Il giallo abbaia!
Prompt:
Lo strano caso del cane giallo, insulti, cattiverie.
Non so se ci sono riuscita, so solo che ho finito i fazzoletti.
Lo strano caso del cane giallo
Ho i piedi nel fango, la
suola mi sparisce in una crema marrone, densa come quello che,
qualunque cosa sia, mi si è fermato nel petto e non vuole né
scendere né salire. Davide si cerca un fazzoletto nelle tasche
e l'ombrello, che tiene tra la spalla e la guancia, mi ondeggia sulla
testa; a me non frega davvero se mi bagno. Dovrebbe?
Piove nemmeno
fosse un cartone animato, dove le condizioni climatiche aiutano
l'autore a mostrare il tipo di umore, le emozioni, la fantastica
giornata di merda che deve essere. Piove come se non lo avesse mai
fatto e a me sembra di piangere con la stessa intensità.
È
una cosa stupida, egoistica. Dovunque sia andato non per forza sta
male solo perché è lontano da me. E io son convinta che
sia in un bel posto.
Gli uomini sono così egocentrici da
pensare che ci sia posto solo per loro, dopo la vita. Personalmente
sono aperta a tutto, purché non mi ci facciano pagare le tasse
sopra.
La scatola di legno che siamo riusciti a trovare è
molto bella. Semplice, e gialla.
C'erano tante cose che volevo
fare insieme a lui. Ci sono tante cose che ho fatto e non mi
dimenticherò mai. Forse un giorno le racconterò a
qualcuno, forse né dirò alcune, altre le terrò
per me. Nonostante io faccia la figa, è tutta la vita che vedo
le persone lasciarmi indietro ed è come essere legati a un
palo e vederle andar via senza poterle seguire, perciò sono
gelosa di chi rimane in un modo così profondo da essere
istintivo. Lo so che è così. Ho trent'anni, a un certo
punto di certe cose te ne accorgi e basta.
Mio fratello deve
muoversi, perché voglio diventare zia e viziare tanti bambini
con gli occhi azzurri e il suo carattere di merda, e voglio
raccontargli di Zack, il mio cane giallo. In realtà era il
nostro cane, di tutta la famiglia, ma questo è uno di quei
dettagli di cui non me ne frega niente.
Un altro dettaglio del
genere è il fatto che i miei piedi si siano cementificati nel
terreno. Guardo in basso e vedo la pioggia increspare quella
poltiglia che è adesso il terreno. I piedi di babbo sono nelle
stesse condizioni. Anche lui piange. Anche mamma, preme il viso sul
petto di babbo ma lo so, lo sento, che piange. Davide si asciuga il
viso nel fazzoletto ed essendo sotto l'ombrello non può essere
la pioggia.
È davvero una cosa stupida, siamo quattro
adulti e dovremmo affrontare la cosa in modo migliore. Suppongo.
Zack
ci avrebbe raggiunto a testa bassa, ci avrebbe dato la zampa
ripetutamente, con le orecchie basse, scodinzolando così forte
da far volare grumi di peli in un'altra stanza. A Zack non sarebbe
piaciuto vederci piangere. Come un coglione avrebbe fatto il giro di
tutti, senza sapere dove fermarsi, avrebbe piagnucolato anche lui e
magari avrebbe pure provato a farsi la gamba di mamma, troppo agitato
per astenersi nonostante gli si dica sempre di no,
accidenti, stai giù. Stupido cane. C'era qualcosa di
magico nel modo in cui la coda si adagiava sul cuscino morbido della
sua cuccia, qualcosa di ipnotico nelle orecchie soffici che si
muovevano avanti e indietro, sembrava fatto di plastilina, a volte,
come quello stupido pinguino del cartone. Invece era fatto di peli,
gialli. Era un coglione giallo. Si faceva fare di tutto, dal tirare
la coda al mettergli le zampe posteriori sul muso. Si faceva irretire
da suoni idioti e infantili, perdeva la testa per biscotti
maleodoranti, rubava calzini e fazzoletti mocciosi per strapparli,
infilava la testa nelle borse in cerca di creme, si rotolava
nell'erba per grattarsi la schiena, leccava il viso di gente ancora
dormiente, la mattina, nascondeva le palline nuove per portarti
quelle vecchie. Era un cretino e l'amavo tantissimo.
Mi mancherà
chiamarlo e sentire le sue unghiette sulle mattonelle, trovarmi peli
gialli anche nell'intimo, la bava sui pantaloni appena messi, virare
verso la corsia con i giochini per cani ogni volta che vado in un
supermercato, la sua coda che sbatte contro il divano quando ritorno
a casa. Mi mancherà passare le dita in mezzo a quel pelo
giallo, che all'apparenza sempre duro, denso, ma quando le dita ci
finiscono dentro ti accorgi che è liquido e ci si può
anche affogare.
Mi mancherà stringerlo; morbido, era così
morbido, niente che sia così morbido può essere
cattivo. E fargli fare giochini idioti, le nostre passeggiate in
luoghi e ad orari improponibili, mandarlo avanti nelle stanze buie
quando il temporale fa saltare la luce. Mi mancherà sapere che
qualunque cosa succeda nelle mie giornate di merda, c'è
qualcuno a casa che aspetta il mio ritorno per farmi le feste; con le
orecchie indietro come i cani, la schiena curva come i gatti e gli
occhi brillanti dei bambini.
“Mi mancherai, Zack,”
dico, “tantissimo,” e la mia voce s'incrina
odiosamente.
Quel tantissimo suona così arido che
vorrei non averlo detto. Non è quantificabile, niente e
nessuno mi mancherà mai così tanto. Non perché
non ami i miei genitori, i miei nonni, mio fratello, gli amici, ma
perché ogni persona ti arriva in fondo a modo suo, per ogni
persona scegli inconsciamente una profondità diversa. Un po'
come i cani che in una famiglia individuano chi gioca più
spesso, chi li porta fuori, chi gli dà da mangiare, chi li
coccola. Lui era il mio peluche vivente, la mia riserva di amore, che
non mi avrebbe mai rinfacciato niente, che non avrebbe usato le mie
parole e il mio amore contro di me, che non avrebbe trasformato le
coccole in una moneta di scambio. Lui non mi avrebbe mai lasciata
indietro.
La pioggia cade più forte, adesso, perché
se giornata di merda deve essere, giornata di merda sia, logicamente,
ma è solo per il rumore sui due ombrelli che me ne accorgo; la
mia pelle è gelida, non sento più le gocce. Non ho
nemmeno tanto freddo, sento che punge, ma non tremo per quello. Sono
arrabbiata. Ce l'ho con babbo che non lo ha voluto far accoppiare con
la cagnetta dei vicini, con Davide che non gli permetteva un po' di
sgarro nel cibo, con mamma che non lo portava quasi mai fuori e
soprattutto ce l'ho con me stessa.
Mi volto e comincio a
pesticciare per risalire la pendenza del giardino, continuando a
masticare pensieri.
Avrei dovuto comprargli più biscotti,
più giochini, passare più tempo a tirargli le mille
mila palline in giro per questa giungla di giardino, avrei dovuto
portarlo fuori più spesso, dormigli addosso di più.
Avrei dovuto. Magari non avrei dovuto, ma avrei voluto. Sicuramente.
Son sempre stata di corsa, con mille cose da fare anche se piccole,
poco importanti, e allora perché farle? Ma che ne so! Il cane
giallo era lì e quando ce li hai vicini sembra che il per
sempre sia possibile, poi se ne vanno e ti senti una cretina.
Probabilmente lui lo sapeva... Zack era un gran cazzo di cane, super
intelligente, e aveva anche un pisellone, perciò, sticazzi,
certo che lo sapeva! Scommetto che quando non lo guardavo scuoteva il
capo e pensava “che frana, questa qui!” e mi voleva bene
anche così. Perché io sono sicurissima che mi volesse
bene, ho sentito tutto. E dovrà venire il signor Alzheimer per
strapparmelo.
Si dice che sognare di qualcuno che muore gli allunghi la vita. Spero che valga anche questo.