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Autore: LittleCatnip    05/04/2014    1 recensioni
Tre prove.
Due ragazzi.
Un serial killer. E un segreto.
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Cosa succederebbe se un killer sfidasse un ragazzo che non vede l'ora di diventare detective? E cosa succederebbe se gli portasse via il suo bene più prezioso? Tra segreti, avventura e amore, Shawn e Aima si affronteranno.
[Dal capitolo 5]
"... e per chi non l'avesse ancora capito, il gioco inizia ORA." Quando le campane scandirono i dodici rintocchi della mezzanotte si levò a pochi metri da me un urlo carico di terrore che mi fece gelare il sangue nelle vene.
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[Dal capitolo 18]
Sentivo il mio cuore scoppiarmi dentro al petto e batter sempre più forte, mentre piccole goccioline di sudore scorrevano lentamente lungo la mia schiena. Il monaco misterioso estrasse qualcosa dalla tunica e lo lanciò verso di noi. L’oggetto misterioso rotolò fino ai nostri piedi e non riuscii a trattenere un’imprecazione.
L’oggetto in questione era un teschio.
Umano.
Cominciammo a correre.
*le recensioni sono ben accette (:*
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cyril
 
 
 
 






Quella fu una delle scivolate più lunghe della mia vita.
O forse era solo una mia impressione causata dall’angoscia di vedere il mio migliore amico morto.
Non appena mi fui ‘tuffato’, iniziai subito a scivolare, prendendo velocità. Mi sembrava di essere tornato all’estate precedente, quando andavamo insieme a tutta la nostra comitiva all’acquapark a provare tutti gli scivoli e le attrazioni. Sfidavamo tutte le altezze possibili e immaginabili, per poi arrivare al Black Hole, lo scivolo più buio che io abbia mai percorso. Con l’unica differenza che non sapevo dove questo mi avrebbe portato, magari sarei finito in una specie di fossa comune insieme ad altri cadaveri puzzolenti. O forse mi sarei schiantato contro un muro. Chissà. Come se non bastasse, la superficie ruvida e piena di pietre e cocci, mi stava lacerando i pantaloni e il mio lato B. Provare a frenarmi con le mani non servì a nulla, anzi, in questo modo riuscii a provocarmi molte più ferite di quante non ne avessi già.
Stavo anche seriamente provando a non urlare, ma sembrava in qualche modo sbagliato: in fondo, avrei potuto benissimo trovarmi in un set degno di un film dell’orrore, il che è tutto dire. Un po’ per il dolore lancinante, un po’ per il terrore puro e l’adrenalina, non riuscivo a controllarmi e a tenere a freno le mie corde vocali, che minacciavano di spezzarsi per lo sforzo.
Ero talmente concentrato a formulare questi pensieri, che non mi accorsi di essere arrivato; me ne resi conto solo quando mi schiantai a terra contro una superficie fredda e umida. Gemetti di dolore e smisi urlare.
Rimasi semi svenuto ancora per un po’, per provare a capire dove mi trovassi, frenando l’impulso di andare a cercare Dimitri. Anche là sotto il silenzio era sovrano, non si sentiva nulla che potesse essere rilevante e utile al mio scopo. Quel luogo era molto freddo, forse più del cimitero, ma probabilmente questo deriva dal fatto che eravamo qualche metro sottoterra. Anche tra le palpebre passava poca luce, e capii che l’ambiente era scarsamente illuminato. Il pavimento dove ero disteso era irregolare e bagnato, sembrava roccia e odorava di sale e di chiuso. Arricciai il naso.
Improvvisamente, sentii una presenza correre a fianco a me. Rimasi immobile fingendomi morto, come fanno gli opossum, per poi cogliere alla sprovvista l’altra persona. Lo sconosciuto mi afferrò per il colletto della maglia e iniziò a prendermi a schiaffi in viso.
“Shawn! Shawn! Svegliati, dai, apri gli occhi! Shawn, rispondi! Dai, cazzo!”
Trasalii e contraccambiai con dei ceffoni a mia volta, suscitando profondo stupore nell’altro. Quando finalmente aprii gli occhi, mi ritrovai davanti Dimitri, con i capelli castani scompigliati e le mani macchiate di sangue, ancora aggrappate al mio collo. Vidi con chiarezza diverse emozioni farsi strada sul suo volto: stupore, incredulità, sollievo, gioia.
“Dimitri, come cazzo fai?”
“Cosa?”
“A essere ancora vivo? Ti ho creduto morto!”
“Anche io!”
Ci fissammo a lungo, poi scoppiammo a ridere. Che idioti.
“Che fine avevi fatto? Mi aspettavo di trovarti qui.” Avevo passato più o meno due minuti sdraiato ad auto-commiserarmi su quel pavimento e in quel momento capì di aver fatto la figura dell’idiota.
“Stavo dando un’occhiata in giro … non ti immagini neanche che figata!”
“Di cosa stai parlando?”
Invece di rispondere, mi prese per un braccio e mi alzò di peso, trascinandomi davanti ad una porta blu metallico semi aperta.
“Da dove viene quel sangue?” Chiesi guardando le sue mani.
“Suppongo che venga da dove viene il tuo. Non mi sento più il culo!”
“A chi lo dici! Ho dato una botta!” Istintivamente passai una mano sul mio fondoschiena e imprecai. “Oh cazzo!”
“Che è successo?” chiese Dimitri con voce tremante.
Per tutta risposta mi girai e aspettai. La reazione non tardò ad arrivare. Dimitri iniziò a ridere di gusto tenendosi la pancia e piegandosi sul pavimento.
“Oh mio Dio, Shawn sei proprio sexy!” e continuò a ridere.
“Guarda che anche tu sei nel mio stesso stato” bofonchiai incrociando le braccia.
Provai piacere a vedere l’espressione di Dimitri riempirsi di terrore e passare in rassegna la parte posteriore dei suoi pantaloni: erano strappati e sporchi di sangue e sudiciume, e si vedevano le mutande a righe rosse, nere e bianche. Mi concessi anche io di ridere di gusto e mi beccai uno sguardo truce.
“Molto. Divertente. Non bastavano le scarpe, ci mancavano anche i pantaloni! Vaffanculo!”
Sentendolo imprecare risi ancora di più. Era incredibile il modo in cui riuscisse a sollevarmi il morale in ogni situazione.
Dimitri però ritornò subito serio. “C’è ancora una cosa che dovresti vedere.”
Lo guardai con un’aria interrogativa, ma lui mi spinse in avanti costringendomi a entrare, ed io rimasi a bocca aperta.
Rispetto alla piccola stanza di qualche metro quadro dove ero atterrato in seguito alla scivolata, la stanza dove mi trovavo in quel momento era almeno cento volte più grande. Scavata nella roccia, aveva i soffitti altissimi sostenuti da colonne con enormi pilastri. Delle  nicchie erano state scavate e disposte a casaccio e delle enormi lampade pendevano dal soffitto illuminando tutto l’ambiente che odorava di acqua, sale e rocce. Quello che però mi colpì di più, fu la parte destra della grotta, allestita con ogni genere di macchinario: dai pesi al tatami, dall’arco con le frecce alle sbarre e agli anelli. Enormi armadi di legno erano stati allineati attorno alla scrivania più lunga che avessi mai viso su cui troneggiavano computer e tecnologie di ultima generazione. Da dove ci trovavamo noi, partivano delle scale che scendevano e finivano davanti a un tappeto riccamente decorato. Ai lati della scala, invece, erano stati posti dei piedistalli sui quali troneggiavano dei leoni che ruggivano.
“Ok, questo è decisamente figo.”
Dimitri fece un cenno d’assenso mordendosi il labbro inferiore e passandosi una mano tra i capelli.
“Che facciamo?”
“È ovvio. Esploriamo!” e detto questo mi lanciai a tutta velocità giù per le scale e corsi verso la scrivania, seguito a ruota da Dimitri. I computer erano spenti, ma erano anche nuovi di zecca e funzionanti.
Ci guardammo intorno, ma a parte noi due la sala sembrava essere deserta.
Iniziammo a frugare nei cassetti. Aprii il primo che mi capitò a tiro e ne tirai fuori un libro: Come non perdersi nella foresta amazzonica. Lo posai sulla scrivania e cercai ancora, ma l’unica cosa che trovai furono libri, molto simili al precedente: 1000 modi per addestrare una tigre. Come giocare a criquet con gli indigeni. Tutti i segreti dell’Alaska.
“Trovato niente?” chiese Dimitri.
“Solo libri dai nomi strambi. Tu?” Sperai che al mio amico fosse andata meglio.
“Dei documenti in quello che mi sembra … aramaico antico, forse.”
Lo guardai di sbieco. “Come fai a esserne certo?”
Dimitri fece spallucce. “Non lo sono infatti.”
Continuammo a cercare in silenzio.
Aprii l’ultimo cassetto, quello più vicino al pavimento, ma lo trovai vuoto. Iniziai a tastarlo con la mano, e le mie dita toccarono un piccolo rilievo, percepibile appena dai polpastrelli. Bingo.
“Dimitri, guarda qua.”
Estrassi dal cassetto una confezione di proiettili; sicuramente appartenevano a un’arma molto potente, data la loro dimensione.
Dimitri si avvicinò e iniziò a esaminarli rigirandoseli tra le dita.
“Se ci sono dei proiettili, vuol dire soltanto una cosa …” e si avviò deciso verso uno degli armadi di legno. Sembravano comuni mobili che si sarebbero potuti trovare in una qualsiasi casa, con uno specchio su un’anta e la maniglia di ottone. Dimitri la aprì ed emise un fischio: l’armadio era  diviso in ripiani sui quali troneggiavano in bella vista e ordinati per dimensione un’enorme quantità di pistole, fucili, e lanciafiamme. Senza pensarci il mio amico afferrò un fucile emettendo un grugnito e storcendo il naso.
Mi avvicinai a lui e, con le mani dietro la schiena, domandai con aria innocente: “Pesa forse?”
Gli occhi di Dimitri si ridussero a due fessure. “Affatto. Anzi, guarda che so fare.”
Caricò la forza nelle braccia e lanciò il fucile verso l’alto, con l’intento di riprenderlo al volo. Sfortunatamente però, l’arma gli cadde dalle mani e finì sul pavimento, iniziando a sparare proiettili verso il soffitto, colpendo alcune lampadine e facendo crollare pezzi di roccia e una pioggia di scintille. Riuscimmo a metterci al riparo tuffandoci sotto la scrivania qualche istante prima di essere colpiti da pallottole vaganti, e dopo qualche secondo l’arma impazzita ricadde sul pavimento con un tonfo sordo, fermandosi.
Ci scambiammo uno sguardo e con molta cautela iniziammo ad avvicinarci. Prendemmo l’arma insieme e la rimettemmo apposto, chiudendo l’armadio appoggiandoci la schiena e respirando con affanno.
“Tua madre ti ha detto che non bisogna giocare con le armi?”
“E tua madre ti ha detto di non impicciarti degli affari d’altri?”
“Molto divertente.”
“Sei un’idiota.” Mi beccai un cazzotto su una spalla e contraccambiai con una linguaccia. Con la coda dell’occhio colsi un movimento, un’ombra indistinta. Mi girai.
Inorridii quando il mio sguardo si andò a posare sull’entrata della caverna: il monaco era ricomparso e ci fissava dall’alto con quel suo aspetto sinistro e inquietante. Se ne stava ritto in piedi, con le mani nascoste dalle ampie maniche della tunica in grembo. In quel momento mi sentii piccolissimo e vulnerabile, perché il monaco, con la sua presenza, sembrava occupare tutta la stanza.
Non ci fu bisogno di parlare. Molto più velocemente di quanto avessi creduto possibile, riuscimmo a impugnare una pistola ciascuno e la puntammo contro l’incappucciato. Non avevo la minima idea di come si usasse una pistola, e non ero neanche sicuro che fosse carica, ma in fondo non doveva essere così difficile. Quello che mi preoccupava di più, era cosa avrei fatto dopo aver sparato.
Il monaco non sembrò far caso a noi e cominciò a scendere le scale con fare lento: sembrava che volasse rasoterra tanto era silenzioso il suo passo.
“Se si avvicina ancora lo ammazzo.” Dimitri stringeva la pistola davanti a sé con entrambe le mani, mentre una goccia di sudore scendeva lenta lungo la tempia.
“Vediamo cosa vuole da noi, forse eviteremo di fare qualcosa di cui potremmo pentirci.”
“Possibile che tu debba fare sempre il moralista?!”
“Posso sentirvi.”
Inorridimmo quando il monaco interruppe i nostri sussurri. La sua voce profonda e potente sembrava rimbombare come un gong  tra le pareti della caverna, lasciando che il mio corpo fosse percorso da brividi. Doveva aver avuto lo stesso effetto anche su Dimitri, perché aveva stretto ancora di più la pistola tra le mani, finché le ossa delle dita non furono nettamente visibili attraverso la pelle sottile.
“Visto che hai sentito allora, ti conviene restare lontano!”
Colpii Dimitri con il gomito, senza mai allentare la presa sulla mia arma, ma ormai il monaco lo aveva sentito. Iniziò a ridere e ancora una volta il suono echeggiò tra le pareti in maniera sinistra; nello stesso tempo altre gocce di sudore continuavano a scendere lungo la mia schiena e una piccola parte di me mi appuntò che avevo assolutamente bisogno di una doccia e di vestiti puliti.
“Vi credevo più intelligenti quando vi ho visto là sopra.” Disse il monaco indicando con una mano il soffitto; aveva la carnagione scura.
Io e Dimitri ci fissammo perplessi.
“Che vuoi dire?” Domandai cogliendo ogni minimo movimento intorno a me.
“Voglio dire che se foste veramente intelligenti, gettereste a terra quelle armi.” E fece un passo avanti.
Fu questione di una frazione di secondo. All’improvviso tutto sembrò rallentare: Dimitri che si avvicinava a me, il monaco che faceva un passo avanti, il mio dito sul grilletto. Il mio fu un gesto automatico: il mio indice schiacciò il grilletto e la pallottola volò attraverso la stanza, roteando centinaia di volte su sé stessa, mentre io trattenevo il respiro e sentivo il rumore dello sparo rimbombarmi nelle orecchie, amplificato dalle pareti di roccia della caverna.  Il proiettile però non aveva preso la traiettoria da me voluta, mancando il monaco e andandosi a conficcare nella parete opposta, lasciando un profondo buco appena visibile e una nuvola di polvere. Mi accorsi a malapena che Dimitri si era irrigidito accanto a me.
“Ti do un cinque. Il talento c’è, ma la mano non era ferma e tieni la pistola in modo sbagliato.”
In quel momento mi sembrò cadere la mascella. Non è possibile.
“Oh, oh ,oh, frena, frena.” Mi presi la testa tra le mani, scostandomi un ciuffo di capelli dagli occhi, incredulo.
“Stai seriamente votando il mio colpo? Avrei potuto ucciderti!”
“Ma non l’hai fatto.” La calma con cui lo disse mi fece ribollire il sangue nelle vene. Come si permetteva di valutare come sparavo quando ci aveva terrorizzati a morte fino a poco prima? Dimitri aveva ragione quando diceva che quel tipo era fuori come un balcone.
“Shawn, sta calmo.” Dimitri mi appoggiò la sua mano sul bicipite e lo strinse leggermente. Notai che aveva abbassato la pistola. Lui sembrò rendersene conto nel mio stesso istante, ma era troppo tardi. Il monaco ci era già addosso e entrambi fummo scaraventati con un colpo in pieno petto dall’altra parte della stanza. Atterrai su un fianco e rimasi senza fiato: quando ero stato colpito mi era sembrato che i miei polmoni fossero bucati, la mia cassa toracica chiusa, l’aria completamente assente. Per un attimo il campo visivo fu inondato di macchie nere, che se ne andarono velocemente così come erano venute.
Mi misi a sedere a fatica, appoggiandomi sui gomiti, ammaccato e dolorante. Un veloce sguardo e vidi Dimitri, anche lui seduto e con un’espressione sorpresa sul volto. Sapevo cosa volesse dire quello sguardo: Ma come diavolo ha fatto?
Nel frattempo il monaco si era avvicinato e aveva raccolto le pistole, osservandole come se volesse imprimerle nella memoria. Poi le appoggiò su un tavolo e si rivolse a noi.
“Non avete bisogno delle armi per difendervi. Come potete vedere avrei potuto uccidervi cento volte, e voi non avreste fatto in tempo a rendervene conto.”
Inspirai a fondo mentre sentivo un nuovo moto di paura muoversi nelle vene.
“Come hai fatto?” fu tutto quello che riuscii a dire.
“È stata l’antica arte del ninjitsu  a farlo, non io.” Rispose il monaco come se gli avessi chiesto l’orario.
“Non è possibile …” anche io conoscevo il ninjitsu ed ero arrivato ad un livello avanzato, ma non ero comunque riuscito a prevedere o a parare il colpo. Possibile che il colpo provenisse da quella disciplina? Mi sembrava impossibile, se fosse stato così lo avrei riconosciuto. C’era  qualcosa però che me lo aveva ricordato, forse la posizione delle gambe, o la mano aperta sul mio petto. Ma no, stava mentendo, era evidente, nessuna tecnica che avessi mai studiato, era paragonabile a quello. Mi era sembrato di sfracellarmi al suolo dopo una caduta di parecchi metri, che il mio respiro si fosse pietrificato, che i miei polmoni avessero smesso di funzionare. Non poteva essere …
“Capisco il tuo sgomento, Shawn. Ricordati però …”
“Come fai a conoscere il suo nome?” Dimitri si era alzato e aveva una strana luce negli occhi, che non avrei saputo identificare. Mi alzai a mia volta, notando solo in quel momento che ero stato sdraiato tutto il tempo, e mi misi al suo fianco.
“Credo che il tuo amico possa parlare da solo, Dimitri.
Il nostro silenzio parlò per noi. Quella faccenda stava decisamente prendendo una brutta piega.
“Ragazzi, andiamo, vi credevo più svegli. Chiudete quelle bocche, sembrate dei baccalà.”
Mi accorsi che ero rimasto a bocca aperta – per lo stupore o per il terrore, non sapevo dirlo – solo quando la richiusi.
“Ecco, va sicuramente meglio.” Il monaco si appoggiò con le mani alla scrivania, che ci separava. “Dunque, stavo dicendo, non credevo che foste così ritardati. Dovrò rimboccarmi le maniche con voi due.”
Dimitri scattò in avanti, trascinando anche me nel disperato tentativo di tenerlo per un braccio. Si liberò con uno strattone e puntò il dito contro il monaco.
“Ritardati? Ritardati?!  Hai giocato ad acchiapparella con noi nel cimitero lanciandoci teschi. Teschi. E ossa. Ci ha chiuso nell’ossario e per poco non ci restavamo secchi!”
Il monaco rise di gusto, portandosi una mano alla pancia, mentre Dimitri imprecava, ordinando di lasciarlo. L’aria era carica di tensione e tesa come una corda di violino.
“Senti, apprezzo il tuo modo diretto di dire le cose, ma se non fosse stato per me, non sareste mai arrivati qui.” E indicò la sala con un gesto ampio, come a volerla abbracciare.
“Tu ci hai mandato qui di proposito?” la nota di sconcerto nella mia voce era evidente. “Perché?”
“Ripeto quello che ho detto prima: non siete per niente svegli.” Il monaco si sedette sulla sedia e poggiò i piedi sulla scrivania. Indossava delle comuni scarpe da uomo.
“Se non vi fossi venuto incontro, a quest’ora vi ritrovereste alle prese con il custode del cimitero, che si aggirava dalle vostre parti. Facendo scappare voi, ho fatto scappare anche lui.” Si portò le mani dietro la testa, ma ancora il cappuccio non lasciava intravedere il volto. “In quanto alle ossa, erano vere, ma il regolamento del cimitero non vieta di usufruirne per scopi personali.”
Inorridii. “Le ossa erano vere? E ce lo dici così?”
“E come dovrei dirvelo? Con dei disegnini, forse?”
“Molto divertente” Dimitri sbuffò. La situazione ci stava letteralmente sfuggendo di mano. Il monaco sembrò ignorare il suo commento, perché continuò a parlare come se nulla fosse.
“Lo ammetto, anche se non avrei dovuto, mi sono divertito a terrorizzarvi come si deve. Avreste dovuto vedere i vostri sguardi impauriti e imploranti.”
“Brutto figlio di …” Questa volta riuscii a trattenere Dimitri prima che mi sfuggisse. Le vene pulsavano sul suo collo, la mascella era contratta. Immaginai di essere nelle stesse condizioni.
  “Poi siete arrivati davanti all’ossario. Ci avete messo un po’ ad entrare ma finalmente vi siete decisi. Ho aspettato che abbassaste la guardia e vi ho chiuso dentro. Solo in seguito mi sono ricordato di accendere la luce, e ho sentito le vostre urla. Sembravate in punto di morte.”
“Lo eravamo, con degli scheletri a pioverci addosso.” Questa volta fui io a commentare. In qualche modo, provare a sdrammatizzare rendeva più facile la concentrazione.
“Avreste dovuto affrontare la prova decisiva: non sapevo se eravate voi quelli giusti, ma a quanto pare lo siete. Peccato che siate così poco svegli.”
“Che intendi dire con ‘Siamo quelli giusti’? Potremmo essere anche sbagliati?”
 “Apprezzo le battute di spirito, ma questa faceva pena.” Il monaco si alzò e aggirò la scrivania. Poi iniziò a ridacchiare. “Siete così ingenui …”
“Ora basta!” Sbottai insieme a Dimitri. A forza di pensare e di mantenere la calma, avevo il cervello completamente fuso e i muscoli doloranti, per non parlare della gola secca e della lingua più ruvida e arsa della carta vetrata. “Dicci una volta per tutte cosa sta succedendo e cosa vuoi da noi!”
Il monaco continuò a ridere. “Io non voglio niente da voi. Semmai, siete voi a volere qualcosa da me.” Si grattò il mento con fare pensieroso.
“Adesso però voglio che riflettiate. Vi ho detto che eravate quelli giusti. Che vi ho condotto qui di mia spontanea volontà. Fate girare gli ingranaggi dei vostri neuroni, per favore.”
Riflettei. Noi eravamo quelli giusti. Ci aveva indirizzato lì. Non aveva avuto paura che lo uccidessimo e conosceva i nostri nomi.
All’improvviso fui invaso da una scossa che mi trapassò da parte a parte, mentre sentivo con chiarezza il rumore del mio cervello che elaborava le informazioni. Una corda invisibile e tesa si spezzò di colpo. Mi sembrò quasi di vedere una lampadina accesa fluttuare sopra di me.
“Ti ha mandato mio nonno.” Dissi solo. Il monaco rimase impassibile, ma non mi scoraggiai. Tutto quadrava, maledizione!
“Tu sapevi che mio nonno voleva che arrivassimo qui, non è vero? Per questo non ci hai ucciso quando ne avevi l’occasione …”
Anche la lampadina di Dimitri si accese. “Tu conoscevi noi, ma non il nostro aspetto. Ecco perché ci hai chiuso nell’ossario, volevi vedere se eravamo capaci di uscirne!” Dimitri si portò una mano alla fronte. “Era tutto calcolato!”
A quelle parole il monaco applaudì con un gesto teatrale. “Finalmente, ci siete arrivati! Non lo avrei mai creduto possibile, nutrivo dei forti dubbi sul vostro quoziente intellettivo.” Poi fece qualcosa d’inaspettato: si tolse il cappuccio.
Per un lungo istante trattenemmo il fiato. Poi lo guardai meglio e feci un salto in avanti.
“Io ti conosco!” gridai allungando una mano come a volerlo toccare. “Ti ho già visto da qualche parte!”
“Che stai dicendo, Shawn? Chi è quest’uomo?” Dimitri era ancora confuso, ma non m’importava,
“Io … c’era una foto …” frugai tra le immagini impresse nella mia memoria. Le passavo in rassegna cercando di trovare quella decisiva, mentre le altre mi scorrevano davanti come un fiume. Non passò molto tempo prima che la trovai, legata al suo ricordo.
 








13 anni prima
“Nonno! Nonno corri, vieni qui!”
Il bambino strillava con voce allegra, mentre il nonno gli andava incontro e allargava le braccia. Il bambino vi ci si tuffò dentro e fu sollevato in aria, mentre rideva e si divertiva, immaginando di volare. Si strinse forte al collo del nonno con una mano, mentre l’atra stringeva un orsacchiotto di peluche con un fiocco azzurro attorno al collo.
“Sono qui ragazzo mio.” Disse suo nonno e provò a posarlo a terra, ma il bambino si aggrappò ancora di più a lui, nascondendo il viso nella sua spalla. “Ti voglio tanto bene, nonno.”
“Anche io te ne voglio, angioletto mio.”
L’uomo sentì il bambino sporgersi per afferrare qualcosa dietro di lui. “Nonnino,chi è questo signore?”
L’uomo si era girato e aveva preso tra le mani una foto dentro una cornice decorata con dei ciottoli di varie forme. Nella foto sorridevano due uomini, uno con una cicatrice che gli sfigurava il volto, l’altro con la pelle scura, il naso grande, le labbra piene e la testa priva di capelli. Entrambi indossavano un’uniforme militare e dietro di loro il paesaggio era un’unica distesa di sabbia.
“Questo sono io.” Indicò l’uomo con la cicatrice.
“Lo so che sei tu, nonnino, non sono un pollo.” Replicò il bambino con un’espressione contrariata che suo nonno trovò molto buffa. “Voglio sapere chi è questo qui.”
Il nonno sorrise e sospirò allo stesso tempo. “Questo è un mio caro amico.”
“E adesso dov’è?” domandò il nipote guardando l’uomo con quei suoi strabilianti occhi verdi.
“Non lo so, ma lo conoscerai, un giorno.”
Il bambino batté le mani, lasciando cadere l’orsacchiotto a terra. Suo nonno lo raccolse e glielo porse. “Che bello! Diventeremo amici?”
Il nonno gli passò una mano tra i capelli biondi. “Diventerà uno dei tuoi amici più cari, Shawn.”
 








“Tu sei amico di mio nonno. Ho visto una tua foto in soggiorno, eravate nel deserto …”
L’uomo sorrise compiaciuto. Non era cambiato, sembrava ancora giovane e forte, anche se credevo che dovesse essere molto vecchio.
“Esatto, Shawn. Vedo che non sei così idiota come temevo.” Si avvicinò a entrambi e ci tese la mano. “Mi chiamo Cyril e sono qui per aiutarti a uccidere Aima.”

 
 




Angolo Autrice:
Ta-daaaaan! Ecco un capitolo nuovo di zecca :3
Ancora una volta sono in ritardo, lo so, ma si sono presentate delle complicazioni -.- questa settimana sarei dovuta partire in Grecia e spassarmela, ma la polmonite ha rovinato tutto –fuuuuck-
Come se non bastasse mi mancava l’ispirazione per scrivere il capitolo, mi sono bloccata alla descrizione della caverna e credo che sia una delle peggiori mai scritte – mi scuso in anticipo
Piaciuta la sorpresa finale? Muauhahahaha sono diabolica.
Detto questo vi lascio e ci sentiamo al rpossimo capitolo!
L.C.
  
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