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Autore: lilyhachi    08/04/2014    6 recensioni
(Post terza stagione; nessun collegamento con la quarta stagione)
Madison era rotta, come un oggetto di vetro, i cui pezzi erano sparsi chissà dove, eppure Derek non sembrava da meno, solo che nessuno dei due era in grado di vedere le rispettive incrinature.
Derek Hale era spezzato. Tutto il suo dolore era accompagnato da una bellezza suggestiva in grado di annullare tutte quelle scosse che sembravano martoriare il suo sguardo rigido. Tutta la sua sofferenza era perfettamente modellata, come fosse creta, per far in modo che non ci fossero crepe, così da impedire al più flebile spiraglio di luce di entrare. Tutti i suoi tormenti erano pericolosamente allineati come le tessere del domino, e anche il minimo fruscio avrebbe potuto segnare una reazione a catena irreversibile. Da lontano, sembrava tutto in ordine, ma bastava avvicinarsi per riconoscere quelle piccole imperfezioni che lo rendevano rotto…splendidamente rotto.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Beautifully broken

 
Prologo
 
“Now I’ll be bold as well as strong.
And use my head alongside my heart.
So tame my flesh and fix my eyes.
I tethered mind freed from the lies”.
(Mumford & Sons – I will wait)
 
Madison guardò la strada, sforzandosi di non chiudere le palpebre troppo pesanti.
Forse mettersi in macchina non era stata una buona idea, considerando il sonno arretrato, la testa piena di pensieri e un umore che non era certo dei migliori.
Una coppia che si teneva per mano le passò davanti e se Madison avesse perso completamente il suo buon senso, l’idea di eliminarli dalla faccia della terra l’avrebbe già sfiorata. Il suo pensiero, purtroppo, non poté fare altro che correre a Keith. Era un pensiero malsano e doloroso, troppo forte per essere fermato, come una freccia che una volta scoccata non può interrompere la sua traversata, ma deve solo centrare l’obiettivo.
Nel suo caso, la freccia l’aveva già colpita in pieno petto. C’era sempre un senso di mancanza che la perseguitava e che la portava a desiderare di fare la valige e cambiare completamente l’aria che respirava, troppo satura di ricordi e di dolore.
Tuttavia, Madison doveva riconoscere che cambiare città non era la soluzione a tutti i problemi, per quanto sarebbe stato troppo bello e semplice andare via, lasciando alle spalle tutto. Avrebbe potuto lasciarsi indietro soprattutto Keith, ma forse avrebbe dovuto smetterla di fare pensieri assurdi poiché lui non si era posto nessun tipo di problema. Credeva che l’amasse e anche se era passato un anno, lei era ancora ferma al solito punto di non ritorno, come fosse intrappolata, con il terrore di fare un passo avanti per paura che il piede le venisse mozzato ancor prima che riuscisse a gridare con tutte le tue forze.
Era rimasta indietro, l’unica che era rimasta sempre la stessa.
Era Madison Nolan e non era cambiata nemmeno di una virgola.
Aveva rotto con il suo fidanzato storico che aveva ridotto il suo cuore in mille pezzettini e cosa le era capitato da allora? Assolutamente niente, ma non poteva incolpare l’universo per questo. La colpa era soltanto sua, e avrebbe continuato ad esserlo.
Madison si portava dietro qualche cicatrice di un’infanzia che in parte le era stata negata nell’esatto momento in cui sua madre era morta.
Madison si portava dietro qualche cicatrice di un’adolescenza che aveva dovuto attraversare senza una forte figura femminile a guidarla come avrebbe desiderato.
Madison si portava dietro qualche cicatrice di una vita in cui tante persone avevano fatto capolino, lasciando un segno dolente sul suo cuore per poi andare via, senza mai voltarsi indietro, neanche per rivolgerle un saluto. Sii artefice del tuo destino…è questo che dicono sempre. La verità era che Madison non voleva esserlo, continuava a ripetersi che tutto sarebbe cambiato, che il meglio sarebbe giunto anche per lei ma non faceva niente per farlo accadere. Restava ferma, ad aspettare che arrivasse qualcosa che forse neanche esisteva. Restava immobile, a rifiutare occasioni che le venivano offerte ogni giorno ma era come se non le volesse. Il perché non lo sapeva nemmeno lei. Forse era più semplice aspettare che le cose venissero da sole, come il detto “se son rose fioriranno”, al quale si era appellata così tante volte che aveva perso il conto. I suoi pensieri vennero interrotti da un cane che le attraversò la strada così velocemente da farla frenare all’improvviso, senza darle neanche il tempo di realizzare cosa stesse facendo. Madison era così persa e distratta che quasi non lo aveva visto.
La macchina si fermò all’istante e un urto la fece protrarre leggermente in avanti, facendo scattare l’airbag che cercò di togliersi dalla faccia.
“Non ci posso credere”, esclamò, voltandosi e notando una macchina appena dietro la sua.
Era appena stata tamponata e le sembrava assurdo, da quando si era trasferita era stata in grado di non fare neanche un incidente o una qualsiasi cosa che si avvicinasse per poi lasciarsi distrarre da un cane e dai suoi pensieri stupidi. Scese di corsa dalla macchina per controllare il danno subito e non appena vide il paraurti quasi del tutto staccato portò le mani alla testa con fare esasperato.
“Ti sembra il caso di frenare così all’improvviso?”.
Una voce maschile e profonda la riscosse da quello stato di temporanea disperazione per la macchina alla quale aveva prestato tanta attenzione. Alzò lo sguardo e si ritrovò davanti una faccia appartenente ad un ragazzo che avrebbe voluto prendere praticamente a schiaffi per il tono burbero e maleducato con cui aveva rivolto quella domanda alla quale avrebbe dovuto rispondere. Gli occhi di lui la fissavano, quasi increduli e chiaramente infastiditi.
“Un cane mi ha tagliato la strada”, rispose Madison, puntando i piedi sull’asfalto mentre gli altri automobilisti li sorpassavano, alcuni suonando anche il clacson come rimprovero.
Ignorò beatamente quei suoni fastidiosi e si concentrò meglio sul ragazzo dinanzi a lei, che non credeva di aver mai visto prima di allora.
Era alto con un fisico ben piazzato che gli avrebbe permesso di sollevare una persona senza molte difficoltà. Aveva la pelle olivastra e i capelli scuri, mentre gli occhi erano verdi ma con qualche pagliuzza gialla che per un attimo le fecero perdere il filo conduttore dei suoi pensieri. Alla vista della giacca di pelle, le venne quasi da sorridere: quel ragazzo sembrava un perfetto cliché fatto a persona.
Magari faceva anche il personal trainer e probabilmente la sua macchina era una divinità che doveva essere idolatrata ogni santo giorno, motivo che probabilmente lo avrebbe portato a dirgliene di tutti i colori. Anche se a dirla tutta, le faceva una strana impressione: aveva qualcosa di rassicurante nella sua figura ma allo stesso tempo vi erano dei dettagli di lui che sembravano etichettarlo come qualcuno da cui fosse necessario stare assolutamente ed incondizionatamente alla larga.
Il suo volto era stranamente familiare…possibile che lo avesse già visto?
Odorava di erba appena tagliata e di dopobarba, ma c’era un altro odore che si mischiava agli altri, uno che non riusciva a riconoscere ma che arrivava pungente alle sue narici. Era un odore strano e a tratti quasi confortante…come il caffè di prima mattina.
“Un cane?”, ripeté con tono quasi canzonatorio che aumentò la voglia di insultarlo.
“No! Un unicorno”, ribatté lei, allargando le braccia e sembrando forse una pazza.
Lui incrociò le braccia al petto e alzò un sopracciglio, osservandola con una leggera confusione sul viso, probabilmente stava pensando che fosse del tutto fuori di testa ma Madison non vedeva come avrebbe potuto importarle dell’opinione di uno sconosciuto che l’aveva tamponata e che aveva quasi sfasciato la sua povera macchina.
“Mi hai rovinato la macchina”, continuò lei, sentendo la sua stessa voce che aumentava quasi di un’ottava. “Mai sentito parlare di distanza di sicurezza?”.
“La stavo rispettando ma sei tu che hai frenato all’improvviso”, insistette lui, facendo un passo verso Madison e per un attimo le sembrò di vedere i suoi occhi cambiare colore. Abbassò un attimo lo sguardo, pensando di aver dormito decisamente poco.
“Ho frenato e tu mi sei venuto addosso”, lo corresse, poggiando le mani sulla vita.
Lui prese un respiro profondo e infilò le mani nelle tasche della giacca di pelle.
Lei lo osservò meglio e si chiese se magari avesse anche una moto, cosa che non l’avrebbe stupita minimamente, considerando il tipo, e il volto continuava a sembrarle conosciuto.
“D’accordo”, dichiarò con una nota di sconfitta nella voce, ritornando alla macchina.
Madison si sporse leggermente per vederlo armeggiare con qualcosa e poi chinarsi sul sedile. Non lo perse di vista nemmeno per un secondo mentre tornava verso di lei, porgendole un foglietto, dove evidentemente doveva esserci scritto il suo nome.
“Questo è il numero della mia assicurazione”, esclamò con una voce meno irritata e molto più calma, che le permise anche di ascoltarlo quasi volentieri. “Possiamo compilare un modulo di constatazione amichevole…o hai da ridire al riguardo?”.
Madison si corresse: non era per niente piacevole ascoltarlo.
Gli rivolse un’occhiata torva che lasciava intendere chiaramente la sua risposta e gli strappò il foglietto dalle mani, che lui allargò immediatamente e Madison tornò alla sua macchina per fare la stessa cosa che aveva fatto lui. Il suo atteggiamento non poteva far altro che disturbarla. Lasciò un pezzo di carta al ragazzo tutt’altro che simpatico, che lo afferrò con lo stesso modo che gli aveva riservato lei stessa poco fa e le sfiorò leggermente le dita.
Quel contatto appena accennato le provocò un brivido lungo la schiena e si irrigidì all’improvviso, alzando lo sguardo e trovando i suoi occhi verdi su di lei che la scrutavano con un’insistenza per nulla gradita. Avrebbe potuto classificarlo solo come “molesto”.
“Direi che siamo a posto”, disse mentre la sua voce si abbassava gradualmente, come se avesse riposto l’ascia di guerra il più lontano possibile da entrambi.
“Direi di sì”, rispose prontamente lui con un sorrisetto che sapeva di presa in giro.
Chissà se era in grado di mostrare un sorriso sentito o almeno spontaneo.
“Beh, ciao”, concluse lei con un sorriso finto, sentendosi imbarazzata per un motivo che faticava a comprendere, ma quel tipo la metteva decisamente a disagio.
Quel ragazzo senza nome la osservava, scrutava il suo viso con attenzione e la faceva sentire come se una luce fosse puntata costantemente su di lei, esponendola al mondo intero. La metteva in soggezione, portandola a distogliere lo sguardo perché non era in grado di reggerlo per più di qualche secondo…sembrava quasi che la stesse studiando.
“Ciao”, la salutò lui, aggrottando le sopracciglia e mostrando un cipiglio imbronciato, che la riportò a credere che fosse un tipo decisamente stereotipato ma decise di tenere il pensiero per sé. Accelerò il passo verso la sua macchina, ansiosa di chiudersi al suo interno.
“Attenta agli unicorni”.
Madison si fermò, con la mano vicino alla portiera e sfoggiò un sorriso genuino che sicuramente non gli era sfuggito. Lo osservò di sottecchi e vide sul suo volto il medesimo sorriso che sembrava tutto tranne che falso. Le sue labbra erano semplicemente piegate all’insù in un sorriso troppo sottile per essere definito tale, ma troppo chiaro per essere ignorato. Sembrava un modo tutto suo di sorridere.
Salì in macchina con ancora il sorriso in volto e si sentì tranquilla nell’abitacolo.
Gettò uno sguardo allo specchietto retrovisore e vide il ragazzo che finalmente si allontanava, gettandole uno sguardo, forse divertito, che fece finta di non notare mentre si rigirava il foglietto fra le mani: era un post-it giallo che stava quasi accartocciando.
Lo aprì, e quando lesse il suo nome, la familiarità di quel volto prese maggiore consistenza.
Il suo nome era Derek Hale e lei ricordava bene chi fosse.
 
“Posso dire in tutta sincerità che storia è una materia inutile?”, esclamò Lana una mattina, mentre Madison riponeva accuratamente i libri nel suo armadietto.
“Non per me”, rispose lei con tono quasi indignato.
“Già ti vedo tra dieci anni a riesumare resti fossili o a lavorare in qualche libreria impolverata”, la rimproverò Lana. “Poi non lamentarti con me quando non riuscirai a trovare un ragazzo, e mi dirai che dovevi sostenere il provino da cheerleader”.
Madison aveva alzato gli occhi al cielo e aveva riso di gusto, mentre Lana si lasciava coinvolgere dalla sua risata gioiosa, per poi abbracciarla, come era solita. In momenti del genere, Madison era riuscita a sentirsi completa, senza quel vuoto incolmabile a livello del petto, in ricordo della perdita che aveva segnato la sua vita.
Lana l’abbracciava e quel buco nero si dissolveva.
I suoi nonni la stringevano, ricordandole la famiglia meravigliosa che avevano creato, e quel vuoto veniva improvvisamente riempito, e tutto il dolore spariva insieme ad esso.
In quei momenti, Madison ricordava che sorridere non era poi tanto difficile.
D’un tratto, sentì Lana allontanarsi da lei e la scorse ad osservare verso un punto indefinito del corridoio alle sue spalle, per osservare con estrema attenzione qualcosa o qualcuno. Madison curvò le labbra in un sorriso divertito, intuendo immediatamente il significato di quell’espressione. Conosceva Lana meglio di chiunque altro, e riusciva a distinguere ogni sfumatura che il suo viso poteva assumere. Quella che Lana aveva mostrato una mattina di diversi anni fa, durante un normalissimo giorno di scuola, era dovuta alla vista di un ragazzo che aveva attirato il suo interesse. Lana Masters era incorreggibile: intelligente, brillante, bella, testarda come un mulo, per nulla incline al rispetto delle regole e con un particolare radar per i bei ragazzi con qualche serio problema caratteriale.
“Fusto”, disse tutto d’un fiato, squadrando la figura che percorreva il corridoio con lo zaino in spalla, senza prestare attenzione a tutti gli studenti che gli si muovevano attorno.
“Smetti di guardarlo”, esclamò Madison con sguardo perplesso, e osservando le sopracciglia aggrottate del ragazzo che non sembrava molto a suo agio. “Non è del nostro anno, quindi puoi mettere da parte le tue speranze di farti notare da Derek Hale”.
“Derek Hale”, ripeté Lana con una voce sognante che spinse Madison a darle uno strattone per cercare in qualche modo di ripotarla con i piedi per terra.
Aveva volto di nuovo lo sguardo alla ricerca del viso del suo proprietario e lo trovò a non molta distanza da loro mentre era intento a prendere un paio di libri dal suo armadietto.
Derek Hale era probabilmente uno dei ragazzi più emblematici che avesse mai visto.
Madison non fece neanche in tempo a formulare quel pensiero che il ragazzo venne avvolto da un paio di braccia magre e toniche appartenenti a Kate Argent, che lasciò fluttuare i boccoli biondi sulle spalle, scoccando a Derek un bacio che di dolce non aveva nulla.
Kate Argent sembrava una specie di uragano che travolgeva le persone in maniera violenta e distruttiva senza curarsi di nulla, e Derek sembrava pendere dalle sue labbra.
“Quella è una proprio una…”, Lana venne stoppata dal secondo strattone da parte di Madison, al quale ne sarebbero seguiti sicuramente altri con lo scopo di zittirla.
“Cosa?”, chiese la ragazza con finta innocenza. “Sono soltanto la voce della verità”.
“No, sei soltanto invidiosa”, sentenziò Madison, distogliendo lo sguardo dalla coppietta.
“Io? Ma per favore”, Lana fece un gesto della mano per poi incrociare le braccia e cercare con tutta sé stessa di non fissare Derek e Kate, che avrebbe sostituito volentieri.
Madison scosse la testa, prendendo l’amica per un braccio e dirigendosi verso l’aula.
 
Madison non aveva mai parlato con Derek Hale e raramente lo aveva incrociato per i corridoi, ma da ragazza nata a Beacon Hills era obbligatoriamente a conoscenza della storia della famiglia Hale e dei nomi dei suoi componenti, soprattutto se alcuni frequentavano la sua stessa scuola, come in quel caso specifico. Sorrise debolmente al pensiero che Beacon Hills le era corsa dietro, pur avendo lasciato la città diversi anni fa.
Ricordava vagamente Derek Hale anche da bambino, quando se ne stava accanto alla madre Talia il primo giorno delle elementari e lei gli teneva la mano in attesa degli insegnanti. Mentre tutti i bambini attorno piangevano e si dimenavano fra le braccia dei loro genitori perché non avevano intenzione di lasciare quel posto caldo e sicuro che era la loro casa, Derek sembrava placidamente calmo e per nulla turbato.
Madison lo ricordava pacato e sereno accanto a sua madre, mentre lei stessa spostava lo sguardo verso sua nonna. Derek era un bambino buffo con le solite sopracciglia aggrottate che gli conferivano un’aria infastidita e stranamente cauta. Lo aveva ricordato così fino al liceo. Ai suoi occhi conciliava perfettamente i due aggettivi. Derek era un mix di sensazioni strane e ogni volta che lo guardava non faceva che rimanerne incuriosita. Si chiedeva perché quello strano ragazzo fosse sempre così riservato, tranne quando era in compagnia di Kate, alla quale riservava dei sorrisi veri che all’apparenza non sembravano nemmeno sorrisi.
Aveva un modo tutto suo di sorridere, strano e decisamente raro. Ogni tanto si era ritrovata a guardarlo, vedendo al di là della facciata che lui stesso e tutti i loro compagni di scuola gli avevano costruito attorno, come fosse un muro ben dipinto, sotto al quale si nascondeva tutt’altro.
Madison aveva inizialmente creduto che non fosse normale, che anche lui dovesse essere più allegro qualche volta e che forse aveva dei problemi seri, ma quando un giorno lo vide per davvero il suo cuore le saltò praticamente in gola per poi tornare nella cassa toracica a causa di ciò che aveva visto.
Una mattina, che sembrava una delle solite, Derek Hale nascondeva un dolore inconsolabile negli occhi, solo che Madison non lo sapeva. Era seduto fuori la presidenza, con un’aria afflitta che non gli si addiceva minimamente. Derek non aveva detto niente, era rimasto seduto con accanto sua sorella Laura e un altro ragazzo che non conosceva ma sembrava essere un altro Hale, e quando Madison lo aveva visto dal corridoio, era inspiegabilmente rimasta a fissarlo.
Era stato a quel punto che Derek l’aveva forse vista per la prima volta in vita sua. Le aveva rivolto uno sguardo vacuo per poi tornare a fissare il pavimento.
Da un lato, Madison desiderava chiedergli cosa lo rendesse così abbattuto e triste, ma qualcosa la bloccò, come se sapesse che lo sguardo negli occhi di Derek era dovuto ad una mancanza che portava anche lei. Solo che Madison non sapeva cosa significasse amare qualcuno per poi perderlo, perché lei non aveva mai conosciuto la sua mamma, poichè non era cresciuta abbastanza da poter vedere il suo viso prima che morisse e nemmeno il suo papà, vivo in chissà quale continente. Quando lo sceriffo era arrivato, Derek si era alzato mollemente insieme a quelle che dovevano essere le rimanenze della sua famiglia e si era avviato fuori dalla scuola con il suo zaino in spalla. Sembrava un burattino che si muoveva solo perché guidato da fili invisibili e le dava l’impressione che sarebbe crollato a terra da un momento all’altro ma prima di uscire, si era voltato per poggiare delicatamente il braccio su quello di sua sorella appena dietro di lui e i suoi occhi avevano scorto Madison per un secondo, tornando poi a guardare dritto dinanzi a sé.
Quello fu l’unico contatto che aveva avuto con Derek Hale, per poi scoprire dell’incendio che gli aveva strappato via l’intera famiglia, dopodiché non ebbe più sue notizie. Madison lo aveva visto, solo che lei non contava.
 
 
Angolo dell’autrice
 
Bene, alla fine l’ho fatto. Ci ho messo praticamente una vita per pubblicare questa storia, neanche fosse la storia del secolo, e probabilmente sarà un grosso buco nell’acqua. Ad ogni modo, spero che possa piacere. Derek Hale è uno dei personaggi che più mi sta a cuore nella serie, insieme a Stiles ed Isaac, e spero davvero che possa trovare un po’ di amore. Personalmente, sono una multishipper, mi piacciono tutte le coppie (Stydia, Sterek, Scallison, Pydia, Scira e quant’altro) ma mi piace anche immaginare Derek con un personaggio femminile che non sia una pazza psicopatica con un’ossessione per i sacrifici. So che nel vedere Derek abbinato ad un nuovo personaggio, si può storcere il naso, ma io cercherò di fare il possibile per rendere Madison un personaggio gradevole. In questo prologo, ho cercato di tratteggiarla il più possibile, aggiungendo anche uno stralcio della sua adolescenza: conosceva Derek di vista,  non si sono mai parlati e dopo aver letto il nome si ricorda di lui e delle poche volte in cui lo ha visto. Ovviamente, saprete di più su di lei nei capitoli successivi. La storia si svolge dopo la 3b ma non tiene conto degli spoilers sulla quarta stagione usciti in questi ultimi giorni. Non credo di dover aggiungere altro. Mi limito semplicemente e ringraziare le meravigliose personcine che mi hanno incitata a scrivere questa storia, la cui pubblicazione è stata un vero e proprio parto e spero di non avervi deluso. Un ulteriore ringraziamento alla pagina Photoshop is the secret to my power ~ per il meraviglioso banner.
Questo è quanto, spero che la storia vi piaccia.
Alla prossima, un abbraccio :)
   
 
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