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Autore: Lauretta Koizumi Reid    03/04/2014    1 recensioni
C’è qualcosa che mi fa impazzire più del freddo. Più dei topi o dell’oscurità, più delle urla e dei pianti di Peeta, delle botte e delle domande delle guardie e dei carcerieri. Ed è una semplice domanda: perché sono viva? Perché non mi uccidono e basta? Non servo a nessuno, sanno che non collaborerò, non hanno nulla per farmi davvero del male. Sono un fantoccio rotto e inutile in una cella. Ma forse è questa la mia punizione... la vita. Nonostante tutto.
Johanna Mason, Distretto 7. Prigioniera di Capitol City per un tempo che ella non può contare. In un luogo terrificante. Che forse, però, si può immaginare.
Genere: Dark, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Johanna Mason, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fa freddo. E’ umido. E’ buio. E mi fa male tutto.
La mia testa non risponde ai comandi, ma i miei sensi sì. E mi dicono che le cose non stanno andando per niente, ma proprio per niente bene. Il concetto è: quale individuo riuscirebbe a ricordare in quale posizione, o a che cosa  stava pensando subito prima di addormentarsi? Nessuno. Il sonno e l’oblio ti colgono impreparata, anche quando svieni e non sai dove sei o cosa ti sia successo prima di risvegliarti in un posto che non conosci. Che decisamente non conosci. Ma io devo capire.  


Forza, testa, forza, ragiona. Portami dove so che troverò una risposta.  


 
_
 

- Finnick! - urlai nel folto della foresta. La prudenza mi avrebbe suggerito di fare più piano, c’erano altri tributi in giro per l’arena, e loro non sapevano nulla del piano. Corsi forsennatamente scuotendo l’ascia che mi schizzò del sangue di Katniss. Povera ragazza, pensai, ma stai tranquilla, tra un po’ verranno a salvarti le chiappe. Nonostante questa certezza, ero convinta che qualcosa fosse andato storto. Ed avevo bisogno di trovare Finnick. Dove diavolo si era ficcato?

Tra un po’ il fulmine avrebbe colpito l’albero, come da piano di Lampadina, e sarebbe stato un disastro in tutti i sensi: per Capitol City, per noi, per il Distretto 13 che doveva venire a prenderci. Mi sentii montare la rabbia, il dubbio e la frustrazione che avevo provato quel giorno in cui la facciona placida di Plutarch e quella ubriaca di Haymitch mi avevano informato del piano.

Basta, Johanna, non è il momento di fare flashback. Pensa a correre.

- Katniss! Katniss!

Oh, no, questa è la voce... di Peeta. Sì, è lui. Perchè stai urlando e cercando Katniss, biondino idiota? Se manda a monte tutto, lo strozzo. Insomma, lo dicevo io che questa parte del piano era troppo superficiale. Qua si rischia grosso.
Ma l’hai accettato tu, cara, fa una voce fastidiosa dentro di me.

- Johanna? - ansimò Peeta, mentre si parava davanti a me, con un espressione di panico negli occhi.
E adesso? Devo togliere il rilevatore anche a lui? Non me l’hanno ordinato.

- Johanna, ascoltami, è successo di tutto. Il filo è saltato, Beetee è svenuto. Sta male. Forse è morto. Dobbiamo trovare Katniss, e Finnick! Johanna, muoviti, aiutami!

Le sue parole mi paralizzarono. Accidenti, allora c’era veramente stato un problema, e non da poco. Se Beetee non ce l'aveva fatta a realizzare la sua opera, cosa avremmo fatto? Ragionai su cosa fare, questo lo ricordo.

Poi un boato colse me e Peeta. Fu talmente forte che dovetti tapparmi le orecchie. E ora? E ora? Cosa faccio?
Ok, io tolgo il rilevatore a Peeta.

Cercai di coglierlo di sorpresa come ero riuscita a fare con Katniss, ma non ero preparata alla sua ribellione, alla sua forza, alle sue urla. Pensava volessi finirlo, ucciderlo.
Ma come potevo dirgli che non era vero? Tipo "Ehi, sta fermo, voglio solo toglierti il rilevatore!" perchè se fossimo stati ancora in onda avrei causato grossi guai. Ma lo eravamo oppure no? Capitol City aveva idea di cosa stava succedendo o preferiva godersi lo spettacolo? La nostra lotta mentale e fisica ci distrasse.

Infatti Peeta, a cavalcioni sopra di me, non vide cadere pezzi di Arena. Non vide la luce accecante sopra le nostre teste, artificiale, fortissima.
- Johanna!- urlò.

Non riuscivo a respirare. Che accidenti stava succedendo?

Praticai uno squarcio nel braccio di Peeta, finalmente, ma senza riuscire a togliergli il rilevatore. Lui si arrese al dolore con un urlo disperato.  
Sopra di noi, un hovercraft piccolo e nero mosse l’aria e atterrò. Incominciai a perdere le forze e la ragione. Nella luce, nel rumore, nel sangue, intravidi un 13 dipinto sulla fiancata.
Mi alzai, corsi.

- Ehi! Ehi! Siamo qui! Non riesco a togliere il rilevatore a Peeta! Non riesco a
 
qualcosa, poi, mi riportò bruscamente a contatto con la  terra.
 
 
_
 


Ora lo ricordo. E’ l’ultimo ricordo prima dell’oblio.
Quando la luce nei miei occhi si attenuò a causa di qualsiasi cosa stesse facendomi svenire, essa mi permise di mettere meglio a fuoco la scritta sull’hovercraft lucido che rifletteva i raggi.



C.C. hovercraft  1213


 

Sono prigioniera di Capitol City. 
  
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