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Autore: lightbluedreams    06/04/2014    1 recensioni
Le parole scivolano lente dalla mano alla carta, sporcando di china macabra nere le pagine ormai ingiallita dal mare del tempo.... Anche i pettirossi hanno smesso di cinguettare: si sente solo un corvo nero gracchiante.
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Cara Amelie,
la  vecchiaia è ormai giunta e anche la morte sta bussando alla  porta della mia inutile esistenza.
Ti ricordi del nostro viaggetto, dove andammo insieme al carnevale di Venezia? Rammenti cosa mi dicesti?
“Vedi, tesoro, ritengo che il carnevale sia una ricorrenza inutile. Ogni singolo giorno indossiamo delle maschere e fingiamo di essere allegri più di quanto non siamo in realtà.
Nella vita, però, le maschere ci rimangono incollate addosso e, ahimè, diventano parte di noi. Non trovi anche tu?”
Cara Amelie, ho ripensato alle tue parole, ho pensato a te durante tutti questi venti lunghi anni e solo ora, vecchio e solo, sono pronto a dirti tutto ciò che ho sempre celato dietro la mia maschera dell’apparenza: ti ho amata, Amelie, ti ho amata tanto e ti amo tuttora.
Ti ho anche tanto odiata per avermi lasciato in un modo così improvviso e ingiustificato, ma il mio amore è sempre stato superiore a tutto ciò.
E’ difficile per un uomo orgoglioso come me chiedere aiuto ma, Amelie, sei l’unica che può salvarmi, in tutti i sensi.
Abito sempre presso la stessa residenza di una volta.
Spero che anche tu lascerai cadere la tua maschera, almeno con me, ti aspetto
William Brown
P.S. –

‘La lettera è incompleta! Il post scriptum non è stato inserito!’ pensò Ginny dopo aver letto velocemente la lettera che era scivolata dalle tasche di quello strano ometto misterioso in salotto.
D’istinto prese il telefono e compose il numero dell’amica Evelyn, anch’ella domestica  di una delle amiche della signora Drecht.
Le stava raccontando tutto quando si accorse che, in salotto, era rimasta solo la signora Drecht che la stava fissando; di scatto riagganciò il telefono, si diresse al tavolo della cucina e finse di sbucciare delle mele per preparare una torta la mattina seguente.
‘Per fortuna! Per un pelo! Ma adesso come faccio con la lettera? E’ qui nella tasca del mio grembiule; sarà meglio che dopo, quando la signora torna a letto, sarà prudente porla ai piedi della poltrona dove era accomodato l’ospite di questa sera’ pensò Ginny sospirando.
“Ginny, ti ho vista al telefono! La prossima volta vedi di non far cadere nemmeno una briciola di biscotto da quel maledetto vassoio! Invece di telefonare alla tua amica Evelyn potevi preparare almeno del the per il signor Poirot o portare dei biscotti, era un ospite, Ginny, un ospite!’ urlò frustrata Amelie.
“S-signora, lei mi aveva detto di andarmene…” balbettò la cameriera.
“Che sia l’ultima volta. Buona notte Ginny, non fare tardi.”
Appena la signora Drecht uscì dalla cucina, la cameriera si accertò che fosse nella sua stanza e, furtivamente, fece scivolare la busta contenente la fatidica lettera sotto la poltrona.
Contenta per l’impresa riuscita, anche Ginny andò a dormire.
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La luce della notte trapassava il sottile tendaggio della camera della signora Drecht, proiettando sul muro opposto l’ombra dell’albero frondoso del suo giardino.
Amelie non riusciva a dormire, continuava a pensare a William: che cosa voleva scriverle? Chi l’aveva ucciso?
La sua mente la assaliva di domande e i suoi ricordi divenivano sempre più nitidi; le venne in mente il loro ultimo bacio, prima della sua partenza e del loro definitivo addio.
Ma ora era passato troppo tempo, era troppo tardi.
Amelie si alzò dal letto e si diresse verso il bagno, ma improvvisamente udì un corvo gracchiare e il suono del pendolo che, con tre solenni rintocchi, segnava la mezzanotte.
Amelie vide  materializzarsi davanti a sé il viso dell’uomo che amava, le gambe cedettero, si accasciò sulla moquette lilla della sua stanza e il corvo smise di gracchiare.
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“C’est la vie” disse Poirot ad uno dei poliziotti mentre perlustrava la casa in cerca di indizi.
Era una villetta su due piani in pieno centro abitato, in Gardenrose Street, numero 9; aveva ben due stanze da letto (una per la signora e una per la cameriera), entrambe affacciate sul giardino.
“Signor Poirot, non ci sono indizi, è inutile continuare a cercare: l’assassino ha scassinato la porta, ha fatto irruzione nella stanza e l’ha strangolata.”
“Uomo o donna?”
“Certamente uomo, anche se non ci sono impronte digitali, ma i segni delle mani sono troppo grandi per essere quelli di una donna.  Probabilmente, però, si tratta di due o più complici, ma chi l’ha strangolata è sicuramente un uomo.”
“Interessante” disse Poirot mentre si arricciava i baffi e corrucciava la fronte.
Il suo sguardo cadde sulla moquette, accanto a dove si trovava il cadavere della signora Drecht.
“Un anello...”
Poirot scese velocemente le scale e cercò dappertutto, aprì cassetti, guardò sotto il letto, sotto il divano, ma nulla: la lettera che cercava, come si aspettava, non c’era più, era sparita.
“Vorrei  interrogare la cameriera e la domestica al più presto, se possibile oggi pomeriggio. Sono le principali  indiziate e possibili testimoni.”
________________________________________
“Monsieur Poirot, c’è una persona che le vuole parlare con urgenza”
“Chi è?”
“Madeline, la domestica”
“Tempismo perfetto, falla entrare”


Nota finale dell’autrice
Ciao a tutti! Scusatemi se ho pubblicato il secondo capitolo così tardi, ma sono molto impegnata con la scuola e ho pochissimo tempo da dedicare alla storia.
Ho deciso, seppur con rammarico, di non inserire il capitano Hastings, che personalmente amo, perché vorrei mettere in primo piano i personaggi di Amelie e di Poirot.
Spero che vi stiate appassionando alla storia e che per ora vi sia piaciuta.
Grazie mille a chi mi segue e a chi ha recensito le mie storie.
Alla prossima, aspetto numerose recensioni, un abbraccio 
Ali

 

  
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