Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: HikariMoon    02/04/2014    2 recensioni
Seguito di "Tears of Memory". Peter e Susan sono andati in America, Lucy e Edmund presto arriveranno a casa Scrubb. A Narnia Caspian ha intrapreso un lungo viaggio sul Veliero dell'Alba. Una nuova avventura ha inizio: riusciranno Susan e Caspian ha riunirsi mantenendo la promessa che si sono fatti? Peter e Susan riusciranno a tornare a Narnia? Chi o cosa minaccia la pace di Narnia? Tra antiche magie, distese di mari sconfinate, pirati e battaglie riusciranno i Sovrani a sconfiggere la minaccia della nebbia verde e ciò che dietro essa si cela? Insieme a due nuovi eroi che per la prima volta arriveranno a Narnia, mille avventure aspettano i cinque Sovrani. Che aspettate? Salpate insieme a noi: per Narnia e per Aslan!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7 – Il Ricevimento del Console

Susan e Peter erano tesi e non riuscivano a stare fermi un attimo. Non sapevano neppure loro il perché, ma si sentivano stranamente eccitati. E non era certo l’imminente tè del console ad emozionarli tanto.

I due ragazzi, quella mattina, si erano svegliati di scatto. Il sole stava appena sorgendo e in tutta la casa regnava il silenzio e la calma. Ma loro sentivano che qualcosa era successo. Senza neanche cambiarsi, avevano indossato la vestaglia ed erano usciti nel corridoio incontrandosi a metà strada. Quando i loro occhi azzurri si erano incrociati, avevano capito di aver avuto la stessa sensazione: non poteva essere un caso.

“Narnia…”

Pronunciarono insieme quella parola e nel farlo si abbracciarono. Susan non sapeva se essere felice oppure no. Rimasero muti per lunghi istanti, cercando di darsi forza a vicenda. Poi la voce di Peter ruppe il silenzio con una leggera incertezza.

“Pensi che Ed e Lu siano andati a Narnia?”

Susan non rispose subito. I suoi occhi fissavano senza vedere la parete di fronte e dovette fare una fatica enorme per non mettersi a piangere. Solo pensare che quella fosse la verità, la faceva soffrire perché, alla fine, avevano fallito. Per mesi avevano sperato che, nel momento in cui Narnia avrebbe richiamato Lucy e Edmund, Aslan avrebbe deciso di lasciarli venire anche a loro. Ma non era successo e, ogni istante che passava, era sempre più convinta che la loro non fosse stata solo una sensazione: Narnia aveva richiamato a sé due sei suoi Sovrani.

“Io… io penso di sì.”

Peter sospirò. “Anche io ho questa sensazione da quando mi sono alzato. E non può essere solo un caso se tutti e due abbiamo la stessa impressione…”

Susan si separò dal fratello e lo fissò negli occhi. “E ora?”

Peter non seppe subito cosa rispondere. Non era mica così facile… a Narnia non ci arrivavi prendendo un treno o una nave: la cosa era decisamente più complicata. Ma non potevano arrendersi. E alla fine il ragazzo sorrise.

“Un modo lo troveremo, vedrai Sue.”

La ragazza, dopo un attimo di esitazione, sorrise. “Hai ragione… non possiamo darci per vinti.”

In quel momento, il rumore dell’orologio del salone risuonò nella casa. Presto anche gli altri si sarebbero svegliati per prepararsi: era arrivato il giorno del tè del console. Peter sbuffò e Susan non poté che sorridere divertita: al fratello non era andata giù il fatto che William fosse riuscito a farsi dare il permesso per quel ricevimento. Poi, il maggiore dei Pevensie guardò con decisione la sorella.

“Senti, Sue… torniamo in camera e prepariamoci. Quando torniamo dal tè, proviamo a pensare che cosa potremmo fare. Magari anche in questa villa c’è un armadio magico…”

Susan annuì e i sue ragazzi si avviarono verso le proprie stanze. Una volta rientrata nella propria camera, Susan si lasciò cadere sul letto e fissò il soffitto. Quanto avrebbe voluto che il ricevimento fosse già finito… sarebbe stata una tortura dover relegare Narnia in un angolo della mente per tutte quelle ore. Fingere di divertirsi, mentre in realtà avrebbe voluto essere in tutto altro luogo. La ragazza chiuse gli occhi sospirando. Però doveva farcela. Sforzarsi un po’… Narnia e Caspian valevano ben più di quel piccolo sacrificio. E una volta tornati a casa, lei e Peter avrebbero deciso il da farsi. Come se bastasse che loro decidessero che volevano tornare a Narnia…

Dopo diversi minuti, Susan si alzò di nuovo dal letto. Star ferma l’avrebbe soltanto portata a concentrarsi sui pensieri più negativi. E invece doveva avere fiducia. Con quel pensiero fisso nella mente, Susan si diresse verso il bagno.

Quando ne uscì, aveva ritrovata la determinazione che aveva provato nell’incontro con Caspian. Non si sarebbe arresa. Resa serena da quella decisione, Susan si cambiò indossando l’abito azzurro a fiori che aveva comprato per il ricevimento. Lentamente di avvicinò allo specchio e finì di sistemarsi i capelli, che le ricadevano a morbide onde sulle spalle. Poi si passò con delicatezza il rossetto sulle labbra, l’unico trucco che aveva deciso di usare.

Posato il rossetto sul comò, Susan tornò a guardarsi sfiorandosi una guancia con la mano. Quanto era cambiata in quell’anno? E su Narnia quanto tempo era passato? Quelle domande la tormentavano… ma l’unica cosa che veramente le importava era che Caspian stesse bene.

In quel momento, Susan sentì qualcuno bussare alla porta. Datasi un’ultima occhiata allo specchio, la ragazza raggiunse rapidamente la porta e la aprì. Davanti a lei si ritrovò una sorridente Ann. Una volta di più Susan si convinse che aveva avuto ragione a convincere Ann a prendere quel vestito: le stava perfettamente. La ragazza sorrise.

“Buongiorno, Ann. Sei bellissima.”

Ann sorrise a sua volta. “Grazie… tu sei meravigliosa. Tutti guarderanno solo te.”

Susan rise imbarazzata e le due ragazze si diressero verso l’atrio, dove dovevano incontrarsi con gli altri.

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Anche Peter, mentre si preparava, non aveva fatto altro che pensare a Narnia e al modo in cui avrebbero potuto arrivarci. La frustrazione di non trovare nessuna idea plausibile, lui che era il Re Supremo, non aveva migliorato il suo umore e lo aveva costretto a rifarsi il nodo della cravatta almeno cinque volte prima di riuscirsi. Sistemandosi il nodo, Peter si guardò allo specchio e sbuffò.

Certo che quel William aveva un tempismo… invita Susan ad una festa, e lui in seconda battuta, e come per magia proprio quella mattina loro hanno l’impressione che Lucy e Edmund siano andati a Narnia. Se quello non era farlo apposta…

Peter sbuffò e uscì dalla stanza. Lui il suo per quel stupido ricevimento lo aveva fatto: aveva accettato di farsi trascinare per i negozi, avrebbe fatto da cavaliere per Ann (grazie al cielo quella ragazza non era la copia sputata del fratello). Che Susan non gli chiedesse di non tenerlo d’occhio… aveva già capito quali erano le mire di William. Ma aveva fatto i conti senza di lui: non avrebbe permesso che il primo venuto portasse loro via Susan.

In cima alle scale, Peter prese un profondo respiro e sorrise. Con un po’ di fortuna il ricevimento sarebbe durato poco e loro avrebbero potuto occuparsi di cose ben più importanti: chissà che con Susan non riuscisse a trovare un modo per tornare a Narnia. Con quella convinzione, iniziò a scendere le scale per raggiungere la famiglia.

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Susan fissava il paesaggio che, fuori dal finestrino dell’automobile, sfrecciava ai lati. Poco davanti si vedeva un’altra automobile in cui c’erano Peter, suo padre e il signor Evans. Avevano deciso di dividersi in quel modo perché tutti su un’unica automobile non ci stavano e poi perché avrebbero sicuro avuto argomenti diversi di cui parlare. Lei, però, non stava neppure prestando attenzione ai discorsi tra sua madre, Ann e la signora Evans che stava guidando.

Da quella mattina e, soprattutto da quando era salita in macchina, non faceva altro che pensare a Narnia. Almeno in quei momenti in cui poteva pensarci… già sapeva che al ricevimento non avrebbe più avuto neanche un momento. Dopo i primi momenti di sconforti e di senso della sconfitta, Susan si era riscossa e aveva smesso di piangersi addosso: forse Lucy e Edmund erano riusciti ad andare a Narnia, ma questo non significava che lei non sarebbe potuta riuscire a trovare un modo. Era più che mai certa della promessa di Caspian e non sarebbe certo stata lei  a venirne meno: era davvero pronta anche a buttarsi da un ponte, se quello fosse stato l’unico modo. Aslan aveva detto che erano cresciuti… bene, glielo avrebbe dimostrato: avrebbe cercato con determinazione un modo per raggiungere Narnia e lo avrebbe fatto con la consapevolezza di una donna adulta. Non voleva tornare a Narnia per un capriccio da bambina… certo, forse tornare a Narnia dopo il primo viaggio era stato un capriccio che poi, in quell’anno che li aveva separati dal secondo viaggio, lei aveva soffocato facilmente. Il motivo per cui voleva tornare ora… non l’avrebbe mai potuto soffocare, neanche provandoci per tutta la vita. Amava Caspian e avrebbe fatto di tutto per rivederlo.

“Sue, tesoro?”

Susan si riscosse dai suoi pensieri e si voltò di scatto verso l’interno dell’automobile dove si vide fissare da sua madre e da Ann. Helen Pevensie la guardava preoccupata.

“Stai bene tesoro?”

Susan sorrise per rassicurarla. “Sì, ero solo sovrappensiero. Di che cosa stavate parlando?”

Ann riprese il discorso sorridente.

“Commentavamo che fortuna ha avuto William ad avere il permesso per venire al ricevimento…”

Susan sorrise ripensando all’espressione che aveva attraversato il volto di Peter quando Ann aveva detto loro che William, all’ultimo, era riuscito ad ottenere il permesso. Ci scommetteva che suo fratello aveva sperato che quel permesso non lo ottenesse. L’unica consolazione che aveva avuto era che William li avrebbe aspettati alla villa del console, arrivato lì direttamente dall’accademia e, ovviamente, con indosso l’uniforme come tutti gli altri cadetti e gli ufficiali minori che sarebbero stati presenti. Sperava solo che il ricevimento non durasse troppo…

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Quando Susan scese dalla macchina, non poté non osservare ammirata la villa in cui si teneva il ricevimento. Era molto bella e anche il giardino, che da lì appena si intravedeva, doveva essere meraviglioso. Oltre il rumore delle macchine sulla ghiaia e le voci di altri invitati che si dirigevano all’interno, si sentiva il rumore delle onde. Ann le aveva detto che la villa si trovava su un altro dei rami del delta dell’Hudson.

“Susan!”

La voce di William la riscosse e Susan si voltò verso l’entrata. Il ragazzo era appena uscito da lì e si stava dirigendo a passi rapidi verso di lei, scendendo le scale e facendosi largo tra altri invitati. Peter, che le aveva raggiunte insieme al padre e al signor Evans, lo fissò per qualche istante in cagnesco. Poi, però, Peter si voltò verso Ann porgendole sorridente il braccio: era pur sempre un Re… e un Re si comporta sempre da cavaliere con la propria dama (anche quando, come gli era successo un paio di volte a Narnia, erano delle dame vecchie e pettegole che non ti facevano pensare ad altro se non che il ballo finisse presto).

“Ann.”

La ragazza alternò per qualche istante lo sguardo tra il volto di Peter e il suo braccio. Solo dopo, con un po’ di esitazione, posò la sua mano sul braccio di Peter sorridendo timidamente.

“Grazie, Peter.”

Proprio in quel momento, William li raggiunse e, dopo aver salutato i genitori, si avvicinò loro.

“Susan… sei meravigliosa!”

Susan sorrise. Si vedeva che William era sincero… le dispiaceva non poterlo ricambiare. Ma lei amava Caspian. Questo, però, non le impediva di essere gentile con lui. Poi, doveva riuscire a trovare un momento durante il ricevimento per parlare con lui… anche se non sapeva bene che cosa gli avrebbe detto.

“Grazie, William.”

Il ragazzo le sorrise e le porse il braccio, guardando anche gli altri. “Non mi devi ringraziare… è la verità. Vogliamo andare?”

A quel punto, i quattro ragazzi si avviarono seguendo i genitori che li avevano già preceduti. Mentre seguivano il resto degli invitati per andare nel giardino sul retro doveva erano stati sistemati tavolini e bungalow per il ricevimento, William si voltò verso Susan.

“Se non ti va di ballare o se invece vuoi ballare, dimmelo pure. O quando hai voglia di bere o mangiare qualcosa… cercherò di accontentarti. Non sono un grande ballerino, però per te farò questo sacrificio. In compenso sono molto bravo a portare bicchieri o piatti.”

Susan rise, ignorando l’occhiataccia che Peter rivolse verso William.

“Non preoccuparti, William.”

William la fissò fingendosi in ansia. “Certo che mi preoccupo… molti ufficiali o miei compagni di accademia sono molto più bravi di me a ballare! Non vorrei perdere la mia dama.”

Susan sorrise divertita e in quel momento arrivarono finalmente alla porta a vetri che dava sul giardino. Quando uscirono, avviandosi tra gli invitati, Susan sorrise ammirando il paesaggio che si poteva osservare da lì.

Ma non fu lei l’unica ad ammirare qualcosa. Infatti, la dolce Regina di Narnia non passò inosservata fin dal primo passo che aveva fatto nel giardino. La maggior parte dei giovani ufficiali e dei cadetti di voltò all’arrivo dei quattro ragazzi e non poterono che fissare affascinati la maggiore dei Pevensie. Non che Ann fosse meno bella, ma lei aveva già incontrato di vista la maggior parte di quei ragazzi in altri ricevimenti… Susan invece era la prima volta che la vedevano. Improvvisamente, uno dei cadetti iniziò ad applaudire, seguito a ruota da altri ufficiali e cadetti.

Susan, rendendosi conto di quello che stava succedendo, sorrise arrossendo leggermente. Poco lontano, i signori Pevensie guardarono la scena commossi ed orgogliosi. William, invece, si voltò verso di lei trionfante.

“Te lo avevo detto che saresti stata la più bella delle festa.”

Susan non rispose e sorrise. Peter e Ann li affiancarono. La ragazza sembrava entusiasta.

“Visto, Susan? Avevo ragione quando ti avevo detto con quel vestito saresti stata perfetta.”

Susan sorrise e anche gli altri lo fecero. William ed Ann, in particolare, si sentirono estremamente fortunati. Infatti, se William aveva detto di avere accanto a sé la ragazza più bella della festa, neanche Peter era passato inosservato alle fanciulle presenti al ricevimento. E Ann se ne era accorta, trovando ancora incredibile di essere lei la sua dama.

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Dopo che tutti gli invitati erano arrivati, sistemandosi vicino ai tavoli o sotto i bungalow, l’orchestra ingaggiata dal console aveva iniziato a suonare. Molte coppie si erano quindi dirette verso la pista allestita nello spazio ampio tra i tavoli. Quasi non sembrava che lontano da lì, sui mari ed in Europa, si stesse in realtà svolgendo una guerra. Neppure la massiccia presenza di ufficiali e cadetti riusciva a rendere evidente quel fatto: tutti sorridevano, chiacchieravano e ballavano.

La famiglia Pevensie e la famiglia Evans si erano sistemati ad un tavolino poco distante dalla pista. Chi prima, chi dopo, tutti tiravano fuori qualcosa di cui parlare o si collegavano a ciò che prima aveva detto un altro. Più di una volta, erano scoppiate delle risate allegre. Ad un certo punto, William si voltò sorridente verso Susan.

“Ti va di ballare, Susan?”

La ragazza rimase muta per qualche istante e poi annuì. Dopotutto era solo un ballo… e poi magari sarebbe riuscita a trovare il modo di chiarire le cose con lui. Susan prese la mano che William le porgeva e i due, dopo aver salutato gli altri, si avviarono verso la pista. Ann fissò con invidia il fratello e Susan. Aveva sempre sognato di ballare a quei ricevimenti… ma la maggior parte delle volte, o non aveva un cavaliere (cosa che succedeva quando era più piccola) o il cavaliere non amava particolarmente ballare. La ragazza sospirò abbassando lo sguardo rassegnata.

“Andiamo anche noi, Ann?”

La ragazza non comprese subito la domanda. Quando alzò lo sguardo, fissò quasi con la bocca spalancata la mano che Peter le stava porgendo sorridente. Per lunghi istanti, la ragazza spostò lo sguardo tra Peter e la pista da ballo. Non riusciva a crederci… il più bel cavaliere che aveva mai avuto in quei ricevimenti… le stava chiedendo se voleva ballare. La stava invitando a ballare! Ma doveva andare in Inghilterra per trovare simili ragazzi? Doveva essere decisamente un sogno perché lei non era mai stata così fortunata…

“Se non ti va, non importa.”

Ann si riscosse al sentire la voce di Peter e scosse la testa alzandosi in piedi.

“No… sì, mi piacerebbe molto.”

Peter sorrise divertito e le porse il braccio. “Allora andiamo.”

Ann annuì. Mentre percorrevano i pochi metri che li separavano dalle altre coppie che stavano ballando, la ragazza non riusciva a non sorridere. Incredula, fissava le coppie danzanti che presto avrebbero raggiunto. Si sarebbe ricordata quella giornata per tutta la vita.

Peter, dal canto suo, aveva fatto quella domanda a Ann perché aveva notato l’aria triste della ragazza. Solo in parte il motivo era quello di controllare William.

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William continuava a ballare fissando affascinato Susan. La ragazza, sempre sorridente, si muoveva leggera al suono della musica. Sembrava che non avesse fatto altro che ballare per tutta la vita. William aveva ballato con altre ragazze prima di allora, ma mai nessuna aveva avuto quella grazia, quella naturalità con cui ballava Susan. Accanto a lei si sentiva doppiamente goffo, molto più di quanto non gli fosse successo altre volte… il ragazzo sorrise imbarazzato.

“Non credevo che fossi così brava…”

Susan sorrise e scosse la testa. “Adoro ballare… ma era da un po’ che non lo facevo.”

William sgranò gli occhi incredulo. “Non si direbbe proprio…”

La ragazza sorrise felice. In quegli istanti non poteva che pensare a tutti i balli a cui aveva partecipato a Cair Paravel. Ricevimenti in cui lei e i suoi fratelli ballavano fino a notte fonda… chi l’avrebbe mai detto che sarebbe tornato loro utile sulla Terra. Avevano veramente imparato molte più cose di quanto credessero a Narnia… però sentiva che non aveva ancora imparato tutto.

In quel momento la musica finì e tutte le coppie si fermarono applaudendo l’orchestra. Mentre Susan applaudiva sorridente, improvvisamente si voltò di scatto verso la riva del fiume, immobilizzandosi.

“Susan, tutto bene?”

La ragazza quasi non sentì la domanda di William. Senza esitazione, si fece largo tra le coppie e si diresse quasi di corsa verso la spiaggia su cui erano state allestite delle barchette su cui a gruppi si poteva fare un giro. La ragazza si fermò sulla ghiaia fissando attorno a sé con crescente ansia. Lei lo aveva sentito. Ne era certa. Aveva sentito un ruggito… aveva sentito Aslan. Quando la mano di William le afferrò il braccio, Susan si voltò di scatto fissandolo confusa. Il ragazzo la fissava preoccupato.

“Sue, stai bene?”

La ragazza non rispose e vide arrivare anche Peter e Ann. Anche loro la stavano guardando preoccupati. Susan non sapeva che cosa dire. Tornò a fissare confusa le onde e la spiaggia. Non sentiva quasi più le voci, i suoni e le risate della festa. A malapena sentiva il rumore delle onde sulla ghiaia.

“Susan, che cosa succede?”

La ragazza si voltò alla voce del fratello. Tutti e tre la guardavano preoccupati. Gli occhi di Susan li fissarono per lunghi istanti.

“Io…”

Susan sospirò. Non poteva dirlo… Ann e William non avrebbero capito. “Niente…”

William sembrò sollevato. “Forse è meglio che facciamo due passi…”

Peter annuì, per una volta d’accordo con il giovane Evans. “Veniamo anche noi.”

Susan annuì e i quattro iniziarono a camminare lentamente lungo la riva. La maggiore dei Pevensie continuava a pensare a quello che aveva sentito… o che credeva di aver sentito. Forse  era stata tutta una sua illusione, provocata dall’enorme desiderio di andare a Narnia. La ragazza faticò a trattenere le lacrime.

Il gruppetto non parlò per lunghi minuti. Peter continuava a guardare preoccupato la sorella e non erano da meno neppure William e Ann. La seconda, in particolare, si stava chiedendo se non fosse meglio chiedere ai genitori di tornare a casa…

Improvvisamente Peter si fermò di scatto, sgranando gli occhi. Quando alzò lo sguardo, incrociò gli occhi di Susan. Lo aveva sentito anche lei… allora non era sua immaginazione. Aveva sentito un ruggito. Fu in quel momento che Peter capì: era quello che aveva agitato Susan pochi minuti prima. I due fratelli si fissarono in ansia ed emozionati, incapaci di pensare che fosse tutta una loro fantasia. William e Ann, invece, li fissavano sempre più preoccupati. La ragazza sfiorò con la mano il braccio di Peter per attirare la sua attenzione.

“Peter, che succede?”

Il ragazzo si voltò verso di lei e rimase muto per lunghi secondi. “Abbiamo sentito un rumore…”

William sbattè le palpebre perplesso. “Con tutta questa confusione? Tra voci e musica, io non ho sentito proprio niente.”

Anche Ann scosse la testa desolata. Peter e Susan si guardarono uno sguardo d’assenso: loro lo avevano sentito. La ragazza si voltò verso il braccio dell’Hudson che sfociava nell’Atlantico.

“Veniva da laggiù…”

William e Ann si voltarono alla loro volta. I due fissarono senza capire le onde azzurre su cui si vedevano un paio di barchette che si dondolavano placidamente.

“Dal fiume?”

Susan si voltò amareggiata verso Peter. I due rimasero per lunghi istanti incerti sul da farsi. Alla fine, fu Peter ha prendere l’iniziativa.

“Io e Susan vorremmo andare a controllare.”

I due Evans erano sempre più confusi, incapaci di capire quanto fosse importante per Susan e Peter anche il più piccolo indizio che potesse alimentare la loro speranza di tornare a Narnia.

William alzò le spalle rassegnato. “Se proprio ci tenete… prendiamo una barca. Al massimo facciamo un giro.”

Susan e Peter si guardarono uno sguardo allarmato. “Tutti e quattro?”

Ann li guardò perplessa. “Sì… ma c’è qualche problema?”

La maggiore dei Pevensie si sforzò di sorridere e scosse la testa. “No, no… credevamo solo che non vi interessasse.”

Ann sorrise. “Nessun problema… sarà una piacevole gita in barca.”

I due Pevensie annuirono e seguirono William e Ann. Pochi minuti dopo, i quattro erano seduti su una delle barche con i due ragazzi ai remi, Susan a prua e Ann a poppa. Un fresco venticello muoveva loro i capelli, mentre si dirigevano verso il centro del ramo. Bastava alzare lo sguardo e si riusciva a vedere l’oceano. Susan e Peter sentivano un’ansia sempre più crescente dentro di loro, mentre decine di domande si agitavano nella loro mente. Era stato veramente un ruggito? Era un segnale? E se lo era, cosa sarebbe successo? E Ann e William si sarebbero accorti di quello che stava succedendo?

“Cerchiamo di non spingerci troppo verso il mare… lì la corrente si fa più forte.”

La voce di William riscosse i due che annuirono senza aver sentito veramente quello che lui aveva detto. Non riusciva a pensare ad altro che a Narnia.

La speranza, però, così improvvisamente alimentata, svaporò altrettanto velocemente. I quattro infatti rimasero quasi mezz’ora in mezzo al fiume, ma né Susan né Peter sentirono più nulla. La ragazza si teneva al bordo della barca spostando lo sguardo sulle onde, mentre il ragazzo fissava amareggiato le onde che si infrangevano sulla fiancata della barca. Si erano sbagliati. Si erano sbagliati. Quell’agghiacciante pensiero suonava come una condanna definitiva… non sarebbero mai riusciti a tornare a Narnia.

“Che dite, torniamo indietro?”

Peter alzò lo sguardo e Susan si voltò verso William gli altri, guardandoli per la prima volta da quando erano saliti sulla barca. I suoi occhi azzurri erano sempre stati fissi sulle onde, simili a quelle che forse Caspian stava ancora solcando a Narnia.

“Se no i nostri genitori si chiederanno dove siamo finiti…”

Susan annuì verso Ann e tornò a fissare le onde con dolore. Per l’ennesima volta le lacrime cercarono di uscire dai suoi occhi. Dietro di lei, sentì la voce di Peter mentre prendeva in mano il remo.

“Va bene, torniamo.”

Improvvisamente, Susan si sentì spingere in avanti e solo con un po’ di fortuna riuscì ad afferrarsi al bordo. Un’onda sbattè contro la fiancata schizzandola fino sul viso. La ragazza si guardò attorno senza capire, sorpresa e confusa.

“Ma che sta succedendo?!?”

Susan si voltò di scatto e vide Ann afferrata al parapetto come lei, mentre Peter e William cercavano di controllare la barca con i remi. Le onde si fecero sempre più forti, facendo assomigliare sempre più la barca ad un guscio di noce sulle onde di un mare in tempesta. Gli spruzzi si facevano più forti e ben presto i quattro si ritrovarono fradici dalla testa ai piedi. Ann e Susan si scambiarono uno sguardo spaventato, mentre i due ragazzi si sforzavano al massimo delle loro capacità per tenere ben saldi i remi e governare la barca. Ma sembrava tutto inutile. Erano in completa balia delle onde.

All’improvviso, un’onda più forte quasi li sommerse facendo gridare di paura le due ragazze e strappando con violenza i remi dalle mani dei due ragazzi. A quel punto, anche Peter e William si afferrarono ai bordi della barca che veniva sbattuta avanti e indietro tra le onde.

“La corrente qui non dovrebbe essere così forte!”

Quelle parole di William folgorarono Peter e Susan che alzarono gli sguardi incrociando i loro occhi azzurri. Quasi dimenticarono quello che stava succedendo, mentre un’emozione sempre più forte cresceva dentro di loro. Come un grido, un’unica parola si alzò nelle loro menti: Narnia. Non c’era nessun’altra spiegazione, era semplicemente la magia di Narnia. Indifferenti, ormai, alle onde che li sballottavano, Peter e Susan sorrisero emozionati come mai prima di allora. I due tolsero una mano dal parapetto e le intrecciarono.

“Cosa possiamo fare? Possibile che nessuno si sia accorto di nulla?”

Peter si voltò verso Ann, guardandola tranquillo e sicuro. “Va tutto bene.”

William lo fissò come se fosse impazzito. “Tutto bene? Queste onde ci spingeranno al largo, dobbiamo chiamare aiuto prima che sia troppo tardi.”

“William no!”

I due Evans si voltarono con stupore verso Susan, la cui voce aveva avuto un tono perentorio e determinato che non le avevano mai sentito. In un certo senso, ai loro occhi, Susan e Peter sembravano cambiati: emanavano una sicurezza, una calma che non riuscivano a spiegare. Davanti ai loro sguardi, Susan sorrise.

“Andrà tutto bene, fidatevi.”

Ann la fissò senza capire. “E come potete dirlo?”

Peter prese un respiro prima di parlare. “Perché ci è già successo.”

William continuava a capirci sempre meno. “Ma di cosa state parlando? Dobbiamo chiedere aiuto!”

Il ragazzo fece per alzarsi, ma Peter lo afferrò per un polso obbligandolo a risedersi. L’espressione di Peter era diventata ferma. La barca ondeggiò quando William fu costretto a risedersi.

“Ma che cosa ti dice il cervello? Se vuoi affogarti, non puoi mettere a rischio la nostra vita. Non te lo permetto.”

“Stai zitto per una volta! All’accademia crederai di aver imparato tanto, magari anche a comandare… ma non sai niente. Non sai che cosa significhi avere delle vite che dipendono da te!”

William fissò scioccato Peter, senza avere la forza di opporsi al tono categorico del ragazzo.

Improvviso, un ruggito squarcio l’aria riempita dal fragore delle onde. Un luminoso sorriso si allargò sul volto di Susan, in contrasto con l’espressione sconvolta dei due Evans.

“Aslan!”

Le onde si fecero più forti, quasi alimentate dal ruggito. Un’espressione spaventata si dipinse anche sul volto di Susan e Peter. Ogni volta che un’onda si infrangeva sulla fiancata, quasi sommergendoli, un grido si alzava dalle loro bocche.

“Se non facciamo qualcosa affonderemo!”

Peter e Susan si fissarono senza sapere bene che cosa fare. William aveva ragione, ma non potevano fare nulla. Dovevano solo aver fiducia in Aslan… se stavano per farli tornare a Narnia, non avrebbe fatto loro del male.

La costa quasi non si vedeva più, nascosta agli spruzzi e dai cavalloni. Nessuno di loro sapeva dire da quanto tempo fossero lì, in balia delle onde.

Poi, fu un attimo. Improvvisa, un’onda più alta delle altre si abbatté su di loro. I quattro ragazzi fecero appena in tempo a fissare terrorizzati la massa d’acqua cristallina che si riversava su di loro e a prendere un po’ d’aria nei polmoni.

La forza dell’acqua li scaraventò giù dalla barca. L’impatto con l’acqua fredda del fiume e del mare fece quasi loro mancare il respiro. Come fuscelli, iniziarono ad essere sballottati, circondati dai pezzi in cui la barchetta era stata frantumata. I quattro annasparono, agitando braccia e gambe nella schiuma che impediva loro di tenere gli occhi aperti. Sembrarono restare in balia dei mulinelli per un’eternità.

Ma le onde, improvvise come si erano rafforzate, si placarono e i quattro rimasero circondati da una massa d’acqua immobile e cristallina. In basso non si scorgeva che un’immensità blu senza confine. Resisi conto di potersi finalmente muovere, i quattro ragazzi iniziarono a nuotare verso l’alto, circondati dai legni della barca.

Sopra di loro la luce filtrava attraverso le onde. Era come nel suo sogno. Susan sorrise: non le importava che i polmoni le bruciassero, non le importava che la gonna bagnata le ostacolasse il movimento, non le importava che stessero nuotando da qualche parte in pieno oceano. L’unica cosa che le interessasse veramente era che Aslan li aveva ascoltati. Li aveva riportati a Narnia. Perché lei lo sapeva. Non le serviva emerge e guardare il suo cielo azzurro o avere qualcuno che glielo confermasse. Ogni sua cellula, ogni fibra del suo corpo sapeva che era a Narnia. E lì da qualche parte Caspian la stava aspettando… Susan nuotò con tutte le sue forze verso la superficie, incapace di aspettare ancora tra quelle onde, pervasa da un’emozione e da una gioia fortissime. Sto arrivando, amore mio. Sono qui, come ti avevo promesso.

E finalmente Susan emerse e il suo cuore perse un battito. I pezzi di legno attorno a lei la colpivano, ma non se ne accorgeva neanche. Immobile, galleggiando sulle onde, Susan sorrise mentre calde lacrime iniziarono a rigarle le guance confondendosi con l’acqua salata del mare. Una distesa blu-verde senza fine si apriva davanti ai loro occhi, un cielo azzurro limpidissimo li sovrastava. Erano a Narnia. Erano a Narnia. E, con quel pensiero fissò in testa, la ragazza scoppiò in un pianto dirotto. Un pianto di gioia, che sapeva di speranza, di futuro e di libertà. Perché lei si sentiva finalmente libera… libera di poter essere di nuovo sé stessa, libera di affrontare finalmente il suo destino. E, in quella lotta, non sarebbe stata da sola.

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Il rumore della chiave, che veniva fatta girare nella serratura, la fecero risvegliare di scatto dal torpore in cui era caduta. Fece appena in tempo ad aprire gli occhi che la porta venne spalancata e fatta sbattere con violenza contro la parete. La luce proveniente dal ponte superiore illuminò gran parte dello stanzone e la ragazza dovette stringere le palpebre, quasi non più abituata ad una luce così forte. Contro il bianco si stagliava la figura imponente di uno dei pirati. Non poteva vederlo in volto, ma era certa che stava ghignando. Se solo non fosse stata incatenata alla parete, se solo avesse avuto la sua balestra…

“Spero che la traversata continui ad essere di vostro gradimento.”

Nessuno degli altri prigionieri osò dire una parola. Donne e bambini si strinsero agli uomini, che aspettavano impotenti quello che sarebbe stato il loro destino. La ragazza si morse un labbro per impedirsi di gridargli contro: aveva ancora sulla schiena il segno della volta in cui ci aveva provato. In quel momento il pirata lanciò nel centro della stanza un sacchetto da cui fuoriuscirono, rotolando sul pavimento sporco, una dozzina di panini.

“Mangiate… non possiamo permetterci di perdere uno di voi, proprio ora che mancano pochi giorni alle Isole Solitarie.”

L’uomo uscì ridendo sguaiatamente e chiudendosi la porta alla spalle. La luce scomparve e lo stanzone ripiombò nel buio quasi assoluto, rischiarato solo da quattro lucerne poste negli angoli. In ogni caso troppo deboli, per poter rischiarare l’intero stanzone in cui erano assiepate quasi trenta persone, di cui cinque bambini. Il tenue chiarore creava inquietanti ombre dei prigionieri che si muovevano sulle parete come anime inquiete e dannate. I sussurri, i pianti e il rumore delle catene accentuavano ancora di più l’atmosfera infernale.

Quando gli occhi scuri della ragazza si abituarono di nuovo alla penombra, vide uomini e donne strisciare lenti e deboli verso i pezzi di pane raffermo. Lei non si mosse e strinse le braccia attorno alle gambe. Sotto le dita poteva sentire i punti in cui la stoffa era strappata o sgualcita.  Si morse un labbro per soffocare un singhiozzo. In quel momento, una donna di avvicinò lentamente a lei e, anche se non riusciva a vederla bene, era certa che stava tentando di sorridere.

“Tieni, mangia…”

La ragazza guardò solo per un istante il pezzo di pane che le stava porgendo. Poi volse la testa.

“No.”

La donna abbassò il braccio tristemente. “Devi mangiare… o diventerai troppo debole…”

La ragazza si voltò verso la donna con rabbia.

“Cambierebbe qualcosa? Se devo vivere per diventare una schiava, preferisco morire.”

Poi, sospirò e cercò di parlare più dolcemente. “Dallo a tuo figlio…”

Ci furono lunghi istanti di silenzio, poi, sospirando, la donna tornò indietro verso la propria famiglia. La ragazza, invece, posò la testa sulle ginocchia lasciando così che i capelli biondi scarmigliati e sporchi le scivolassero ai lati del viso. Lacrime silenzioso iniziarono a rigarle le guance.

Da quanto tempo si trovava in quella stiva? Giorni? Settimane? Dopo un paio di giorno dalla partenza aveva perso il conto: lì sotto notte e giorno si confondevano in un unico grigiore fatto di sporcizia e aria viziata, pianti e grida disperate. Non sarebbe dovuto finire così… aveva deluso tutti. Si strinse ancora di più, afferrando con le dita la stoffa della gonna. Era tutto finito. Era fuggita per cosa? Non certo per diventare la sguattera o la concubina di qualche nobile. E invece sarebbe stato quello il suo futuro… Sempre più lacrime scivolavano sui suoi zigomi bagnando la gonna. Sarebbe stato meglio che quella notte fosse morta, insieme a suo padre. Invece era scappata con l’illusione che un giorno sarebbe tornata per vendicarsi, per riavere quello che era suo. Aveva lasciato la sua città con quella convinzione… lo aveva giurato in nome di Aslan, sarebbe tornata e si sarebbe vendicata. Ora, però, era tutto inutile. Non aveva più nulla a cui tornare, era troppo tardi. Probabilmente, anche tornando non ci sarebbe più stato nulla per lei. Forse era meglio sperare di morire in quella traversata, almeno così non sarebbe diventata schiava.

Se solo quella notte non si fosse fatta sorprendere da quei briganti… nella sua memoria quegli istanti si stagliavano indelebili: la cattura, la sua balestra e il suo pugnale che le venivano sottratti per poi essere venduti al capitano della stessa nave su cui lei si trovava, le catene, la stiva, la frustata che aveva ricevuto nel momento in cui aveva cercato di ribellarsi a quella schiavitù e alle avance dell’equipaggio.

Ormai lei era solo quello. Tutto il suo passato, la sua vita precedente, i giochi, i racconti di sua madre, le cavalcate con suo padre cominciavano a sfaldarsi, a diventare grigie come il luogo in cui si trovava, iniziavano a sprofondare nell’oblio e in un mare di disperazione di cui non vedeva il fondo.

La ragazza represse un singhiozzo e prese tra le mani uno dei due oggetti che era riuscita a nascondere a briganti e pirati. Attraverso il velo di lacrime, fissò quello che ormai era uno dei suo due unici legami con il passato. Sul suo palmo sporco, brillava splendido come sempre il ciondolo che un tempo era appartenuto a sua madre e che le aveva donato quando era morta. Un fiore dorato con incastonato al centro un opale. Sorrise amaramente guardandolo. Il suo nome significava “fiore dorato”, Elanor… ma solo il ciondolo avrebbe continuato a fiorire. Lei, ormai, stava appassendo, incapace di vedere un qualche futuro per lei. I singhiozzi si fecero sempre più pressanti ed Elanor non riuscì più a trattenerli. Rannicchiata su sé stessa si abbandonò alle lacrime e al dolore.

Fuori, intanto, la nave proseguiva la sua rotta che presto l’avrebbe portata ad attraccare sulle Isole Solitarie, principale mercato di schiavi del Mare Orientale. Sarebbe stato lì che il destino di Elanor e di tutte gli altri prigionieri sarebbe stato deciso.

Salve a tutti. Torno con questo aggiornamento dopo molto tempo da quando avevo pubblicato lo scorso capitolo.  Non voglio cominciare ad elencare motivi e scuse che giustifichino tutto questo tempo trascorso e capisco chi magari avrà deciso di smettere di seguire questa storia.

Voglio solo dire che, oltre agli impegni che ho avuto (sessione esami in primis…), questo ritardo è stato aumentato dall’insoddisfazione che provavo verso la struttura che avevo dato alla storia… non mi soddisfaceva e, quindi, ogni volta che provavo a scrivere non riuscivo ad andare avanti. In questi mesi, ho avuto tempo per pensarci e credo perciò di essere pronta per riiniziare. Per chi vorrà ancora seguirmi, dico subito che non avrò la possibilità di aggiornare ogni settimana… ma nonostante questo, mi impegnerò a farlo il più spesso possibile.

Passiamo quindi al capitolo. ^-^ Susan e Peter, insieme a William e Ann, sono riusciti finalmente a tornare a Narnia… tutti i loro sforzi sono stati premiati. E abbiamo conosciuto anche un nuovo personaggio, Elanor. Ditemi, se vi va, che ne pensate. ;)
Non penso di aver molto altro da dire sul capitolo… non so, forse sono un po’ fuori addestramento per le note. XD

Passo quindi subito ai ringraziamenti, premettendo che essi vanno a tutti coloro che mi hanno seguito, indifferentemente se continueranno a farlo oppure no.

·         Per le seguite: ChibiRoby, ElenaDamon18, Fly_My world, GossipGirl88, Joy_10, katydragons, Min_Jee Sun, Shadowfax e SusanTheGentle

·         Per le preferite: aleboh, DansEyes, english_dancer e MoonyMoon

·         Per le ricordate: katydragons

·         Per le recensioni del capitolo 5: DansEyes (che ringrazio anche per le recensioni lasciate a Tears of Memory)

Inoltre, chi volesse, potete propormi chi vedreste ad interpretare Ann e William. Per quanto riguarda Ann (ma non ho avuto molto tempo per cercare) una possibilità potrebbe essere Caitlin Stasey… ma è ancora tutto in forse: potrei cambiare idea io stessa. XD Potete sempre cosa ne pensate, però…

Quindi, nel PROSSIMO CAPITOLO: vedremo come se la cavano Susan, Peter, Ann e William e se riusciranno a trovare un modo per arrivare alle Isole Solitarie. E qui invece scopriremo come se la stanno cavando Caspian e gli altri…

Prima di salutare, ringrazio ancora una volta tutti coloro che leggeranno il capitolo… se vi va lasciate una recensione. Grazie ancora anche a chi mi ha seguito e non lo farà più… dopotutto è colpa mia. XD

Beh, a presto. HikariMoon

  
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