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Autore: Oneirox    08/04/2014    2 recensioni
Cain comincia a rendersi conto di volere qualcosa di più da Abel, quindi cerca di convincersi di non volere nulla.
Grazie a Ga per avermi betata.
Genere: Angst, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Abel, Cain
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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POV di Abel

 

Anche quella mattina se n'era andato prima di lui. Ancora Ethan non capiva come ci riuscisse, senza nemmeno puntare una sveglia, senza che venisse convocato da nessuno. Come fosse spinto soltanto da un fortissimo desiderio di non incrociare il suo sguardo, dopo una notte di sesso, talmente forte da farlo alzare a quelle che dovevano essere non più delle sei della mattina. Il solo pensiero gli portava un amaro in bocca, ed Ethan decise di scacciarlo, sostituirlo con quello più urgente dell'incontro con il tenente.

 

- ... I circuiti sono sistemati, possiamo già chiedere ai tecnici di installare il centralino sulla navetta da simulazione. - Spiegava, una mano sullo schermo, a mostrare a Keeler il frutto del suo lavoro, l'altra a tamburellare sul tavolo, nervoso o eccitato per chissà cosa poi.

- D'accordo, chiederò più tardi a Vicks. Ottimo lavoro, Abel. - Lo premiò con un sorriso, il tenente, ed uno sguardo dolce e soddisfatto che un po' affascinava Ethan. Lo vedeva così serafico, assolutamente fuori luogo lì, in mezzo ad una guerra, ad uccidere. A fare cadaveri.

- Ehm... Signore, mi chiedevo se non avrei potuto assistere personalmente all'installazione. - Azzardò Ethan, maledicendosi mentre sentiva le gote scaldarsi. Ma non nascose il volto, lo fissò invece con sguardo fermo, sforzandosi di tenere immobili le dita sulla scrivania. - Sa, nel caso andasse storto qualcosa potrei saperlo immediatamente, e provare a rimediare sul posto. Inoltre potrei dare istruzioni personalmente ai tecnici, sarebbe un enorme risparmio di tempo. -

- Abel... Il tuo turno finisce tra mezz'ora. Non hai bisogno di sovraccaricarti di lavoro, ci penseranno i tecnici. - Rispose il tenente, piegandosi su Ethan con un fare a metà tra il materno ed il seducente, perché in Keeler ogni cosa sembrava ambigua, ed Ethan stesso era combattuto tra una sensazione di pace ed una di disagio.

- Non mi pesa affatto, signore. La prego, ci terrei davvero molto ad assistere. - Ed era vero, era il frutto della sua fatica, della sua preparazione e della sua volontà. Era la dimostrazione delle sue abilità, quelle che suo padre aveva sempre cercato di ignorare, quelle che gli avrebbero permesso di fare la differenza.

Keeler si sollevò con un sospiro e si guardò attorno. Ethan fece altrettanto, scoprendo un laboratorio semivuoto, pochissimi computer ancora accesi e soltanto un paio di Navigator al lavoro. Il pannello sopra l'entrata segnava le ore ventidue.

- Alzati. - Disse, e se da parte di qualsiasi altro tenente sarebbe potuto sembrare un ordine ben preciso, la voce di Keeler era riuscita a renderlo quasi una preghiera, una stanca richiesta da parte di un amico, o di un genitore. Ethan sbatté le palpebre ed obbedì con un cenno del capo. Keeler era poco più alto di lui, i lunghi capelli chiari ad esaltare la sua figura slanciata e ad incorniciare un viso che era un perfetto ovale dai lineamenti quasi femminili. Una madre, nel suo preoccuparsi dei suoi soldati, ed ora nel suo chinare il collo flessuoso per incrociare lo sguardo di Ethan.

- C'è qualcosa sotto, non è così? - Le parole del tenente lo colsero di sorpresa, Ethan ci mise un po' a realizzare ed aggrottò la fronte.

- Cosa? - Chiese, non capendo. Keeler sospettava di lui? Per cosa, poi? Pensava forse fosse una spia dei Colteron, e perché avrebbe dovuto crederlo?

- Sono giorni che va avanti questa storia, lavori fino allo sfinimento, resti in laboratorio fino a tardi. E ora, ti inventi persino di voler seguire i tecnici. - Era vero, era tutto vero, ma questo non faceva certo di Ethan un traditore. Si agitava, ora, sentiva la mancanza del tavolo su cui tamburellare le dita. Eppure, il tono di Keeler non era accusatorio: Ethan riusciva a cogliere una nota di stanchezza, quasi rassegnazione.

- E' il mio lavoro, signore. Mi sto impegnando per fare del mio meglio. - Disse Ethan, la voce ora più acuta, la mano stretta attorno al colletto della divisa. Keeler aggrottò le sopracciglia per un attimo, come disapprovasse quel gesto.

- Fai di tutto per non tornare nella tua stanza, o per starci il meno possibile. Dimmi perché. -

- No! Non è niente di tutto questo io... Non ho alcun motivo per non tornare in stanza! - Deglutì, Ethan, rendendosi conto di aver alzato troppo la voce quando gli sguardi dei pochi presenti in laboratorio si alzarono dai monitor per posarsi su di lui. Ora cominciava a capire di cosa si trattava. E di cos'altro, se non di Cain?

- Abel... Non ti sto dando alcuna colpa, ma devi farmi sapere che cosa succede se vuoi che ti aiuti. - Faceva quasi male vedere Keeler in quello stato, come angosciato e tutto per un equivoco. Certo, Cain doveva essersi guadagnato una certa fama, con i suoi atteggiamenti del cazzo, ma Ethan non si aspettava che neppure i comandanti si fidassero di lui.

- No, si sbaglia, Cain è un buon Fighter, non ha mai fatto nulla di male. - O forse sì? Chissà cosa gli nascondeva, dopotutto. Solo pochi giorni prima gli sembrava di aver fatto dei passi avanti, di aver cominciato a conoscerlo meglio, ma ultimamente c'erano solo silenzi, tra loro. E del sesso, del sesso che Ethan aveva imparato a detestare per com'era diventato distante, quasi insensibile. Eppure, era pur sempre un contatto.

- Non devi aver paura di dirmi se ti ha fatto qualcosa. Noi ti proteggeremo, possiamo fare in modo che non riesca più nemmeno ad avvicinartisi. - Suggerì Keeler, posando una mano sulla spalla di Ethan, che raggelò. Di cosa stava accusando, esattamente, Cain?

- Le assicuro che non mi ha mai toccato, signore. Non so come si comporti quando non siamo insieme, ma con me non ha mai osato... -

- Sposta quella mano, Abel. -

Ethan rimase a bocca aperta, realizzando improvvisamente. Non scostò la mano dal suo colletto, ricordava fin troppo bene cosa nascondesse, in quella posizione. Ma avrebbe dovuto avere decine di mani, per riuscire a celare tutti i segni che Cain aveva lasciato su di lui con i suoi graffi, i suoi morsi, le sue labbra così avide ed ingorde da volerlo marchiare a tutti i costi.

- Se il tuo Fighter ti sta obbligando a fare qualcosa che non vuoi, evitarlo il più possibile non è la soluzione. Devi solo fidarti di me e del comandante Cook. - Abbassò la voce, in modo che soltanto il suo interlocutore potesse sentirlo, e strinse la presa sulla sua spalla, non più severo, affatto. Solo più comprensivo, e tutta quella compassione nello sguardo di Keeler era come una pugnalata nello stomaco.

- Non è... - Ethan riuscì appena a pronunciare l'inizio della frase, bloccandosi però all'improvviso. Come giustificarsi, stavolta? Cosa avrebbe dovuto dire, che era perfettamente consenziente, che non riusciva a fare a meno a quelle notti di sesso, che quei morsi non facevano altro che portarlo più vicino all'orgasmo? Qual era la punizione per una cosa simile? Come minimo, non avrebbe mai più rivisto Cain.

- Basta una tua parola, Abel. Possiamo liberarci di lui, riassegnarti e trovarti qualcuno di normale. Ma serve che sia tu a dirmelo, perché siete i migliori e Bering non accetterà un'altra scusa. - Riassegnarlo, ma certo. E Cain dove sarebbe finito? Nelle Colonie, con tutta probabilità, in quello che doveva essere un inferno di metallo senza cielo, senza montagne, senza sole. No, Ethan si era ripromesso di portarlo via, sulla Terra, dove sarebbe tornato da eroe.

- Non voglio venire riassegnato. - Disse, con tutta la fermezza di cui era capace, ora che si sentiva le labbra tremanti. Keeler sembrò cogliere la sua determinazione, perché mollò la presa sulla sua spalla, lasciando ricadere il braccio a lato del busto. Sospirò, abbassando lo sguardo che ad Ethan parve impregnato di una certa tristezza di cui non riuscì a comprendere l'origine.

- ... Noi terremo gli occhi aperti. Ricorda che non sei solo, Abel. - Disse il tenente, cominciando già ad allontanarsi. Ed Ethan desiderò per un istante di lasciar perdere i tecnici e precipitarsi da Cain, stringerlo e cercare conforto tra le sue braccia. Cambiò idea, quando si rese conto che da lui non avrebbe ricevuto altro se non un soffocante silenzio.

  
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