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Autore: malpensandoti    07/04/2014    5 recensioni
Non vivono insieme, vivono un po’ qui e po’ un là. Su un set fotografico, dentro ad una stanza per firmare copie di cd, dietro una telecamera, davanti all’obiettivo, a milioni di persone, vivono sugli aerei e dell’altra parte del mondo.
Il fatto è che tornano insieme. Nello stesso posto.
Sempre. E forse questo è più importante.

(Missing moment di 'Plastic dolls')
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Pretty hurts'
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questa os è un missing moment ambientato dopo mesi di questa fan fiction, non so quanto capirete se non l'avete letta.
btw, ho sempre immaginato questa scena, fin da quando ho iniziato plastic dolls. purtroppo per via della trama non sono mai riuscita a metterla all'interno della storia, ma da sempre penso a billie e ad harry che affrontano questa situazione.
e non lo so cosa è venuto fuori, se sono le solite cavolate della sottoscritta o se invece è qualcosa di più.
spero di aver tenuto fede ai personaggi, e spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto!
non so, fatemi sapere 
a presto :)





 




scusami se ho la testa manomessa, usami

rinchiudimi nella prigione delle braccia, curami










Quando Harry dice a Louis della cena con sua madre, Gemma e Billie, il suo migliore amico rimane in silenzio.
Si passa una mano sulla fronte, poi tra i capelli che dovrebbe tagliare, aggrotta le sopracciglia e si lecca le labbra. Le apre e le chiude un paio di volte e poi, alla fine, semplicemente dice: “Beh, buona fortuna”
Harry non capisce, non ancora.
 
 
 
 
 

Semi-convivono da un paio di mesi. Teoricamente Billie ha ancora il suo appartamento vicino Covent Garden, paga l’affitto e le spese condominiali, ma la maggior parte delle volte i tacchi se li sfila all’ingresso della casa di Harry. Nel bagno di lui c’è anche lo spazzolino di lei, le maglie di Billie sono appollaiate nell’angolo della camera da letto, le sue calze preferite – quelle nere trasparenti con le cuciture in pizzo – sono sotto al materasso, vicino ai vecchi stivali maschili.
Non vivono insieme, vivono un po’ qui e un po là. Su un set fotografico, dentro ad una stanza per firmare copie di cd, dietro una telecamera, davanti all’obiettivo, a milioni di persone, vivono sugli aerei e dell’altra parte del mondo.
Il fatto è che tornano insieme. Nello stesso posto. Sempre.
E forse questo è più importante.
 
 
 
 
 
 
 
 
Harry spegne il fornello del gas con un sospiro soddisfatto, pulendosi le mani sul grembiule bianco che gli copre parte dei jeans neri che indossa.
La cucina è letteralmente sottosopra, con una moltitudine di pentole sporche e posate da mettere assolutamente in lavastoviglie, ma è tutto pronto e lui non potrebbe essere più orgoglioso di sé stesso.
“Avremmo dovuto chiamare un catering come ti avevo detto io”
Alza gli occhi al cielo, voltandosi verso la porta, dove Billie è appoggiata con le braccia incrociate e uno sguardo divertito. Apre la bocca per parlare, ma lei lo interrompe scuotendo la testa: “Sì, lo so – cantilena – Vuoi fare tutto da solo perché non vedi mai tua madre e ti dispiace chiedere aiuto. Ho capito – sorride – Ma almeno potevi evitare di macchiarti la camicia”
Gli occhi verdi di Harry corrono subito al tessuto leggero della sua camicia scura. Impreca contro la pozza di sugo proprio al centro e si sfila il grembiule dai fianchi, appoggiandolo sull’isola della cucina.
“Vado a cambiarmi” dichiara, un po’ triste.
Billie oscilla sulle sue gambe chilometriche, arrivandogli davanti con un sorriso intenerito. Lo bacia sulle labbra, sentendo subito le mani grandi di Harry sulle ossa dei suoi fianchi. Lei indossa un abito blu elettrico che sicuramente si macchierà se il suo fidanzato continuerà a stringerla così tanto.
(non che le dispiaccia)
Gli ride sulle labbra, accarezzandogli le guance e gli zigomi spigolosi: “Vai” gli ordina, amorevolmente.
Harry le ruba un altro bacio, poi sospira ed esce dalla cucina.
 
 
 
 




La prima cosa che Billie nota, quando Gemma Styles entra nell’appartamento, sono i suoi capelli rosa pesca, acconciati in una lunga treccia che le cade al centro della schiena e che mette in risalto le sue sopracciglia spesse, ben curate. Indossa un vestito a stampe floreali, lungo fino ai sandali di cuoio. Si guardo intorno, curiosa e colpita allo stesso tempo, poi sembra finalmente notare l’altra ragazza e spalanca gli occhi verdastri: “Billie! Ciao!”
“Ciao Gemma – sorride la bionda, andandole incontro – Benvenute”
Si danno un piccolo abbraccio, staccandosi al suono della porta d’ingresso che viene chiusa dietro le spalle di Anne Cox, che si è già tolta la giacchetta di jeans e che come la figlia si sta guardando intorno, attenta.
“Che buon profumo – dichiara, con un sorriso – Oh, ciao tesoro!”
Lei è sicuramente più espansiva della figlia ventiquattrenne, perché spalanca le braccia con vigore e stringe Billie in un abbraccio caloroso, quasi materno. La ragazza sorride e l’abbraccia a sua volta: “Salve, signora Cox – mormora, la guancia contro i suoi capelli scuri – Suo figlio è stato bravissimo, ha fatto tutto da solo”
Anne la lascia andare, posando la propria giacca accanto a quella di sua figlia sull’attaccapanni, esibendo un sorriso puramente orgoglioso: “Meno male – dice – E’ tutto il giorno che giriamo per Londra, sono stanchissima e sto morendo di fame”
Billie le fa accomodare nel salotto ampio, illuminato dalla luce intensa del lampadario. Lei si siede nell’altro divano, cercando di stare tranquilla.
Ha conosciuto la famiglia di Harry almeno sei mesi fa, dietro le quinte di un concerto. Anne si è dimostrata fin da subito la donna meravigliosa che lui continuava a raccontarle, facendola sentire immediatamente a proprio agio. Gemma è stata più difficile da conoscere, i loro primi incontri erano stati parecchio imbarazzanti per Billie, l’altra era parecchio riservata, un po’ diffidente anche, poi avevano trovato il loro equilibrio – il concerto di Jake Bugg all’O2 – e da lì erano diventate amiche.
Premiazioni e concerti a parte, questa per Billie è la prima volta che lei e Harry restano con la famiglia di lui. Sospira un po’ tremante e sorride.
“Non sapevo che Harry avesse così buon gusto nell’arredare casa” commenta Gemma, guardandosi intorno con malcelato stupore.
“Già – annuisce Anne, seduta accanto a lei – è davvero una bellissima casa”
Anche Billie si guarda intorno, leggermente a disagio per via della situazione insolita. Spera che Harry abbia finito di sciacquarsi e deglutisce.
“Possibile che tu sia sempre più bella ogni volta che ci vediamo?” la voce squillante di Anne la fa sobbalzare leggermente mentre volta di nuovo la testa verso la donna. Sorride, arrossendo un poco.
“Ti abbiamo visto su Vogue, sai? – continua la donna, senza perdere l’entusiasmo – Magnifica! E che portamento!”
Billie è abituata ai complimenti, è il suo lavoro. Tuttavia, le lusinghe della madre del suo fidanzato hanno il potere di farla arrossire come una bambina.
“E quel corpo! – esclama ancora Anne, alzando la voce – E’ una fortuna tesoro che tu abbia preso qualche chilo”
“Mamma”
Il richiamo di Harry fa voltare tutte e tre le donne, di scatto. Il ragazzo è fermo sulla soglia del salotto, in skinny jeans e camicia a scacchi, i capelli ancora umidi di doccia e lo sguardo incerto, fisso su quello vacuo di Billie.
Anne e Gemma si alzano in piedi, insieme. La prima gli salta addosso, abbracciandolo con foga mentre gli bacia le guance: “Harry! Ciao amore”
Il figlio ridacchia, ricambiando l’abbraccio e mormorando un “Così mi soffochi”.
Saluta anche Gemma con un bacio sulla fronte, poi annuncia che è pronto da mangiare e dice loro dove possono trovare il bagno.
“Billie..?” chiama poi, quando entrambi rimangono da soli.
Lei ha gli occhi spalancati, fissi contro il tappeto per terra, le mani tremanti sulle ginocchia scoperte.
Harry le si avvicina cautamente, posandole una mano sul braccio.
Billie si alza di scatto, esalando un respiro che somiglia ad un singhiozzo. Lo guarda negli occhi e Harry inizia a sentire freddo, quel freddo schifosamente famigliare che gli secca la gola.
“Billie – ripete, più urgentemente – ti prego, non…”
“Va tutto bene” lo interrompe lei, pratica.
Harry sospira e la segue in cucina, cercando di smettere di pensare.
Inutilmente.
 
 
 





È una fortuna tesoro che tu abbia preso qualche chilo!
Quanto è, esattamente, qualche chilo?
Billie stringe i pugni e serra le labbra, combattendo contro l’istinto di vomitare.
Il suo piatto è ancora integro, pieno. E lei ha preso qualche chilo e qualche chilo è comunque tanto. Troppo.
Le si è chiuso lo stomaco.
C’è un articolo, su E! Online, che parla di lei. Gliel’ha fatto vedere Abigail, la sua manager dell’agenzia.
Billie lo ha riletto almeno trenta volte, forse quaranta. In metro, in macchina, sul letto, in bagno, addirittura nel backstage di Armani.
Dice: “Quando un fidanzato t’ingrassa”
Parla di lei, di loro, ci sono foto, il prima e il dopo, le gambe di Billie che si sono ingrossate, la 36 che ogni tanto si trasforma in una 38 un po’ larga ma pur sempre 38.
E quei chili che sono solo qualche che adesso lei sente sui fianchi, sulle cosce, sulle labbra, in faccia.
 Anne interrompe il suo resoconto dell’ultimo viaggio in Francia con Robin e dichiara: “E’ delizioso, tesoro” con un sorriso orgoglioso mentre osserva suo figlio, a capotavola.
“Grazie mamma” risponde Harry, laconico.
Tiene gli occhi duri fissi su Billie, i pugni chiusi ai lati del suo piatto vuoto e l’espressione indecifrabile.
La cena si è svolta nel modo più imbarazzante possibile, con Anne che parla a vanvera e Gemma che cerca di non ridere, Harry che non stacca gli occhi da Billie neanche per un secondo e lei che respira velocemente, lo sguardo basso e il piatto pieno.
“Abbiamo visto la Gioconda, anche se è davvero piccola! – continua Anne, cercando di alleggerire la tensione – C’era una ragazzina che aveva la tua faccia stampata sulla maglietta, sai Harry?”
E suo figlio le sembra tanto grande in questo momento. Le sembra che siano passati secoli da quando gli strizzava le guance paffute e gli toglieva le foglie dai capelli dopo una caduta in giardino.
Harry è un uomo, con la peluria invisibile sul volto mascolino e gli occhi più scuri, seri. E se Anne sapesse che la colpa del suo silenzio sono quei chili in più che lei ha elogiato, probabilmente scoppierebbe a piangere.
Perché Billie è così bella nella sua 38 un po’ larga, con quel sorriso felice, la nuova agenzia di modelle, lo spazzolino nel bagno di Harry.
Anne non lo sa, non può saperlo. Che nonostante siano passati mesi, nonostante Billie sia quasi guarita dalla sua ossessione, ogni tanto le sue paure tornano ancora. E sono paure grandi, paure che pesano chili e che si accumulano tutti sui fianchi, sulle cosce, sul collo.
Harry invece sa, conosce. Perché lui c’era tutte le volte che Billie si rifiutava di mangiare, tutte le volte in cui si guardava allo specchio e non si piaceva più, tutte quelle volte in cui diceva che era tutto a posto e in realtà faceva tutto male.
Harry c’era e soprattutto c’è adesso.
I pugni delle sue mani grandi chiusi sulla tavola. Il respiro secco, gli occhi socchiusi. Lo sguardo spazientito di chi sta assistendo a qualcosa che ha già visto.
Billie non mangia.
Lancia un’occhiata stanca verso sua sorella, che ha le mani sotto il tavolo e l’espressione dolce, come se gli stesse implicitamente suggerendo di calmarsi. Anne invece continua a sorridere nervosamente, senza smettere di raccontare della torre Eiffel, lo guardo azzurro che si sposta da una parte all’altra della cucina.
Harry conta fino a dieci, chiude un attimo gli occhi e si massaggia le tempie, cercando in tutti i modi di appiattire il tono della sua voce arrabbiata.
“Billie, mangia”
Anne si ferma di scatto, la bocca ancora aperta e l’espressione confusa.
“Mangia – ripete Harry, calcando bene l’ordine – Adesso”
La ragazza scuote la testa bionda vigorosamente, lasciando che i capelli le cadano sul volto.
“Billie…” l’avverte di nuovo lui, respirando più velocemente.
“Io… - sussurra Billie, con le lacrime agli occhi – non ci riesco”
La mano di Harry sbatte contro la tovaglia prima ancora che lui se ne renda conto, facendo sobbalzare tutte e tre e donne.
Non vuole essere cattivo, ma è una situazione che lo devasta e non è pronto ad affrontarla un’altra volta.
Sua madre allunga le dita sul suo braccio, cercando di farlo ragionare: “Tesoro…” inizia, la voce incerta.
“No, mamma – la interrompe lui – sta facendo semplicemente i capricci come una bambina”
L’attimo dopo la sedia di Billie rischia quasi di cadere all’indietro per la velocità con cui lei si alza, lasciando la stanza a testa bassa. Quando si sente il rumore della porta del bagno che viene chiusa a chiave con violenza, Harry sospira e si massaggia le tempie, esausto.
“Mi dispiace” geme, scuotendo la testa.
Anne lo guarda con amore, accarezzandogli il braccio tatuato: “Non è colpa tua, tesoro. Anzi, credo che sia stata tutta colpa mia, diavolo!”
“Le hai detto che ha preso dei chili, non è vero?”
La donna sospira: “Già. Pensavo di farle un complimento e invece…che stupida che sono stata. Mi dispiace davvero tanto, Harry – è davvero mortificata – Vuoi che le parli io?”
Il figlio scuote la testa con l’accenno di un sorriso che non coinvolge gli occhi: “No, ci penso io. E non ti preoccupare, non potevi saperlo”
Gemma si alza in piedi, si porta la treccia su una spalla e dice: “Allora vi lasciamo soli. Magari se domani Billie sta meglio possiamo uscire tutti insieme, prima che mamma riparta”
Harry annuisce, abbraccia entrambe e non le accompagna all’ingresso.
Invece arriva in corridoio con passi affrettati, poi in camera da letto e infine davanti alla porta del bagno privato.
Si siede contro la porta, le ginocchia piegate e il volto esausto. Sa che Billie è lì dentro, accovacciata come una bambina presa dai più violenti singhiozzi.
E dio solo sa quanto in questo momento vorrebbe baciarle tutte quelle lacrime e poi tutta quella pelle giusta e adatta.
Chiude gli occhi e appoggia la testa dietro il legno della porta, sospirando.
“La prima volta che hai avuto una crisi eravamo in quel ristorante di Los Angeles, te lo ricordi? – la sua voce adesso è bassa, ma sa che Billie riesce a sentirlo lo stesso, come ha sempre fatto – Indossavi i jeans scuri, quelli che ti ho sempre detto essere i miei preferiti. Ci siamo seduti insieme, poi è arrivato il cameriere e tu non hai voluto ordinare. Ti ho chiesto se stavi bene, tu hai detto che non avevi fame e io sapevo già che c’era qualcosa che non andava da come evitavi di guardarmi. Ti ho costretto a mangiare metà del mio pesce, tu avevi le lacrime agli occhi. In hotel ti ho trovato in bagno con due dita in gola mentre cercavi di tirare fuori quello che non avevi nello stomaco. Hai iniziato a colpirmi, sei forte sai? – accenna un sorriso che si spegne subito – Piangevi e continuavi a dire che non mi dovevi nessuna spiegazione. Mi stavi sfuggendo dalle mani e io ero stato talmente scemo da non rendermene conto”
Fa una pausa per evitare di piangere e la sente muoversi attraverso la porta. Nonostante tutto, la sente ancora.
“Poi c’è stato l’attacco di panico dietro le quinte della sfilata di Burberry. Tutto perché non ti si allacciava il vestito, tu continuavi a dire che eri grassa, che non avresti dovuto mangiare quella mattina, che ti odiavi. Era una cerniera difettosa, lo sai vero?”
Si asciuga frettolosamente gli occhi, sfregandoseli con violenza. Tira sul col naso e sospira.
“Dio solo sa quante volte ho vissuto questo schifo di scena, Billie. Tu chiusa lì dentro e io qui a scongiurarti di lasciarmi entrare – stringe i pugni perché dirlo a voce brucia ancora di più di quando riesce a nascondere tutti i suoi pensieri – Devi lasciarmi entrare, amore mio. Io…non ce la faccio più, capisci? Non sono abbastanza forte da amarti anche per te stessa. N-non vedi? – trattiene un singhiozzo – Questa cosa mi sta distruggendo, ci sta distruggendo. Mi sembra di…di combattere una guerra che evidentemente non vuoi vincere e lo so che è difficile, cazzo!, ma ci sono io, capito? Io da qui non me ne vado”
E davvero, lui rimane lì. Tutta la notte.
Billie lo ritrova con le braccia incrociate e le gambe divaricate alle due del mattino, gli occhi chiusi e il respiro pesante, la con la testa appoggiata contro lo stipite e il broncio adorabile di quando dorme.
Lei scioglie il nodo delle sue lunghe braccia, si stringe contro il suo petto ampio e lo abbraccia stretto, chiudendo gli occhi.
Harry socchiude le palpebre e la stringe forte, le scosta i capelli dal volto e le bacia le tempie, la fronte, gli zigomi, le labbra.
“Cosa succede se quello che dicono è vero?”
“Succede che non ce ne frega niente, amore mio. Probabilmente ti amerei anche se tu avessi la malaria e io fossi sordo”
Mani nelle mani, anelli che toccano fianchi, ossa sporgenti, il collo che diventa un punto da baciare e dove respirare.
“Scusa” dice lei.
“Io da qui non me ne vado” ripete lui.
“Mi fanno paura”
“Ci sono io”
“Ci sei tu”







  
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