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Autore: formerly_known_as_A    02/04/2014    0 recensioni
Non esiste distanza più incolmabile di quella che creiamo nella nostra mente.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Avresti dovuto capire subito che qualcosa non andava. Avresti dovuto capirlo quando non l'hai riconosciuta tra la folla, quando la sua mano si è stretta alla tua ed hai sobbalzato prima di scioglierti in un sorriso insicuro.

Hai cambiato colore di capelli.” noti, sottovoce, arrotolandoti una ciocca lunga intorno all’indice.

Dicevi non l’avresti mai fatto. non aggiungi, notando quanto sia bella e distante con i capelli scuri.

Lei ride, di quella risata cristallina che le nasce spontaneamente quando è felice e tu smetti di preoccuparti di cose inutili come il colore dei capelli, lasciandoti contagiare dal suo buon umore mentre ti tiene la mano stretta come se temesse di vederti sparire.

Avresti dovuto sentire il disagio del tentare di aprire la porta di casa con quelle chiavi che aprono l'altra, di porta, quella a dodicimila chilometri da lei.

A dodicimila chilometri da qui c'è un appartamento umido e minuscolo in cui staresti bene, in una culla di solitudine ed isolamento.

Chissà cosa pensa. Cosa pensa della tua mano che ancora stringe con urgenza, ora che siete a casa, cosa si nasconde dietro il suo sguardo luminoso.

È così dolce, la pelle cosparsa di lentiggini ed un po’ arrossata. Credevi che il tempo del rossore fosse finito prima di andare a vivere insieme e invece eccolo. Ti ricorda i momenti in cui si ammala e tu le resti accanto.

È la stessa a cui hai stretto la mano mentre le leggevi un libro sempre nuovo, la stessa che ride dei tuoi modi goffi e parla ininterrottamente per ore di quello che fa, anche i piccoli dettagli che nessuno noterebbe..

Ora è silenziosa e sembra aspettare timidamente un tuo segno mentre ti siedi su un divano che non ricordavi così scomodo e guardi come quello che era il tuo mondo è cambiato.

C'è un vaso con i gatti sopra al camino, un mazzo di fiori di vetro a renderlo ancora più scenografico.

Ti disturba come se quella non fosse più casa tua per quell'unico dettaglio.

Ti sfreghi gli occhi e fai un respiro, sottraendo le mani alle sue cure, ma ti sforzi di sorridere quando la vedi spegnersi.

"Non ho dormito neppure un secondo sull'aereo." ti giustifichi e lei sembra capire, non resistendo oltre e buttandoti le braccia al collo.

La stringi perché va stretta e Dio solo sa quanto aspettavi il suo profumo dolce e il modo in cui il suo corpo sembra essere fatto per adagiarsi sul tuo.

"Non ho chiuso occhio, ero troppo contenta!" esclama, felice e sollevata. In te nasce un senso di colpa che lascia un vuoto dentro, mentre ti chiedi se l'apatia che senti se ne andrà quando riuscirai a dormire un paio d'ore.

Ti trascina a letto e si accoccola al tuo fianco con suoni da gatto felice. Sorridi, perché quello è casa e ti è mancato.

E ti è mancato tutto di voi, ma hai continuato a vivere senza per mesi. La memoria del corpo si riattiva e il cervello grida che è sbagliato tentare di definire quanto ti faccia stare bene la sensazione del suo respiro sul collo e le parole che ti rivolge di nuovo ora che qualcosa si è sbloccato.

Farà male abituarsi di nuovo a tutto questo e poi privarsene.

Sarà un nuovo strappo da ricucire e ci saranno momenti in cui odierai ogni suo piccolo difetto. Troverai un pretesto per andartene per sempre, ma tornerai a quella stanza in ogni caso.

"Sono a casa." dici però, ad occhi chiusi, perché è quello che si aspetta e quello che aspetti anche tu.

Quando tornerai nel luogo che il tuo cervello vuole chiamare casa, ci sarà come sempre il dolore del distacco e la sensazione di perdere troppo per avere ragione di tornare.

Ma tornerai. E verrà a trovarti.

E ripeterai ancora ed ancora quella frase con il suo calore premuto su un fianco.




   
 
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