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Autore: Rinoa_88    10/07/2008    6 recensioni
Una nuova entrata nel garden sconvolge i sentimenti di uno dei principali protagonisti della saga di Final Fantasy VIII...
Genere: Romantico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Libro primo


"Io sarò in grado di salvaguardare il mondo dagli attacchi nemici e sarò capace di vincere le guerre, con la sentita speranza di porre finalmente un fine a tutte queste improduttive battaglie. Questo momento di pace non durerà a lungo, presto o tardi qualcuno tornerà a minacciare il nostro pianeta e io non resterò con le mani in mano a sperare che qualcun' altro porti a termine la mansione di difenderlo al mio posto."



Capitolo primo: Una nuova casa


All' assordante squillo della sveglia sul comodino a fianco del mio letto, susseguì a fatica l' apertura dei miei occhi, che venendo incontro all' immagine del soffitto vuoto, mi avvertì del mio risveglio. Mi venne un' istantanea frenesia nel richiuderli, ma una voce dentro di me mi suggerì di non farlo. Assonnata come un ghiro, mi sforzai nell’ intento di ruotare lo sguardo sul quadrante del mio orologio da tavolo e mi accorsi di che ore fossero: le sei in punto. Nel mio cervello erano registrate tutte le raccomandazioni di mia madre, che ogni mattino mi ordinava di alzarmi dal letto e di filare a sistemarmi per andare a scuola. Dopo aver disattivato quella dannata sveglia, obbedii alla figura immaginaria e mi sedetti sul materasso, lanciando un grosso sbadiglio colmo di torpore e scricchiolando tutte le ossa indolenzite dalla mancata movenza di una nottata. Strizzai le palpebre e strofinai gli occhi con le mani per far sì che non si chiudessero più, poi mi alzai e con il corpo indebolito e scombussolato dal senso di spossatezza, raggiunsi a passi lenti il bagno nella parete di fronte.

Mi lavai i denti, poi mi detersi il viso con del sapone e lo sciacquai con dell' acqua gelida, opportuna per riprendermi dal sopore. Sfilai il pigiama e misi addosso la divisa da matricola, costituita da una mini gonna blu scuro e da una giacca del medesimo colore, con tante decorazioni in grigio e un fiocco giallo da abbinare al colletto. A completare il tutto, un paio di calze lunghe di cotone dello stesso colore della divisa e una coppia di scarpe in pelle nera molto raffinate ed eleganti.

Feci irruzione nello spazio che svolgeva alla porta di uscita, capeggiato da un longilineo tavolo: lì sedeva Judy, mia compagna di stanza e anche grande amica, sebbene ci conoscessimo da così poco tempo. Lei per me era una figura importante, un punto di riferimento fondamentale. Da subito mi era stata offerta da lei tutta la sua disponibilità e tra noi era sorta fin dal primo giorno una certa concordanza; era stata lei la prima a farsi avanti e a compiere il primo passo che mi aveva condotta a fare conoscenza con lei e con altre due ragazze: Kim e Sarah, anche loro due splendide persone per benevolenza e semplicità.
La salutai, approssimandomi a lei. Sorrise. - Buongiorno. - affermò con schiettezza. Quasi mi impietosii alla sua cordialità nell' aspettarmi, al suo volere a tutti i costi stare al mio passo. Le ricordai ancora una volta quanto il suo signorile disturbo fosse di troppo per i miei canoni. Io al posto suo non l' avrei fatto.
- Un' amica si aspetta sempre. - asserì lei strizzandomi un occhio. La ringraziai. - Coraggio andiamo, è già tardi. - le dissi poi, indicandole con il dito l' orologio a dondolo appeso sulla parete di destra. La ragazza si alzò dal seggio, che riposizionò al suo posto sotto al ripiano, e tutte e due raggiungemmo insieme l' uscita dalla piccola stanza. Presto fummo approdate alla hall, dove scontrammo Sarah e Kim, occupate nel dialogare serene e vivaci di pettegolezzi e screzi vari; chiunque fosse passato giù di lì le avrebbe udite sghignazzare con la loro voce stridula e acuta.
- Ciao ragazze! - esclamai includendomi nella combriccola insieme a Judy.
- Ciao! - risposero in coro le due. Incredibile la coincidenza con la quale pronunciarono la stessa parola nello stesso, preciso istante.
- Per caso siete diventate gemelle? - domandai scherzosamente.
- Spiritosa! - borbottò Kim maliziosamente.
- Questa battuta non farebbe ridere neanche dei gallinacci come Zell! – una risata di gruppo esplose in seguito a tale affermazione di Judy.
- Ma neanche lo conosciamo! Lasciamolo stare… - asserii lecitamente io, pensando che al ragazzo non avrebbe fatto molto piacere. Ma qualcosa bloccò la nostra da poco intrapresa discussione: il suono imprevisto delle campane ci fece voltare prontamente e allorquando tornammo a fissarci ci comunicammo con i sensi estetici qualcosa che tutte quante comprendemmo al volo. Cominciai subito a correre al fine di raggiungere il più in fretta possibile l' ascensore e mi diressi verso di esso, controllando di tanto in tanto che tutte quante le mie compagne fossero alle mie spalle e nel momento in cui fortunatamente mi rendevo conto che era così, salivo rapidamente la rampa di scale innanzi a me. Gradino dopo gradino, mi ritrovai dinanzi all' ascensore, dove accedei con tutto il subbuglio che avevo in fisico. Esso richiuse le sue due porte scorrevoli avanti ai nostri occhi e ci trasportò sino al piano superiore, dove stava in attesa ancora un lungo corridoio. Ma nell' attraversarlo agimmo così prontamente che il lungo tappeto che rivestiva il pavimento si curvò su se stesso, dando origine ad una cunetta sulla quale inciampai. Stramazzai a pancia in giù, con la testa rivolta sul terreno e le mani schiacciate a terra e fungenti da freno. Tutte quante si inginocchiarono verso di me, ridendo come pazze.
- Ti sei fatta male? - interloquì Sarah preoccupata per l' avvenuto, anche se beffeggiava.
- No. Per fortuna le mie braccia hanno l' istinto di bloccare la caduta.

Ci preparammo psicologicamente prima di entrare in aula. Il suono del silenzio ci inquietò, facendoci vivere nella nostra testa la scena che sarebbe svolta in realtà di lì a poco. Le porte si schiusero fulmineamente, lasciando scoperto lo scenario di tutti i nostri colleghi di studio già piazzati ai loro posti come studenti modello e che non facevano che contemplarci taciturni e quasi atterriti al posto nostro. Non rimase altra scelta se non quella di varcare il passaggio e dunque ci guidammo all' interno della classe, esaminando la docente Quistis Treep intenta a dare inizio alla lezione. Ella aveva da poco conquistato la decisione di tornare a insegnare, dopo che diversi alunni avevano reclamato la sua effettiva scelta di voler abbandonare definitivamente l’ incarico. Si era quasi illusa di essere un’ insegnante fallita, una poco di buono, ma per fortuna erano riusciti a indurla a convincersi del contrario ed eccola nuovamente tra noi, la nostra cara maestra, la migliore del garden. Vestiva con la divisa dei SeeD, come le consentiva il regolamento scolastico, composta da una giacca in tessuto color grigio molto scuro, quasi nero, resa caratteristica da un cravattino rosso e conseguita da una gonna ad anfora del medesimo colore, terminante alle ginocchia; infine, un paio di lunghi stivali di pelle nera ultimavano il suo abbigliamento. In mano teneva una lunga bacchetta in ebano molto, che serviva a indicare schemi e scritture alla lavagna. Si voltò verso di noi e posò cautamente la sua stecca di legno sulla cattedra, con un estrinsecazione del volto parecchio seriosa. Il suo sguardo era deciso e fisso su di noi, pareva cercasse di frenare l' ira che provava in quel determinato istante. La sua postura non era perfettamente eretta, ma leggermente inclinata su un fianco, con il sostegno della mano sul tavolo, che non riuscendo per niente stare ferma, si agitava su e giù, emettendo con le dita dei fastidiosi e ripetuti toc.
- Non lo sapevate che cinque minuti prima che suonino le campane dovete già presentarvi in aula? - ribattè la donna con un tono della voce alto. I suoi occhi azzurri si erano contorti in un' espressione di rabbia, le sue sopracciglia aggrottate e tutto ciò non prometteva nulla di buono. Il silenzio calò nuovamente nella stanza e non vi fu risposta da parte di noi, ritardatarie.
- Scusaci Quistis... - sussurrai con la testa china per l' imbarazzo.
- Non accetto scuse ragazze! - esclamò con richiamo ancora più alto e squillante. - Forse non lo sapete, ma per me i ritardi sono molto influenti sul voto di condotta annuo e molto più sovraccarichi delle assenze perché disturbano la lezione cominciata. Ci tengo a precisare che non li sopporto ed esigo l' assoluta puntualità, tutti i giorni. Questo è già il vostro terzo ritardo e la vostra situazione, per quanto riguarda la puntualità, è molto grave. Siete state fortunate per il fatto che non abbia già iniziato a fare lezione perché altrimenti vi avrei penalizzate, ma siccome sono buona, ho deciso di farvela passare liscia anche per questa volta. Al prossimo indugio conseguirà un' eventualità in meno di sorpassare l' esame scritto, mentre al quinto ed ultimo ritardo sarete espulse dall' istruzione alla maturità. Io ve lo dico, siate estremamente vigili, questo non è un liceo, ma molto di più, questa scuola è fondamentale per portare avanti di livello persone che come voi hanno scelto di assoggettarsi alle guerre contro il male, persone che sono pronte a sacrificarsi per salvare gli altri e che si sottopongono a duri allenamenti, ma anche a tanto, tanto studio. Voi non siete qui solo per istruirvi fisicamente, ma anche per apprendere quelle regole, quelle strutture essenziali per affrontare vere lotte. Indugi, assenze, brutti voti e mancanza di compiti significano una sola cosa: bocciatura. Io non aggiungo altro, che questo mio discorso vi serva a pensare al vostro probabile futuro da SeeD. - questo lunghissimo appello non fu riferito solo a noi, ma anche a tutto il resto della classe.
- Noi stavamo parlando e... - fece per dire Kim, seriamente e parecchio turbata dalla condizione in cui tutte e quattro ci eravamo messe. Ma la professoressa quasi non la fece parlare.
- Non voglio spiegazioni. -
- Possiamo andare ai nostri posti ora? - chiesi gentilmente in seguito. Con un cenno della testa l' insegnate mi fece segno di sì, traslocando gli occhiali dalla montatura bianca sulla punta del naso greco, il volto diretto sul registro. Con una biro nera quasi scarica contrassegnò il nostro arrivo in non puntualità.

Mi spinsi sino al mio banco, in silenzio, risentendo della colpa per il danno subito. Poi sedetti alla mia disgraziata postazione, accanto alla persona più abominevole che avessi mai conosciuto in tutta la mia vita, tanto da giungere al punto di sperare che Quistis mi cambiasse di posto: si trattava di Seifer Almasy, circa su un metro e ottanta, capelli corti e biondi, pelle chiara e occhi azzurro ghiaccio. Un ragazzo molto bello e affascinante esteticamente, ma indubbiamente ripugnante interiormente. Era sempre così arrogante nei miei confronti e dal giorno del nostro primo incontro mi aveva presa di mira, criticandomi con ricatti e commenti di cattivo gusto. Cercava in tutte le forme possibili di turbarmi e di rendermi la vita più difficile di quello che era con frasi imbarazzanti, proposte assurde e prive di significato. Egli era ripetente ormai da due anni e non si rendeva conto che con il suo atteggiamento non faceva che peggiorare la situazione. Come al suo solito, l' uomo si accostò di pochi centimetri dal mio sedile e iniziò ad esaminarmi con occhi da pressione, attorcendo le labbra in un sogghigno profondo. Rimasi indifferente. Mi voltai nella direzione della postazione di Kim, Judy e Sarah e dai loro volti intesi immediatamente che stavano seguendo passo per passo l' episodio, mentre con parole mute tentavano a stento di comunicarmi qualcosa che non riuscii a comprendere.
- Povera bambina, sempre in ritardo... - affermò Seifer con tutta la sua arroganza. Proseguii la mia recita nei panni della sorda. - In fondo non è mica colpa sua se non c' è più la mammina che la chiama alla mattina! - il giovane interpretò la frase amò di filastrocca, emanando dalle corde vocali una risata malefica, soffocata dalle sue stesse mani per evitare di farsi sentire.
- Seifer, smettila. - enunciai freddamente. Il ragazzo esplose in una seconda risata, stavolta abbastanza potente da permettere alla nostra insegnante di udirla.
- Seifer, ti ho sentito, smetti immediatamente di ridere, o presto piangerai! - replicò lei dal suo posto alla cattedra. Però, nonostante tutto, Seifer non parve nel proposito serio di finire di ridacchiare e l' annuncio dell' istitutrice non fece altro che aumentare il ritmo della sua beffa, peggiorando di volta in volta la situazione. La professoressa fu costretta quindi ad alzarsi e a sopraggiungere colui che stava rumoreggiando in un momento di serietà come quello.
- Cara maestrina, stai dimostrando di conoscermi veramente poco, chiunque sa che niente e nessuno potrà mai fermarmi, neanche una stupida come te! - la dichiarazione dell' uomo fece sobbalzare quasi tutti i presenti in aula, che generarono un richiamo di sbalordimento.
- A chi hai detto stupida? - lo interrogò Quistis, bloccandogli l' accesso in caso avesse voluto fuggire. Ma data l' assoluta determinazione che Seifer dominava, la capienza di essere valoroso al punto da fronteggiare chiunque e senza problemi, sapevo che non l' avrebbe fatto. La donna ripeté la stessa frase almeno tre volte, ma il ragazzo le lanciò un' occhiata orgogliosa e indifferente, mostrandole un ghigno severo e mettendo scarsamente in mostra i bianchi denti. La sua posizione non era per niente tesa, ma serena, come se non risentisse della sua sorte da espulso e se ne stava seduto, con le gambe accavallate, la schiena poggiata allo schienale e le braccia rilasciate sui braccioli. Quistis, ormai all' estremo dalla sopportazione, teneva le mani tremanti avvolte in pugni e le labbra presentavano il più totale disgusto. Una terrificante calma si diffuse per la classe e i nostri occhi erano puntati sui due protagonisti. Ancora qualche secondo di taciturnità e il pugno di Quistis si trasformò in uno schiaffo, che si scaraventò sulla guancia di Seifer. Egli retrasse di scatto il capo da un lato, ostentando l' evidente segno purpureo lasciato sulla pelle. Il ragazzo, che non se lo aspettava, ne rimase stupefatto e si massaggiò la faccia con la mano guantata: sembrava non gli facesse male, ma la sua espressione non era più quella di prima.
- Complimenti maestra, hai dimostrato la tua immensa forza! - Seifer gridò quella frase con una potenza che mi fece sobbalzare, alzandosi in piedi e scagliando un pugno sul banco come sfogo della collera che lo stava invadendo. Lo osservai lievemente impaurita e per quanto lo odiassi, un po' ero rammaricata per lui. In effetti, quella sberla era stata una sorta di esagerazione da parte di Quistis. Ma ella non ebbe alcuna vaghezza di farsi prendere in giro e proseguì a stringere i pugni e a ringhiare come una tigre feroce.
- Vattene, immediatamente! - gli ordinò con tutto il vigore che aveva in gola e segnalando con l' indice la soglia.
- Con molto piacere! - borbottò il cavaliere, che con le mani in tasca se la svignò fiero dalla stanza. La professoressa, presa dall' irritabilità, ritornò prontamente al suo tavolo, sbattendo fortemente i piedi sul pavimento dalla rabbia. Si accomodò e sul quaderno degli insegnati segnò una nota con tanto di due in condotta, poi si mise le mani tra i capelli e respirò sentitamente al fine di calmarsi.
- Ragazzi, vi prego di dimenticare l' episodio di oggi, fingete che nulla sia accaduto e proseguite sulla vostra strada. Non prendete mai esempio da esseri come Seifer, assicuratevi al massimo e siate sempre educati, non rozzi e testardi. Qui il docente sono io e ho il diritto di essere rispettata, come io rispetto tutti voi. So che non dovrei permettermi di alzare le mani, ma purtroppo con un individuo del genere nella classe sono stata obbligata e dato che ha già raggiunto da un bel pezzo la maggiore età, mi è sembrato che potesse essere un gesto accettabile. - disse ormai alla cima dello stress. - Abbiamo perso un bel po' di tempo, ma gradirei lo stesso se iniziassimo la nostra lezione normale...Qualcuno di voi mi vuole ripetere in generale la lezione sui guardian force? - la domanda di Quistis fu considerata da me come uno stimolo al fine di rompere il gelo procreatosi e anche una scusa per salvaguardarmi dall' errore compiuto con il mio ennesimo ritardo. Dunque, alzai la mano e quando l' istruttrice si rese conto del mio intervento pronunciò il mio nome, dandomi la facoltà di esprimermi:
- Dunque...I guardian force, in breve g.f, sono dei guardiani che durante le battaglie intervengono al nostro richiamo per soccorrerci nei momenti in cui ci troviamo in difficoltà. Come i mostri, i g.f sono di differenti elementi: ghiaccio, terra, vento, tuono, acqua, zombie, veleno e sacro. Sono in grado di apprendere delle abilità, che permettono loro di rafforzarsi e di custodirsi in modo migliore. Essi sono anche definiti come corpi energetici indipendenti e come è stato notato ultimamente, possono provocare un probabile effetto collaterale in chi li usa che consiste in una perdita di memoria. Dobbiamo quindi stare molto in guardia e invocarli con molta moderazione, cioè solamente in casi eccezionali in cui non possiamo farne a meno. E' anche vero che se noi usiamo molto più spesso un g.f rispetto ad un altro, ci sarà in seguito molta più affinità tra il mostro e noi boss; questo significa che aumenta la facilità nell' invocarlo e anche la velocità che impiega per apparire sul campo di battaglia. -
- Brava Haris. - dichiarò l' insegnante, denotandomi un punto in più sul registro.

  
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