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Autore: Black_in_Pain    06/04/2014    3 recensioni
Questa storia riprende da dove tutto si è concluso. Dove il libro ci ha lasciati. Semplicemente, una ghiandaia imitatrice che cerca di risanare le proprie ali e recuperare il suo canto, una volta ritrovata la libertà.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Ps: Volevo precisare che questa è la mia prima FanFic e che sono molto preoccupata per come potrà essere giudicata, mi auguro di non aver scritto un completo disastro e che possa in qualche modo piacere. La storia prosegue dove “Il Canto Della Rivolta” si conclude, nella parte che precede l’epilogo. Quindi non racconterò nulla per ora del futuro di Katniss e Peeta che la Collins ha già rivelato (i loro figli, ecc…) Detto questo spero vi possa piacere. Un bacio, Pain.

Memorie

Sto ancora asciugandomi il viso e i capelli gocciolanti, quando sento aprire lentamente la porta socchiusa del bagno. Come una molla, d’istinto, copro il corpo nudo con un telo di cotone e costringo il cervello ad uno stato di difesa. Ricordi macchiati di dolore e paura, attraversano la mia mente instabile, scatenando una catena di pensieri malsani. Sono totalmente vulnerabile, in un certo senso debole, per combattere veramente. Eppure, nonostante non abbia alcuna speranza di vincere, mi giro velocissima. A quanto pare la vecchia ragazza dell’arena, quella pronta a reagire, è ancora nascosta da qualche parte dentro di me.
 La reale situazione, però, non necessita di una tale reazione, perché tutto ciò che vedo non ha né le sembianze di un ibrido, né l’aspetto di un potenziale nemico.
Devo avere un’espressione davvero orribile, perché il povero Ranuncolo, con la coda tra le gambe, esce di corsa, pentendosi di essere entrato. Mentre fugge, capisco di sbagliare in continuazione con lui. Anche adesso, che cerca la mia compagnia, lo respingo.
Rilasso i muscoli tesi e lascio cadere il candido pezzo di stoffa sul pavimento scivoloso e bagnato, in quell'istante capisco che non c’è bisogno di nascondermi e che sono veramente una stupida. Torno a fissare la mia immagine riflessa nel piccolo specchio del bagno attaccato alla parete, e quello che rimanda mi inquieta parecchio. Ho le narici e le pupille dilatate, un colorito pallido, malaticcio e di certo le cicatrici non aiutano a migliorare l’immagine generale. Ho proprio l’aspetto di una pazza furiosa.
Termino di prepararmi e raggiungo il salotto vestita solo con gli essenziali indumenti intimi. L’acqua calda della vasca deve essermi penetrata nella pelle, donandomi una temperatura mite. Nel frattempo, cerco Ranuncolo e lo trovo rannicchiato vicino al camino, che si riscalda con il calore del fuoco scoppiettante. Mi siedo accanto a lui e, dopo aver soffiato un po’, si lascia accarezzare la testolina spelacchiata. Spero che questo basti a perdonare il fatto di averlo spaventato tanto.
Non ho fame, ma so che dovrò mangiare comunque. La cosa non mi dispiace poi tanto, costatato con chi trascorrerò la serata. Ranuncolo è quasi sul punto di addormentarsi, e io pure, ma torniamo vigili immediatamente quando udiamo un leggero bussare proveniente dalla porta d’ingresso. Non c’è nemmeno più il bisogno di dare il permesso, tanto chi sta entrando ha il libero accesso a questa casa e a me.
Se non fosse per quel poco di pudore che mi è rimasto, avrei accolto Peeta così come sono: praticamente nuda.  Quindi, racimolata un po’ di dignità, raccolgo una coperta raggomitolata sul tappeto, avvolgendola sulle spalle. Mentre mi alzo, lui è già arrivato davanti a me e saluta il gatto con fare materno. Peeta, dopo Prim, è l’unico essere umano che Ranuncolo accetta come proprio simile. Questo, anche se non l’ho mai ammesso, è una cosa che mi ha sempre infastidito.
Ma la seccatura passa presto, quando l’immagine di mia sorella si materializza e lascia i miei polmoni senza aria. Di conseguenza, dopo uno spiraglio di capelli biondi intrecciati, un’altra chioma, folta e scura, appare nella mia testa. Le due figure lottano, e alla fine, una distrugge l’altra, incendiandola. Gale brucia Prim.
Peeta si accorge che qualcosa non va e si porge verso di me con fare preoccupato. Non è più quello di prima, me ne rendo conto ogni giorno di più. Se non lo avessero mai depistato, in questo momento sarei già tra le sue braccia, a consolarmi. Le sue labbra pronuncerebbero frasi dolci e rassicurati, poi andrebbero a cercare le mie. Adesso, invece, è confuso. Si ordina di controllare se stesso, cercando di fare la cosa giusta per entrambi. Esita, come mai ha esitato prima. Alla fine capisce cosa fare, e il vecchio Peeta ritorna, esaudendo le mie aspettative.
Ci ritroviamo inginocchiati a terra, rischiando di cadere dritti nelle braci ardenti, da tanto stiamo tremando.
«Katniss, va tutto bene» sussurra. «Sono solo incubi.»
Quello pare calmarmi un poco e smetto di singhiozzare in modo isterico, però le lacrime non hanno alcuna intenzione di cessare. Certo, sono diminuite, come un rubinetto che dopo essere stato chiuso, perde ancora qualche goccia. Piano, piano ci stacchiamo, ma Peeta non distoglie lo sguardo crucciato dal mio viso.
«E’ passato?» Domanda con un filo di voce. Io lo osservo bene, intenzionata a mentire nel metodo più sincero che conosco. «Sì, ora va meglio» dico ancora tremolante.
Mi aiuta ad alzarmi, però la testa di entrambi deve girare vorticosamente, perché finiamo per cadere di nuovo prima di ritrovare l’equilibrio originale. Dopo un paio di tentativi, siamo in piedi che ci sorreggiamo l’un l’altro. Ranuncolo ha osservato la scena da lontano e ci guarda con aria interrogativa. Io gli lancio un’occhiata che vuole essere rincuorante e lui, soddisfatto, sparisce in cucina, precedendoci.
Mi accorgo solo in quell'istante che Peeta tiene in mano un sacchetto dal profumo invitante. Lo stomaco chiuso per vari motivi, si riapre, pronto ad accogliere ciò che sta fumando in quell'involucro.
Arrivati, ci sediamo a tavola e Peeta si occupa di preparare tutto il necessario per mangiare. Lo fa in modo ordinato ma troppo veloce. Si vede che lasciarmi sola con i pensieri non lo faccia sentire a suo agio. Finalmente è tutto pronto. Il pane dorato e croccante che ha preparato è morbido e gustoso nella mia bocca. Io sto sbaffando ogni cosa che mi trovo davanti, contro ogni mia aspettativa, mentre lui non tocca nemmeno un boccone. Ha gli occhi spenti, forse per ciò che ha dovuto gestire pochi minuti prima.
«Non mangi?» lui fa cenno di no con il capo. «Non ho fame» spiega sorridendo lievemente.
No. Non è per colpa mia se lui è in questo stato. C’è qualcosa che evidentemente non mi dice.
Passano alcuni minuti e la voglia di mangiare passa anche a me. Troppo silenzio. Troppi segreti.
«Forza, dimmi cosa è successo» ci guardiamo, ma lui distoglie lo sguardo. «Peeta…»
Lo sento sbuffare. «Perché dev’essere successo qualcosa? Non posso solo non avere appetito ed essere stanco.»
Potrei anche crederci, se lui non fosse un libro aperto e io non lo avessi letto così tante volte.
«Avanti, Peeta…» lo incoraggio.
A quel punto spinge la sedia vicino alla mia e fissa i miei occhi con una rabbia che non gli appartiene. Ho forse esagerato? «Non so se ti farà piacere.»
Rido amaramente. «C’e ne sono ben poche di cose che mi fanno piacere, quindi non preoccuparti.»
Lo faccio sorridere un po’, ma poi torna serio come prima. «Domani mattina arriverà un carico dal distretto 2 » deglutisce. «E un gruppo di persone fidate ha il compito di seguire la spedizione.»
Non capisco, oppure non voglio capire. «Sono cose che succedono spesso.»
«Non è questo il punto» continua Peeta. Ormai non mi sta più guardando. «Una di queste persone fidate la conosciamo bene. La conosci bene, Katniss.»
Avevo compreso dove voleva arrivare appena ha nominato il Distretto 2, eppure avevo sperato fino all’ultimo di sbagliarmi. Peeta intuisce cosa ho appena compreso, decidendo di non proseguire.
Ma dovrebbe sapere quanto sono autodistruttiva, quando non possa fare a meno di infliggermi un dolore che merito. «Di chi parli?» mi sto rendendo ridicola, ma lui non mi guarda con disprezzo, anzi, il suo viso esprime compassione.
«Oh, Katniss» ansima esausto. Ho sempre l’aria di una che non ci arriva, quando Peeta pronuncia il suo nome.
«Gale» sibila con i denti stretti. «Gale arriverà qui all’alba.»
Non ha nemmeno il tempo di vedere la mia reazione, che sto già ripensando al fuoco e all’odore di carne che brucia. In un attimo, mi ritrovo nuovamente tra le braccia forti di Peeta, che continua a sussurrarmi “mi dispiace” all’orecchio. La cosa che più mi fa paura è che ha me non dispiace affatto, perchè sono in mezzo a due sensazioni contrastanti tra loro.
Il Desiderio e la rabbia. E una delle due sta vincendo. 



Spero che questo primo capitolo vi abbia più o meno incuriosito e che abbiate compreso il miscuglio di emozioni che ho scritto. Se trovate che possa essere accettabile, sarò ben contenta di sentire i vostri pareri e continuare a scrivere. Nel caso contrario, mi scuso (anche per eventuali errori grammaticali, che di certo non mancheranno) e accetterò ogni singolo suggerimento e critica costruttiva disponibile. Grazie per la lettura. Un bacio, Pain. 
  
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