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Autore: Son of a preacher man    07/04/2014    5 recensioni
“Non siate ingordi di avventure se non sapete affrontare le sventure”
Proverbio cinese
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Schemino riguardante il contest "Chiedi agli altri"
Lui o lei?
Lei.
Anni? Undici.
È in compagnia? Sola.
Luogo? In piazza, dai.
Stato d’animo? Indignata.
Parola chiave? Unicorni!
 
 
“Non siate ingordi di avventure se non sapete affrontare le sventure”
                                           Proverbio cinese

 
 
PRONTA
 
 
Nonostante l’impetuoso temporale che sta costringendo la folla che mi circonda a ritirarsi, continuo imperterrita a sventolare il mio classico “cartellone da protesta” con sopra la faccia di un unicorno, sorpassata da un’enorme croce rossa. Sotto di essa, una frase urlata: “Unicorni un corno!”.
Sono sempre stata contro il macello di quelle povere bestie. Voglio dire, da quando si sono estinti i polli e i cavalli, se la sono presa con loro! Ah no, miei cari, avrò pure undici anni e sarò importante quanto uno sputo, ma gli unicorni non toccatemeli.
A dire il vero, questi animali venivano già cacciati per il loro corno da decenni. È composta da una pietra molto rara, richiestissima dai più famosi stilisti di tutta York.
Quei palloni gonfiati e quei quattro stracci “di classe” che creano a ogni loro respiro, decorati con gli aggeggi ultratecnologici più inutili del mondo... sapete, mi uccidono. Non letteralmente, mi sembra ovvio, ma non li sopporto minimamente.
Però, sembra che se non si indossino quei maledettissimi corni, si diventi automaticamente un emarginato, un coglione, uno da evitare. Giusto ieri sera ne discutevo con mia sorella e mio papà, a tavola.
Lei ha sedici anni, da due settimane, e si è fatta regalare da mio padre un bel paio di orecchini... peccato che per realizzarli abbiano ucciso un unicorno. Anzi, probabilmente anche più di uno, dato che se non trapiantati in tempo, quelle bestiole muoiono, facendo seccare il loro corno e rendendolo inutilizzabile. Sia chiaro, anche i sopravvissuti all’operazione (dolorosissima, per di più) sono destinati a morire in pochi mesi. E gli unicorni sono animali che vivono per circa ottant’anni, se non di più.
Quindi, a causa di questa moda, stiamo per estinguere quelle fantastiche creature? Sì, diciamo che York non smetterà mai di stupirmi...
A differenza di mia madre, dato che, per l’ennesima volta che partecipo a una protesta, è riuscita a trovarmi in mezzo alla orda di persone disgustata almeno quanto me dallo sfruttamento degli unicorni.
Fatto sta che si sta avvicinando con un’aria tutt’altro che idilliaca e tranquilla.
Sei troppo piccola e blablabla”, “È pericoloso e potresti venire schiacciata e blablabla”... intanto sono sicuramente più grande di una persona che si chiude nel suo angolino, senza esprimere la sua opinione, abbassando la testa a ogni ingiustizia... e sulla questione del venir schiacciata, poi! Non si può neanche permettere, dato che non è altro che l’ennesima pedina di questa società conformista e priva di valori “sani”, che ha soppresso la propria personalità per abbandonarsi alla sicurezza.
Mi nascondo dietro a una signora con una larghissima maglietta con pitturata sopra l’immagine di un unicorno senza corno, con la faccia triste.
- Vieni qua, tu! – mi urla lei, avvistandomi senza problemi in quella sottospecie di gigantesca tenda e afferrandomi per un braccio.
Sotto la pioggia, ci allontaniamo.
Apre l’ombrello.
Notando che mantengo le distanze, mi ordina di spostarmi vicino a lei per evitare l’acqua.
Osservo il manico, indignata. Riconoscerei quella pietra lontano un miglio.
- Hai intenzione di prenderti un malanno?
- E tu hai intenzione di uccidere altri unicorni?
Lei squadra il cartellone tra le mie mani, che stringo gelosamente come se fosse l’orsetto di pezza che tanto coccolavo quando ero più piccola.
Ormai la scritta è colata, quasi subito dopo l’arrivo di mia mamma.
Stiamo per sorpassare il vialetto che ci divide da casa, quando comincio a tossire.
Mia madre si avventa su di me, circondandomi con le sue calde braccia.
Sono troppo arrabbiata per ringraziarla, ma ho troppo freddo per dirle di scansarsi.
Davanti alla nostra piccola casetta color rosa pesca, lei estrae le chiavi (con tanto di portachiavi in “corno di unicorno”). Le studio con lo sguardo, indignata e delusa come non mai.
Capirei un’adolescente con crisi di identità come mia sorella ma una casalinga sulla quarantina, con due figlie e un marito che la ama... che motivo ha di sentirsi “sofisticata”, “alla moda”?
Scavalcherei il cancelletto se non rischiassi di scivolare e rompermi l’osso sacro, quindi aspetto che mia mamma lo apra come Dio comanda.
Entro in casa, togliendomi gli stivaloni bluette che ho rubato a papà prima di uscire, circa un’ora fa.
Lui mi aspetta sul divano, con aria rassegnata, mentre mia sorella non fa altro che digitare lettere sul touch-screen del suo portatile.
A passo svelto, mi avvicino, accarezzandomi la treccia bionda, per farla asciugare.
Rimaniamo in silenzio. Tutti.
- Devo cominciare io? – interviene mia madre, improvvisamente.
Io rimango in piedi, sul tappeto, a farmi rimproverare da persone che non sono in grado di capire quanto sia grave la situazione, quanto tutto il loro castello di carte sia smontabile con una semplice parola: Animalicidio.
Sono stanchissima, stare un’ora sotto il temporale a cantare cori e urlare insulti è davvero distruttivo, anche per una bambina che sprizza energia da tutti i pori come me.
Notando che non li sto quasi ascoltando, limitandomi ad abbassare la testa con un movimento particolarmente teatrale, mia sorella decide di interrompere la “rimproverata” accendendo il televisore.
«Nonostante il numero sempre in salita delle rivolte e delle proteste per negare la nuova legge contro lo sterminio degli unicorni, il Consiglio ha decretato che da domani sera, chiunque sarà trovato a nascondere unicorni invece di consegnarli nelle mani della guardia cittadina più vicina, sarà ufficialmente considerato un fuorilegge e, di conseguenza, trattato come tale. »
Spalanco la bocca e gli occhi, involontariamente. Le mie orecchie, cosa devono sentire dal telegiornale!
Da alcune settimane i membri del Consiglio hanno tirato fuori questa storia del virus letale che colpisce gli unicorni appena nati e che danneggia l’aria che respiriamo, ma gli studi che vengono citati sono completamente inventati. La cosa disarmante rimane, però, la consapevolezza che sono una delle poche ad essersene accorta.
- Visto, Candace? Ecco cosa succede ad andare contro al sistema! – esclama mio padre, alzandosi dal divano con quel suo tipico sguardo alla “te l’avevo detto”. Mia mamma condivide la stessa espressione.
Sono così... diseducativi.
Non riesco a pensare a nulla se non a Kay, l’unicorno di Jordan, la mia migliore amica.
Sto per prendere il giaccone di pelle e rimettere gli stivali, quando mia mamma intercetta le mie mosse.
- Non ci pensare neanche. Tu stasera rimani a casa.
- Ma mamma! Sai benissimo quanto ci tengo a salutarlo!
- No. Fila in camera.
Sull’orlo di un pianto isterico, salgo le scale con aria davvero furibonda.
Non posso nemmeno chiamare Jordan, dato che i miei hanno ritirato il mio cellulare settimana scorsa.
Li odio, li odio, li odio!
Non ho mai avuto un ottimo rapporto con i genitori, superato il periodo in cui ho imparato a usare il vasino. A York, oserei aggiungere, è strano non far parte di un clima familiare particolarmente affiatato. Beh, a casa mia non sono mai avvenuti picnic, escursioni al mare, pomeriggi alle giostre... o almeno, mai avvenuti senza battibecchi o litigi. E mi duole il cuore ammetterlo, ma sono sempre e comunque a causa mia, dei miei ideali, del fatto che odio così tanto il mio Paese da mettere in dubbio i sentimenti che provo per chi mi circonda e mi vuole bene.
Fanculo.
Casa di Jordan non è così distante, basta chiudere la porta a chiave e uscire dalla finestra. I miei sono troppo pigri per salire le scale e controllare che sia effettivamente nella mia stanza e anzi, probabilmente sono perfino a conoscenza del fatto che non starò in questo buco a farmi schiacciare dalla loro prepotenza, dal loro tentativo di tenermi al guinzaglio.
Potrei dire di non essere il loro cane, ma sarebbe una frase ovvia dato che tale specie è estinta da circa vent’anni. Al solo pensiero di quanto l’umanità stia regredendo, nego con la testa.
Mi appoggio sul cornicione, dopodiché mi getto su un possente ramo dell’albero che copre metà della visuale dal punto di vista della finestra.
Voglio scappare, fuggire, raggiungere la mia migliore amica e assicurarle di essere lì per lei, aiutarla a difendere Kay.
In men che non si dica, mi trovo davanti alla sua piccola e graziosa fattoria.
Corro verso la stalla, sentendo i tuoni e guardando i lampi nel cielo, sempre più scuro.
Appena entro, sorrido spontaneamente.
Jordan sta giocando con alcuni fili di fieno, mentre Kay dorme nel suo piccolo recinto.
Appena alza lo sguardo, mi corre incontro, sorridendomi.
Mi salta in braccio con un’energia rigenerante, tanto da rischiare di farmi cadere a terra.
Ci guardiamo negli occhi, per un istante, felicissime di poterci vedere dopo una lunghissima settimana.
So benissimo come mai non è scesa in piazza oggi: avrebbe destato troppi sospetti.
Scommetto la vita di Kay che domani, a casa mia, si presenteranno delle guardie alla ricerca di un unicorno.
Ho sempre odiato questa sorta di “finta facciata”: York parla tanto di assicurare i diritti a tutti quanti, la libertà di espressione, la mentalità aperta, il confronto... peccato che abbiano omesso la particolare per cui chi li ottiene dev’essere tenuto sotto controllo, per evitare evidenti segnali di ribellione o rivoluzione, e che quindi non permette nulla se non una serie di ossessioni e disagi provocati dal coraggio di essere se stessi e non aver paura di andar contro agli ideali del proprio Paese.
- Che hai intenzione di fare con lui? – le chiedo, allontanandomi e aprendo il recinto.
Lei sistema una ciocca di quei capelli mossi che le coprono una parte di occhio, prima di sospirare.
- Candace.
Mi giro, sorridendole.
- Voglio andarmene.
La mia espressione muta repentinamente.
- Cosa?
- Mi do alla fuga, con Kay.
- M-Ma...
- Il confine di York non è così lontano! Galoppando potrei farcela.
Abbasso lo sguardo, deglutendo.
Se c’era una persona che poteva capirmi, consolarmi e aiutarmi era proprio lei... sapere che se ne sta per andare mi distrugge.
- Non fare così, ti prego.
- Possiamo nasconderlo! – rispondo, singhiozzando.
- Non rendere le cose più difficili, per favore.
I suoi occhi mandorlati sembrano molto più decisi e chiari oggi... l’iride sfocia in un nocciola molto vivido. Vivido come la nostra voglia di evadere dal sistema, probabilmente.
- Sappiamo entrambe che chi esce da York non può più rientrare, Jordan! – le rispondo, urlando arrabbiata, prima di pungolarla in mezzo alle costole con il mio stesso dito.
Kay nitrisce. L’ho svegliato.
Abbasso la testa, sorridendo, prima di girarmi sui talloni e camminare cautamente verso l’unicorno.
Il suo colorito grigiastro è in contrasto con la criniera bianca, splendente quanto il corno.
- Dove andrete?
- Ovunque ma lontano da qui. Partiremo tra qualche ora... sarei venuta a salutarti tra poco.
Effettivamente, nemmeno Jordan ha stretto un rapporto molto saldo con il padre, troppo impegnato a gestire il proprio ristorante di cibo orientale Wok per badare alla figlia.
Lui trascorre pochissimo tempo nella fattoria dei nonni, dove invece lei passa praticamente tutti i pomeriggi. Insieme a me.
Sapere di perderla, improvvisamente da un giorno all’altro, di certo non sarà altro che la goccia che farà sboccare il vaso della mia pazienza.
- Il suo corno è solo mio. – mi sussurra nell’orecchio, spuntandomi alle spalle e appoggiando le sue mani sulla mia gracile schiena.
Mi volto di colpo, sfiorandole le labbra con i capelli.
- Portami con te. – la imploro, con gli occhi lucidi.
Lei tentenna, ma finisce per tacere.
Distoglie il suo sguardo dal mio, prima di farmi vedere cosa tiene in mano.
È una collana, a forma di cuore.
- Jordan, io...
Lei appoggia un dito sulle mie labbra, ignorando la mia espressione da cerbiatto spaventato.
Slaccia la collana, accarezzandomi il collo con le sue pallidissime manine da neonata, senza distogliere i suoi occhi dai miei, neanche nel momento in cui ha finito di farmela indossare.
Mi sorride, mascherando una smorfia spaventata che però intercetto immediatamente.
Osservo il cuore. C’è scritto sopra il suo nome.
- No, Jordan, non posso accettarla.
Gliel’ha regalata sua madre, prima che morisse per quella impronunciabile malattia rara al midollo osseo. Me lo aveva confessato due o tre anni fa, proprio qui.
- Voglio che tu la tenga sempre con te.
- Non ce ne sarà bisogno. Io ti accompagno, il caso è chiuso.
Lei mi guarda, forse sotto una luce diversa, dati i suoi occhi. Sembrano quasi illuminati, illuminati da una serie di immagini che abbiamo passato in questi anni e che potremmo passare nel momento in cui avremo sorpassato il confine di York.
- So che lo vuoi e che ti imbarazza chiederlo, quindi verrò e basta, ok?
Le scappa un singhiozzo, ma annuisce, chiudendo gli occhi.
Sto per abbracciarla, quando un tuono ci fa balzare in aria. Perfino Kay sembra essersi agitato.
Jordan sorride spontaneamente, quasi ridendo.
- Che c’è? – le chiedo, ricambiando il sorriso.
- È una pazzia.
- Scappare?
- Sì, è una cosa da fuori di testa.
Io scrollo le spalle, grattandomi il braccio, mentre lei si appoggia sul dorso dell’unicorno. La imito, sedendomi poco distante da lei.
Le afferro la mano, come per sentirmi meno sola in un mondo che non ci capisce per niente, che ci interpreta come delle naturaliste rompipalle.
Jordan mi guarda, in lacrime.
- È una cosa più grande di noi, vero? – mi chiede, insicura.
- Sicuramente.
- Ma ce la faremo. È la cosa giusta da fare. – aggiungo, stringendo la presa e fissandola.
Presa dall’emozione del momento, avvicino la testa, così da sfiorarle la bocca. Questa volta, però, con le mie labbra.
Lei non si tira indietro, quindi appoggio le mie braccia sulle sue spalle, sorridendo spontaneamente.
Sì, forse sono una sfigata, l’unica povera illusa a credere ancora in una società ormai distrutta moralmente. Sono una ribelle, un fumogeno che a poco a poco sta cercando di ottenere il suo spazio nel mondo. Sono una bambina, certo, ma sono pronta a sentirmi libera.
Pronta a esprimere quel che provo senza provvedimenti.
Pronta a scappare dal mondo senza venire rincorsa.
Pronta a difendere gli unicorni, ad amare Jordan, a correre via dai miei genitori.
Rimanere integra ai miei ideali, alla mia idea di libertà, di vita, di amore.
Non sarà facile, ma ce la farò.
 
Sono pronta.
Pronta a cambiare le cose.
Per sempre.
   
 
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