamo andare” precisò il figlio di Robertium “Mi è giunta voce che Simon e l’amata di Crysad stanno viaggiando verso la corte di mio padre e hanno bisogno di noi”.
“Achilleis?”
L’uomo ruotò il cavallo e partì di grande carriera. Kirsti sollevando le spalle dichiarò “Tu hai mandato Simon a ucciderlo, al posto di Crysad. Non puoi pretendere il suo perdono. Adesso c’è un uomo da uccidere per il bene”
E senza dire altro Kirsti e Michealus inseguirono Achilleis, alla ricerca di Simon.
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“Entriamo qui”
L’anarchico sospinse la porta di ciliegio di una taverna e fece passare Iole. Simon si guardò intorno e dopo fece cenno alla ragazza di mettersi il cappuccio. Nonostante fosse una taverna non segnata sulle carte, aveva visto alcuni fedelissimi di Robertium bere al bancone e non voleva che Iole fosse ferita. La sua vita era stata ricca di avvenimenti brutti e l’ultimo segno bello di suo fratello non lo voleva distruggere. Con un cenno chiamò il barista e borbottò “Un brandy di pere amare”.
“Subito”
L’anarchico annuì e dopo si girò a guardare la ragazza. Iole si era seduta sullo sgabello, silenziosa e in quel momento Simon desiderò di avere il dono del pensiero ambulante. Erano passati tre giorni da quando avevano lasciato il monastero dell’Ordine dei Medici e la ragazza non aveva spiccato parola, tranne lo stretto necessario. Certamente dopo la chiacchierata nel monastero, non c’era stato molto da dire e alla fine il silenzio aveva riempito i vuoti, Simon con i suoi pensieri di vendetta e Iole pensando a Crysad. A un certo punto il ragazzo ruppe il silenzio.
“Stai bene?”
“Mi manca Crysad” mormorò Iole, trincendarosi in un nuovo silenzio “Ho voglia di vendicarlo”.
Simon prese il bicchiere di brandy e cominciò a sorseggiarlo pian piano. La reggia di Avellinus distava pochissimi chilometri e le mani gli prusero dalla voglia di vedere suo padre morire. Il re di Italiud doveva morire per tutto quello che aveva fatto. Con sorpresa, vide il barista fissare sgomento Iole sotto il cappuccio “Per le tette di Afroditeiv, non ci credo”
“Credo che la signorina non voglia essere disturbata” si affrettò a dire Simon a denti stretti.
L’infermiera guardò il giovane barista, un ragazzo dai capelli tagliati corti e la barba ed esclamò con grande stupore di Simon “Enthius”.
Enthius e Iole si abbracciarono stretti, parlottando fitto in Siciliese, precisamente il dialetto barchellonese e Simon sentì una fitta di gelosia dentro lo stomaco, una gelosia per altro ingiustificata e inutile. Restò a sentirli parlare di gite al mare, di tempi lontani, valutando il fatto che si conoscessero bene e che c’era un affetto speciale tra di loro. Non era mica la sua ragazza. Ma allora perché il cuore gli batteva forte? Poi Iole si accorse di Simon e gli spiegò, la voce rotta dall’emozione “Mio fratello”.
“Pensavi che fossi il suo ragazzo?”
“Il suo ragazzo era mio fratello ed è morto” disse Simon in tono lapidario e il sorriso di Enthius si spense subito.
“Cosa ci fai qui Iole?” chiese Enthius, capendo subito che non era una buona cosa stuzzicare Simon “Sapevo che eri al monastero dell’Ordine dei Medici. Questi non sono tempi buoni, il re Robertium ha aumentato  le tasse ed è in procinto una guerra civile”
“Io..”
“Non sono affari tuoi, Enthius” tagliò corto Simon sospettoso “Quello che stiamo facendo è altamente riservato”
Enthius pulì un bicchiere di vetro e inarcò le sopracciglia “Non è riservato affatto. Guarda un po’”
L’anarchico diede un’occhiata alla parete indicata dal ragazzo e imprecò sotto voce alla vista di una locandina con lui e Iole e la taglia di 1.000.000 di lire sesterziali, preferibilmente morti. Qualcuno aveva fatto la spia sui loro intenti e Simon non seppe spiegarsi chi. Tutta la gente che li aveva ospitati durante il viaggio, bè li aveva controllati uno per uno e si erano dimostrati degni della sua fiducia. Vedendo Simon aggrottare la fronte, leggermente arrabbiato, Enthius si affrettò a dire “Robertium sa di voi grazie a un mago della Congrega di Dyane”
“Come fai a saperlo?”
Il ragazzo si passò una mano sulla barbetta, ignorando gli occhi lucidi di una ragazza e confessò “Sono stato un allievo in Irlandes, un allievo della principessa Brigit”
A quelle parole Simon annuì, la fiducia in quell’uomo aumentata. La principessa Brigit era una delle più brave Druides di Irlandes e il suo potere era immenso. Dalle sue ricerche aveva scoperto che Cleopatrium era sua cugina da parte di madre e si augurava che il suo desiderio di vendetta fosse  pari al suo. Si distrasse solo un attimo, quando Iole incominciò a strillare “Metti le mani lontano da me”.
Un soldato di Italiud si era avvicinato barcollante e senza tante cerimonie aveva cominciato a palparle il seno. Con un leggero movimento della mano Simon afferrò il pugnale e mise la lama sotto il mento del soldato “Lasciala stare”.
“Ragazzino non sono affari che ti riguardano” sghignazzò l’uomo spavaldo “Alla signorina serve un vero uomo”.
Poi con malagrazia mise l’infermiera sopra il bancone e le stava abbassando le mutande, desideroso solo di spassarsela quando il soldato cominciò a mettersi le mani nelle orecchie e gridò “Basta, basta”
Iole scese dal bancone e indirizzò il suo sguardo verso il soldato che aveva cercato di violentarla e l’anarchico vide nei suoi occhi una rabbia non da lei. Dalle orecchie del soldato uscì un fiotto di sangue e Simon seppe con orrore che Iole gli stava causando un’emorragia interna. La ragazza stava utilizzando il potere nefasto della Giada del Crepuscolo, un potere terribile che dava assuefazione, un potere che dava una falsa illusione di avere tutto sotto controllo, non rendendosi conto che in realtà era una maledizione.  Con una mano sulla spalla, Enthius la fermò “Iole non vale la pena”.
L’infermiera fece un sospiro profondo e interruppe il contatto. Il soldato scappò via e si diresse verso i suoi colleghi militari. Dopo circa mezz’ora di chiacchiericcio, i militari italiani si alzarono dalle sedie, pronti a dare battaglia. Simon stava per afferrare il secondo pugnale, quando una voce maschile conosciuta borbottò “ Sempre nei guai Simon”.
Il ragazzo ebbe il tempo di vedere il suo maestro e dopo la taverna fu il luogo di una sanguinosa battaglia.
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Il sole stava tramontando ed Enthius stava riordinando la taverna dopo la lotta tra i soldati di Italiud e Simon. Con irritazione e rassegnazione dovette buttare molte bottiglie di alcool e si rese conto di non avere chiamato i Crematori, gli addetti alle pompe funebri in Italiud. Nello stesso tempo che il barista sistemava il suo locale, Simon guardò il suo maestro e le persone che lo accompagnavano. La prima persona la riconosceva, era il figlio di Robertium, l’altra persona doveva essere un soldato di Italiud, la ragazza invece…
“Io mi chiamo Kirsti, sono la figlia di Michealus” si presentò Kirsti, stringendo la mano a Simon “Scusami per l’abbigliamento, ma provengo dalla prigione di Stato”.
Poi sorrise e fece suscitare un fiotto di gelosia a Iole. Interrompendo quel momento, Beautrius mise le mani avanti sul tavolo “Che cosa hai intenzione di fare?”
“Chi sei tu?”
“Lasciamo i convenevoli da un’altra parte Simon. Ti basta sapere che sono dalla tua parte e che mi ha mandato la principessa di Smeraldo”
L’anarchico annuì e poi passò lo sguardo tra i commensali. Vide Iole, l’infermiera dell’Ordine dei Medici trascinata in un’avventura troppo grande di lei, un soldato, il figlio di Robertium, Kirsti e il suo maestro. La sua rabbia crebbe sempre di più e con una sola mossa mise a muro il suo vecchio maestro.
“Tu mi hai ingannato. Mi hai fatto uccidere mio fratello” ringhiò Simon “Tu non meriti di vivere”
“La profezia mi ha ingannato Simon, la profezia ci ha ingannati a tutti “ rispose Michealus in tono affranto “Mi dispiace per Crysad”
L’anarchico sbuffò disgustato ma non fece nulla. Lo fece scivolare e gli voltò le spalle. Michealus tirò fuori una mappa della reggia di Avellinus, mostrando i vari punti di accesso e spiegando il piano per entrarci.
“Di solito mio padre è solito mettere due guardie nel portone” li informò Achilleis, osservando la mappa “Poi lungo i cornicioni c’è una pattuglia di cinque arcieri e cinque spadaccini”.
“Mi aspettavo di meglio” commentò Simon sarcastico “Non teme che qualcuno lo possa uccidere?”
Achilleis scosse la testa e rispose “Mio padre è un vanaglorioso che pensa che solo gli altri sono degni di morire. È tempo di rivoluzionare la storia”
“Scusatemi” interruppe Kirsti aggrottando la fronte “Non voglio interrompere questa discussione interessantissima, ma non stiamo andando da nessuna parte. A noi non ci interessa se ci sono due guardie  al portone o lungo i cornicioni delle pattuglie, ma un modo per entrarci”
“Io posso fare un elisir di emo-farmaco” intervenne Iole e spiegò a chi non era della materia “Un veleno del sangue che si ricava da speciali gruppi sanguigni”.
“Interessante come proposta” la lodò Michealus e anche gli altri furono d’accordo “Comunque sarà solo l’inizio, dobbiamo aspettarci qualche trappola”.
“Trappola o no” rispose Simon alzandosi da tavola “Io voglio uccidere mio padre”.
E senza aspettarsi una risposta da nessuno, uscì fuori dalla taverna e incominciò a sellare il cavallo. Iole lo guardò e dopo si diresse verso Enthius, togliendosi una collana di lapislazzuli e di iolite e donandogliela “Dalla alla mamma”
“Il regalo di papà per il tuo tredicesimo compleanno. Perché?”
“Così almeno avrà un pensiero mio” affermò Iole “Stammi bene, fratellone”.
Enthius l’abbracciò forte e poi assistette all’uscita di lei e degli altri dalla sua caverna. Chissà se l’avrebbe rivista di nuovo.
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“Grazie Ecatius, mi sei stato molto utile”.
Un giovane della congrega di Dyane unì le punte soddisfatto e guardò il re di Italiud gironzolare per la stanza.
“Quanto tempo hanno di vantaggio?”
“Direi un giorno o due di cavalcata, non di più” rispose Ecatius riguardando nello specchio “Devo chiamare la Guardia Reale Magica?”
Il re di Italiud lo fissò attentamente e valutò la proposta di quel giovane. Sicuramente l’utilizzo della Guardia Reale Magica gli avrebbe assicurato una vittoria sicura, ma lui non voleva una vittoria schiacciante, voleva solo uccidere Simon, l’ultimo tassello della sua vita con Cleopatrium. E per questo non servivano i rinforzi.
“Non serve. Le difese sono sufficienti. Anzi non facciamo nulla, lasciamoli entrare apertamente”
Poi si congedò, lasciando sgomento Ecatius. Poi prese il ciondolo appeso al collo e sussurrò amabile “Il mio cuore è appartenuto sempre a te”.
Nel ciondolo c’era una foto di Myriam. Il suo vero e unico amore.
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Erano passate molte ore da quando avevano lasciato la taverna di Enthius e il soldato di Italiud si girò a guardare i suoi compagni. Simon non sembrava accusare nessun segno di stanchezza, molto probabilmente era stato abituato ai lunghi tragitti, ma per quanto riguarda le ragazze, bè era tutt’altra storia. Erano allo stremo delle forze. Con un balzo scese da cavallo e lo legò a un albero.
“Accampiamoci qui”
“Sei impazzito per caso?” sbottò Simon irritato “Non abbiamo molto tempo da perdere”.
“Anche la nostra vita è importante Simon, non solo la vendetta” ribattè Beautrius con lo stesso tono “I cavalli sono esausti, li abbiamo spinti oltre il limite delle loro possibilità, se cavalchiamo ancora un altro po’ andrà a finire che stramazzeranno al suolo e saranno buoni solo come carne da macello. Capisco e comprendo benissimo il tuo desiderio di vendicarti di Robertium ma girati un attimo”
L’anarchico voltò la testa per vedere Iole con gli occhi semichiusi e con la testa appoggiata alla criniera della sua cavalla, Kirsti che reggeva le redini, dimostrando di avere molta resistenza ma con un po’ di stanchezza addosso. Lui era abituato a lunghe, anzi chilometriche cavalcate, quasi senza fermarsi mai, e dovette scontrarsi con la dura realtà. Cioè che gli altri si stancavano prima di lui.
“Beautrius ha ragione” intervenne Michealus grattandosi la barba “Non serve a nulla stramazzarci inutilmente. Riposiamoci qualche ora e dopo andremo dal re”
Scendendo malamente dal suo cavallo, Simon sbottò “Solo qualche ora”.
“D’accordo” acconsentirono tutti con un grande sorriso.
                                                                             *
Mentre gli altri stavano dormendo dalla grossa, Simon guardò la luna su nel cielo, i troppi pensieri che gli affollavano la testa. L’indomani avrebbe compiuto l’uccisione di suo padre e si sentiva normale. Anzi lo sentiva come un dovere. Si spostò per fare spazio ad Achilleis, il quale disse “Neanche tu puoi dormire?”
“Troppi pensieri” rispose Simon “ E tu?”
“Idem” affermò Achilleis estraendo la spada ed ammirandola alla luce della luna “La mia mente è sempre immersa in quello che dobbiamo fare”.
Per un attimo l’anarchico restò a guardare il suo fratellastro, entrambi uniti da un padre non proprio convenzionale.
“Non sei affranto dal fatto che sto uccidendo nostro padre?”
“Se ti dicessi di sì, bè ti direi una bugia” si congedò Achilleis “Ha reso un inferno la mia vita e quella di mia madre. La morte non è una punizione sufficiente per quello che ha fatto. E neanche la Spezza-Anima”
“Con Michealus cosa farai?”
Ma Achilleis non rispose e se ne andò via. Passò qualche minuto e l’anarchico sentì qualcuno piangere. Con circospezione vide Iole piangere e Kirsti abbracciarla. Durante la notte, l’infermiera aveva indossato una tunica color verde rame ed era più bella che mai. Simon si sentì con il cuore caduto a terra, ma non interruppe quel momento. Vide Kirsti arruffare i capelli dell’infermiera e Iole si girò “Riuscirò a superare questo momento…?”
L’anarchico fu sorpreso dal fatto che quelle due donne, le quali si erano conosciute da pochissimo tempo, avessero legato così. Ma forse il fatto di essere uscite da due situazioni complicate, poteva essere un perfetto collante per l’amicizia. Fisicamente erano l’una l’opposto dell’altra, Iole era minuta, capelli lisci neri con riflessi violacei, Kirsti era più alta di circa venti centimetri, capelli ricci, occhi a forma di goccia e un corpo più muscoloso.
“I primi momenti saranno difficilissimi, lo so per esperienza. Ma prima o poi riuscirai a superare questo momento a trasformare il suo ricordo in un modo per andare avanti”
Poi le raccontò tutto quello che era successo in Russiav, alla corte dello zar Ivan. Se Iole si mise le mani sulla bocca, chiaramente sconvolta da quello che stava raccontando Kirsti, Simon cominciò a ringhiare silenziosamente. La ragazza raccontò di una corsa nuda nella neve, inseguita da tigri siberiane, di danze tra lance e asce e altre cose che non sono buone da raccontare.
“Come hai fatto a sopravvivere?”
“Mia sorella Pavel mi ha aiutato moltissimo” rispose Kirsti in tono sognante “Almeno fino a quando lo zar Ivan non me l’ha uccisa davanti ai miei occhi. Io sto intraprendendo questo viaggio per suo onore”
Kirsti guardò Simon che le guardava e disse a Iole “Ti sei innamorata di Simon?”
“No” affermò frettolosa Iole e vedendo che Kirsti sorrideva “Non so che cosa provo per lui. La prima volta che l’ho visto, bè l’ho scambiato per Crysad. Abbiamo passato molte avventure insieme e io ho paura “
“Hai paura di non onorare la sua morte?” intuì Kirsti e Iole annuì “Quello che posso dirti è che non onorerai la sua morte se continui a pensarlo. Penso che Crysad ti voglia vedere felice”
Poi Kirsti la baciò sulla fronte e si girò su un fianco e dormì. Iole sorrise a Simon
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“Non sei mai stato un grande dormiglione”
Simon si girò e vide il suo maestro colpire con forza un albero per allenarsi. A dispetto dei suoi anni, l’anarchico dovette costatare con grande meraviglia che Michealus si manteneva benissimo e avrebbe potuto battere tranquillamente un’ondata di soldati esperti.
“Per chi è abituato a combattere, il sonno è un lusso” rispose Simon in tono incolore.
Michealus smise di combattere e lo valutò attentamente. Il ragazzo era cambiato tantissimo da quando suo fratello era stato ucciso, anche se faceva finta che non gliene importava nulla. Rifoderò la spada di zaffiro e diamante e sussurrò “Hai una voglia matta di uccidermi, non è così?”
“Te lo meriteresti” sibilò Simon furibondo “Mi hai fatto uccidere mio fratello e mi hai impedito di farlo tornare in vita. Hai utilizzato l’incantesimo Spezza-Anima”
“Capisco la tua rabbia, ma credimi sul fatto che la profezia ci ha ingannati tutti” spiegò Michealus “Tutti noi pensavamo che Crysad dovesse essere ucciso, ma non abbiamo fatto i conti con il fatto del trasferimento del sangue”
“Il trasferimento del sangue?” domandò Simon perplesso.
“Iole ha subito il trasferimento del sangue a seguito di…” rispose Michealus  “Bè puoi immaginartelo da te. Secondo gli annali delle profezie il trasferimento del sangue può portare a trasmettere il colore degli occhi ad un'altra persona e questa persona può avere poteri di guarigione”
“Già, Jacos me ne ha accennato” borbottò Simon e rispose allo sguardo interrogativo “Se mi chiedi se l’ho ucciso, spiacente non l’ho fatto. Puoi togliermi una curiosità?
 “Dimmi”
“Se anche Achilleis ha gli occhi color Giada del Crepuscolo, come mai…?”
Michealus si mordicchiò il labbro e spiegò “Quando Brigit fu incinta di Achilleis, Robertium chiamò la Desyar of Darkness, un gruppo indipendente della Congrega di Dyane, un gruppo addetto allo studio della Giada del Crepuscolo. Non appena Brigit partorì, la Desyar of Darkness le prese il bambino e lo immerse in una pozzanghera, applicando l’incantesimo della Giada inversa. Cioè che se avesse provato a uccidere suo padre, si sarebbe suicidato lui”
Tra di loro calò un silenzio freddo e Michealus si girò a guardare Iole “Molto bella”.
“Già”
“Se non ti conoscessi bene, potrei azzardare che ne sei cotto”.
“Bada a come parli vecchio” s’irritò Simon e poi il suo viso s’imporporò “Altrimenti posso decidere seduta stante ad ucciderti”
Michealus sogghignò “Tu non avresti la forza di uccidermi. La morte di tuo fratello ha risvegliato la tua parte umana e, che Gewas sia lodato, sono contenta che sia ritornata. Tu e lei meritate di essere felici”
Poi il ragazzo lo lasciò andare ad allenarsi di nuovo. Di una cosa aveva ragione Michealus, era cotto di Iole. Quello che lo frenava, era che era stata la ragazza di suo fratello e poi perché non sapeva come renderla felice, sempre in viaggio e sempre immerso in intrighi e congiure. Mentre pensava a questo, l’alba giunse. Era un’alba fredda e calda di sangue. Era arrivato il 21 gennaio.
                                                                              *
“Mi prendi una radice di cicoria violacea”.
Iole era seduta a gambe incrociate ed era impegnata a preparare il veleno emotico. Con pazienza gli altri la videro triturare, spezzettare, ridurre in poltiglia alcune erbe, fino a ricavarne un liquido verde blu. Con delicatezza versò il liquido in delle fialette ed esclamò “Datemi le vostre lance”.
Achilleis, Simon e Beautrius le consegnarono le lance e lei le bagnò con il veleno. Per un attimo le lance sfrigolarono e l’infermiera affermò soddisfatta, “Sono pronte”.
“Allora siamo pronti?”
“Sì”
“Allora andiamo a trovare mio padre” gridò Simon, alzando la lancia “Per Cleopatrium”.
“Per Cleopatrium”
                                                                               *
La cavalcata durò pochissimo e la reggia di Avellinus apparve nel suo splendore e magnificenza. Era l’ultimo ostacolo prima di uccidere il padre. L’anarchico guardò i suoi compagni e si assicurò che fosse tutto apposto. Durante le ore di galoppo, avevano migliorato il loro piano d’assedio ed erano giunti alla conclusione che Kirsti dovesse fare da capro espiatorio. Iole l’aveva acconciata con delle foglie di eucalipto e le aveva fatto indossare una dei suoi vestiti più belli, una tunica nera con una cintura. L’idea era quella di fare credere ai soldati del portone che era una mercante di stoffe della regione di Toscaxius e per migliorare la sceneggiata, Michealus fece materializzare un cestino con delle stoffe stupende, degne solo di un re o di un imperatore.
“Sembri una modella”
Kirsti arrossì “Smettila Beautrius”.
Il soldato di Italiud sorrise di rimando e l’abbracciò, allontanando le parole e dimostrando il suo affetto. Michealus li guardò divertito e dopo “Avrete tempo per divertirvi dopo. Sempre se restiamo vivi”
Iole finì di sistemare Kirsti e dopo tutti la videro camminare a passi svelti verso il portone. L’infermiera si girò a guardare Simon e il suo cuore perse un colpo. Distolse lo sguardo.
                                                                           *
“E poi sono riuscito a disarmarlo…”
“Tu non riusciresti a disarmare nessuno” lo sbeffeggiò l’altra guardia del portone “Sei solo un pallone gonfiato”.
Kirsti sollevò gli occhi, infastidita dall’atteggiamento infantile di quei soldati. Dove venivano allenati? Nel parco giochi? Con soddisfazione, vide che aveva catalizzato la loro attenzione. Specialmente alla spaccatura generosa.  Tutti uguali gli uomini. Schiarendosi la voce, uno dei soldati affermò “Dove vai fanciulla?”
“Sono una giovane ragazza proveniente da un lontano villaggio della Toscaxius” mentì Kirsti “Sono venuta a portare delle stoffe preziose”.
E a testimonianza fece vedere degli splendidi broccati e tessuti damascati “Dici il vero. D’altronde una bella ragazza come te non può mentire”
“Già” rispose Kirsti e poi domandò “Mi potete tenere il cestino un attimo?”
Senza indugio i due soldati si affrettarono ad aiutarla. Con un sorriso maligno, Kirsti li colpì con forza al plesso solare e senza dare tempo di reagire, somministrò loro il veleno. Le guardie cominciarono ad avere convulsioni e dagli occhi fuoriuscì sangue. Un veleno potentissimo.
Con un cenno diede l’ok. L’entrata era assicurata.
                                                                              *
Robertium aveva visto l’entrata della compagnia di suo figlio e guardò sua moglie. Brigit sostenne il suo sguardo fiera “Così mi vuoi morto?”
“Te lo meriti Robertium. Tu hai ucciso mia cugina. Hai reso la vita mia e degli altri che hai conosciuto una landa di dolore, solo perché non hai avuto ciò che volevi. Guardati allo specchio e riesci a vedere il lerciume che sei”
Robertium non rispose e lasciò sua moglie da sola. Doveva accogliere suo figlio.
                                                                          *
“Nessuno che ci accoglie” sussurrò Simon attraversando dei lunghissimi corridoi “O è convinto di potermi uccidere o è un pazzo”
“Penso la prima” rispose Achilleis stando in guardia “Quello che mi stupisce è che non abbia chiamato la Guardia Reale Magica”
La Guardia Reale Magica era un reparto speciale della Congrega di Dyane, distaccata, in grado di combinare le tecniche di combattimento con quella della magia. L’anarchico avanzò con circospezione, sobbalzando a ogni piccolo rumore. A parte qualche breve battaglia con un soldato, l’avanzata nella reggia procedette senza particolari intoppi. Sembrava che suo padre non fosse minimamente preoccupato dal fatto che lui stava cercando di ucciderlo. Fu meravigliato dal fatto che Kirsti era più agile del solito e che Iole non si era fatta scrupoli a uccidere con i suoi occhi. Arrivati ad una porta, Achilleis affermò “Io devo andare da mia madre. Tra poche ore deve partorire e se tu dovessi fallire…”
“Dovresti salvare i tuoi fratelli” concluse Simon capendo benissimo “Vai pure. Grazie per l’aiuto”
Il figlio di Robertium salutò con un inchino e dopo scappò da Brigit. Simon guardò Iole, Michealus, Beautrius e Kirsti e li congedò “Vi ringrazio di avermi aiutato, ma adesso devo farcela da solo”.
“Non ti lasciamo da solo” protestarono tutti “O moriamo tutti o nessuno”.
“Kirsti tu meriti di essere felice” iniziò Simon con il cuore gonfio di commozione “Per quello che hai subito in Russiav e per il fatto che Beautrius ti voglia bene, più di quanto osi ammettere. Maestro per quanto lei mi abbia ingannato, ancora ha molto da insegnare agli altri. E Iole…” si fermò “non voglio che tu muoia”
Iole fu colpita dalla dichiarazione di Simon e senza altre parole “Io non morirò. Anzi ti aiuterò a non morire”
E insieme aprirono la porta. Verso il destino. Verso la battaglia contro suo padre.
                                                                               *
La stanza dove Iole e Simon e gli altri si trovarono, si dimostrò una delle stanze più lussuose del castello. Affreschi di Leonardius DeVinces decoravano la stanza, statue della mitologia erano da ogni angolo, in un lusso sfrenato, di una persona abituata all’eleganza del superfluo e non della persona. Per un po’ non si sentì nessuno e poi un sibilo li riportò alla realtà. Da un posto nascosto era scattata una trappola e una lancia fu scagliata contro di loro. Beautrius riuscì a intercettarla e a evitare che uccidesse Kirsti “Sei stato molto bravo. Peccato che non sei stato al mio servizio”
Dalle ombre uscì un uomo alto circa 1,80, capelli neri, leggera barbetta e un sorriso ironico e beffardo. Robertium. Era vestito con una divisa verde acido, nella cintura era affissa una daga. Per istinto, Beautrius e Simon sguainarono le loro spade e si misero in posizione di difesa.
 “Tu sei Simon?” domandò Robertium molto calmo, analizzando Simon “Pensavo che volevi vedermi in privato, ma vedo che ti piace la morte in diretta”
Simon strinse i denti, cercando di calmarsi di fronte a quell’uomo. Finalmente aveva di fronte l’uomo che lo aveva generato e tutte le dicerie che sentiva sul suo conto erano vere. Aveva di fronte suo figlio e non accennava minimamente a dispiacersi. Anzi manteneva la sua posizione.
“Non ti vergogni di avere fatto quello che hai fatto?”
“Vergognarmi?” affermò Robertium “No Simon, non mi vergogno affatto. Mi sono solo vendicato di un uomo che ha giocato con il mio cuore. Myriam, tua zia, non morì di febbre emorragica naturalmente, ma perché Lycid ostacolò il nostro rapporto”
“Tu hai condannato mia madre perché suo padre aveva deciso che la dovevi sposare?” domandò Simon sconvolto “Tu sei un mostro”.
“Già” rispose Robertium senza nessuna pietà “Sono un mostro che vuole cancellare il suo sbaglio e morire nell’impresa”.
L’anarchico deglutì e fu un attimo che Robertium agguantasse la spada e lo invogliasse in un duello. Il ragazzo vide che suo padre non aveva grazia nei movimenti, che combatteva come se volesse uccidere l’avversario e spinse la lama nel collo dell’anarchico “L’amore è più odioso dell’odio”.
“Il tuo non era amore”
Con un colpo di anca Simon riuscì a liberarsi e fissò suo padre. Robertium lo fissò incurante di tutto e dopo cominciò a vomitare sangue e dagli occhi calò una strana polvere castana. I suoi occhi erano Giada del Crepuscolo. Era lui che aveva dato origine a tutto. Durante lo sguardo indagatore Simon seppe che il suo odio aveva radici antiche, legate alla sua infanzia e affermò “Non puoi condannare le persone che ti circondano, solo perché la tua vita è stata una merda”.
Il ringhio che provenne da Robertium fu come un animale feroce e si riprese a combattere. Iole abbracciò Michealus, sentendosi impotente da quello che stava succedendo. Poi un’idea le balenò in mente e incurante che i due combattenti avessero materializzato un fuoco nero, si collocò accanto a Simon, il quale urlò furibondo “Vattene”.
“No”
“Non ti lascio” affermò Iole sicura di sé “Due Giade del Crepuscolo sono meglio di due”.
Simon capì immediatamente l’idea di Iole e lasciò cadere la spada. Robertium fece un sorriso di vittoria e stava per dare il colpo di grazia, quando l’anarchico e l’infermiera lo guardarono. Per un po’ nella stanza ci fu il più totale silenzio e dopo il re ringhiò “Non puoi scagliarmi il tuo odio”.
“Tu hai trasmesso il tuo odio a me e a Crysad e ora che ricambiamo”.
Robertium avanzò lentamente, un sorriso di sangue che si stava allargando nella bocca, un sorriso tremendo e maligno. Simon cominciò a sentirsi male, la bocca gli si riempì di sangue e il re di Italiud affermò trionfante “Moriremo insieme”.
L’infermiera guardò Simon e senza pensarci un attimo lo baciò. L’anarchico la ringraziò e in quel momento seppe che anche Iole ricambiava i suoi sentimenti. Simon non aveva fatto nulla, per rispetto di suo fratello, non sospettando minimamente che anche lei si stava innamorando di lui. Il trasferimento del sangue stava funzionando e dentro di sé Simon si sentì come in un lungo bagno ristoratore. Il potere purificatore della Giada, una Giada nata dall’amore e non dall’odio. Robertium assistette a una completa guarigione di Simon ed esclamò meravigliato “Allora è questo il vero amore”.
Poi spirò definitivamente, il ciondolo di Myriam rotto. Era finito tutto. Prese Iole e la sollevò da terra e si avvicinò a suo padre, un uomo ricco di odio e senza affetto. Un uomo che era stato ingannato, un uomo che aveva lottato e che non si era reso conto del suo odio. Gli chiuse gli occhi e dopo disse a Iole “Grazie”
L’infermiera annuì seria “Cosa ci aspetterà ora?”
“Qualunque cosa tu voglia” affermò Simon stringendola sé “Ma ti assicuro che non ti lascerò andare via”
Il loro bacio fu applaudito da Kirsti, Beautrius e Michealus, nell’aria aleggiò la fragranza di petali di violetta e sorrisi di sangue. Poi un vagito li rese partecipi della vita che nasceva, anche in un periodo dove la morte la faceva da padrona. Anche se i bambini erano delle Giade del Crepuscolo, non avevano nessun timore.
                                                                                                 Fine
 


 
  
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