Anime & Manga > Ranma
Ricorda la storia  |      
Autore: Mary_chan    08/07/2008    12 recensioni
La morte di un vecchio amico ravviva dei ricordi dolorosi per la famiglia Tendo. Akane troverà conforto nella persona più inaspettata. Sorprendentemente, anche lui lo troverà in lei.
ATTENZIONE: Questa fanfic non è mia, ma appartiene a First Lady Jane, da cui ho avuto il permesso scritto di tradurre.
WARNING: This story is not mine. It belongs to First Lady Jane, who gave me the permission to translate it.
PICCOLO AGGIORNAMENTO: all'interno della storia, trovate un link per le risposte ai commenti.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Kasumi Tendo, Nabiki Tendo, Ranma Saotome
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nota della traduttrice Mari-chan: Ciao a tutti, amici. Rieccomi con una nuova one-shot scovata su Fanfiction.Net. L’autrice è First Lady Jane. Chi mi conosce saprà di certo quanto io ami questo genere di storie brevi, e di recente sono poche quelle davvero belle ed in sintonia con lo spirito dell’anime – o del manga – del nostro ragazzo col codino. Oggi vi propongo una one-shot un po’ triste (traducendo, ho versato io stessa qualche lacrimuccia…), ma romantica. Fa riflettere sul tema della perdita delle persone care. Un po’ inusuale, forse, per Ranma ½, così pieno di umor e gag a iosa.
Anche il clima non è quello caotico del nostro manga preferito. Ma spero vi piacerà l’aria di normalità cui ogni tanto anche il nostro beniamino ha diritto.
Basta sproloquiare, ho già parlato troppo. Vi dico solo: Buona lettura e… Commentate! -__^


Disclaimer dell’autrice: Tutti i personaggi di Ranma ½ appartengono a Rumiko Takahashi, e sono usati qui senza permesso. Il signor Kobayashi, Jiro e sua moglie in gravidanza sono originali.



Condoglianze

(Condolences)

a fanfic by First Lady Jane

tradotta in italiano da Marichan con permesso scritto dell’autrice




Il signor Kobayashi era morto.

Era successo durante la notte. Se n’è andato in pace, aveva detto suo figlio, nel sonno. Ma a prescindere da quanto quelle parole potessero essere confortanti, Akane riusciva solo a provare una strana, familiare freddezza allo stomaco, che somigliava alla più vuota sensazione del nulla e, allo stesso tempo, alla più pesante sensazione di qualcosa.

Per un brevissimo istante si era domandata perché quella sensazione le paresse tanto familiare, poi, con una punta di colpevolezza, si era ricordata della sua mamma. Era molto piccola allora, ma certe forti sensazioni non muoiono mai, non importa quanto tempo passi. Comunque la sua giovane età le aveva permesso di sopprimere quelle sensazioni così a lungo che, quando pensava alla sua mamma e ne sentiva la mancanza e voleva ricordare il dolore, a volte non ci riusciva.

Dunque è così che ci si sente. Tutto le era piombato addosso con spaventosa chiarezza.

Nel fissare con rimpianto la vecchia sedia reclinabile sulla veranda sulla quale il signor Kobayashi era solito trascorrere gran parte dei suoi pigri pomeriggi, Akane inalò l’aroma familiare di libri vecchi e tabacco. Il vento portava ancora l’odore del defunto. Quell’abitazione all’altro lato della strada avrebbe sempre emanato quell’odore? Proprio come casa sua odorava sempre di mamma?

Perlustrando lentamente con gli occhi la veranda che adesso sembrava troppo grande, si chiese cosa stesse facendo Kasumi. Stava pensando anche lei alla loro madre? La maggiore dei Tendo era stata molto amica del signor Kobayashi. Si erano scambiati spesso dei libri, e a volte Kasumi si fermava da lui per un tè al ritorno dal supermercato. Anche Akane aveva trascorso molti pomeriggi con lui, prima che Ranma e il suo ciclone di disordini arrivassero a Nerima. Da allora, aveva trascorso gran parte del proprio tempo a lottare con il fidanzato e le sue fidanzate. Adesso, desiderava essersi fermata da lui più spesso.

Era veramente folle il modo in cui le persone possano diventare insensibili. Il signor Kobayashi era anziano e la morte era qualcosa che probabilmente lui anticipava da un pezzo. Anche gli altri avrebbero dovuto aspettarselo. Avrebbero dovuto mandargli dolci, fiori e libri. Avrebbero dovuto portarlo fuori e ballare il jazz con lui, solo per fargli sapere di non essere stato dimenticato. Perché essere dimenticati, specialmente quando si è ancora vivi, è la cosa peggiore che possa accadere ad una persona.

Nessuno vuol’essere dimenticato. L’aveva detto Ranma una volta. Lei non avrebbe potuto essere più concorde.

Con un’occhiata finale alla sedia vuota – sembrava così abbandonata e fiduciosa, come se stesse ancora aspettando che vi si sedesse qualcuno – Akane si voltò per tornare a casa. Il giorno dopo, lei e il resto della sua famiglia sarebbero andati al funerale. Si chiese se aveva qualcosa di nero nel guardaroba.

________________________________________


A Nabiki piaceva mangiare il gelato in cono. La concentrazione richiesta per non sporcarsi mani e vestiti la distraeva.

Quel giorno aveva ordinato tre palline di cioccolato. Tre palline di pericolo extra. Tre palline di disordine extra.

Leccò una goccia che aveva quasi raggiunto il dito e alzò lo sguardo, contando i colori dell’ombrellone sopra la sua testa. Blu. Giallo. Rosso. Verde.

Chinò di nuovo la testa, osservando le tre palline fondersi lentamente l’una nell’altra. Alla sua destra sentiva una ragazzina ridere per qualcosa che aveva detto il suo ragazzo. Il tavolo accanto a loro, quello vicino alla piccola ringhiera arrugginita che separava il ristorante dal marciapiede, era vuoto.

Eravamo seduti proprio lì. Si lasciò cullare dal ricordo.

Sedeva con Kasumi, ad aspettare che il signor Kobayashi tornasse con il loro gelato.

Akane dov’era? Nabiki cercava di ricordare. Oh, già. Akane era malata quel giorno ed era rimasta a casa con Soun. Aveva pianto quando erano andate via senza di lei.

Kasumi, noiosamente in silenzio, fissava le piantine che crescevano contro la ringhiera appena verniciata.

Vero. Quella ringhiera era bianca.

Il signor Kobayashi non aveva tardato molto a ritornare, portando un vassoio con delle coppe di gelato.

La piccola Nabiki si era seduta diritta, con gli occhi marroni sgranati dall’eccitazione. « Qual è il mio? »

« Questo qui » aveva risposto lui, prendendo una coppa dal vassoio che teneva ancora in mano e posandola di fronte alla bambina. Si era seduto e aveva cominciato una gradevole conversazione con Kasumi. Nabiki era troppo occupata con il suo gelato.

« Come sta vostro padre? »

Kasumi aveva sospirato, infilando il cucchiaino nella massa di sciroppo di fragole nella sua coppa. « Non molto bene. Non parla con nessuna di noi. Non… » Kasumi aveva incespicato, arrendendosi infine all’urgenza di piangere. « Non ci guarda nemmeno negli occhi ».

« Dice che abbiamo tutte gli occhi di mamma. Sono marroni, vede? » Nabiki si era alzata dalla sedia e si era piegata verso il signor Kobayashi, spalancando gli occhi.

« Oh, li vedo, li vedo. Sono marroni, no? » aveva risposto il signor Kobayashi, divertito. « Sono di una bella sfumatura di marrone, tesoro ».

« Mh-mh… » aveva replicato la bambina, piegandosi di più.

Con una sorta di tenerezza molto materna, un’espressione che era strana sul suo faccino di bambina, Kasumi aveva sorriso alla sorellina, asciugandosi le lacrime che le scivolavano veloci sul viso. « Siediti, Nabiki, o rischi di cadere ».

Nabiki aveva obbedito e aveva ripreso a mangiare il gelato.

Kasumi inspirava, cercando di riacquistare compostezza. « La ringrazio di nuovo per averci portato fuori, signor Kobayashi ».

« Sapete quanto sono affezionato a voi, bambine. Non è un problema. Sarebbe venuto anche Jiro, ma doveva andare a scuola ».

Kasumi si era inchinata appena, ringraziandolo nuovamente. « Lo comprendiamo. È già stato di grande aiuto, specialmente con Akane ».

Quei pomeriggi la piccola Akane piangeva e chiamava la mamma, perché non capiva che non sarebbe tornata. Insieme avevano trascorso i pomeriggi a lanciare sassi nello stagno. Ma la mamma se n’era andata, e Akane non era abituata a finire la sua giornata senza il loro piccolo rituale.

Fu qui che entrò in gioco Jiro. Veniva dopo la scuola e giocava con Akane fino al tramonto. Era l’unico che riusciva a farla smettere di piangere, raccontandole stupide storielle mentre lanciavano i sassi nel laghetto, condividendo le perle di saggezza che diceva di aver acquisito nei suoi sedici anni. Ma era più alto di lei, perciò Akane credeva ad ogni parola che lui diceva.

Un ricordo dentro un altro ricordo. Nabiki sorrise. Interessante.

Scosse il capo, non riuscendo a ricordare il resto di quel pomeriggio con il signor Kobayashi. E riprese a fissare l’ombrellone.

Blu. Giallo. Rosso. Verde.

________________________________________


Kasumi era in cucina, a preparare dei biscotti. Era surreale il modo in cui indossava un grembiule così vivacemente colorato e trafficava in cucina come se non avesse preoccupazioni al mondo. Se non fosse stato per l’assenza del suo solito sorriso, sarebbe apparsa normale come sempre.

Ma non sorrideva sin da quando Nabiki aveva abbassato la cornetta del telefono quella mattina, con quel cipiglio solenne in viso che nessuno vedeva da quando era bambina e la loro mamma se n’era andata. Da quel momento, tutto ciò a cui Kasumi riusciva a pensare era che non avrebbe più, mai più parlato con il suo anziano amico. Solo pochi giorni prima, aveva discusso di poesia con lui. Solo pochi giorni prima, lui faceva quel sorriso caldo e sbieco, vivo, con indosso la sua vecchia giacca verde, che non lavava da settimane perché gliel’aveva regalata sua moglie, che era morta anni fa, e lui voleva preservarne il colore più a lungo che poteva.

Kasumi sospirò, con gli occhi che le si riempivano di lacrime. Tirando lievemente su col naso, se le asciugò con la manica e tolse il vassoio di biscotti dal forno.

« Ehi, Kasumi, va tutto bene? » chiese Akane dall’ingresso della cucina. Era stata lì abbastanza a lungo da testimoniare che sua sorella aveva soffocato un singhiozzo.

Kasumi si girò verso la ragazza più giovane, con un sorriso stirato sul volto. « Sì, Akane. Sono solo un po’ commossa… Il signor Kobayashi era un caro amico ». Condivisero un momento di silenzio solenne.

Poi Akane sussurrò: « Lo so ».

Kasumi posò il vassoio sul bancone della cucina e cominciò a spostare i biscotti su un piatto. « Hai trovato qualcuno quando ci sei andata? »

« No. Immagino che Jiro abbia delle… cose da sbrigare ».

« Oh, sì. Non mi sarei aspettata altrimenti. Quel povero ragazzo. Era molto affezionato a suo padre ».

« Sì, lo so » rispose Akane, prendendo un biscotto. « È brutto che non abbia potuto vedere la nascita del suo primo nipote ».

Kasumi emise di nuovo un sospiro, uno stanco. Dando un morso al suo biscotto, Akane lanciò un’occhiata alla sorella e capì quanto velocemente Kasumi fosse stata costretta a crescere. Era stata troppo piccola per accettare tanta responsabilità, ma lo aveva fatto comunque. Era stata troppo giovane per prendere ogni cosa con un sorriso sul volto, ma lo aveva fatto lo stesso. Era stata troppo giovane per fare la mamma…

Ma lo aveva fatto, senza il minimo segno di frustrazione.

E adesso eccola lì, la forte e stabile casalinga, a cuocere biscotti perché la morte le aveva portato via troppo e lei aveva bisogno di fare qualcosa.

Con ancora in mano il biscotto caldo, Akane abbracciò la sorella.

________________________________________


Quel lungo giorno era quasi giunto al termine. Akane rovistò nel suo guardaroba, facendo una smorfia alla quantità di colori che vi trovò. Si sentiva colpevole dell’avere abiti tanto colorati quando qualcuno là fuori era troppo triste per poter sopportare la vista di qualcosa che non fosse grigio e nero. Era così che si era sentita quando era successo a lei, quando era stata lei quella che aveva dovuto svegliarsi dinanzi ad una verità tanto cupa.

Era stata una giornata sorprendentemente tranquilla, come se il mondo fosse diventato comprensivo e avesse concesso alle persone qualche momento per piangere.

Non c’erano state visite di pretendenti o fidanzate. Forse perché Ranma era stato fuori tutto il giorno.

Akane si domandò se l’avesse fatto di proposito. Se n’era andato subito dopo una colazione molto triste e non aveva fatto ritorno fino ad una cena altrettanto triste. In qualche modo, lui e suo padre, che era rimasto un panda e aveva trascorso l’intero giorno a giocare una silenziosa partita di shogi con Soun, sembravano aver percepito il bisogno di tranquillità in un momento in cui la morte incombeva sulle loro teste.

Anche Nabiki era uscita, ma per ragioni diverse. Non poteva reggere il silenzio della casa. La solennità e il pianto erano insopportabili, anche se non era mai stata vicina al defunto e gli aveva rivolto solo un saluto di tanto in tanto. Era come se la loro mamma fosse morta una seconda volta. Non l’avrebbe mai ammesso, ma Soun e le sue sorelle sapevano che le mancava, ora più che mai. Mancava a tutti loro.

Dopo aver finalmente estratto una camicetta nera dal fondo dell’armadio, Akane si sedette sui talloni. Ripiegò la camicetta e si alzò per posarla, con indefinibile riverenza, sulla scrivania. Si girò verso il letto e osservò i cuscini bianchi, le coperte gialle e il pigiama colorato.

Sarebbe stato difficile. Si sentiva colpevole di tutto – per avere così tanto quando il caro signor Kobayashi e la mamma erano morti e avevano solo un eterno nulla adesso.

Analizzò il letto ancora un po’ prima di decidersi a lasciare la stanza. Forse un bicchiere di latte le avrebbe fatto bene.

________________________________________


Akane sedette in cucina, ad osservare le gocce di umidità scivolare lungo il bordo del bicchiere. Trovava molto difficile muoversi. Il suo corpo era bloccato nella sola posizione che trovava comoda, come se l’assalto di domande psicologiche sarebbe stato troppo da sopportare se anche solo avesse mosso un dito.

Patetico, si disse, Akane Tendo, hai paura dei tuoi stessi pensieri? Avrebbe sospirato, se avesse potuto.

Un rumore proveniente dal doujo ruppe la tranquillità nell’aria e finalmente Akane riuscì a sollevare lo sguardo dal bicchiere di latte. Curiosa, si alzò, la bevanda ancora in mano, e uscì dalla cucina.

Entrò nella calda luce del doujo, aspettandosi di trovare suo padre. Non lo vedeva allenarsi seriamente da tempo e una piccola parte di lei sperava che fosse lì, triste, spaventato e solo come lei, per quella persona tanto speciale che se n’era andata troppo presto.

Ma vi trovò Ranma. Ranma nel bel mezzo di un kata. Non aveva neanche cominciato a sudare, ma sembrava stanco.

Percependo la sua presenza, si voltò verso di lei, con uno sguardo indecifrabile sul viso. Akane cercò di pensare ai motivi che stavano dietro quell’espressione e la sua presenza lì nel doujo. Sembrava turbato da qualcosa. Cosa, Akane non lo sapeva. Dopotutto, cosa sapeva Ranma della morte? Saffron contava?

Be’, per quanto ne sapesse lei, Ranma non aveva mai perso una persona cara.

« Che c’è? » Fu il ragazzo a parlare per primo.

Momentaneamente sbigottita (lui le aveva tolto la domanda di bocca), rispose calma: « Non lo so… Il signor Kobayashi… » Sospirò. « È tutto così brutto ».

Ranma le passò accanto, uscì fuori e si sedette per terra. Poggiando la schiena alla parete, la guardò, invitandola silenziosamente a sedere accanto a lui. Akane bevve un sorso di latte e si sedette, posizionandosi alla sua destra.

Lui le prese il bicchiere dalle mani e tracannò il resto del latte. Stranamente quel gesto non la disturbò.

Rimasero in silenzio per circa un minuto prima che Akane non potesse più reggerlo. Nella sua mente, era già stato troppo.

« Continuo a pensare alla mamma » esordì. Ranma la guardò, le mani dietro la nuca. « Non mi piace questa sensazione… ma sai cos’è strano? » Emise un sospiro. « Non voglio che vada via… Per tutti questi anni, ho voluto ricordare il dolore, perché dimenticarlo era come dimenticare anche lei... » Singhiozzò sull’ultima parola.

« Ehi » fece Ranma. « Non piangere ». Abbassò le mani. Voleva toccarle la spalla, ma non era abbastanza sicuro che quella fosse la cosa giusta da fare.

« Scusa » rispose Akane, asciugandosi subito le lacrime con il dorso della mano. « Comunque » continuò, inspirando profondamente, « cos’è che turba te? Ti è mai morto qualcuno? »

La schiettezza delle sue parole lo sorprese, ma pensò che non ci fosse un modo migliore di dirlo. Nella sua vita, le persone andavano e venivano di continuo, per tutte le ragione sbagliate. Non sarebbe stato tanto strano se qualcuno fosse morto a lui. Anche se lui rischiava la vita tanto spesso da sembrare quasi banale.

Mi è mai morto qualcuno?

« No ». Ma quasi.

Be’, era vero.

Akane osservò il cortile e poi il cielo. Ranma fece lo stesso.

« Ehi, Ranma » disse dopo una lunga pausa.

« Mh? »

« Non hai paura di diventare vecchio? »

Ranma tornò a guardarla. Lei stava ancora osservando il cielo. « Io non ho paura di niente » rispose. « A parte i gatti… » aggiunse sottovoce.

« Sul serio? » Finalmente Akane si girò a guardarlo. « Anche se non dovessi raggiungere la singolare età di Happosai o di Obaba? Comunque, un giorno, persino loro non saranno più in grado di schivare un pugno ».

Ranma alzò le spalle, arrossendo a causa delle risposte che prendevano forma nella sua testa.

Akane lo guardò in attesa. Lui fece spallucce di nuovo. Lei sospirò frustrata, un po’ scocciata dalla sua noncuranza. Dopo tutto, la vita di Ranma erano le arti marziali. Cos’altro poteva interessargli oltre a diventare il migliore artista marziale?

« Non capisci, Ranma? Il tempo ci porterà via tutto. Passiamo tutta la nostra vita ad allenarci e a cercare di diventare più forti, e un giorno tutto finirà. Non saremo più nemmeno attraenti ».

Ranma sorrise compiaciuto, approfittando di quell'opportunità. « Almeno tu non potrai lamentarti ».

« Ranma! » disse, dandogli un colpetto sul braccio. « Sono seria ».

Lui si mise dritto e si girò verso di lei. « Senti, non è che io non ci abbia pensato prima, ma credo che tutto quello che posso fare sia vivere la mia vita finché sono in grado ».

« E poi? » chiese lei con un tono tanto infantile che fece bloccare Ranma.

« Io… non lo so… »

« A volte penso che sia tutta una grande, stupida ironia. Un giorno moriremo tutti e non siamo nemmeno sicuri che qualcuno si ricorderà di noi! » Non stava urlando, ma era come se lo stesse facendo.

Con gli occhi sgranati, Ranma fissò la sua fidanzata. « Akane… »

« Che senso ha? »

« Ascolta… »

« È semplicemente spaventoso. Perchè non può esserci una certezza in tutto? »

« Se solo… »

« Che cosa abbiamo, oltre alle arti marziali e un bell’aspetto? »

« Io ho te! » Non si era reso conto di aver parlato d’impulso fino a quando Akane non si fermò, guadandolo incredula.

Le parole che uscirono dalla bocca di lei non furono ciò che si era aspettato.

« Cosa… Cosa ti rende tanto sicuro, Ranma? » chiese piano.

Lui deglutì, cercando di ignorare la stretta al petto. Faceva male. « C-che intendi dire? »

« Stiamo parlando di invecchiare e morire… Cosa ti rende tanto sicuro che saremo insieme quando accadrà? »

« Be’… tu sei fidanzata con me, no… »

« Anche altre tre ragazze ».

« Due » la corresse lui. « E non so… tu sei… Non sarebbe tanto male se tu… se fossi tu… » Si grattò la nuca a disagio.

Sorridendo suo malgrado, Akane commentò: « Ti sei abituato a me ».

« Ehm, già… certo… »

« Sai una cosa? » Gli sorrise mentre lui si voltava a guardarla. « Hai ragione. Non sarebbe tanto male… »

Infine, fece per alzarsi. Ma prima di riuscire a mettersi in piedi, Ranma la prese per un braccio, guardandola con quei suoi occhi grigio-azzurri.

« Se può consolarti, io non ti dimenticherei, Akane ».

________________________________________


Ranma con una casacca cinese nera era insolitamente formale. Akane si tamponava gli occhi con un fazzoletto, il naso lievemente arrossato.

Il signor Kobayashi era stato cremato e il funerale era stato due giorni prima.

Soun e le sue figlie avevano partecipato al piccolo raduno tranquillo a casa del signor Kobayashi. Jiro e sua moglie in gravidanza vennero loro incontro alla porta, i visi un sottile ricordo di com’erano i Tendo quando furono loro a ricevere le condoglianze. Nabiki e Akane erano riuscite a restare composte, anche se per la minore era stato più difficile. Soun e Kasumi invece non l’avevano vissuta bene. Erano tornati a casa in un silenzio più pesante di quello che avevano sperimentato il giorno prima.

Ora, Ranma e Akane camminavano sulla spiaggia, al seguito della piccola processione silenziosa di amici e famigliari del signor Kobayashi. Ranma era vagamente consapevole del fatto che lui e la ragazza alla quale stava tenendo la mano erano rimasti indietro. Osservò il suo viso rosso e gli occhi gonfi, desiderando dirle che sarebbe andato tutto bene. Era andato con loro per un motivo. Voleva capire un po’ di più di questo genere di perdita, che ti fa comprendere che è una cosa permanente, che ti fa dubitare che la sensazione di vuoto avrà mai fine.

Aveva un vago ricordo di aver mai provato qualcosa di simile, la terribile consapevolezza di aver perso qualcosa di molto, molto prezioso, e non importava cosa facesse, o quanto forte diventasse, non l’avrebbe mai più riavuta.

C’erano stati così tanti mai quel giorno ed un particolare filo di pensieri era rimasto distintamente nella sua testa. Voglio che i miei figli crescano con una madre. Se Akane non ha potuto avere la sua ed io non sono stato con la mia…

Strinse la mano di Akane. Lei sollevò lo sguardo, sorridendo appena. I miei figli avranno la loro fin quando sarà necessario.

Voleva esserne sicuro.

La cerimonia durò circa un’ora. Jiro pronunciò poche parole sul padre e poi gli disse arrivederci. Sua moglie pianse tutto il tempo. E anche Kasumi.

Una piccola barca condusse Jiro nell’oceano, dove sparpagliò le ceneri del padre, con la testa scura che si sollevava e si abbassava contro l’orizzonte blu chiaro. Poi fece ritorno, con un piccolo ma sincero sorriso sul volto.

Ranma tenne la mano di Akane per tutto il tempo, e inspiegabilmente non gli parve affatto strano.

Più tardi, quello stesso giorno, lei gli avrebbe dato un bacio sulla guancia, e nemmeno quello gli sarebbe parso strano.

FINE



Fatemi sapere cosa ne pensate, come vi è sembrata la traduzione e se vi è piaciuta la storia. Attendo i vostri commenti da girare all’autrice! Risponderò ai commenti sul forum N di Nibunnoichi, in questo topic dedicato alle mie traduzioni. A presto, con altre one-shots!

Mari-chan
   
 
Leggi le 12 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: Mary_chan