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COMING HOME
scritta da Yati, tradotta da Alessia Heartilly

C'era un dolore acuto nel cuore di Maya, una fitta che rifiutava di andarsene, anche mentre stava lì, in piedi, con le onde che le si infrangevano intorno ai piedi, mentre guardava Kazuki che deponeva Mark Sein nelle acque di Tatsumiya. Kazuki era lì, e fissava il cielo che era ancora blu in maniera impossibile e continuava all'infinito. Maya non vedeva Soushi da nessuna parte, e quello la addolorava ancora di più. Se se n'era andato, Kazuki non sarebbe stato completo, molto simile a quanto lei non sarebbe (non avrebbe potuto) stata completa senza Kazuki.

Aspettò fino a quando lui si voltò nella sua direzione, e quando lei allungò la mano, lui la prese, e camminò con lei verso la riva. Non dissero nulla - c'era troppo da dire e c'erano troppo poche parole. Lui piangeva, allora, e anche lei, ma riuscirono a tornare al posto in cui tutti li stavano aspettando e a casa, a casa.

Tatsumiya era diversa dopo quello, e Maya capì meglio di qualunque altra cosa che erano le persone e i ricordi a rendere Tatsumiya ciò che era. Kazuki era diverso dopo quello, più silenzioso e più solitario e più difficile da capire, preso nei suoi ricordi e rimpianti, e niente che Maya facesse sembrava scuoterlo dalla sua malinconia.

Un giorno, lo trovò seduto al pontile, a guardare il sole che sorgeva. Lei stava andando in bicicletta, diretta al santuario, i pensieri pieni di Shouko e Mamoru e Kouyou e il piccolo Tsubaki, e di come le cose erano cambiate e di come le mancassero tutti quanti. Si era fermata alla vista di Kazuki, ma lui non si mosse quando la sentì avvicinarsi. Lei si trovò ad essere furiosa con lui.

"Kazuki-kun."

Non si era voltato a guardarla, ma aveva continuato a guardare il mare. "Kazuki-kun," disse, ed era vagamente consapevole che stava parlando in quei toni freddi e senza emozione che avevano turbato Soushi. "Se vuoi aspettare qui, Kazuki-kun, sentiti libero di farlo. Ma se vuoi parlare, io ci sono, e anche Kondou-kun e Canon-san e tuo padre e gli altri. Non c'è ragione per continuare a restare da solo."

Kazuki non la guardò, e Maya rinunciò. Andò a casa e si rannicchiò sul suo letto e pianse, maledicendo in silenzio Soushi mentre realizzava che le mancava anche lui, probabilmente più di chiunque altro che non era più nella sua vita. Yumiko l'aveva lasciata in pace e non le aveva detto nulla sul suo saltare le lezioni, e Maya ne era grata.

Si era trascinata a lezione la mattina dopo ed era arrivata presto, e aveva trovato la classe vuota - nemmeno Canon era arrivato. Guardando fuori, vide un gruppo di ragazzi che giocavano a calcio, le loro grida e gli incitamenti che arrivavano chiari fino a lei. Si chiese se Kazuki o Kanji si sarebbero uniti a loro, se - se tutti loro, se qualcuno di loro - si sarebbe mai sentito come appartenente di nuovo a qualcosa. Poteva vedere i gabbiani che volteggiavano nel cielo e si trovava a sentire la mancanza della capacità di volare. Non notò che la porta dell'aula si aprì e che qualcuno entrò, e si voltò, sorpresa, mentre Kazuki prendeva una sedia e si sedeva accanto a lei. "Buongiorno, Toomi," disse sorridendo. Il suo sorriso era minuscolo, ma gli occhi erano chiari.

Lei ricambiò il sorriso e tornò a guardare fuori dalla finestra, gli occhi che bruciavano. Quanto era azzurro il cielo. Quanto sembrava pacifico il mondo, adesso.

Forse ora le loro vite erano tornare ad essere loro.

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Nota della traduttrice: me la sono betata da sola, quindi ogni errore è colpa mia. Inoltre non conosco il fandom, quindi se trovate cose colossali segnalatemele! Come sempre, ogni commento sarà tradotto e inoltrato all'autrice, così come ogni sua eventuale risposta. Alla prossima! - Alessia Heartilly