Capitolo 7 – Il
Ricevimento del Console
Susan e Peter
erano
tesi e non riuscivano a stare fermi un attimo. Non sapevano neppure
loro il
perché, ma si sentivano stranamente eccitati. E non era
certo l’imminente tè del
console ad emozionarli tanto.
I due ragazzi,
quella mattina, si erano svegliati di scatto. Il sole stava appena
sorgendo e
in tutta la casa regnava il silenzio e la calma. Ma loro sentivano che
qualcosa
era successo. Senza neanche cambiarsi, avevano indossato la vestaglia
ed erano
usciti nel corridoio incontrandosi a metà strada. Quando i
loro occhi azzurri
si erano incrociati, avevano capito di aver avuto la stessa sensazione:
non
poteva essere un caso.
“Narnia…”
Pronunciarono
insieme quella parola e nel farlo si abbracciarono. Susan non sapeva se
essere
felice oppure no. Rimasero muti per lunghi istanti, cercando di darsi
forza a
vicenda. Poi la voce di Peter ruppe il silenzio con una leggera
incertezza.
“Pensi
che Ed e
Lu siano andati a Narnia?”
Susan non
rispose subito. I suoi occhi fissavano senza vedere la parete di fronte
e
dovette fare una fatica enorme per non mettersi a piangere. Solo
pensare che
quella fosse la verità, la faceva soffrire
perché, alla fine, avevano fallito.
Per mesi avevano sperato che, nel momento in cui Narnia avrebbe
richiamato Lucy
e Edmund, Aslan avrebbe deciso di lasciarli venire anche a loro. Ma non
era
successo e, ogni istante che passava, era sempre più
convinta che la loro non
fosse stata solo una sensazione: Narnia aveva richiamato a
sé due sei suoi
Sovrani.
“Io…
io penso
di sì.”
Peter
sospirò.
“Anche io ho questa sensazione da quando mi sono alzato. E
non può essere solo
un caso se tutti e due abbiamo la stessa
impressione…”
Susan si
separò
dal fratello e lo fissò negli occhi. “E
ora?”
Peter non
seppe
subito cosa rispondere. Non era mica così facile…
a Narnia non ci arrivavi
prendendo un treno o una nave: la cosa era decisamente più
complicata. Ma non
potevano arrendersi. E alla fine il ragazzo sorrise.
“Un
modo lo
troveremo, vedrai Sue.”
La ragazza,
dopo un attimo di esitazione, sorrise. “Hai
ragione… non possiamo darci per
vinti.”
In quel
momento, il rumore dell’orologio del salone
risuonò nella casa. Presto anche
gli altri si sarebbero svegliati per prepararsi: era arrivato il giorno
del tè
del console. Peter sbuffò e Susan non poté che
sorridere divertita: al fratello
non era andata giù il fatto che William fosse riuscito a
farsi dare il permesso
per quel ricevimento. Poi, il maggiore dei Pevensie guardò
con decisione la
sorella.
“Senti,
Sue… torniamo
in camera e prepariamoci. Quando torniamo dal tè, proviamo a
pensare che cosa
potremmo fare. Magari anche in questa villa c’è un
armadio magico…”
Susan
annuì e i
sue ragazzi si avviarono verso le proprie stanze. Una volta rientrata
nella
propria camera, Susan si lasciò cadere sul letto e
fissò il soffitto. Quanto
avrebbe voluto che il ricevimento fosse già
finito… sarebbe stata una tortura
dover relegare Narnia in un angolo della mente per tutte quelle ore.
Fingere di
divertirsi, mentre in realtà avrebbe voluto essere in tutto
altro luogo. La
ragazza chiuse gli occhi sospirando. Però doveva farcela.
Sforzarsi un po’…
Narnia e Caspian valevano ben più di quel piccolo
sacrificio. E una volta tornati
a casa, lei e Peter avrebbero deciso il da farsi. Come se bastasse che
loro
decidessero che volevano tornare a Narnia…
Dopo diversi
minuti, Susan si alzò di nuovo dal letto. Star ferma
l’avrebbe soltanto portata
a concentrarsi sui pensieri più negativi. E invece doveva
avere fiducia. Con
quel pensiero fisso nella mente, Susan si diresse verso il bagno.
Quando ne
uscì,
aveva ritrovata la determinazione che aveva provato
nell’incontro con Caspian.
Non si sarebbe arresa. Resa serena da quella decisione, Susan si
cambiò
indossando l’abito azzurro a fiori che aveva comprato per il
ricevimento.
Lentamente di avvicinò allo specchio e finì di
sistemarsi i capelli, che le
ricadevano a morbide onde sulle spalle. Poi si passò con
delicatezza il
rossetto sulle labbra, l’unico trucco che aveva deciso di
usare.
Posato il
rossetto sul comò, Susan tornò a guardarsi
sfiorandosi una guancia con la mano.
Quanto era cambiata in quell’anno? E su Narnia quanto tempo
era passato? Quelle
domande la tormentavano… ma l’unica cosa che
veramente le importava era che
Caspian stesse bene.
In quel
momento, Susan sentì qualcuno bussare alla porta. Datasi
un’ultima occhiata
allo specchio, la ragazza raggiunse rapidamente la porta e la
aprì. Davanti a
lei si ritrovò una sorridente Ann. Una volta di
più Susan si convinse che aveva
avuto ragione a convincere Ann a prendere quel vestito: le stava
perfettamente.
La ragazza sorrise.
“Buongiorno,
Ann. Sei bellissima.”
Ann sorrise a
sua volta. “Grazie… tu sei meravigliosa. Tutti
guarderanno solo te.”
Susan rise
imbarazzata e le due ragazze si diressero verso l’atrio, dove
dovevano
incontrarsi con gli altri.
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Anche Peter,
mentre si preparava, non aveva fatto altro che pensare a Narnia e al
modo in
cui avrebbero potuto arrivarci. La frustrazione di non trovare nessuna
idea
plausibile, lui che era il Re Supremo, non aveva migliorato il suo
umore e lo
aveva costretto a rifarsi il nodo della cravatta almeno cinque volte
prima di
riuscirsi. Sistemandosi il nodo, Peter si guardò allo
specchio e sbuffò.
Certo che quel
William aveva un tempismo… invita Susan ad una festa, e lui
in seconda battuta,
e come per magia proprio quella mattina loro hanno
l’impressione che Lucy e
Edmund siano andati a Narnia. Se quello non era farlo
apposta…
Peter
sbuffò e
uscì dalla stanza. Lui il suo per quel stupido ricevimento
lo aveva fatto:
aveva accettato di farsi trascinare per i negozi, avrebbe fatto da
cavaliere
per Ann (grazie al cielo quella ragazza non era la copia sputata del
fratello).
Che Susan non gli chiedesse di non tenerlo
d’occhio… aveva già capito quali
erano le mire di William. Ma aveva fatto i conti senza di lui: non
avrebbe
permesso che il primo venuto portasse loro via Susan.
In cima alle
scale, Peter prese un profondo respiro e sorrise. Con un po’
di fortuna il
ricevimento sarebbe durato poco e loro avrebbero potuto occuparsi di
cose ben
più importanti: chissà che con Susan non
riuscisse a trovare un modo per
tornare a Narnia. Con quella convinzione, iniziò a scendere
le scale per
raggiungere la famiglia.
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Susan fissava
il paesaggio che, fuori dal finestrino dell’automobile,
sfrecciava ai lati.
Poco davanti si vedeva un’altra automobile in cui
c’erano Peter, suo padre e il
signor Evans. Avevano deciso di dividersi in quel modo
perché tutti su un’unica
automobile non ci stavano e poi perché avrebbero sicuro
avuto argomenti diversi
di cui parlare. Lei, però, non stava neppure prestando
attenzione ai discorsi
tra sua madre, Ann e la signora Evans che stava guidando.
Da quella
mattina
e, soprattutto da quando era salita in macchina, non faceva altro che
pensare a
Narnia. Almeno in quei momenti in cui poteva pensarci…
già sapeva che al
ricevimento non avrebbe più avuto neanche un momento. Dopo i
primi momenti di
sconforti e di senso della sconfitta, Susan si era riscossa e aveva
smesso di
piangersi addosso: forse Lucy e Edmund erano riusciti ad andare a
Narnia, ma
questo non significava che lei non sarebbe potuta riuscire a trovare un
modo.
Era più che mai certa della promessa di Caspian e non
sarebbe certo stata lei a
venirne meno: era davvero pronta anche a
buttarsi da un ponte, se quello fosse stato l’unico modo.
Aslan aveva detto che
erano cresciuti… bene, glielo avrebbe dimostrato: avrebbe
cercato con
determinazione un modo per raggiungere Narnia e lo avrebbe fatto con la
consapevolezza di una donna adulta. Non voleva tornare a Narnia per un
capriccio da bambina… certo, forse tornare a Narnia dopo il
primo viaggio era
stato un capriccio che poi, in quell’anno che li aveva
separati dal secondo
viaggio, lei aveva soffocato facilmente. Il motivo per cui voleva
tornare ora…
non l’avrebbe mai potuto soffocare, neanche provandoci per
tutta la vita. Amava
Caspian e avrebbe fatto di tutto per rivederlo.
“Sue,
tesoro?”
Susan si
riscosse dai suoi pensieri e si voltò di scatto verso
l’interno dell’automobile
dove si vide fissare da sua madre e da Ann. Helen Pevensie la guardava
preoccupata.
“Stai
bene
tesoro?”
Susan sorrise
per rassicurarla. “Sì, ero solo sovrappensiero. Di
che cosa stavate parlando?”
Ann riprese il
discorso sorridente.
“Commentavamo
che fortuna ha avuto William ad avere il permesso per venire al
ricevimento…”
Susan sorrise
ripensando all’espressione che aveva attraversato il volto di
Peter quando Ann
aveva detto loro che William, all’ultimo, era riuscito ad
ottenere il permesso.
Ci scommetteva che suo fratello aveva sperato che quel permesso non lo
ottenesse. L’unica consolazione che aveva avuto era che
William li avrebbe
aspettati alla villa del console, arrivato lì direttamente
dall’accademia e,
ovviamente, con indosso l’uniforme come tutti gli altri
cadetti e gli ufficiali
minori che sarebbero stati presenti. Sperava solo che il ricevimento
non
durasse troppo…
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Quando Susan
scese dalla macchina, non poté non osservare ammirata la
villa in cui si teneva
il ricevimento. Era molto bella e anche il giardino, che da
lì appena si
intravedeva, doveva essere meraviglioso. Oltre il rumore delle macchine
sulla
ghiaia e le voci di altri invitati che si dirigevano
all’interno, si sentiva il
rumore delle onde. Ann le aveva detto che la villa si trovava su un
altro dei
rami del delta dell’Hudson.
“Susan!”
La voce di
William la riscosse e Susan si voltò verso
l’entrata. Il ragazzo era appena
uscito da lì e si stava dirigendo a passi rapidi verso di
lei, scendendo le
scale e facendosi largo tra altri invitati. Peter, che le aveva
raggiunte
insieme al padre e al signor Evans, lo fissò per qualche
istante in cagnesco.
Poi, però, Peter si voltò verso Ann porgendole
sorridente il braccio: era pur
sempre un Re… e un Re si comporta sempre da cavaliere con la
propria dama
(anche quando, come gli era successo un paio di volte a Narnia, erano
delle
dame vecchie e pettegole che non ti facevano pensare ad altro se non
che il
ballo finisse presto).
“Ann.”
La ragazza
alternò per qualche istante lo sguardo tra il volto di Peter
e il suo braccio.
Solo dopo, con un po’ di esitazione, posò la sua
mano sul braccio di Peter
sorridendo timidamente.
“Grazie,
Peter.”
Proprio in
quel
momento, William li raggiunse e, dopo aver salutato i genitori, si
avvicinò
loro.
“Susan…
sei
meravigliosa!”
Susan sorrise.
Si vedeva che William era sincero… le dispiaceva non poterlo
ricambiare. Ma lei
amava Caspian. Questo, però, non le impediva di essere
gentile con lui. Poi,
doveva riuscire a trovare un momento durante il ricevimento per parlare
con
lui… anche se non sapeva bene che cosa gli avrebbe detto.
“Grazie,
William.”
Il ragazzo le
sorrise e le porse il braccio, guardando anche gli altri.
“Non mi devi
ringraziare… è la verità. Vogliamo
andare?”
A quel punto,
i
quattro ragazzi si avviarono seguendo i genitori che li avevano
già preceduti.
Mentre seguivano il resto degli invitati per andare nel giardino sul
retro
doveva erano stati sistemati tavolini e bungalow per il ricevimento,
William si
voltò verso Susan.
“Se
non ti va
di ballare o se invece vuoi ballare, dimmelo pure. O quando hai voglia
di bere
o mangiare qualcosa… cercherò di accontentarti.
Non sono un grande ballerino,
però per te farò questo sacrificio. In compenso
sono molto bravo a portare
bicchieri o piatti.”
Susan rise,
ignorando l’occhiataccia che Peter rivolse verso William.
“Non
preoccuparti, William.”
William la
fissò fingendosi in ansia. “Certo che mi
preoccupo… molti ufficiali o miei
compagni di accademia sono molto più bravi di me a ballare!
Non vorrei perdere
la mia dama.”
Susan sorrise
divertita e in quel momento arrivarono finalmente alla porta a vetri
che dava sul
giardino. Quando uscirono, avviandosi tra gli invitati, Susan sorrise
ammirando
il paesaggio che si poteva osservare da lì.
Ma non fu lei
l’unica ad ammirare qualcosa. Infatti, la dolce Regina di
Narnia non passò
inosservata fin dal primo passo che aveva fatto nel giardino. La
maggior parte
dei giovani ufficiali e dei cadetti di voltò
all’arrivo dei quattro ragazzi e
non poterono che fissare affascinati la maggiore dei Pevensie. Non che
Ann
fosse meno bella, ma lei aveva già incontrato di vista la
maggior parte di quei
ragazzi in altri ricevimenti… Susan invece era la prima
volta che la vedevano.
Improvvisamente, uno dei cadetti iniziò ad applaudire,
seguito a ruota da altri
ufficiali e cadetti.
Susan,
rendendosi
conto di quello che stava succedendo, sorrise arrossendo leggermente.
Poco
lontano, i signori Pevensie guardarono la scena commossi ed orgogliosi.
William, invece, si voltò verso di lei trionfante.
“Te
lo avevo
detto che saresti stata la più bella delle festa.”
Susan non
rispose e sorrise. Peter e Ann li affiancarono. La ragazza sembrava
entusiasta.
“Visto,
Susan?
Avevo ragione quando ti avevo detto con quel vestito saresti stata
perfetta.”
Susan sorrise
e
anche gli altri lo fecero. William ed Ann, in particolare, si sentirono
estremamente
fortunati. Infatti, se William aveva detto di avere accanto a
sé la ragazza più
bella della festa, neanche Peter era passato inosservato alle fanciulle
presenti al ricevimento. E Ann se ne era accorta, trovando ancora
incredibile
di essere lei la sua dama.
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Dopo che tutti
gli invitati erano arrivati, sistemandosi vicino ai tavoli o sotto i
bungalow,
l’orchestra ingaggiata dal console aveva iniziato a suonare.
Molte coppie si
erano quindi dirette verso la pista allestita nello spazio ampio tra i
tavoli.
Quasi non sembrava che lontano da lì, sui mari ed in Europa,
si stesse in realtà
svolgendo una guerra. Neppure la massiccia presenza di ufficiali e
cadetti
riusciva a rendere evidente quel fatto: tutti sorridevano,
chiacchieravano e
ballavano.
La famiglia
Pevensie e la famiglia Evans si erano sistemati ad un tavolino poco
distante dalla
pista. Chi prima, chi dopo, tutti tiravano fuori qualcosa di cui
parlare o si
collegavano a ciò che prima aveva detto un altro.
Più di una volta, erano
scoppiate delle risate allegre. Ad un certo punto, William si
voltò sorridente
verso Susan.
“Ti
va di
ballare, Susan?”
La ragazza
rimase muta per qualche istante e poi annuì. Dopotutto era
solo un ballo… e poi
magari sarebbe riuscita a trovare il modo di chiarire le cose con lui.
Susan
prese la mano che William le porgeva e i due, dopo aver salutato gli
altri, si
avviarono verso la pista. Ann fissò con invidia il fratello
e Susan. Aveva
sempre sognato di ballare a quei ricevimenti… ma la maggior
parte delle volte,
o non aveva un cavaliere (cosa che succedeva quando era più
piccola) o il
cavaliere non amava particolarmente ballare. La ragazza
sospirò abbassando lo
sguardo rassegnata.
“Andiamo
anche
noi, Ann?”
La ragazza non
comprese subito la domanda. Quando alzò lo sguardo,
fissò quasi con la bocca
spalancata la mano che Peter le stava porgendo sorridente. Per lunghi
istanti,
la ragazza spostò lo sguardo tra Peter e la pista da ballo.
Non riusciva a
crederci… il più bel cavaliere che aveva mai
avuto in quei ricevimenti… le
stava chiedendo se voleva ballare. La stava invitando a ballare! Ma
doveva
andare in Inghilterra per trovare simili ragazzi? Doveva essere
decisamente un
sogno perché lei non era mai stata così
fortunata…
“Se
non ti va,
non importa.”
Ann si
riscosse
al sentire la voce di Peter e scosse la testa alzandosi in piedi.
“No…
sì, mi
piacerebbe molto.”
Peter sorrise
divertito e le porse il braccio. “Allora andiamo.”
Ann
annuì.
Mentre percorrevano i pochi metri che li separavano dalle altre coppie
che
stavano ballando, la ragazza non riusciva a non sorridere. Incredula,
fissava
le coppie danzanti che presto avrebbero raggiunto. Si sarebbe ricordata
quella
giornata per tutta la vita.
Peter, dal
canto suo, aveva fatto quella domanda a Ann perché aveva
notato l’aria triste
della ragazza. Solo in parte il motivo era quello di controllare
William.
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William
continuava a ballare fissando affascinato Susan. La ragazza, sempre
sorridente,
si muoveva leggera al suono della musica. Sembrava che non avesse fatto
altro
che ballare per tutta la vita. William aveva ballato con altre ragazze
prima di
allora, ma mai nessuna aveva avuto quella grazia, quella
naturalità con cui
ballava Susan. Accanto a lei si sentiva doppiamente goffo, molto
più di quanto
non gli fosse successo altre volte… il ragazzo sorrise
imbarazzato.
“Non
credevo
che fossi così brava…”
Susan sorrise
e
scosse la testa. “Adoro ballare… ma era da un
po’ che non lo facevo.”
William
sgranò
gli occhi incredulo. “Non si direbbe
proprio…”
La ragazza
sorrise felice. In quegli istanti non poteva che pensare a tutti i
balli a cui
aveva partecipato a Cair Paravel. Ricevimenti in cui lei e i suoi
fratelli
ballavano fino a notte fonda… chi l’avrebbe mai
detto che sarebbe tornato loro
utile sulla Terra. Avevano veramente imparato molte più cose
di quanto
credessero a Narnia… però sentiva che non aveva
ancora imparato tutto.
In quel
momento
la musica finì e tutte le coppie si fermarono applaudendo
l’orchestra. Mentre
Susan applaudiva sorridente, improvvisamente si voltò di
scatto verso la riva
del fiume, immobilizzandosi.
“Susan,
tutto
bene?”
La ragazza
quasi non sentì la domanda di William. Senza esitazione, si
fece largo tra le
coppie e si diresse quasi di corsa verso la spiaggia su cui erano state
allestite delle barchette su cui a gruppi si poteva fare un giro. La
ragazza si
fermò sulla ghiaia fissando attorno a sé con
crescente ansia. Lei lo aveva
sentito. Ne era certa. Aveva sentito un ruggito… aveva
sentito Aslan. Quando la
mano di William le afferrò il braccio, Susan si
voltò di scatto fissandolo
confusa. Il ragazzo la fissava preoccupato.
“Sue,
stai
bene?”
La ragazza non
rispose e vide arrivare anche Peter e Ann. Anche loro la stavano
guardando
preoccupati. Susan non sapeva che cosa dire. Tornò a fissare
confusa le onde e
la spiaggia. Non sentiva quasi più le voci, i suoni e le
risate della festa. A
malapena sentiva il rumore delle onde sulla ghiaia.
“Susan,
che
cosa succede?”
La ragazza si
voltò alla voce del fratello. Tutti e tre la guardavano
preoccupati. Gli occhi
di Susan li fissarono per lunghi istanti.
“Io…”
Susan
sospirò.
Non poteva dirlo… Ann e William non avrebbero capito.
“Niente…”
William
sembrò
sollevato. “Forse è meglio che facciamo due
passi…”
Peter
annuì,
per una volta d’accordo con il giovane Evans.
“Veniamo anche noi.”
Susan
annuì e i
quattro iniziarono a camminare lentamente lungo la riva. La maggiore
dei
Pevensie continuava a pensare a quello che aveva sentito… o
che credeva di aver
sentito. Forse era
stata tutta una sua
illusione, provocata dall’enorme desiderio di andare a
Narnia. La ragazza
faticò a trattenere le lacrime.
Il gruppetto
non parlò per lunghi minuti. Peter continuava a guardare
preoccupato la sorella
e non erano da meno neppure William e Ann. La seconda, in particolare,
si stava
chiedendo se non fosse meglio chiedere ai genitori di tornare a
casa…
Improvvisamente
Peter si fermò di scatto, sgranando gli occhi. Quando
alzò lo sguardo, incrociò
gli occhi di Susan. Lo aveva sentito anche lei… allora non
era sua
immaginazione. Aveva sentito un ruggito. Fu in quel momento che Peter
capì: era
quello che aveva agitato Susan pochi minuti prima. I due fratelli si
fissarono
in ansia ed emozionati, incapaci di pensare che fosse tutta una loro
fantasia.
William e Ann, invece, li fissavano sempre più preoccupati.
La ragazza sfiorò
con la mano il braccio di Peter per attirare la sua attenzione.
“Peter,
che
succede?”
Il ragazzo si
voltò verso di lei e rimase muto per lunghi secondi.
“Abbiamo sentito un rumore…”
William
sbattè
le palpebre perplesso. “Con tutta questa confusione? Tra voci
e musica, io non
ho sentito proprio niente.”
Anche Ann
scosse la testa desolata. Peter e Susan si guardarono uno sguardo
d’assenso:
loro lo avevano sentito. La ragazza si voltò verso il
braccio dell’Hudson che
sfociava nell’Atlantico.
“Veniva
da
laggiù…”
William e Ann
si voltarono alla loro volta. I due fissarono senza capire le onde
azzurre su
cui si vedevano un paio di barchette che si dondolavano placidamente.
“Dal
fiume?”
Susan si
voltò
amareggiata verso Peter. I due rimasero per lunghi istanti incerti sul
da
farsi. Alla fine, fu Peter ha prendere l’iniziativa.
“Io
e Susan
vorremmo andare a controllare.”
I due Evans
erano sempre più confusi, incapaci di capire quanto fosse
importante per Susan
e Peter anche il più piccolo indizio che potesse alimentare
la loro speranza di
tornare a Narnia.
William
alzò le
spalle rassegnato. “Se proprio ci tenete…
prendiamo una barca. Al massimo
facciamo un giro.”
Susan e Peter
si guardarono uno sguardo allarmato. “Tutti e
quattro?”
Ann li
guardò
perplessa. “Sì… ma
c’è qualche problema?”
La maggiore
dei
Pevensie si sforzò di sorridere e scosse la testa.
“No, no… credevamo solo che
non vi interessasse.”
Ann sorrise.
“Nessun problema… sarà una piacevole
gita in barca.”
I due Pevensie
annuirono e seguirono William e Ann. Pochi minuti dopo, i quattro erano
seduti
su una delle barche con i due ragazzi ai remi, Susan a prua e Ann a
poppa. Un
fresco venticello muoveva loro i capelli, mentre si dirigevano verso il
centro
del ramo. Bastava alzare lo sguardo e si riusciva a vedere
l’oceano. Susan e
Peter sentivano un’ansia sempre più crescente
dentro di loro, mentre decine di
domande si agitavano nella loro mente. Era stato veramente un ruggito?
Era un segnale?
E se lo era, cosa sarebbe successo? E Ann e William si sarebbero
accorti di
quello che stava succedendo?
“Cerchiamo
di
non spingerci troppo verso il mare… lì la
corrente si fa più forte.”
La voce di
William riscosse i due che annuirono senza aver sentito veramente
quello che
lui aveva detto. Non riusciva a pensare ad altro che a Narnia.
La speranza,
però, così improvvisamente alimentata,
svaporò altrettanto velocemente. I
quattro infatti rimasero quasi mezz’ora in mezzo al fiume, ma
né Susan né Peter
sentirono più nulla. La ragazza si teneva al bordo della
barca spostando lo
sguardo sulle onde, mentre il ragazzo fissava amareggiato le onde che
si
infrangevano sulla fiancata della barca. Si erano sbagliati. Si erano
sbagliati. Quell’agghiacciante pensiero suonava come una
condanna definitiva…
non sarebbero mai riusciti a tornare a Narnia.
“Che
dite,
torniamo indietro?”
Peter
alzò lo
sguardo e Susan si voltò verso William gli altri,
guardandoli per la prima
volta da quando erano saliti sulla barca. I suoi occhi azzurri erano
sempre
stati fissi sulle onde, simili a quelle che forse Caspian stava ancora
solcando
a Narnia.
“Se
no i nostri
genitori si chiederanno dove siamo finiti…”
Susan
annuì
verso Ann e tornò a fissare le onde con dolore. Per
l’ennesima volta le lacrime
cercarono di uscire dai suoi occhi. Dietro di lei, sentì la
voce di Peter
mentre prendeva in mano il remo.
“Va
bene,
torniamo.”
Improvvisamente,
Susan si sentì spingere in avanti e solo con un
po’ di fortuna riuscì ad
afferrarsi al bordo. Un’onda sbattè contro la
fiancata schizzandola fino sul
viso. La ragazza si guardò attorno senza capire, sorpresa e
confusa.
“Ma
che sta
succedendo?!?”
Susan si
voltò
di scatto e vide Ann afferrata al parapetto come lei, mentre Peter e
William
cercavano di controllare la barca con i remi. Le onde si fecero sempre
più
forti, facendo assomigliare sempre più la barca ad un guscio
di noce sulle onde
di un mare in tempesta. Gli spruzzi si facevano più forti e
ben presto i
quattro si ritrovarono fradici dalla testa ai piedi. Ann e Susan si
scambiarono
uno sguardo spaventato, mentre i due ragazzi si sforzavano al massimo
delle
loro capacità per tenere ben saldi i remi e governare la
barca. Ma sembrava
tutto inutile. Erano in completa balia delle onde.
All’improvviso,
un’onda più forte quasi li sommerse facendo
gridare di paura le due ragazze e
strappando con violenza i remi dalle mani dei due ragazzi. A quel
punto, anche
Peter e William si afferrarono ai bordi della barca che veniva sbattuta
avanti
e indietro tra le onde.
“La
corrente
qui non dovrebbe essere così forte!”
Quelle parole
di William folgorarono Peter e Susan che alzarono gli sguardi
incrociando i
loro occhi azzurri. Quasi dimenticarono quello che stava succedendo,
mentre
un’emozione sempre più forte cresceva dentro di
loro. Come un grido, un’unica
parola si alzò nelle loro menti: Narnia. Non c’era
nessun’altra spiegazione,
era semplicemente la magia di Narnia. Indifferenti, ormai, alle onde
che li
sballottavano, Peter e Susan sorrisero emozionati come mai prima di
allora. I
due tolsero una mano dal parapetto e le intrecciarono.
“Cosa
possiamo
fare? Possibile che nessuno si sia accorto di nulla?”
Peter si
voltò
verso Ann, guardandola tranquillo e sicuro. “Va tutto
bene.”
William lo
fissò come se fosse impazzito. “Tutto bene? Queste
onde ci spingeranno al
largo, dobbiamo chiamare aiuto prima che sia troppo tardi.”
“William
no!”
I due Evans si
voltarono con stupore verso Susan, la cui voce aveva avuto un tono
perentorio e
determinato che non le avevano mai sentito. In un certo senso, ai loro
occhi,
Susan e Peter sembravano cambiati: emanavano una sicurezza, una calma
che non
riuscivano a spiegare. Davanti ai loro sguardi, Susan sorrise.
“Andrà
tutto
bene, fidatevi.”
Ann la
fissò
senza capire. “E come potete dirlo?”
Peter prese un
respiro prima di parlare. “Perché ci è
già successo.”
William
continuava a capirci sempre meno. “Ma di cosa state parlando?
Dobbiamo chiedere
aiuto!”
Il ragazzo
fece
per alzarsi, ma Peter lo afferrò per un polso obbligandolo a
risedersi.
L’espressione di Peter era diventata ferma. La barca
ondeggiò quando William fu
costretto a risedersi.
“Ma
che cosa ti
dice il cervello? Se vuoi affogarti, non puoi mettere a rischio la
nostra vita.
Non te lo permetto.”
“Stai
zitto per
una volta! All’accademia crederai di aver imparato tanto,
magari anche a
comandare… ma non sai niente. Non sai che cosa significhi
avere delle vite che
dipendono da te!”
William
fissò
scioccato Peter, senza avere la forza di opporsi al tono categorico del
ragazzo.
Improvviso, un
ruggito squarcio l’aria riempita dal fragore delle onde. Un
luminoso sorriso si
allargò sul volto di Susan, in contrasto con
l’espressione sconvolta dei due
Evans.
“Aslan!”
Le onde si
fecero più forti, quasi alimentate dal ruggito.
Un’espressione spaventata si
dipinse anche sul volto di Susan e Peter. Ogni volta che
un’onda si infrangeva
sulla fiancata, quasi sommergendoli, un grido si alzava dalle loro
bocche.
“Se
non
facciamo qualcosa affonderemo!”
Peter e Susan
si fissarono senza sapere bene che cosa fare. William aveva ragione, ma
non
potevano fare nulla. Dovevano solo aver fiducia in Aslan… se
stavano per farli
tornare a Narnia, non avrebbe fatto loro del male.
La costa quasi
non si vedeva più, nascosta agli spruzzi e dai cavalloni.
Nessuno di loro
sapeva dire da quanto tempo fossero lì, in balia delle onde.
Poi, fu un
attimo. Improvvisa, un’onda più alta delle altre
si abbatté su di loro. I
quattro ragazzi fecero appena in tempo a fissare terrorizzati la massa
d’acqua
cristallina che si riversava su di loro e a prendere un po’
d’aria nei polmoni.
La forza
dell’acqua li scaraventò giù dalla
barca. L’impatto con l’acqua fredda del
fiume e del mare fece quasi loro mancare il respiro. Come fuscelli,
iniziarono
ad essere sballottati, circondati dai pezzi in cui la barchetta era
stata
frantumata. I quattro annasparono, agitando braccia e gambe nella
schiuma che
impediva loro di tenere gli occhi aperti. Sembrarono restare in balia
dei
mulinelli per un’eternità.
Ma le onde,
improvvise come si erano rafforzate, si placarono e i quattro rimasero
circondati da una massa d’acqua immobile e cristallina. In
basso non si
scorgeva che un’immensità blu senza confine.
Resisi conto di potersi finalmente
muovere, i quattro ragazzi iniziarono a nuotare verso l’alto,
circondati dai
legni della barca.
Sopra di loro
la luce filtrava attraverso le onde. Era come nel suo sogno. Susan
sorrise: non
le importava che i polmoni le bruciassero, non le importava che la
gonna
bagnata le ostacolasse il movimento, non le importava che stessero
nuotando da
qualche parte in pieno oceano. L’unica cosa che le
interessasse veramente era
che Aslan li aveva ascoltati. Li aveva riportati a Narnia.
Perché lei lo
sapeva. Non le serviva emerge e guardare il suo cielo azzurro o avere
qualcuno
che glielo confermasse. Ogni sua cellula, ogni fibra del suo corpo
sapeva che
era a Narnia. E lì da qualche parte Caspian la stava
aspettando… Susan nuotò
con tutte le sue forze verso la superficie, incapace di aspettare
ancora tra
quelle onde, pervasa da un’emozione e da una gioia
fortissime. Sto arrivando, amore mio. Sono
qui, come ti
avevo promesso.
E finalmente
Susan emerse e il suo cuore perse un battito. I pezzi di legno attorno
a lei la
colpivano, ma non se ne accorgeva neanche. Immobile, galleggiando sulle
onde,
Susan sorrise mentre calde lacrime iniziarono a rigarle le guance
confondendosi
con l’acqua salata del mare. Una distesa blu-verde senza fine
si apriva davanti
ai loro occhi, un cielo azzurro limpidissimo li sovrastava. Erano a
Narnia.
Erano a Narnia. E, con quel pensiero fissò in testa, la
ragazza scoppiò in un
pianto dirotto. Un pianto di gioia, che sapeva di speranza, di futuro e
di
libertà. Perché lei si sentiva finalmente
libera… libera di poter essere di
nuovo sé stessa, libera di affrontare finalmente il suo
destino. E, in quella
lotta, non sarebbe stata da sola.
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Il rumore
della
chiave, che veniva fatta girare nella serratura, la fecero risvegliare
di
scatto dal torpore in cui era caduta. Fece appena in tempo ad aprire
gli occhi
che la porta venne spalancata e fatta sbattere con violenza contro la
parete.
La luce proveniente dal ponte superiore illuminò gran parte
dello stanzone e la
ragazza dovette stringere le palpebre, quasi non più
abituata ad una luce così
forte. Contro il bianco si stagliava la figura imponente di uno dei
pirati. Non
poteva vederlo in volto, ma era certa che stava ghignando. Se solo non
fosse
stata incatenata alla parete, se solo avesse avuto la sua
balestra…
“Spero
che la
traversata continui ad essere di vostro gradimento.”
Nessuno degli
altri prigionieri osò dire una parola. Donne e bambini si
strinsero agli uomini,
che aspettavano impotenti quello che sarebbe stato il loro destino. La
ragazza
si morse un labbro per impedirsi di gridargli contro: aveva ancora
sulla
schiena il segno della volta in cui ci aveva provato. In quel momento
il pirata
lanciò nel centro della stanza un sacchetto da cui
fuoriuscirono, rotolando sul
pavimento sporco, una dozzina di panini.
“Mangiate…
non
possiamo permetterci di perdere uno di voi, proprio ora che mancano
pochi
giorni alle Isole Solitarie.”
L’uomo
uscì
ridendo sguaiatamente e chiudendosi la porta alla spalle. La luce
scomparve e
lo stanzone ripiombò nel buio quasi assoluto, rischiarato
solo da quattro
lucerne poste negli angoli. In ogni caso troppo deboli, per poter
rischiarare
l’intero stanzone in cui erano assiepate quasi trenta
persone, di cui cinque
bambini. Il tenue chiarore creava inquietanti ombre dei prigionieri che
si
muovevano sulle parete come anime inquiete e dannate. I sussurri, i
pianti e il
rumore delle catene accentuavano ancora di più
l’atmosfera infernale.
Quando gli
occhi scuri della ragazza si abituarono di nuovo alla penombra, vide
uomini e
donne strisciare lenti e deboli verso i pezzi di pane raffermo. Lei non
si
mosse e strinse le braccia attorno alle gambe. Sotto le dita poteva
sentire i
punti in cui la stoffa era strappata o sgualcita.
Si morse un labbro per soffocare un
singhiozzo. In quel momento, una donna di avvicinò
lentamente a lei e, anche se
non riusciva a vederla bene, era certa che stava tentando di sorridere.
“Tieni,
mangia…”
La ragazza
guardò solo per un istante il pezzo di pane che le stava
porgendo. Poi volse la
testa.
“No.”
La donna
abbassò il braccio tristemente. “Devi
mangiare… o diventerai troppo debole…”
La ragazza si
voltò verso la donna con rabbia.
“Cambierebbe
qualcosa? Se devo vivere per diventare una schiava, preferisco
morire.”
Poi,
sospirò e
cercò di parlare più dolcemente. “Dallo
a tuo figlio…”
Ci furono
lunghi istanti di silenzio, poi, sospirando, la donna tornò
indietro verso la
propria famiglia. La ragazza, invece, posò la testa sulle
ginocchia lasciando
così che i capelli biondi scarmigliati e sporchi le
scivolassero ai lati del
viso. Lacrime silenzioso iniziarono a rigarle le guance.
Da quanto
tempo
si trovava in quella stiva? Giorni? Settimane? Dopo un paio di giorno
dalla
partenza aveva perso il conto: lì sotto notte e giorno si
confondevano in un
unico grigiore fatto di sporcizia e aria viziata, pianti e grida
disperate. Non
sarebbe dovuto finire così… aveva deluso tutti.
Si strinse ancora di più,
afferrando con le dita la stoffa della gonna. Era tutto finito. Era
fuggita per
cosa? Non certo per diventare la sguattera o la concubina di qualche
nobile. E
invece sarebbe stato quello il suo futuro… Sempre
più lacrime scivolavano sui
suoi zigomi bagnando la gonna. Sarebbe stato meglio che quella notte
fosse
morta, insieme a suo padre. Invece era scappata con
l’illusione che un giorno
sarebbe tornata per vendicarsi, per riavere quello che era suo. Aveva
lasciato
la sua città con quella convinzione… lo aveva
giurato in nome di Aslan, sarebbe
tornata e si sarebbe vendicata. Ora, però, era tutto
inutile. Non aveva più
nulla a cui tornare, era troppo tardi. Probabilmente, anche tornando
non ci
sarebbe più stato nulla per lei. Forse era meglio sperare di
morire in quella
traversata, almeno così non sarebbe diventata schiava.
Se solo quella
notte non si fosse fatta sorprendere da quei briganti… nella
sua memoria quegli
istanti si stagliavano indelebili: la cattura, la sua balestra e il suo
pugnale
che le venivano sottratti per poi essere venduti al capitano della
stessa nave
su cui lei si trovava, le catene, la stiva, la frustata che aveva
ricevuto nel
momento in cui aveva cercato di ribellarsi a quella
schiavitù e alle avance
dell’equipaggio.
Ormai lei era
solo quello. Tutto il suo passato, la sua vita precedente, i giochi, i
racconti
di sua madre, le cavalcate con suo padre cominciavano a sfaldarsi, a
diventare
grigie come il luogo in cui si trovava, iniziavano a sprofondare
nell’oblio e
in un mare di disperazione di cui non vedeva il fondo.
La ragazza
represse
un singhiozzo e prese tra le mani uno dei due oggetti che era riuscita
a
nascondere a briganti e pirati. Attraverso il velo di lacrime,
fissò quello che
ormai era uno dei suo due unici legami con il passato. Sul suo palmo
sporco,
brillava splendido come sempre il ciondolo che un tempo era appartenuto
a sua
madre e che le aveva donato quando era morta. Un fiore dorato con
incastonato
al centro un opale. Sorrise amaramente guardandolo. Il suo nome
significava
“fiore dorato”, Elanor… ma solo il
ciondolo avrebbe continuato a fiorire. Lei,
ormai, stava appassendo, incapace di vedere un qualche futuro per lei.
I
singhiozzi si fecero sempre più pressanti ed Elanor non
riuscì più a
trattenerli. Rannicchiata su sé stessa si
abbandonò alle lacrime e al dolore.
Fuori,
intanto,
la nave proseguiva la sua rotta che presto l’avrebbe portata
ad attraccare
sulle Isole Solitarie, principale mercato di schiavi del Mare
Orientale.
Sarebbe stato lì che il destino di Elanor e di tutte gli
altri prigionieri
sarebbe stato deciso.
Salve
a tutti. Torno con questo
aggiornamento dopo molto tempo da quando avevo pubblicato lo scorso
capitolo. Non
voglio cominciare ad
elencare motivi e scuse che giustifichino tutto questo tempo trascorso
e
capisco chi magari avrà deciso di smettere di seguire questa
storia.
Voglio
solo dire che, oltre agli impegni
che ho avuto (sessione esami in primis…), questo ritardo
è stato aumentato
dall’insoddisfazione che provavo verso la struttura che avevo
dato alla storia…
non mi soddisfaceva e, quindi, ogni volta che provavo a scrivere non
riuscivo
ad andare avanti. In questi mesi, ho avuto tempo per pensarci e credo
perciò di
essere pronta per riiniziare. Per chi vorrà ancora seguirmi,
dico subito che
non avrò la possibilità di aggiornare ogni
settimana… ma nonostante questo, mi
impegnerò a farlo il più spesso possibile.
Passiamo
quindi al capitolo. ^-^ Susan e
Peter, insieme a William e Ann, sono riusciti finalmente a tornare a
Narnia…
tutti i loro sforzi sono stati premiati. E abbiamo conosciuto anche un
nuovo
personaggio, Elanor. Ditemi, se vi va, che ne pensate. ;)
Non penso di aver molto altro da dire sul capitolo… non so,
forse sono un po’
fuori addestramento per le note. XD
Passo
quindi subito ai ringraziamenti,
premettendo che essi vanno a tutti coloro che mi hanno seguito,
indifferentemente se continueranno a farlo oppure no.
·
Per
le seguite: ChibiRoby,
ElenaDamon18, Fly_My world,
GossipGirl88,
Joy_10, katydragons, Min_Jee Sun, Shadowfax
e
SusanTheGentle
·
Per
le preferite: aleboh,
DansEyes,
english_dancer e MoonyMoon
·
Per
le ricordate: katydragons
·
Per
le recensioni del capitolo 5: DansEyes
(che
ringrazio anche per le recensioni lasciate a Tears of Memory)
Inoltre,
chi volesse, potete propormi chi vedreste ad interpretare Ann e
William. Per quanto
riguarda Ann (ma non ho avuto molto tempo per cercare) una
possibilità potrebbe
essere Caitlin Stasey… ma è ancora tutto in
forse: potrei cambiare idea io
stessa. XD Potete sempre cosa ne pensate, però…
Quindi,
nel PROSSIMO CAPITOLO: vedremo come se la cavano
Susan, Peter, Ann e
William e se riusciranno a trovare un modo per arrivare alle Isole
Solitarie. E
qui invece scopriremo come se la stanno cavando Caspian e gli
altri…
Prima
di salutare, ringrazio ancora una volta tutti coloro che leggeranno il
capitolo…
se vi va lasciate una recensione. Grazie ancora anche a chi mi ha
seguito e non
lo farà più… dopotutto è
colpa mia. XD
Beh,
a presto. HikariMoon