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Autore: slanif    06/04/2014    4 recensioni
SenRu, HanaRu
Scritta per il “Song Contest” indetto da Lady.EFP sul Forum di EFP, classificatasi al 1° Posto.
La traccia da me scelta è stata “Una Storia Che Vale” di Laura Pausini che, come avrete già intuito, da l’omonimo titolo anche alla fan fiction.
Genere: Angst, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una Storia Che Vale
di slanif
 
*
 

Che cosa ha lei che io non ho
Che cosa ha più di me
Sto cercando una ragione, anche se alle volte sai non c'è

Ero qui. Eri qui
Ma poi non è andata sai proprio così

 
Sei qui, davanti a me. Sei bello come sempre, con lo sguardo austero e serio, gli occhi blu come l’oceano più profondo. Sei qui, proprio qui, adesso.
E lui è lì, dietro di te. Aspetta paziente che smettiamo di parlare.
Paziente…
Lui non è mai stato paziente. Lo si può chiaramente notare anche adesso, mentre picchietta furiosamente un piede a terra, braccia conserte al petto, che sbuffa come un treno a vapore ogni cinque secondi. Lui è un tornado, un rompi scatole, un gran casinista. Il classico tipo che io non sopporterei mai di avere intorno.
“A me piace avere intorno te”. Seguo il filo dei miei pensieri e gli do voce. Ma non dico una cosa a sproposito, perché è proprio quello che sento. Io voglio che le mie giornate siano riempite da Kaede Rukawa. Così bello e candito, così silenzioso come la notte più buia.
“Non è possibile, Sendo, te l’ho già detto”. La tua voce è fredda e lapidaria, il tuo tono secco e aspro. Gli occhi sono decisi come quando giochi a basket, dove prendi e corri e superi tutti e schiacci nel canestro con tutta la tua forza quella sfera arancione a righe nere che tanto ci è cara. La frangia nera non fa altro che incorniciare e enfatizzare la durezza delle tue iridi.
“Non può essere che ti piace… quello” sibilo, sconcertato.
Il tuo sguardo è il peggiore di sempre: “Ha un nome, ed è Hanamichi. Non Quello!”. Me lo sputi in faccia, col tono più rabbioso che ti ho mai sentito. Con me non sei mai così. Di solito sei calmo e pacato. Magari hai un tono di sfida, perché vuoi vincere a tutti i costi e battermi, ma mai e poi mai mi hai trattato a questo modo.
“Ad ogni modo” prosegui, facendo fuoriuscire un insieme di parole che difficilmente escono così copiose dalle tue splendide labbra “Anche se non è minimamente affar tuo, Sendo, ti informo che a me piace avere intorno Hanamichi, non te. Hanamichi. E mi piace Hanamichi. In tutto il suo essere. Anche se fa confusione, anche se parla a sproposito, anche se non sta mai zitto… a me è proprio questa sua allegria che mi piace di lui, e non ho nessuna intenzione di rinunciarvi”.
Mi gira la testa. Le tue parole sono inaccettabili: “Ti piace quell’idiota? Ma non sarebbe molto meglio con una persona come me, che ama i silenzi come li ami tu e che li rispetta?”.
Tu mi guardi, basito: “No, Sendo. Non sarebbe meglio per niente” dici deciso, con uno sbuffo “Hanamichi è così giusto per me proprio perché è capace di strapparmi alla monotonia della mia esistenza”.
Un pugnale dentro il cuore, probabilmente, mi avrebbe fatto meno male.
“E comunque ne ho parlato fin troppo. Non ti devo nessuna spiegazione. La mia decisione è presa, perciò accettala e basta”.

 

E una vita sola non può bastare
Per dimenticare una storia che vale
Nei tuoi occhi che mi stanno a guardare, non dimenticare

 
Accettare? Come posso accettare una decisione come questa? Un’idiozia come questa? E’ assurdo…
“Non è possibile”.
“Non so cosa farti”. Fai spallucce, mentre mi guardi fisso.
Nel tuo sguardo solo la più sincera e assoluta verità.
Ami sul serio quell’idiota di Hanamichi Sakuragi.
Preferisci seriamente lui a me, Akira Sendo.
Non ci posso credere…
Te ne vai, mollandomi lì come un idiota quale effettivamente mi sento in questo momento.
Mi sento confuso, sconfitto, incapace di capire cosa sto facendo. Muovo un piede davanti l’altro senza sapere dove andare…

 

È difficile per me imparare a vivere
Senza abbandonarmi al mio presente
Inaspettatamente senza te
Ero qui. Eri qui
Parlarne adesso non ha più senso, o forse sì

 
Mi ritrovo a casa mia senza neanche sapere come.
Butto pesantemente la sacca della palestra a terra e fisso imbambolato la mia stanza buia.
Mi hai rifiutato? Mi hai seriamente rifiutato?
“Non ci posso credere…”.
Sarà la milionesima volta che lo dico.
Com’è potuto succedere? Come?
La mia mente vola ai pomeriggi passati al campetto, a sfidarci negli one-on-one fino allo sfinimento. All’inizio avevamo stabilito di arrivare a venti punti, ma poi le partite si facevano troppo brevi e allora alla fine avevamo stabilito di giocare fino al tramonto, a quel punto, si sarebbe stabilito il vincitore.
A dire il vero, quella trovata era stata mia, appunto perché arrivare a venti punti era troppo breve… arrivare al tramonto era un lasso di tempo molto più ampio e mi assicurava una vicinanza con te molto più a lungo.
Avevo bisogno di stare con te, di studiarti. Avevo bisogno che tu sentissi il desiderio di correre a giocare contro di me.
Volevo conoscerti così a fondo da riuscire a conquistarti.
Le ho provate tutte! All’inizio portavo da mangiare, ma ho capito presto che tu non mangi quasi niente, tanto meno quando sei stanco.
Allora invece di portare un asciugamano, ne ho portati due, perché ho notato che lo dimenticavi molto spesso.
Portavo l’orologio per vedere quando tramontava il sole anche nelle giornate in cui il tempo era grigio, mettendolo sempre dieci minuti indietro prima di arrivare, per avere dieci minuti di più e perché tu non porti l’orologio.
Ho capito che ti piace la musica, perché arrivavi sempre con le cuffiette, e alla fine ho portato lo stereo e lo sintonizzavo sulla radio locale, soffuso sottofondo dei nostri match.
Ho cercato di studiarti, di capirti.
Pensavo di aver fatto tutto bene…


Perché una vita sola non può bastare
Per dimenticare quanto si può amare
Al tuo nome e alla tua voce pensare senza farmi male

 
“Non mi batterai, Sendo”.
La sento ancora nelle orecchie la tua voce bassa, ma decisa. Quel tono perentorio di chi sa che arriverà in alto. Di chi vuole essere il numero uno.
In quei giorni sorridevo, consapevole che era una lotta al più forte, che ero io il tuo avversario da battere. Solo e soltanto io.
Ma adesso mi sento devastato, perché non è servito a niente dimostrarti che ero un tuo pari.
Ho perso l’unica battaglia che dovevo e volevo vincere.

 

E una vita sola non può bastare
Per dimenticare una storia che vale
Ogni minimo particolare, non dimenticare, non dimenticare

 
Quella sfida l’ha vinta Sakuragi, con la sua fastidiosa testa rossa e la sua bocca troppo larga e rumorosa.
Pensavo che la cosa che più ti interessava era il basket, e la persona più forte da battere, cioè io.
Ma invece no.
Ami il basket, ma lo ami di più quando c’è Sakuragi che fa lo spaccone di fronte a te e cerca di sconfiggerti, anche se non ha la benché minima chance…
Ami di più giocare a basket con lui, contro di lui, perché è un buffone e ti fa ridere.
Ridi con lui?
Con me non l’hai mai fatto…


 

Ero qui. Eri qui
Sto cercando una ragione
Parlarne adesso non ha più senso o forse si
Perché una vita sola non può bastare
Per dimenticare come si può amare
Quanto sole che si può attraversare
Senza farci male

 
Le giornate con te erano per me come uno splendido sole lucente. Una luce in mezzo al nulla. Era quel genere di giornata così bella che decido di andare a pesca! Ma invece correvo al campetto, rinunciavo alla pace che mi da la pesca e correvo da te, pronto a sfidarti, a sfiorarti, a stridere i piedi sul pavimento di cemento del campetto del parco comunale.
Correvo veloce, col sole che picchiava forte sulla mia pelle, e lo sentivo caldo, ma mai come il calore della tua pelle contro la mia.
Eri il mio sole.
Anche nelle peggiori giornate di tempesta.
E pensavo che anche io fossi il tuo, di sole, quell’astro da raggiungere e inseguire, per superarlo.
Ti vedevo come un giovane Icaro.
Ma invece il tuo sole è qualcun altro.
E’ una testa rossa, bollente come le fiamme dell’Inferno.
Il mio Inferno.
Tu sei il mio Paradiso, ma Sakuragi ti ha strappato a me lanciandomi in un Inferno senza ritorno.

 

E una vita sola non può bastare
Per dimenticare ogni particolare
Nei tuoi occhi che mi stano a guardare,
Non dimenticare, una storia che vale


Come farò a dimenticarti?
Sei l’unica persona di cui mi sia mai importato seriamente qualcosa…
Certo, chiunque potrebbe dire che ho avuto milioni di fidanzate, che ho dato milioni di baci e ricevuto milioni di carezze, che ho carezzato corpi e seni, che ho avuto la mia buona dose di amanti.
Ma che importanza avevano? Servivano solo a divertirmi…
L’unico con cui volevo essere serio eri tu.
Solo con te volevo fare una storia di quelle serie, di quelle dove mi impegno con tutto me stesso solo come faccio nel basket, una di quelle storie che valgono. Che ti fanno sentire uomo. Che ti fanno dire di avercela messa tutta.
Una storia che vale la pena di essere vissuta.
Ma il mio era un Sogno a senso unico…
Come farò, adesso?
Come posso dimenticarti?
Tu non tornerai mai indietro… mai.
Kaede Rukawa non è uno che dice le cose tanto per dirle, vero? Sei sempre stato coerente con te stesso e con le tue parole…
Ma…
Io come posso dimenticare i tuoi occhi, il tuo odore, il sudore sexy della tua pelle? La tua grinta, il tuo sguardo fiero, l’oceano che vive nelle tue iridi…
Come farò?
Come?
Questo è l’Inferno…
 
**FINE**

   
 
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