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Autore: hikaru83    01/04/2014    4 recensioni
Primo aprile, una giornata speciale, chi non sa il perchè non conosce Hanamichi, il compleanno del tensai non può passare inosservato. Hanamichi fa un incontro importante, proprio il giorno del suo 16esimo compleanno, un incontro che gli cambierà la vita per sempre.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il lato nascosto della Luna'
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Oggi è il compleanno di Hanachan, non potevo lasciar correre questa giornata e quindi è nata questa storia. I personaggi come sempre non sono miei (lo so è ovvio, e voi lo sapete, ma c’è scritto nel regolamento), e non ci guadagno niente (anche questo direi è abbastanza ovvio). È stato difficile capire che razza di genere è questa storia, generale (che poi, anche se a volte l’ho usato, che vuol dire con esattezza?)? Romantico(direi anche di sì)? Fluff (C’è da chiederlo? Anche se rispetto ai miei standard proprio poco, sono sempre io direi che è ovvio, Slanif mi ha incoronata la regina del fluff e io ne sono tanto orgogliosa!)? Introspettivo (beh i pensieri sono tutti di Hana dite che può essere abbastanza introspettivo?)? E mille altri possibili generi quindi io ne ho messo qualcuno, se ne possono mettere solo tre, ma se per voi è altro non sbagliate, l’unica cosa che non troverete mai nelle mie storie è angst, per il resto tutto è possibile. Un piccolo avvertimento, ho inserito questa fic tra la serie de: Il lato nascosto della Luna, in realtà all’inizio è nata come una storia a parte ma poi i personaggi (come sempre del resto) ci hanno messo lo zampino e hanno deciso per me. I riferimenti però alla serie sono pochissimi, in realtà anche se non si è letta si può tranquillamente leggere questa fic senza alcun problema. Comunque dopo avervi ammorbato a sufficienza con tutte queste chiacchiere, vi auguro una buona lettura, e come sempre ci vediamo dopo per note e ringraziamenti.
 

Hanami

 
Oggi è il primo aprile, il mio compleanno. Ma non è solo questo, purtroppo qui in Giappone il primo aprile coincide con il primo giorno di scuola, e quest’anno per me è anche il primo giorno di liceo. Ho passato gli anni delle medie tra risse, e scaricamenti da parte delle ragazze, totalmente immuni dal mio fascino. L’ultima, la cinquantesima tra l’altro, mi ha scaricato per un giocatore di basket, figurarsi, uno che passa il suo tempo a inseguire un pallone, ditemi voi se esiste qualcosa di più stupido. I miei amici, o dovrei dire quei quattro idioti che mi porto dietro dall’inizio delle medie, hanno festeggiato il mio cinquantesimo rifiuto con stelle filanti e coriandoli. Io ovviamente li ho ringraziati con una bella testata a testa che sono sempre pronto a ridare appena sento parlare di basket. Perché poi, parliamoci chiaro, per la ragazza mi dispiace è ovvio, ma me ne sono fatto una ragione, più che altro perché c’ho fatto l’abitudine anche perché poi non è che mi interessasse granché. Ma l’idea che il mio rivale giochi a uno sport tanto stupido non mi va giù. Capisco la lotta, il karate, il kendo, ma il basket, cosa c’è di così difficile nel centrare un canestro con una palla? Bah. Comunque sia ora sto camminando per le vie della mia città cercando di raggiungere in orario, almeno per il primo giorno, il liceo.

Per strada c’è un sacco di gente a quest’ora, uomini d’affari che parlano già arrabbiati di prima mattina attraverso gli auricolari, tra l’altro sono molto divertenti, sembrano una massa di pazzi che blatera da soli, ragazzi con le loro divise scolastiche impeccabili, donne in carriera che guardano i passanti dall’alto dei loro tacchi con uno sguardo di sufficienza. Ma anche madri che accompagnano i figli piccoli a scuola e negozianti pronti a ricevere i clienti con un sorriso e la cortesia che è uno dei simboli del mio Paese. Tra tutta questa confusione vedo una signora anziana che porta due borse pesanti. Mi ricorda un po’ mia nonna, che all’alba è già in giro perché dice che le cose migliori si trovano solo la mattina presto al mercato. Vorrei aiutarla, ma rischio davvero di arrivare in ritardo e poi credo che appena alzerebbe lo sguardo e vedrebbe un ragazzo alto più di uno e ottanta con i capelli rossi e l’aria da teppista si metterebbe ad urlare convinta che voglia rapinarla, e non mi sembra proprio il caso. Mentre penso a tutto ciò vedo due tizi correre dalla parte opposta, scontrarsi con la signora facendola cadere e facendo sparpagliare il contenuto dei sacchetti per strada. Credete che si siano fermati per aiutare, o che almeno abbiano chiesto scusa? No, anzi le hanno anche detto di levarsi dai piedi e hanno continuato per la loro strada. Vorrei spiegare loro come ci si comporta, ma preferisco aiutare la signora che cerca di recuperare la sua roba nella totale indifferenza dei passanti.

“Credo che questa sia sua.” Le dico porgendole una mela rossa che era rotolata fino a me. La signora alza lo sguardo e, contrariamente a quello che mi aspettavo, mi sorride.

“Grazie mille ragazzo, quei giovanotti dovevano andare piuttosto di fretta.”

“Quei giovanotti erano solo dei maleducati.” Ribatto.

“Beh sono fortunata che non tutti lo siano.” Mi sorride ancora mentre finisco di aiutarla. Quando le borse sono di nuovo piene mi offro di aiutarla a portarle a casa, tanto oramai sono già in ritardo.

“Ti ringrazio, in realtà sono quasi arrivata, ma effettivamente per fare tutte queste scale con le borse strapiene un aiuto è davvero ben accetto.” Mi dice mostrandomi la scalinata in pietra che conduce a un jinja. “Mio fratello è un monaco, vivo con lui, ora che hai visto quanti gradini ci sono sei ancora disposto a darmi una mano?”

“Ma certo signora, sono un tensai io.” Detto questo mi incammino per la lunga scalinata in pietra che porta al jinja. Arrivati sulla sommità noto che è dedicato a Inari, i torii rosso vermiglio accompagnano la nostra entrata, diverse statue raffiguranti volpi mi osservano mentre avanzo, come se riconoscessero un intruso e stessero facendo la guardia.

“Non farci caso ragazzo, quando ero giovane mettevano in soggezione anche me, ma sono del tutto inoffensive, anzi direi quasi che tu gli stia simpatico.” Un sorriso rivolto a questa strana donna, del tutto innocua ma che probabilmente deve avere qualche rotella fuori posto per credere che possa stare simpatico a delle statue. Entriamo nell’edificio scelto come abitazione, appoggio le borse all’ingresso e mi volto per salutare la signora, sono in ritardo è vero, ma devo presentarmi almeno.

“Signora, io dovrei andare, sa oggi inizio il liceo.”

“Ma certo, anzi scusami per averti fatto fare tardi.”

“Non si preoccupi, se corro forse ce la faccio ancora.”

“Prendi questo.” Mi dice porgendomi un pacchetto. “Sono solo delle polpette di riso e del tofu fritto, ne ho preparato per mio fratello, ma devo essermi distratta e ne ho fatto di più, almeno mangerai qualcosa durante la pausa pranzo.”

“La ringrazio signora, effettivamente mi sono scordato il bentō questa mattina.” In realtà non ho neanche fatto colazione perché ero in ritardo ma questo è meglio non dirlo.

“Allora è stata una fortuna che mi hai aiutata.”

“Ha ragione, ora vado e grazie di tutto.” Mi volto ma la voce della signora mi richiama.

“Ragazzo ti è caduto questo.” Mi dice porgendomi un biglietto colorato. Lo osservo e riconosco un disegno fatto dalla mia sorellina, suppongo che quelli ritratti dovremmo essere noi due.

“Grazie, me lo deve aver messo in tasca mia sorella questa mattina come regalo.” Le dico con un sorriso pensando alla mia sorellina.

“Regalo?”

“Oggi è il mio compleanno.”

“Allora auguri ragazzo, prima di andare perché non preghi il dio volpe, potrebbe realizzare un tuo desiderio.”

“Peccato che non sia un uomo in affari.”

“Chi può dire quali affari deciderà di aiutare il dio volpe, sei solo un ragazzo, non credo che si aspetti una richiesta per un contratto milionario, ma i tuoi affari potrebbero essere più importanti di quelli di un qualsiasi manager per lui, non credi?”

Non mi sento di contraddirla, deve crederci sul serio, del resto suo fratello è un monaco no? Per questo mi avvicino un po’ titubante a una delle statue volpi che mi osservano, ne scelgo una che porta un piccolo cucciolo di volpe, è quella che mi sembra meno aggressiva, mi sa che la signora ha fatto rimbambire anche me. Non sono mai stato un tipo credente, anzi, negli ultimi anni non ho frequentato molto i templi. Mai, sarebbe più giusto in realtà. Non mi ricordo neanche cosa si deve fare, e così sto davanti a questa statua a chiedermi da dove devo cominciare.  

“Ragazzo, non preoccuparti di come fare la tua richiesta, parla con il cuore e il dio capirà.” Mi dice alle mie spalle la signora. Sento i suoi passi allontanarsi, probabilmente  per lasciarmi a tu per tu con il dio. Osservo la statua, mi guardo intorno, per essere sicuro che non ci sia nessuno che possa sentirmi e decido di parlare apertamente.

“Senti, io non ho idea di come ci si comporta, e se devo essere del tutto sincero mi sento un po’ un idiota a parlare con una statua, ma già che sono qui...” dico appoggiando la cartella per terra e infilandomi le mani in tasca. “Ok allora, quella signora tanto gentile mi ha detto che forse tu potevi deciderti ad aiutarmi quindi... in realtà c’è solo una cosa che vorrei e cioè essere amato. Non sono solo, lo so. Ho la mamma, i nonni, quella peste di mia sorella, Yo, però ecco... vorrei solo qualcuno che mi ami per quello che sono, ami me capisci? Forse non sarà originale, come richiesta ma è davvero tutto ciò di cui ho bisogno. Quindi se puoi fare qualcosa... insomma falla, ok?” Beh non è esattamente la preghiera più rispettosa che questa statua deve aver sentito ma è vera. Sto per allontanarmi quando un ricordo di mio padre mi viene in mente come un fulmine a ciel sereno. Con lui andavo spesso a far visita a Inari, specialmente quando si avvicinava il periodo dei concerti. Mi rivedo da bambino mentre lasciavo un pasticcio di farina di riso e fagioli o del tofu fritto, papà diceva che il dio ne andava matto e allora io ne portavo sempre per convincerlo ad ascoltare le preghiere del mio papà prima di quelle degli altri. Così apro la cartella, prendo una polpetta di riso e un pezzo di tofu fritto, li appoggio su un fazzoletto e li lascio davanti alla statua. “Beh uno spuntino mette sempre di buon umore non credi?” Gli dico sorridendo. Poi mi volto e mi avvicino alla scalinata.

“Hai fatto la tua richiesta, ragazzo?”

“Sì, chissà se il dio volpe mi starà a sentire.”

“Credo di sì, in fondo te lo detto, secondo me gli stai simpatico.” Le sorrido e mi volto cominciando a scendere i gradini. “Buon compleanno Hanamichi Sakuragi.” Sto per ringraziarla alzando la mano quando mi blocco. Come fa a conoscere il mio nome? Mi volto di scatto ma non c’è nessuno, se non gli alberi di ciliegi stracarichi di fiori. Mi guardo intorno cercando la figura di quella signora tra gli alberi ma non la vedo, in compenso sento l’orologio della scuola, non ci credo faccio ancora in tempo. Corro come un matto giù dalle scale in pietra e riesco ad arrivare davanti al cancello della scuola giusto in tempo. Dev’essere il mio giorno fortunato.

Le lezioni passano lente e noiose come sempre, sono ancora giù per la storia di quella ragazza, o per meglio dire del fatto che abbia preferito un tizio che gioca a basket a me. E così distribuisco senza alcun timore testate a destra e manca ogni volta che sento la parola basket, o almeno ogni volta che credo di sentire la parola basket. Almeno fino a quando la voce di una ragazzina mi fa una domanda che capisco subito mi cambierà la vita, anche se non so il perché.

“Scusa, senti, a te piace il basket?”

“Cosa?” Dico voltandomi pronto a una bella testata. All’improvviso mi blocco. Davanti a me una ragazzina minuta, con un sorriso gentile, capelli lisci e castani, occhi dello stesso colore e soprattutto nessuna paura nello sguardo mentre mi osserva.

“A te piace il basket?” Mi ripete. Non le dico niente, che sia la risposta del dio Inari? Cavoli a saperlo prima mi sarei risparmiato un sacco di scocciature. Anche se in realtà non mi aspettavo proprio di trovarmi davanti una ragazza. “Oh come sei alto! Forse anche più di Rukawa.” Sento i miei amici chiedersi chi sia questo Rukawa, e poi le mani di questa ragazzina palparmi il braccio. “Waaa! Che muscoli!” Arrossisco terribilmente quanto comincia a palparmi anche le gambe “E che gambe lunghe, sei proprio un atleta!” I miei amici si guardano negli occhi a bocca spalancata totalmente increduli a quello che mi sta accadendo. In realtà sono abbastanza incredulo anch’io. Sento la sua voce continuare. “Gli uomini atletici sono stupendi! Ti piace il basket?” Mi chiede per la terza volta. Sarà carina, ma mi sembra un po’ tarda. Decido comunque di rispondere nell’unico modo possibile.

“È tutta la mia vita. Poiché sono un atleta!” Va beh, tralasciando il fatto che non so neanche tenere la palla in mano, ma in fondo diciamoci la verità quanto potrà mai essere difficile? Passo il resto della giornata in maniera assolutamente normale, per me. Casino con i ragazzi per i corridoi del liceo e una quasi rissa con quelli del terzo anno che mi hanno sfidato, secondo loro mi vogliono insegnare le buone maniere in terrazza durante la pausa pranzo. Poveri illusi. Dovrei appunto andare in terrazza ora ma Haruko Akagi, questo è il nome di quella ragazza, mi vuole accompagnare in palestra. L’entusiasmo di questa ragazzina è contagioso, sembra che qualsiasi cosa faccia sia un campione, anche dopo aver preso una craniata contro il tabellone non sembra che si sia minimamente intaccata la sua convinzione che io sia nato per giocare a basket. E così la pausa pranzo passa in un baleno.

Ma guarda un po’ che noia, quei quattro dementi mi hanno convinto che una ragazza così carina deve per forza avere un ragazzo, magari proprio quel Rukawa di cui parlava questa mattina. Già lo odio! In realtà ho scoperto che non è così ma lei è cotta di quel tipo, non ho speranze, scaricato prima ancora di potermi dichiarare. Mi sa che se questa era la risposta del dio Inari non è molto incoraggiante. E mentre me ne sto in classe a pensare ai miei guai ecco ricomparire quei tizi di terza, mi hanno accusato di essere scappato perché non mi sono presentato per la loro sfida, ma che scemi, avevo ben altro da fare, ma se ne pentiranno, oh se se ne pentiranno, un cuore distrutto dal dolore è quanto di più pericoloso esista e lo impareranno a loro spese.

Sono pronto ad affrontare quegli imbecilli, sono talmente incazzato che una bella rissa è quello che ci vuole. Apro baldanzoso la porta della terrazza convinto di sapere perfettamente quello che mi aspetta, invece... un ragazzo, alto quanto me più o meno, spalle larghe, capelli nerissimi, da’ le spalle alla porta, a terra Hotta e la banda di deficienti che si porta dietro. Si volta verso di noi. La sua carnagione, anche se il viso è sporco di sangue, è candida come la neve, i lineamenti perfetti e due occhi blu che mi fanno venire i brividi. Una volpe, che sia il dio in persona?

Dev’essere un riflesso del Sole, ma sono certo che ci sia un filo rosso attaccato al suo mignolo sinistro, mi sembra assurdo ma sembra che il filo arrivi dalla nostra parte lo seguo e vedo, per un secondo, un secondo soltanto, che all’atro capo del filo c’è legato il mio mignolo sinistro, distolgo lo sguardo, la voce di Yo che chiede al ragazzo se è stato lui a ridurre così Hotta e gli altri, mi ha distratto, per un istante mi ero scordato che fosse qui, che ci fosse qualcun altro oltre a noi due. Quando mi riguardo la mano non vedo nulla attaccato al mio mignolo, nessun filo rosso che mi lega al tipo sconosciuto, eppure fino a un istante fa c’era, non posso essermi completamente ammattito, la voce al jinja questa mattina, il filo rosso ora, non può essere tutta una mia fantasia. Comunque sia cerco di riprendermi, Yo ha chiesto al tipo il suo nome e sono davvero curioso di conoscerlo. Mi chiedo comunque come faccia Yo a parlargli con così tanta calma, com’è possibile che la bellezza eterea di questo ragazzo non lo freni almeno un po’? Io a mala pena davanti a lui ricordo come si respiri, figuriamoci se riesco a parlare.

“Sono Kaede Rukawa!” Cosa? Questo è il ragazzo di cui è innamorata quella tipa, com’è che si chiama, Haruko? Non so perché ma mi sento ribollire il sangue. È colpa di questo tipo se Haruko non potrà essere mia. Dev’essere per questo, cerco di convincermene, anche se... se devo essere sincero in realtà mi da fastidio anche solo che quella ragazzina possa avere mire su di lui...

Inari? Non so se ringraziarti per questo regalo sai? Ma comunque vada tra me e questa kitsune ho la certezza che da oggi in avanti nel bene o nel male, saremo inseparabili.

 
Un anno dopo

 
“Kitsune hai visto che belli i ciliegi oggi?”

“Hn!”

“Come mi piacerebbe fare un picnic per l’hanabi sotto i ciliegi, solo noi due, peccato che non possiamo.” La sua mano stringe la mia per un istante, di più non possiamo purtroppo. Oggi compio diciassette anni, un anno fa la mia vita è cambiata, questa mattina prima di venire a scuola sono passato a portare una polpetta di riso e un po’ di tofu fritto alla statua del dio volpe, non so se c’è stato il suo zampino, certo è che l’anno scorso ho ricevuto il regalo più bello della mia vita.

Le lezioni scorrono veloci. La pausa pranzo è arrivata, mi avvio verso la terrazza come al solito, sulle scale incontro la kitsune Yo e il resto dell’armata. Kaede mi prende per mano e mi conduce all’esterno. I ragazzi mi sorridono ma non escono con noi, anzi chiudono la porta dopo aver fatto l’occhiolino al mio ragazzo.

“Kit mi spieghi cosa succede?” Gli chiedo poco prima di venire colpito dal dolce profumo dei fiori di ciliegio, dei petali morbidi accarezzano la mia pelle. Mi volto e vedo rami carichi di fiori sistemati in modo da assomigliare a degli alberi veri, e sotto questa cupola di fiori è pronto un picnic con i fiocchi.

“Tanti auguri do’aho.” Mi volto con le lacrime agli occhi.

“Ru? Come...”

“I tuoi amici sono i migliori quando si tratta di fare qualcosa contro le regole.” Mi sorride mentre mi prende per mano e mi accompagna sulla coperta. “Sapevo che avresti voluto festeggiare con me, e siccome nel parco non possiamo, almeno non da soli, ho pensato di portare il parco qui. Ti piace?” Mi butto su di lui abbracciandolo, gli sfioro le labbra gentilmente, almeno fino a quando non sento la sua lingua chiedere l’accesso alla mia bocca. Accesso che ovviamente gli concedo senza alcun timore. Quando ci stacchiamo il suo sorriso mi lascia senza parole. “Devo dedurre che ti piace.”

“Grazie Ede.”

“Di niente piccolo.” Credo che porterò la mia kitsune al jinja questa sera, voglio raccontargli quello che mi è successo un anno fa. Per ora però mi basta farmi coccolare dal mio magnifico ragazzo. A quanto pare se una preghiera è fatta con il cuore funziona. Con me ha funzionato almeno.
 

 Fine
 

Note: Il titolo della fic non centra un tubo con il compleanno di Hana, ma è la festa dei ciliegi che si festeggia ai primi di aprile in Giappone, generalmente con picnic nei parchi sotto gli alberi di ciliegio in fiore. Visto la vicinanza di Hanamichi a questa festa, sia per il colore dei suoi capelli (del tutto naturale!!!), sia per il periodo in cui è nato (aprile appunto), sia per il nome (non devo dirvelo io, no? Ma nel caso... hana vuol dire fiore, sakura ciliegio) mi sembra perfetta per lui, voi non credete? Come sicuramente sapete tutti la scuola in Giappone inizia ai primi di aprile, non sempre il primo come ho detto io ma comunque quello è il periodo, giorno più, giorno meno. I jinja sono i santuari shintoisti, Inari è il dio volpe, i jinja dedicati a questo dio sono normalmente frequentati da uomini d’affari per questo Hanamichi all’inizio cerca di evitare di pregare il dio dicendo alla donna che è un peccato che non sia un uomo d’affari (in più non lo vedo un tipo molto religioso) ma capite bene che se c’è Hana e posso metterci di mezzo una volpe io lo faccio, spero che non se la prenderà nessuno. I torii sono le porte d’accesso ai santuari (architravi molto alte per intenderci), il color rosso vermiglio è molto usato, ma se ne trovano anche di semplice legno, dipende dal dio a cui è dedicato il jinja e anche se ci sono o meno  influenze buddiste (ecco più o meno è tutto quello che so, spero che abbia scritto tutto giusto, nel caso contattatemi che controllerò subito). L’unica altra parola giapponese che ho usato a parte do’aho, tensai e kitsune (vi prego ditemi che non devo scrivere cosa significano!) è bentō (il cestino per il pranzo), credo di averle spiegate tutte. Un’ultima cosa il dialogo tra Haruko e Hanamichi l’ho copiato pari pari dal manga, io ho la seconda stampa, quella con il dorso arancione per intenderci, non so se la traduzione sia la stessa nelle altre stampe, ma tanto il senso è quello. Sì lo so avete notato la leggerissima citazione alla leggenda del filo rosso del destino secondo cui ogni persona porta, fin dalla nascita, un invisibile e indistruttibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra che lo lega alla propria anima gemella. Qualsiasi cosa succederà, qualsiasi scelta i due prenderanno sono destinati, prima o poi, a incontrarsi e a sposarsi. E, ormai dovreste averlo capito, per me se non sono legati loro due nessuno può esserlo. Per ultimo (davvero questa volta) voglio ringraziare Pandora86, poci, erol89, nala_2000 e slanif (che si è letta tutta la serie in meno di una settimana pazza! Adorabile ma completamente pazza. Sarà per questo che andiamo tanto d’accordo io e te?) per le bellissime recensioni all’ultimo capitolo de L’abbraccio dell’inverno, (e per tutte le recensioni ai precedenti 26 capitoli Slanif io ho apprezzato). Grazie mille, anche se in ritardo! E anche ad Arcadia_SPH, che ha recensito con Pandora86 e slanif Quattordici giugno (mi sono accorta solo ora che non vi avevo ringraziato prima...)e Sogni d’oro (grazie anche a te mattmary15). E un ringraziamento anche a tutti voi che avete letto questa mia nuova storia, alla prossima! (Cosa credevate di liberarvi di me? Mai!!!).
  
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