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Autore: Ryta Holmes    07/04/2014    11 recensioni
Dopo mille anni di attesa, il re del passato e del futuro dorme ancora tra le acque di Avalon. Merlin ha solo una richiesta per la Dama del Lago.
“Fammi dormire. Consenti anche a me di dormire finché non sarà quel tempo. Ho vissuto tanto a lungo e la mia immortalità è una maledizione se tutto ciò che posso fare è attendere l’altra faccia della mia medaglia. Allora fa dormire anche me, permettimi di svegliarmi quando sarà il momento giusto.”
“Merlin…” la Dama apparve titubante. “Sei sicuro di ciò che mi chiedi? Hai detto bene le tue parole?”
Il mago non capì. “Sì… non saprei in quale altra maniera formulare tale richiesta.”
“Le parole sono importanti, Merlin. Ciò che mi chiedi sarà esaudito ma ci saranno delle conseguenze.”
L’uomo serrò la mandibola e represse ogni paura. “Sono pronto alle conseguenze…”

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Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Desclaimer: come sempre scrivo senza scopo di lucro, i personaggi di Merlin non mi appartengono, perché se lo fossero avrei un lavoro!

 

IL MOMENTO GIUSTO

Capitolo 16

Il momento giusto

 

Qualcosa  non  andava, Arthur ne era certo. C’era un alone violaceo quasi all’altezza del fianco, lì dove la finiva la cassa toracica. Se n’era accorto fin da subito, perché faceva davvero male e ogni volta che tentava un respiro quel dolore si acuiva.

Dapprima Arthur non vi aveva dato molto peso, immaginò che nel momento in cui era stato sbalzato fuori dal veicolo, il suo fianco avesse cozzato contro lo sportello della gip oppure l’urto poteva essere avvenuto quando era atterrato sul terreno.

Aveva pensato si trattasse solo di un livido e seppur con cautela, si era rimesso in piedi e assieme a Merlin si era prodigato per allestire un campo di fortuna. Non che il mago gli avesse dato molto spazio, in realtà. Era più esatto dire che Arthur aveva tentato di aiutare Merlin.

Lo stregone si era imposto e gli aveva letteralmente ordinato di riposare, per cui gran parte del lavoro, dal costruire il falò alla realizzazione di trappole per la protezione del perimetro, lo aveva fatto Merlin, mentre lui borbottava seccato.

Ovviamente non aveva detto al mago di quel livido: lo aveva già visto abbastanza preoccupato, ammettere che forse si era pure ferito, lo avrebbe fatto agitare ancora di più. Quando però l’alone violaceo sul suo fianco si era allargato e con quello anche il dolore, Arthur aveva iniziato a preoccuparsi seriamente.

Ora era lì, sul suo giaciglio di fortuna a fare finta di dormire, mentre il fianco gli toglieva il respiro. Merlin si era offerto di fare l’intero turno di guardia, perché era così scosso che non sarebbe riuscito a dormire, aveva detto.

In realtà Arthur sospettava che fossero anche ben altri pensieri che lo tenevano così sveglio e lo agitavano.

Non si era del tutto convinto dell’ammissione del mago. “La mia magia non si risveglierà mai.” Gli aveva detto, eppure Arthur sospettava che ci fosse ben altro sotto e che quelle parole fossero frutto di una lunga riflessione dello stregone.

Probabilmente le Disir gli avevano detto altro e lui era arrivato a quella conclusione.

E mentre lo osservava da lontano, il suo profilo preoccupato fisso sulle fiamme del falò, si convinse sempre di più che doveva sapere. Almeno prima che…

Diamine, quanto doleva quel fianco. Mentre Merlin era impegnato a sistemare le trappole, aveva cercato la cassetta del pronto soccorso nel fuoristrada capovolto e l’unica cosa che aveva trovato era stata una di quelle medicine che Claude una volta gli aveva spiegato, servivano per gli infiammi.

L’aveva ingurgitata speranzoso ma l’unico effetto che aveva avuto era stato quello di un grande bruciore di stomaco che si era aggiunto al dolore.

Arthur era seriamente preoccupato, eppure aveva deciso di tacere a Merlin il suo stato. Cosa avrebbe potuto fare lui? Sì, un tempo era stato allievo del vecchio medico Gaius, ma allora si usavano piante e impacchi e poi la magia. Arthur era certo che spesso, le sue miracolose guarigioni fossero state opera del dono con cui era nato Merlin.

Ora invece, cosa avevano? Nel deserto, abbandonati, con un mezzo ribaltato che non ne aveva voluto saperne di smuoversi – e dire che Merlin ci aveva provato ma era così mingherlino, come avrebbe potuto da solo rivoltare un fuoristrada? –

Erano abbandonati a loro stessi e se Merlin avesse saputo della sua ferita, probabilmente sarebbe impazzito, perché la sua magia ancora non c’era.

Arthur non poteva dirglielo, non poteva. Eppure sapeva che qualcosa non andava. Le forze lo abbandonavano, lentamente, inesorabilmente. Come un lento stillicidio, sentiva che il suo corpo perdeva la vita, goccia a goccia.

Gli era già successo una volta… e poi era morto. Per cui sapeva benissimo a cosa andasse incontro.

E come allora, mentre tutto perdeva di importanza – il suo regno, i suoi affetti lontani, i suoi sogni – soltanto una cosa rimaneva lì, fissa nella sua mente. Solo quel volto appuntito e squadrato, quegli occhi blu che poche volte aveva visto tingersi d’oro, quelle orecchie assurdamente enormi.

Merlin era sempre lì, fisso e immobile nella sua mente provata. Neanche per un istante, perdeva la sua luce né i suoi contorni si sfocavano nell’immagine del suo pensiero.

E anche in quel momento come allora, accadde qualcosa che lo turbò. Arthur sentì la stessa identica sensazione, con la stessa intensità e lo stesso ardore: dispiacere.

Il re di colpo si rese conto di essere triste, perché se fosse morto, non avrebbe più potuto vedere Merlin.

Che pensiero assurdo! In fondo era lui che avrebbe perso coscienza, di cosa si dispiaceva? Per Merlin sarebbe stato molto peggio, perderlo ancora, dopo tanta attesa e tante peripezie.

Perché lui era così dispiaciuto del fatto di non poterlo rivedere più?

Ma soprattutto era così certo che sarebbe di nuovo finita in quel modo? Il destino che fine aveva fatto?

Arthur sospirò e chiuse gli occhi, avvertendo quella stanchezza aumentare.

Un ultimo pensiero prima di lasciarsi prendere dal sonno, qualcosa di profondo a cui non seppe dare un nome ma che sapeva solo di occhi blu e di casa.

*

La chiave per risvegliare la Magia è il Re.

Quante volte Merlin si era ripetuto quella frase, nelle ultime ore? Ormai era diventato un mantra, una cantilena che nella mente era risuonata ancora e ancora, senza dargli tregua.

La chiave per risvegliare la Magia è il Re.

Tante grazie. Le Disir avevano scoperto l’acqua calda. Merlin un poco sospettava che in tutta quella faccenda c’entrasse Arthur, perché altrimenti non si sarebbe mai potuto spiegare il fatto che quando era stato ferito per salvarlo, la sua magia si era per un momento risvegliata.

Un atto di affetto sincero, quello era stato il frapporsi tra lui e l’incantesimo. E quando Arthur lo aveva portato in salvo, terrorizzato di averlo potuto perdere e manifestando quindi a sua volta l’affetto per lui, ecco che la magia si era risvegliata.

Solo un momento, ovviamente. Perché poi era tornato l’imbarazzo tra loro, quel muro fatto di sfiducia e di frasi non dette e lei, la magia, se n’era tornata nel suo antro nascosto.

La Magia ritorna.

Le due facce della medaglia riporteranno la magia.

Ed ecco un po’, guarda caso il chiarimento con Arthur era avvenuto subito dopo. Finalmente niente più litigi, niente più imbarazzi. Solo Merlin e Arthur, come un tempo. Una e l’altra faccia di quella strana moneta che aveva attraversato i secoli e tutto ciò che era avvenuto nel mezzo.

A quel punto, non aveva di nuovo sentito la magia? Non era riuscito a trovare forse le Disir? C’era voluto un po’ certo, ma chi altri avrebbe potuto?

Certo non Claude. Insomma, era un mago, se le Disir avessero potuto, avrebbero usato lui per arrivare a Merlin. Ma là nella grotta erano state chiare, Merlin doveva raggiungerle, perché il destino si compisse. Ma senza il suo dono, non ce l’avrebbe mai fatta.

Allora la medaglia era tornata come prima.

Sbagli.

Una seguace delle Dea Triplice lo aveva quasi fatto sobbalzare, quando lo aveva inchiodato con quella replica decisa.

La medaglia non è mai stata una vera medaglia.

Ma come? Lui ed Arthur non avevano forse creato il regno di Albion? Non erano riusciti nell’intento tracciato dal loro destino? Non era forse stato Arthur un grande re per il suo popolo? E lì accanto a lui non c’era forse stato sempre il suo fidato Merlin?

Ti sei mai chiesto, sommo Emrys, perché il Destino ha condotto il Re alla morte?

Avevano parlato assieme, le Disir, quando gli avevano posto quella domanda. E Merlin aveva sbuffato ironico.

Oh, certo che se l’era chiesto! Non aveva fatto altro per un millennio, perdiana! Quante volte si era domandato, il motivo per cui Arthur fosse morto, proprio quando il suo percorso era giunto al momento più cruciale? Certo, dopo c’era stata Guineviere, che aveva portato avanti il Regno per lungo tempo, mantenendolo prospero e in pace, grazie anche alla presenza dei cavalieri sopravvissuti. Ma perché non era stato Arthur la guida per Albion?

La medaglia era imperfetta.

Fu un fallimento voluto dal Destino.

Merlin non ricordava le Disir così ovvie, sul serio. Non erano loro che dovevano dargli le risposte? Certo che fu un fallimento! Merlin lo aveva sempre saputo.

Non aveva senso tutto quello che era accaduto. Metterci anni e anni, per raggiungere un obiettivo che poi era sfumato in un battito di ciglia.

Allora perché lui era nato? E perché Arthur doveva ritornare?

Hai posto le giuste domande.

Ecco.

Non era il momento giusto.

Quelle parole avevano scosso profondamente l’animo dello stregone, perché era stato lui stesso a pronunciarle appena un millennio prima ad una certa Dama del Lago. Svegliami al momento giusto, le aveva chiesto.

E lui non si era risvegliato assieme ad Arthur ma ben sei anni dopo, in un altro momento che per lui era sempre sembrato sbagliato. Invece le Disir gli avevano detto tutt’altro.

Il Re doveva rinascere ancora.

Ora che quel momento è giunto, la medaglia potrà saldarsi.

Il Re è la chiave.

La Magia ritorna.

E senza più gli ostacoli del passato.

Il Destino farà il suo corso.

Ostacoli… quali ostacoli? Si era chiesto allora il mago, sopraffatto da quelle rivelazioni. Le Disir avevano taciuto e lui si era sentito molto stupido. Perché le sacerdotesse della Dea Triplice sapevano. Merlin aveva già capito quali erano stati gli ostacoli che avevano impedito la perfetta unione della medaglia.

A quel punto, lo stregone non aveva avuto alcun dubbio. E come se si fosse trovato davanti un puzzle fino a quel momento insolubile, tutti i pezzi erano andati al proprio posto, sbrogliandogli la mente.

Perché il re era la chiave e la sua magia poteva risvegliarsi soltanto grazie al profondo affetto che nutriva per lui.

Perché non ne era stato così scioccato? Perché nonostante le parole delle Disir lo avessero scosso, non si era dimostrato tanto sorpreso?

Possibile che in cuor suo Merlin sapesse già le risposte?

Eppure…

“Merlin!”

Un richiamo che lo riportò bruscamente alla realtà. Era tanto immerso in quelle considerazioni che aveva perso il respiro, quando Arthur aveva esclamato il suo nome.

E come riemergendo da un tunnel buio, il mago si era accorto all’improvviso del cielo azzurro e del sole appena sorto a est. Aveva rimuginato tutta la notte.

Si passò una mano appesantita sugli occhi e li stropicciò sperando di poter riavere potere sul proprio corpo in tempi brevi e di non crollare a terra per la troppa stanchezza. Perché si sentiva così esausto…

“Merlin, insomma!”

Arthur era in piedi, il corpo appoggiato pesantemente contro la gip ribaltata.

Il mago osservò per un lungo momento il fulcro di tutti i suoi pensieri e avvertì quell’insolita ondata di calore che lo coglieva ormai ogni volta che lo fissava, da quando era uscito dalla caverna delle Disir.

Fino a che punto, arrivava il suo affetto per il re?

Quella era stata un’altra delle domande che si era posto, durante la conversazione con le sacerdotesse. Eppure non aveva potuto darsi una risposta, non avrebbe dovuto pensarci, ancora, non dopo aver vissuto il resto della conversazione con le Sacerdotesse.

“Scusatemi, ero sovrappensiero. Come vi sentite?” domandò distrattamente, distogliendo lo sguardo e prendendo a raccogliere il bivacco. Ora dovevano decidere cosa fare e come muoversi, eppure la sua testa era ancora così piena della parole delle Disir che non riusciva a ragionare lucidamente.

“Sto… bene. Sto meglio.” Spiegò il sovrano e Merlin era troppo distratto per accorgersi del suo tentennamento. Continuò a raccogliere oggetti, lo sguardo fisso sulla sabbia e la mente altrove.

Se anche avesse dato una giusta definizione a quel gesto di affetto, le Disir erano state chiare.

Stai attento, sommo Emrys.

Ciò di cui parliamo avrà delle conseguenze.

Merlin non aveva esitato. Era sempre stato pronto alle conseguenze. Anche quel giorno di mille anni prima, quando la Dama del Lago lo aveva ammonito, che dormire con il re avrebbe comportato degli esiti imprevisti.

E di nuovo si era sentito uno sciocco. Perché ciò che rivelarono le Disir, lo avevano ugualmente colto impreparato.

La Magia ritorna ma ciò, avrà un prezzo.

La Magia è legata al futuro del re.

E’ stato il Destino a volere il Re del Passato.

Ma sarà la Magia a cancellare il Re del Futuro

Ricorda, sommo Emrys.

Ciò che il Destino ha fatto del Re, la Magia lo toglierà.

Stump. Fu un rumore sordo a catturare la sua attenzione. Poi la sua mente smise di macinare come un orologio e fu tutta per Arthur.

Il re giaceva a terra, con la faccia nella sabbia.

*

“Arthur… Arthur!”

Sentiva la sua voce. Così forte nelle sue orecchie, così piena. Così spaventata.

Il re schiuse le palpebre e tra il velo della febbre, intravide lo sguardo teso del suo compagno di una vita. Merlin… caro e stupido Merlin. Perché si preoccupava così tanto per lui? Perché lo aveva sempre servito con tanta dedizione? Perché aveva aspettato tanto il suo ritorno? Perché?

“Arthur!”

Lo richiamava ancora, sconvolto. Il re poteva sentire le sue mani sul volto, quelle dita lunghe e affusolate, i polpastrelli contro la sua pelle accaldata. Quelle mani erano fresche e accomodanti per lui, per un attimo pensò di volerle sul suo viso per sempre.

“Mi dispiace…” quelle scuse non le aveva previste, eppure erano sfuggite così dalle sue labbra secche, come se le parole fossero liquide e lui non riuscisse a contenerle.

Merlin lo accarezzò piano, le dita fresche gli percorsero la fronte e la guancia. Quanto trovava piacevoli quelle premure. “Di cosa vi dispiacete?”

“Non… non ti ho detto… niente…”

Il mago capì cosa intendesse, quando Arthur gli indicò il fianco ferito. Quelle dita rassicuranti si scostarono brevemente per sollevare la magia e constatare le sue condizioni e il re se ne dispiacque. Voleva ancora le mani di Merlin sul suo viso.

“Siete un imbecille… ma questo devo avervelo già detto.”

Caro Merlin, buono e coraggioso fino alla fine. Stentava un sorriso in quel momento, provava a fare del sarcasmo. Eppure i suoi occhi erano velati di lacrime, Arthur poteva vederle appannargli la vista e riempirgli l’incavo degli occhi.

Voleva continuare a guardarli ma Merlin li strinse forte, serrando la mandibola e d’un tratto intorno a loro si alzò un vento. La sabbia si sollevò da terra e le raffiche presero a fischiare con forza.

Merlin si fece avanti, coprendo con il proprio corpo quello del re e lo strinse forte abbracciandolo.

“Non tornare… ti prego… non tornare…” lo sentiva mormorare e il re non capiva. Chi non doveva tornare?

“Non ora… non se… ti prego, non tornare…”

Il vento continuò a turbinare forte, al sovrano parve di essere nel bel mezzo di una tempesta di sabbia, eppure neanche un granello colpiva lui o il mago, come se loro fossero al centro del ciclone… o forse più precisamente fossero il centro del ciclone.

La tempesta durò ancora alcuni minuti, poi così come era venuta, se n’era andata, riportando la quiete nel deserto intorno a loro due. E Arthur potè finalmente vedere: il fuoristrada era in piedi, magicamente rivoltato nel verso giusto.

Il sovrano lo rimirò, assieme a Merlin, che adesso si era sollevato da lui e fissava la gip turbato.

“Merlin… la tua magia…”

Lo stregone tornò a guardarlo, gli occhi azzurri ancora umidi, le labbra schiuse per un respiro veloce e troppo irregolare per poterlo trattenere.

Arthur in quei momenti si chiese se per caso Merlin non si riferisse alla sua magia. Era lei che non doveva tornare?

“Andiamo.” Fu sollevato di peso e lui strinse i denti, mugolando per il dolore. Merlin cercò di fare quanta più attenzione possibile ma doveva agire in fretta, per cui lo trascinò fino alla gip e, con una forza che Arthur sapeva, tirava fuori sempre nei momenti decisivi, lo caricò sul lato del passeggero. Poi si mise alla guida e acceso il motore, partì a tavoletta tra le dune.

“Dove andiamo?”

“A salvarti la vita. Andiamo ad Avalon.”

Chissà come mai sapeva già la risposta. Gli venne spontaneo lasciarsi andare ad una breve risata. Scostò la faccia spalmata contro il finestrino e si soffermò ad osservare Merlin. Il suo volto tirato, fisso sulla strada, le mani strette al volante con foga, la postura eretta di chi sta all’erta ad ogni minimo cambiamento.

Lo osservava Arthur e sorrideva. E mai come in quel momento, mentre capovolgeva il suo mondo ancora una volta e lo terrorizzava con le sue sorti, provò una forte emozione dentro.

Affetto. Profondo affetto per quell’idiota dalle orecchie enormi. Per quello che era diventato negli anni, anzi nei millenni un amico e forse anche di più.

Perché definire Merlin amico in quel momento, gli sembrava troppo poco. Veramente troppo poco. Neanche se accanto ci avesse aggiunto qualche aggettivo, come grande, buono o migliore. No, non sarebbe stato mai abbastanza.

“Non funzionerà…” lo aveva detto convinto, ridacchiando ancora. Se avesse potuto guardarsi in uno specchio, di certo avrebbe visto sulla sua faccia quel mezzo sorriso irriverente. Ora si sentiva così, ora che tutto perdeva di importanza.

Merlin non lo guardò. “Sì, invece.”

“Potresti provare… a guarirmi tu.” Tentò e vide il mago scuotere il capo.

“Non posso, accidenti non posso!” quegli occhi di nuovo velati di lacrime a cui veniva impedito di scendere. “La magia non è ancora tornata.”

“Ma la gip…”

“Sono solo momenti! Non è tornata ancora del tutto…. Per fortuna.”

Ad Arthur venne di nuovo da ridere. Cosa ci trovasse di così divertente non lo sapeva, forse era la morte che si avvicinava per la seconda volta e lui era così abituato a guardarla in faccia che lo trovava quasi divertente.

“Mi pare che la volessi questa magia… e poi potresti guarirmi. Non… non sarebbe tutto… più semplice?” quell’intera frase lo aveva spompato. Accidenti, quanto grave si era ridotto se non riusciva nemmeno a parlare?

“Tu non capisci….” Merlin strinse i denti. “Non capisci! La magia cancellerà il re del futuro… credevo… credevo avresti soltanto perso il regno ma non… non questo!” finalmente le scie umide gli rigarono il volto e Arthur smise di trovare tutto divertente. Si sentì profondamente triste e il pensiero che non avrebbe più rivisto Merlin gli fece più male della sua ferita al fianco.

“Cosa… cos’è che non capisco, Merlin? Cosa vuoi dirmi?” replicò allora, seccato. Riuscì persino ad alzare un po’ la voce, tanto si sentì frustrato.

“Tu morirai!” gridò alla fine il mago, altre lacrime riempirono i suoi occhi, che ora gli rimandavano uno sguardo disperato. “Quando io avrò la magia, tu morirai!”

Tornò a guardare la strada, lasciando Arthur a digerire quella pesante rivelazione. Dopo istanti che gli parvero eterni, volle parlare. Voleva a tutti i costi sentire la sua voce, che aveva chiuso dietro le labbra strette in una linea sottile e impegnate a trattenere un pianto che non voleva cessare.

“Per questo non volevi…”

“Lei sta tornando Arthur, sta tornando! E io non posso fermarla da solo.”

“Che… ahia… che vuoi fare ad Avalon?” chiese, il fianco per un momento gli aveva mozzato il respiro ma lui doveva sapere tutto. E soprattutto voleva ancora che Merlin lo toccasse.

“Baratterò la mia magia con la tua vita.”

“Ma…”

“No! Dobbiamo fare un tentativo. Non posso lasciarti morire, il passato non si deve ripetere.”

“Che ne sarà di te senza la tua magia?”

La domanda rimase senza risposta. Merlin strinse di nuovo le labbra e non parlò più. Continuò a zigzagare tra le dune, in cerca del passaggio per il lago di Avalon. Forse poteva sentirlo adesso, come aveva fatto con le Disir, ad Arthur non importava molto.

Era troppo impegnato a riflettere su quella faccenda che da qualunque parte la si guardasse, finiva con il sacrificare qualcosa di importante. La sua vita o la magia di Merlin. Ma perché? Che senso aveva?

“E’ questo che ti hanno detto le Disir?” chiese, la voce gli usciva così debole, però il tono era sempre lo stesso di quando pretendeva una risposta sincera.

Vide Merlin annuire lentamente, lo sguardo ancora alla strada.

“Il ritorno della magia avrà un prezzo. Ciò che il destino ha fatto del re, la magia lo toglierà.”

Arthur si prese del tempo per assaporare quelle parole. Sapevano di condanna… e di fregatura.

“Un bel problema.” Sentenziò dopo un lungo minuto di silenzio. E inaspettatamente Merlin accennò un sorriso, sbuffò scuotendo la testa e Arthur fu contento. Vederlo sorridere era una cosa a cui teneva tanto.

“Vi salverò questa volta.” Gli disse, tornando velocemente serio.

Arthur annuì ma non ne era convinto. Le forze erano ancora più risicate della sera prima e tutto stava perdendo di consistenza. Stranamente non sentiva nemmeno più la pressione del corpo contro il sedile su cui era adagiato. Non sentiva niente. Persino il dolore al fianco stava diminuendo. E Arthur sapeva che non era per una miracolosa guarigione. Il suo corpo se ne stava andando.

Un’ondata di paura lo colse senza preavviso e lui boccheggiò. Non era la morte a terrorizzarlo ma ben altro. Aveva pensato che andarsene avrebbe significato lasciare di nuovo solo Merlin per l’eternità.

*

L’aveva trovato. Nonostante la magia non si fosse ancora risvegliata, poteva finalmente sentirla quando era vicina a lui. Aveva seguito quella traccia debole fino a che non si era sentito formicolare tutto e allora aveva rallentato, nella speranza di trovare presto il passaggio per entrare ad Avalon.

Lo percepiva. Così come la sua magia si destava da un lungo sonno, anche quel regno sovrannaturale tornava al potere di un tempo.

Probabilmente era lui stesso che ne aveva consentito la rinascita. Lui che era la personificazione della magia, si risvegliava e così faceva anche nel mondo.

Eppure tutto questo non lo rallegrava, né gli dava serenità. Al contrario. Perché se davvero aveva compreso le parole delle Disir, allora per riavere la sua magia, avrebbe dovuto perdere Arthur.

Il ritorno della magia avrebbe cambiato il destino del re e il passato sarebbe tornato, imperterrito. La sua morte, ancora una volta, terribile, implacabile… no. No! Non lo avrebbe permesso, non questa volta.

Due millenni prima aveva raggiunto il lago troppo in ritardo e Arthur gli era spirato tra le braccia quando ormai era a pochi passi dalla meta. Ma questa volta le cose sarebbero andate diversamente, questa volta, lui avrebbe salvato Arthur.

E se per farlo avrebbe dovuto donare una parte di sé, allora lo avrebbe fatto senza esitare.

Il ritorno della magia avrà un prezzo. Beh, se doveva essere Arthur, allora il prezzo sarebbe diventato la magia stessa.

Quando avvertì forte la presenza di Avalon, Merlin inchiodò e per un momento ebbe paura che Arthur si ritrovasse spalmato sul cruscotto. Per fortuna ebbe la prontezza di riflessi di acchiappargli una spalla appena in tempo.

Senza prendersi nemmeno un respiro di troppo, scese dal fuoristrada e tirò fuori il sovrano, cercando di non provocargli ulteriore dolore. Difficile, perché lo sentì gemere più volte, nonostante in quel momento sembrasse anche poco lucido.

“Avanti, resistete… manca poco ormai.”

“Sono… stanco…” mormorò Arthur e Merlin deglutì a vuoto la paura.

“No!” esclamò. “Non fatevi venire strane idee… per favore… resta con me Arthur.”

Quelle parole accorate ebbero l’effetto desiderato. Merlin aveva notato che tutte le volte in cui gli era sfuggito un poco di confidenza in più e gli aveva dato del tu, Arthur ne era sempre rimasto colpito. Non lo aveva mai rimproverato ma al contrario sembrava aver fatto tesoro di quei momenti.

Ora Merlin voleva trasmettergli tutta la sua preoccupazione con quel tono confidenziale, che anche lui aveva sempre considerato speciale. Perché erano i momenti giusti, quelli in cui crollavano tutte le barriere ed entrambi sembravano toccare quel punto più profondo dell’altro che mai nessuno era riuscito anche solo a sfiorare.

Merlin non voleva più barriere tra lui e Arthur, non più. E non perché si trovavano nel terzo millennio e i tempi erano cambiati, era molto più profondo il motivo per cui il mago voleva appropriarsi dell’anima di Arthur.

C’era quell’affetto a cui lui non aveva dato ancora un nome o a cui più semplicemente aveva paura a darne uno, che spingeva e premeva affinché il muro restasse giù.

“Non mollare, Arthur, non questa volta, ti prego…”

Il sovrano aveva stretto con un poco più di forza il braccio di Merlin su cui si sorreggeva, mentre veniva trascinato tra due alte dune di sabbia. Non aveva parlato, forse per poter concentrare quel poco di energia che gli rimaneva, nel muovere i piedi verso la loro meta e forse unica salvezza.

Merlin tirò dritto tra le due dune e come attraversando un velo, di colpo la loro visuale cambiò. Il lago di Avalon comparve davanti ai loro occhi in tutto il suo mistico splendore.

“Ci siamo…” Merlin continuava a parlare, un po’ con l’intento di tenere sveglio Arthur, un po’ per impedirsi di pensare a quanto precaria fosse tutta la loro situazione. E anche un po’ per non piangere, perché per quanto fosse deciso nelle sue azioni, tutti quei momenti gli riportavano alla mente ricordi troppo dolorosi che non credeva avrebbe mai potuto rivivere. Invece eccoli lì, più intensi e più crudeli di prima, che ritornavano meschini a turbarlo ancora una volta e a gettarlo nella disperazione.

Lasciò andare Arthur, adagiandolo con dolcezza sul prato erboso e gli regalò una veloce carezza sul viso e un sorriso, che il re accolse con piacere, perché lo vide ricambiare con un’espressione simile, seppur mescolata alla sofferenza.

“Dama del Lago!” gridò poi a gran voce, sollevandosi in piedi e rivolgendosi allo specchio d’acqua. “Dama del Lago, ti prego! Vieni da me!!”

Merlin dovette richiamarla altre due volte, prima che dal lago l’acqua iniziasse ad incresparsi. Quando Freya comparve in tutta la sua luminescenza fatata, Merlin dimenticò persino di rimirarla, come faceva sempre ogni volta che l’aveva rivista.

Ma stavolta non c’era tempo, questa volta era più importante salvare il suo re, tutto il resto non contava.

“Dama, ti prego!! Arthur non può morire di nuovo!”

“Merlin…” iniziò la donna, ma il mago la interruppe, continuando a perorare la sua causa con passione.

“Ti scongiuro, prendetevi la mia magia! In cambio della vita di Arthur, prendete la magia!”

“Merlin la tua magia è legata all’affetto che tu provi per il re. Lei torna perché la medaglia è salda.” Spiegò la Dama, paziente. Merlin la vide però corrugare la fronte con preoccupazione e lui per un attimo si sentì rincuorato perché sapeva che la vecchia Freya teneva ancora a lui e alla sua felicità.

“Sì ma non servirà a niente la mia magia, senza il re!” continuò lui accorato. “Perciò volete o no accettare questo scambio?”

Seguì un lungo silenzio nel quale, Merlin temette di morire soffocato tanto aveva trattenuto il respiro. Poi la Dama pronunciò la sua sentenza.

“Non è possibile. Mi dispiace, Merlin.”

Il mago fece alcuni passi in avanti scioccato, l’acqua alle caviglie che nemmeno avvertiva.

“Come sarebbe a dire?! Perché?! Il re sta morendo, per la miseria!! Ho bisogno di aiuto!”

La Dama parve ancora più dispiaciuta ma non accennò un movimento. “Non puoi fermare la magia o abbandonarla, Merlin. Lei fa parte di te, tu sei la Magia. Quello che tu chiedi è impossibile.”

“Ma Arthur… morirà…”

“Devi lasciare che il destino si compia Merlin, devi accogliere la magia e accettare le conseguenze. E’ così che cambierai il futuro.”

Abbandonò le braccia lungo i fianchi, lo scoraggiamento lo colse tutto e perse ancora il respiro per colpa dei singhiozzi che premevano per uno sfogo. Ma ora di morire soffocato o meno, non gli importava più.

*

Arthur osservava dispiaciuto le spalle ricurve del mago. Poteva sentirne i singulti, Merlin cercava di soffocarli ma lui poteva percepirli benissimo, perché anche se non faceva rumore, la sua schiena sobbalzava ritmicamente e non si accennava a voltarsi.

Lasciò che si prendesse quel tempo per calmarsi e non fiatò, anche perché non aveva molto da dire. In fondo lui se lo aspettava, fin dall’inizio era convinto che anche quella volta sarebbe finita così.

D’altronde lui non era il re del passato e del futuro? Probabilmente funzionava che arrivava, tirava su un regno coi fiocchi e quando ormai gli altri potevano far soli, lui moriva, finiva sulle acque del lago di Avalon, fino al prossimo risveglio.

Forse era quello il suo destino.

E il destino di Merlin qual era? Anche lui avrebbe di nuovo dovuto aspettarlo per secoli e millenni come aveva già fatto? Dei del cielo, no! Non lo avrebbe permesso! Non poteva condannare il suo Merlin a quella tortura.

Si lasciò sfuggire una breve risata, stupita. Aveva davvero detto, il suo Merlin?

Fino a che punto teneva a quell’idiota?

Si era ripetuto così tante volte quella domanda e altrettante volte non si era mai dato una risposta ben precisa. Un po’ perché non lo sapeva sul serio, un po’ perché aveva paura.

Ma adesso che la paura non c’era più, adesso che la morte era vicina e ogni sciocco timore aveva perso di importanza di fronte alla sua tragica situazione, ora le cose gli sembravano un po’ più chiare.

Merlin finalmente si voltò e sorrideva. Anzi, a dirla tutta faceva una smorfia. Perché chiamare sorriso quell’espressione sarebbe risultato ridicolo. Il mago aveva rivolti gli angoli della bocca all’insù ma i suoi occhi erano disperati e il volto era rigato dalle lacrime.

Si avvicinò, inginocchiandosi accanto a lui e gli posò una mano sul braccio.

“Merlin, abbracciami.” Nelle orecchie e sulle labbra, l’eco di ricordi lontani e sbiaditi. Eppure questa volta non era così tardi. Questa volta poteva ancora guardarlo lucidamente negli occhi e fissare nella memoria quel blu così intenso, che in tante occasioni aveva sfidato apertamente.

Il mago non se lo fece ripetere un’altra volta, lo prese per le spalle e lo strinse tra le braccia, sul volto ancora quell’espressione ridicola.

“Non sei credibile…” gli fece notare e Merlin sbuffò tra le lacrime, poi decise di asciugarsele passandosi una manica sul viso.

“Va bene la smetto… non vorrei pensassi che ci tengo così tanto a te.”

Arthur ridacchiò ancora, rasserenato nell’abbraccio di Merlin che al momento gli sembrava il posto migliore al mondo in cui stare.

“Vedila dal lato positivo… che ne sarebbe stato di te senza la magia…”

Vide lo stregone scuotere con vigore il capo e guardarlo con convinzione mentre gli replicava a tono. Arthur lo fissò, il blu dei suoi occhi era tutto ciò che vedeva adesso, nient’altro aveva importanza.

 “E cosa ne sarà di me, senza di te?”

 Il re chiuse gli occhi. Lasciò che quelle parole risuonassero per un po’ nella sua mente, per poterle assaporare dentro di sé, per capire quali corde del suo cuore avevano vibrato e cosa avessero provocato nel tumulto della sua anima.

E quando aveva riaperto gli occhi, aveva capito. Ogni cosa.

“E’ per me… che si è risvegliata la tua magia?”

Merlin aveva annuito e Arthur non aveva più avuto bisogno di altre conferme. Non più domande, non più risposte. Arthur adesso sapeva e basta.

Sollevò una mano per incontrare il volto di Merlin in una carezza leggera. Saggiò la spigolosità dei suoi zigomi, che tante volte avrebbe voluto toccare, solo per sapere come dovevano essere al contatto con le sue dita. Sfiorò la fronte con un pollice, lasciandosi solleticare il palmo dalle ciglia irrequiete e inumidite che incontrò lungo il cammino. E poi scese sulle labbra, tracciandone con le dita i contorni.

Studiò e toccò il suo viso a lungo, incantato dai suoi stessi gesti, come se dovesse imprimere nella memoria ogni più piccolo particolare di lui. Quasi come se nel lungo sonno che lo aspettava, lui volesse portarsi dietro quell’unico ricordo, da poter sognare per i secoli avvenire.

Merlin si lasciò accarezzare, in silenzio, trattenendo il fiato al punto che dopo un tempo che al re parve infinito, fu costretto ad un lungo sospiro per riprendere ossigeno.

“Perché mi hai aspettato… per duemila anni?”

La domanda che si era posto così tante volte da aver perso il conto, aveva bisogno adesso di una risposta. E Arthur sapeva che Merlin era pronto a dargliela.

“Lo sai già, il perché.” Era vero.

“Lo… lo faresti ancora? Se io…”

“Sempre.”

E Arthur non seppe più cosa dirgli. Un turbine di emozioni si era scatenato in lui nella pronuncia di una sola parola. Il terrore di condannarlo ad una nuova attesa infinita, l’orgoglio per quella devozione senza eguali, la consapevolezza di quanto quelle parole comportavano. E anche un’altra cosa, anche un altro sentimento che ormai premeva per uscire ed era troppo intenso per poterlo ignorare o per costringerlo a rinchiudersi dietro un muro di false sicurezze.

Ora quel sentimento inondava ogni cosa, rompendo gli argini dei pregiudizi, scavalcando gli ostacoli della mente e le paure del cuore. C’era solo lui e nient’altro a riempire tutto.

Arthur si stupì di come Merlin divenne così docile quando premette leggermente contro il suo collo perché si facesse più vicino a lui. O forse attendeva soltanto un permesso per poter fare ciò che aveva sempre voluto.

La consistenza delle labbra sulle sue, diede finalmente forma a tutto ciò che provava e che dirompeva con prepotenza in ogni parte dentro di lui.

Assaporò quel contatto, lento e addolcito dai movimenti impauriti del mago che gli sconvolsero ogni pensiero razionale. Anche lui aveva paura, là tra le pieghe di quel sentimento si annidava l’insicurezza di ciò che non aveva mai osato ma che ormai era diventato inevitabile. Ma fu solo un momento.

Quando Merlin strinse forte la sua spalla e decise di rendere più profondo quel bacio, Arthur rispose con altrettanto coraggio e abbandonò ogni remora, godendo fino in fondo dell’odore di Merlin, del suo sapore. E del suo rassicurante calore.

E d’un tratto capì cosa significasse per la prima volta nella sua vita, sentirsi completo.

“Resta con me…” ripeté Merlin, ancora una volta, quando il contatto si sciolse e la fronte fu pressata contro la sua. “Ti prego, resta con me…”

Ma forse era troppo tardi. La voce di Merlin gli sembrò sempre più lontana e la stanchezza si fece ancora più pressante, al punto che respirare era diventato un lavoro troppo impegnativo.

Quando capì che stava per farlo un’ultima volta, era già troppo tardi.

 

Continua…

 

Salve mie care =) Come sempre vi auguro un buon inizio di settimana (svioliniamo prima del linciaggio =P). Mi scuso se la pubblicazione di questo capitolo ha preso una settimana in più ma come ho già detto a chi ha avuto il buon cuore di commentare questa storia, questo era una capitolo molto importante… beh, lo avrete notato.

Allora prima del linciaggio ci tengo a precisare che la storia continua u_u Chiaramente però, non posso dirvi altro, né posso al momento fornirvi risposte specifiche per tutti i dubbi che sicuramente ho sollevato circa le parole delle Disir. Ci tengo cmq tantissimo a conoscere i vostri pareri e le vostre teorie!! =)

Vi rinnovo quindi la proposta di COMMENTARE questa storia, anche se ormai siamo agli sgoccioli, è una richiesta che vi faccio col cuore. Spero cmq di avervi emozionato.

Una precisazione riguardo al titolo. Sono almeno tre capitoli che rimandavo il titolo, ma in fase di scrittura le cose sono cambiate, per cui ho via via cambiato. Ancora non so se lo utilizzerò più ma nel frattempo la smetto di fare promesse che poi non mantengo XD

Intanto ringrazio di cuore tutti i lettori silenziosi, tutti coloro che aggiungono ancora la storia nelle varie sezioni e soprattutto le mie adorate che commentano sempre! *-*

Pandora86, brin leah, Lunaris, Giulia194, One Day_Painless e chibisaru81, a voi dedico il bacio tra Merlin e Arthur! ;)

Alla prossima miei cari!! Tanti baci a tutti!

   
 
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