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Autore: Sara Scrive    07/04/2014    15 recensioni
«Did you really do that?» disse poi infilandosi una mano nella giacca per prendere un pennarello.
Finalmente le si era sbloccato il cervello e aveva colto quello che il ragazzo dei suoi sogni le aveva detto.
‘L’hai fatto davvero tu?’ le aveva chiesto con il suo tipico accento americano.

~Tratto da una storia vera
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Camilla, perchè senza di lei non l'avrei mai visto
Alla mia amica Asuka Asami, perchè beh, è come gli amici di Naruto, mi incoraggia sempre
 
Durante la lettura vi consiglio di ascoltare questa canzone:qui
 
Non aveva mai capito come c’era riuscita, eppure era lì. Ferma immobile con quell’album da disegno fra le braccia mentre due omoni corpulenti e vestiti di tutto punto la affiancavano davanti alla porta a vetri.
Fuseaux, maglietta lunga a maniche corte, scarpe da ginnastica: un completo nero completamente in contrasto con l’animo della ragazza, perché se all’esterno cercava di trattenere l’emozione con vestiti anonimi e il volto privo d’espressione, dentro di se stava scoppiando di gioia, incredulità, ansia…una specie di mix esplosivo che provava solamente quando stava per raggiungere i suoi obiettivi.
Sorrise solo una volta e impercettibilmente quando ripensò al momento in cui, mostrando il suo disegno e gli occhi lucidi, si era avvicinata a quelle due guardie del corpo e le aveva pregate di farla entrare inventandosi scuse e tirando fuori tutta quella parlantina da avvocatessa che aveva ripreso da suo padre.
Serrò la bocca con aria di sfida quando le parole dei suoi compagni di scuola le risuonavano nella mente: provavano a buttarla giù dicendole che non ce l’avrebbe mai fatta ma per lei nulla era impossibile, c’era riuscita altre volte e sapeva che bastava un briciolo di volontà per fare grandi cose e lei… lei di volontà ne aveva da vendere.
Non la smetteva di fissare il suo riflesso sul vetro della porta davanti a lei, riusciva a vedere bene ogni dettaglio della sua pelle pallida, del rossetto rosso che sua madre non voleva usasse, dei suoi capelli color mogano che un tempo erano castani ma chi la conosceva bene, sapeva che non era del suo aspetto che s’interessava bensì di quello che c’era dietro la porta, quello che c’era superato il breve ingresso di quell’enorme edificio che era l’Auditorium Parco della Musica di Roma.
Dopo poco, uscì dalla porta un reporter, che con aria trasandata ricontrollava i suoi appunti, poi altri due, che discutevano amabilmente della conferenza stampa del nuovissimo film che stava per uscire in tutti i cinema del mondo: Catching Fire.
Infine, un flusso di giornalisti iniziò ad uscire dalla porta e lei li osservava tutti alla ricerca di qualcosa.
Si metteva in punta di piedi, alzava il mento ma si muoveva lentamente per non far spazientire i due uomini della sicurezza, che avevano accettato di tenerla con loro.
La folla di persone che si dirigevano fuori dall’edificio si diradava sempre di più  e proprio quando stava per perdere la speranza…
Accade tutto in pochi attimi, attimi preziosi che rimasero impressi per sempre nella sua mente: dopo mezz’ora d’attesa la porta si era aperta, i bodyguard si erano scostati leggermente facendola spostare di lato per lasciar libero il passaggio.
La tenevano d’occhio, lo sapeva. Sentiva i loro sguardi addosso e avrebbe voluto comunicargli, che lei era davvero il tipo che gli aveva descritto quando li aveva incontrati, era davvero una persona calma e sapeva controllarsi. Lei non era come le altre, era diversa.
Basso, capelli castani arruffati, smoking nero e il solito atteggiamento amichevole che tante volte aveva visto attraverso uno schermo.
‘Anche dal vivo sembra una persona simpatica’ pensò fra se e se la ragazza mentre lo guardava uscire e rispondere in inglese ad un uomo che non aveva mai visto.
Non ci pensò due volte ad avvicinarsi con calma ed attirare su di se l’attenzione con un: «Ciao!» e la sua arma vincente.
Aprì il suo album da disegno e lo porse al ragazzo davanti a se.
Sentiva le gambe molli e il battito accelerato quando lui, la sorprese spalancando gli occhi e dicendo qualche frase che a primo impatto le risultò incomprensibile, tranne per qualche parola come ‘beautiful’ e ‘I’ve ever seen’.
«Did you really do that?»  disse poi infilandosi una mano nella giacca per prendere un pennarello.
Finalmente le si era sbloccato il cervello e aveva colto quello che il ragazzo dei suoi sogni le aveva appena detto.
‘L’hai fatto davvero tu?’ le aveva chiesto con il suo tipico accento americano.
Lei annuì col capo timida, incerta sulla prossima cosa da fare.
Ancora una volta, i suoi disegni ce l’avevano fatta ad attirare l’attenzione. Era riuscita davvero a farlo fermare per un autografo?
«You’ve got a very big talent! – continuò a complimentarsi l’attore di fama mondiale con quella sconosciuta che stava sul punto di piangere dalla felicità -This is the best portrait of me I’ve ever seen!»
Un sorriso, dicendo quelle parole le aveva regalato un sorriso con un’espressione indimenticabile, e lei come un’ebete se ne stava lì sul posto col cuore in gola mentre il cervello le andava a mille all’ora.
‘Oh mio dio non ci credo, Josh Hutcherson mi sta autografando il disegno, mi ha sorriso, mi ha fatto dei complimenti! E se gli chiedo una foto? Se gli chiedo di portarmi con se? Devo far vedere che sono una brava ragazza. Oddio, sta sorridendo, ecco adesso aggiunge il cognome… Oh, adesso ha messo una mano sul ritratto… Cosa? Ha lasciato un’impronta sul disegno?’ e mentre continuava a  non darsi pace e formulare pensieri ogni nanosecondo, un’altra figura importante era uscita dalla porta a vetri.
«Ehi» esclamò Josh Hutcherson tirando per la giacca nientemeno che il suo collega Liam Hemsworth!
‘Liam!’ pensò la ragazza ancora incredula mentre Josh le riconsegnava il disegno mentre l’altro osservava stupito il ritratto.
Era passato un minuto, forse due. Per lei invece un’eternità che era finita troppo presto, in cui aveva vissuto a moviola attimi indimenticabili ma alla fine, per via degli impegni, se n’erano andati facendo un cenno, lasciandola lì imbambolata con l’album fra le braccia.
Uno dei due body guard che le aveva tenuto compagnia, le si avvicinò timoroso per un imminente pianto, ma quella ragazza aveva già ottenuto troppo quel giorno e non era il caso farla rimanere un minuto di più davanti all’entrata della sala conferenze.
Senza obbiezioni ma con le gambe molli, iniziò ad incamminarsi verso l’uscita e fissando perennemente quell’adorata firma, rivide nella sua testa ciò che era successo qualche secondo prima.
Lui. Un sorriso.
«This is the best portrait of me I’ve ever seen!»

 
 
999 Parole

#Tu mi ami. Vero o falso?
Beh, non mi è andata proprio così, in effetti ci ho romanzato su perchè è una one shot, ma i complimenti e il sorriso me l'ha fatti lo stesso e io non mi sono comportata da pazza isterica.
O meglio, appena mi sono resa conto, tornata a casa, che Josh Ryan Hutcherson mi aveva  autografato il disegno ero tipo 'QUALCUNO MI CHIAMI UN'AMBULANZA STO SVENENDO'
e chi era con me in quel periodo sapeva bene quanto mi ero e sono ossessionata da questo ragazzo. Ammetto che sono stata leggermente condizionata da questo incontro ma... chissene frega lol
Con questa one-shot è un po' la prima volta per tutto: la prima volta che scrivo su Josh, la prima volta che scrivo una one shot così corta e anche la prima volta che scrivo una storia solo in terza persona su un fatto che ho vissuto io.
Quindi ecco fatemi sapere e soprattutto sappiate che questa non sarà l'ultima volta che scrivo sul signorino Hutcherson,che sul red carpet sembra un 13enne imbucato in mezzo alle celebrities. Sì, quando ero alla premiere l'ho scambiato per un ragazzino prima che si girasse lol
Comunque, scusate gli errori e tutto, spero solo che la storia vi piaccia, fatemi sapere.
Vi lascio con una foto del disegno(se ci cliccate sopra ve lo ingrandisce) :  

 

Grazie a tutti per gli auguri e il supporto <3 
 
DATTEBAYOOOOOOOOOOOOOOOOOOO


-Sara Scrive
 
   
 
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