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Autore: Ixia    08/04/2014    6 recensioni
"Solo Gray.
Non Gray-sama.
Nessun nomignolo imbarazzato, nessuna formalità.
Striscia in mezzo alle macerie, barcollando come drogata, si ferisce mani e gambe su delle schegge di vetro.
Non sente nulla.
Gray. Gray. Gray.
Ti prego alzati.[…]
E se fosse stato vero?"
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gray Fullbuster, Lluvia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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So… welcome back (?) Sembra quasi surreale dopo due anni di completo mutismo tornare a postare qualcosa di mio. Due anni. Incredibile. Non ci voglio nemmeno pensare. Comunque, credo si d’obbligo porgere le mie scuse al fandom di FT, che malauguratamente è stato scelto come vittima designata per il mio sfogo personale. Mi dispiace, lo dico sul serio, avevo anche deciso di smettere… E poi uno ci ricasca.
Comunque, Gray e Juvia, capitolo 334, that’s all. (inizia in media res, proprio nell’istante dopo in cui Gray è stato colpito) Il motivo? Perché li amo incondizionatamente.
Per chi arriverà in fondo, magari ne avesse voglia, mi lasci pure un messaggio. Anche solo per farmi sapere che dovrei buttare la tastiera nello scarico, o semplicemente usarla come pelapatate. Sono commenti costruttivi, così uno si mette l’animo in pace e poi magari corona il suo sogno di fare l’allevatore di pappataci. Ecco, forse dovrei concentrarmi su quello. Pappataci. Altro che scrivere. Eccolallà, divago.
Baci, Ixia.

 
 
 
 
A klio.
Perché la convertirò e
 perché è l’unica a conoscere la mia doppia identità.


 
 
 
 
Paura del buio
 
 


 
 
 
-GRAAAAAAAY!-
 
Solo Gray.
Non Gray-sama.
Nessun nomignolo imbarazzato, nessuna formalità.
Il corpo del mago del ghiaccio cade a terra, crivellato dai colpi, in un’unica pozza di sangue che corre, corre fra le macerie e raggiunge i piedi di Juvia.
E lei urla. Urla. Le orecchie le fischiano impazzite, le immagini corrono.
C’era lei lì, un attimo fa. Ora è a terra, le mani fradice di sangue, salva. Mentre ai suoi piedi scorre quel liquido denso.
È silenzio, intorno a lei. Anche se Lion e Meredy continuano a lottare, i fasci d’energia ad esplodere e tutta la città crolla, sotto i colpi incessanti dei draghi.
Tutto esplode, salta in aria, frana. Ma in lei c’è solo silenzio.
Gray.
Il sangue.
Troppo sangue.
Non è possibile. Non è possibile. No. No. Non può.
Striscia in mezzo alle macerie, barcollando come drogata, si ferisce mani e gambe su delle schegge di vetro.
Non sente nulla.
Gray. Gray. Gray.
Ti prego alzati.
-Gray?- sussurra, quando tutto il suo corpo è immerso in quel lago di sangue, e la mano arriva a sfiorargli il petto.
Non lo ha mai chiamato così. Ma lui non le risponde.
L’attacco dei draghi triplica la sua potenza, tanto che Lion e Meredy non fanno che urlare, che combattere, che tenere ancorato con le unghie e coi denti il loro ultimo brandello di vita.
Nubi di polvere si alzano, frammenti di mura e soffitti franano a terra schiacciando i passanti, che corrono via come impazziti. I colpi continuano, le urla, i passi affrettati.
Juvia invece si inginocchia davanti al corpo di Gray e lo prende tra le braccia, chinando il capo sui suoi capelli. Accanto a lei impazza la battaglia, ma le esplosioni coprono le sue urla, i suoi richiami, mentre stringe l’ombra dell’uomo di cui era tanto innamorata. Tiene gli occhi ben chiusi, perché sa che il suo viso è ormai irriconoscibile, e dondola, quasi cullandolo, mormorandogli torrenti di parole.
Non combatte, non scappa, non corre. Il suo ultimo brandello di vita le è scivolato via fra le mani, crivellato da una raffica di colpi.
Gray, Gray, Gray…
Dentro di lei, solo silenzio.
 
 
Arco del Tempo… Ultimi Anni.
Non sono riuscita a salvare nessuno?
 
 
Il volume d’un tratto ritorna, insieme ad un leggero malditesta. Tutti si guardano intorno confusi, mentre i tre ragazzi si traggono in piedi dopo l’ultimo attacco.
Hanno le stesse immagini in testa, Gray spalanca gli occhi mentre il suo cuore perde un battito.
È stato… un sogno?
Eppure gli eventi scorrono esattamente come previsto, il drago appare proprio nel punto designato e i due maghi del ghiaccio sono in grado di fermarlo, uscendone indenni.
Gray alza lo sguardo al cielo, ascoltando la strana atmosfera che aleggia sulla città. Cosa può essere stato?
Cerca risposta nel viso dei compagni e la trova nello sguardo paralizzato di Juvia, che non riesce a sostenere i suoi occhi. Volta il capo di scatto e, spiazzando i suoi tre compagni, fugge lontano e sparisce in un vicolo poco distante.
Sono tutti confusi, Gray non riesce a conciliare le immagini di quel vivido sogno. Sa solo che il terrore che ha visto negli occhi di Juvia, però, è stato dannatamente reale.
 
 
 
~
 
 
 
Finito. Era tutto finito.
Non si sa in virtù di quale incredibile buona stella, anche quella volta i maghi di Fairy Tail erano riusciti a scamparla. Avevano vinto, il mondo non era stato schiacciato dall’ira dei Draghi.
Ancora una volta, ne erano usciti a testa alta.
Nella locanda HoneyBone quella sera nessuno sembrava aver voglia di andare a dormire, mentre la musica della fisarmonica e i canti dei maghi ormai ubriachi alleggerivano a poco a poco la cortina di ferro caduta su Crocus. Le migliori botti della cantina erano state aperte a rendere omaggio agli eroi della giornata, in attesa che il Re organizzasse il Gran Ballo per ufficializzare così la gratitudine del Regno.
Il chiasso era quasi insopportabile, scoppi di risa come cannoni facevano tremare le imposte del salone principale. Ma come biasimarli? Avevano vinto, erano vivi, insieme. Nulla di quella serata gli avrebbe mai fatto dimenticare il terribile pericolo che avevano corso. E allora perché non festeggiare? Perché non cantare fino all’alba? Persino la giudiziosa Levy quella sera non si sarebbe ritirata in camera prima del sorgere del sole.
Ma uno di loro, uno dei tanti protagonisti della giornata, aveva deciso di posticipare i canti ancora per un paio d’ore. Gray Fullbuster quella sera era chiuso nella sua camera al secondo piano, sdraiato sul letto sfatto, ascoltando il chiasso proveniente dai piani inferiori sperando di prendere sonno. Sfortunatamente, sapeva non sarebbe mai venuto, costretto com’era a rivivere gli stessi agghiaccianti momenti nella sua testa.
Sangue. Sangue ovunque. Dal suo petto, dalle sue braccia.
E poi le urla, le suppliche, mentre lentamente il mondo perdeva i contorni.
Qualcuno l’aveva chiamato. Dieci, cento volte.
Continuava a vedere rosso.
E se fosse stato vero?
Si alzò di scatto dal letto, con stizza, cominciando a misurare il pavimento della sua camera a passi rapidi, fissandosi la punta dei piedi con innaturale interesse.
Non lo aveva raccontato a nessuno, nessuno alla gilda sapeva. Lion e Meredy erano tornati dai loro nakama, lui non aveva aperto bocca con nessuno dei suoi compagni, e Juvia…
Juvia. Dopo quello sguardo terrorizzato era sparita nel nulla. Gajeel aveva giurato di averla vista incolume dopo la battaglia, ma non era tornata alla locanda.
Gray continuava a camminare, quasi in trance. A volte guardava dalla finestra, ma la vista del profilo deturpato della capitale del Regno, anche se sotto la luce tiepida della luna, risvegliava in lui il sentimento che stava cercando di soffocare.
Paura. Incredibile paura.
E morte, che gli si era attaccata addosso come una zecca e gli stava succhiando via le forze.
Non sentiva quella gioia che provavano gli altri, quello status da privilegiati che avevano sconfitto ancora una volta l’arrivo della loro ora.
Si sentiva più come coloro che adesso giacevano nel salone della Cattedrale, sdraiati a terra, con un velo bianco sul viso. Sentiva freddo.
Improvvisamente un suono interruppe il suo passeggiare, un lieve fruscio di stoffa dietro la sua porta richiamò l’attenzione del suo udito allenato. Indeciso se essere grato per quella distrazione momentanea, o solo seccato dell’intrusione, decise di non fingere di essere addormentato.
-Chi è?- chiese senza lasciare all’intruso il tempo di bussare, e da dietro la porta qualcuno soffocò un gemito. Gray aprì la porta, con la netta sensazione che il suo ospite sarebbe scappato da un momento all’altro, e davanti a sé trovò la figura atterrita e imbarazzata di Juvia Locksar. Era scalza, avvolta in una camicia da notte troppo leggera e dalla sua espressione era chiaro che si stesse maledicendo con tutta la fantasia di cui fosse capace.
Non avrebbe mai voluto incontrarlo, non quella sera. Eppure quella notte, nascosta nella sua stanza, Juvia aveva cominciato a credere che le immagini che le affollavano la testa non fossero sogni, ma ricordi. Allora era stata spinta da una paura cieca, aveva cercato una conferma, un’ancora a cui aggrapparsi che la potesse tenere vicino alla realtà, e senza neanche accorgersene i suoi piedi l’avevano indirizzata davanti alla porta della sua camera. Dannazione, dannazione! Ora cosa avrebbe detto? Come avrebbe giustificato la sua intrusione? Conosceva Gray, era un uomo orgoglioso, non avrebbe sopportato quelle sue paranoie, forse l’avrebbe giudicata un’offesa. Avrebbe pensato che lei fosse soffocante, infantile, una bambina col terrore del buio. L’avrebbe cacciata.
Eppure, non riusciva ad andarsene. Juvia non riusciva ad andarsene. I suoi piedi restavano fermi sulla soglia della porta, la mano tesa a mezz’aria, come a proteggersi.
Continuava a dirsi di girarsi, e andare via.
Ma non voleva. Non ci riusciva.
-Ciao Juvia.-
Strano, non era per nulla infastidito. Anzi, Gray trovò quasi divertente quella situazione, la presenza della sua buffa compagna fuori dalla sua camera per un attimo aveva cacciato il senso di morte che si era sentito addosso. Forse erano i piedi scalzi, forse la sua espressione da ladro colto sul fatto o solamente il suo restare muta, paralizzata dall’imbarazzo. No, non era nulla di quello, pensò mentre sentiva la ragazza fare un passo avanti, gli occhi leggermente lucidi. Era il sollievo che le aveva visto passare sul viso nel momento in cui le aveva aperto la porta.
È vivo.
Questo aveva pensato.
Sono vivo? si era chiesto insistentemente nelle ultime ore.
Il viso di Juvia gli diceva di sì.
E non si sentì infastidito nemmeno quando le dita di Juvia lo sfiorarono ad un braccio. Lei cercava conferme, proprio come le desiderava lui.
Sei davvero qui? Anche l’altra mano di Juvia corse al suo avambraccio, e la pelle sotto le sue dita continuava a rassicurarla, a cacciare via i brutti pensieri.
Sono davvero qui? Il tocco leggero che dalle braccia saliva sulle spalle glielo confermava, come il calore che piano piano si allargava nel petto.
Non sono morto, pensò, quando Juvia non riuscì più a trattenersi e lo trascinò in un abbraccio disperato, stringendolo fortissimo, quasi a fargli male.
Lei piangeva un po’, aveva i brividi per tutto il sangue che si era vista macchiare la pelle, ma aggrappata a quell’abbraccio come all’albero di una nave in piena tempesta, cominciava a saper distinguere il reale dal fittizio. Sogno o no, era passato. Lei non stava più stringendo un fantoccio insanguinato, ma un corpo che aveva cominciato a risponderle a sua volta, carezzandole i capelli.
Gray sentiva le urla rimbombargli nelle orecchie. Gray. Gray. Gray. Era stata lei a chiamarlo. Lei ad urlare. Ora però aveva smesso, era lì con lui, era tutto finito.
 
Non le permise di andare via, quella sera. L’odore di morte era ancora troppo pesante, e il suo tocco gentile era l’unica cosa che lo aiutasse a ricordare.
Ricordare che non era morto, che respirava, che la sua vita non si era spezzata in mezzo alla polvere. Che non era un corpo freddo, ma poteva ancora sentire il calore della ragazza al suo fianco.
Si addormentò in silenzio, esausto, finalmente con il cuore in pace. Sicuro.
Quella notte ci avrebbe pensato lei a tenere i mostri ben lontani dal suo letto.







 
   
 
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