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Autore: Mimi18    10/07/2008    10 recensioni
«Voi tornerete, vero?»
Shikamaru sollevò stancamente le palpebre pesanti, portando poi lo sguardo sul corpo formoso della compagna di squadra.
[Shikamaru x Ino - InoShikaCho all the time!]
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Choji Akimichi, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho notato che ci sono davvero pochissime FF su Sasuke Uchiha e Ino Yamanaka

Memorie d’un tempo perduto

 

Lo senti?

Il rumore di qualcosa che si spezza

Sono i sentimenti che il cuore

Non riesce più a contenere

-Secret Unriquited Love-

 

Mani abili acconciavano i capelli in uno chignon elegante, rendendo ancora più piacente quel viso d’una bellezza particolare.

Le labbra stringevano con forza un mollettone nero, mentre gli occhi fissavano con criticità lo specchio dai contorni azzurri e il riflesso che rimandava: una giovane donna con una falsa espressione di soddisfazione sul viso solo leggermente truccato.

Le labbra avrebbero tanto voluto arricciarsi in una brutta espressione stizzita, ma quel becco bloccava ogni cosa; non avrebbe mai voluto vederlo cadere a terra, rischiando così di stropicciare il vestito per piegarsi a raccoglierlo.

Gli occhi azzurri fissavano qualsiasi difetto in quell’acconciatura, mentre Ino si alzava in piedi silenziosa; osservava la stanza alla ricerca della trousse per ritoccare (ancora) quel viso così smorto e brutto; voleva coprire quelle occhiaie profonde, quelle guance scarne e quegl’occhi così dannatamente facili da capirei.

Ma nemmeno il trucco può far sparire i segni del pianto, Ino, questo ti disse lui, anni or sono.

Gli occhi erano lo specchio dell’anima, tutti l‘avrebbero vista così imperfetta, così umana per una volta, così sofferente.

E ringhiò infuriata.

 A passo di marcia raggiunse la trousse rossa appoggiata alla scrivania, la aprì di scatto, i denti che stringevano il labbro inferiore, una mano che afferrava il pennellino e veniva portato sul colore bianco, che avrebbe fatto risaltare maggiormente quegl’occhi, e iniziò pennellare le palpebre, ancora e ancora, finché una sfumatura argentea non la soddisfò.

Prima un occhio, poi un altro.

Passò alla matita, pronta a riempire abbondantemente quei pozzi azzurri, pronta a far risaltare quel lato oscuro di anima: palpebra e linea inferiore dell’occhio, più e più volte. Un filo nero, spesso.

Le labbra furono coperte da un rosso scarlatto, un rosso volgare, come la additavano spesso molte di quelle persone che, tra poche ore, avrebbe incontrato.

Nessun sorriso a quella festa. Un addio. Chi aveva voglia di festeggiare?

Lei no, ma sapeva bene che ci sarebbero state pacche d’incoraggiamento, sorrisi pieni di fierezza, sguardi seccati su di lei, commenti provocanti e risate.

Risate false o vere che fossero, nessuno avrebbe mostrato il proprio stato d’animo. Nemmeno lei, quella che avrebbe dovuto strapparsi i capelli dal dolore, invece che acconciarli.

Colei che avrebbe dovuto avere le guance imperlate di lacrime e non truccate di pesante phard.

Occhi rossi e non neri.

Sorrise soddisfatta [un sorriso incrinato] afferrando una borsetta nera e uscendo dalla stanza, gettandovi un’ultima occhiata, prima di chiudere la porta.

 

«Un ‘altra porzione, per favore!»

Ino storse il naso, osservando con criticità i quattro piatti vuoti che Choji teneva di fronte a sé.

Sbuffò seccata, sicura che ogni ramanzina sarebbe stata completamente inutile: il suo amico sarebbe rimasto un pozzo senza fondo per l’eternità.

«Cho, guarda che poi ti rimarrà tutto sullo stomaco», provò a dire Shikamaru, non guardando nemmeno l’amico. Era il primo a sapere che Choji non avrebbe mai ascoltato quel consiglio.

«Non ti preoccupare Shika, se mangio mi metto in forma, così potrò combattere al pieno delle mie forze! »

Appunto.

Ino sorrise serena, osservando di sottecchi il volto seccato di Shikamaru. Una leggera peluria gli copriva il mento, rendendolo quasi più affascinante.

Strinse con forza il tessuto del divano su cui era seduta accanto a lui, trattenendosi dalla voglia di sfiorarlo.

Leccò la labbra, girando il viso verso il nuovo piatto arrivato in quel momento.

«Favorisco», esclamò afferrando con le bacchette un pezzetto di carne e mangiandolo prima che Choji possa replicare.

Si leccò i baffi [ma non fu per il piatto] soddisfatta.

«Buono! »

«Ino, tu dovresti consultare un libro sulle buone maniere», borbottò Shikamaru, guardandola neutro, disinteressato a tutto.

Gli cacciò una linguaccia, come una bambina, sorridendo poi verso Choji che, gentile, le porse un piatto di carne da condividere.

 

Traballava su quei tacchi: non era abituata a portarli, indossava sempre sandali da kunoichi o, raramente, un paio di scarpe diverse.

Ciabattine più che altro, che non implicavano tacchi a spillo di dodici centimetri; Sakura aveva ragione, avrebbe dovuto prendere qualcosa di più comodo per la serata.

Ma Ino non contava nemmeno di passare del tempo in piedi, se ne sarebbe stata seduta in un angolino a bere, magari in compagnia di qualche uomo, evitando occhi troppo seccati che la cercavano. Sfuggendo a qualsiasi domanda relativa al suo stato d’animo. Perché lei era l’ultima persona a volere far cadere la festa nella tristezza, nonostante lo stesso festeggiato non sorridesse da un po’.

Da lontano vide le luci del locale in cui si stava dirigendo, luci al neon, luci forti, che le davano fastidio agl’occhi.

Li strizzò, cercando di distogliere lo sguardo, ma quella luce rossa era troppo forte, si abbatteva su di lei come una tempesta.

«Ino?»

La voce di Tenten la bloccò; era dietro di lei, carina nel suo vestito rosso, proprio accanto a Neji e Lee. Entrambi i ragazzi sembravano stupiti del cambiamento avvenuto nella compagna di squadra quella sera, soprattutto il giovane Hyuuga che, come notò Ino, non le toglieva gli occhi di dosso.

Sorrise dolce, sentendosi prendere a braccetto dalla castana.

«Entriamo insieme?», domandò ricambiando il sorriso, spintnandola un po’ verso l’entrata del locale.

«Non posso ancora credere che Shikamaru abbia deciso di fare questa festicciola proprio qui», esclamò Lee, arrivando alla destra di Ino.

Annuì distratta, l’unico rumore che sentiva era il suono dei tacchi suoi e di Tenten infrangere l’asfalto sotto i loro piedi.

Alzò gli occhi al cielo sereno, scorgendovi un paio di nuvole solitarie. Poche stelle illuminavano la via, ma non erano per niente splendenti, avevano una luce pallida e smorta, completamente diversa da quella che Ino si ricordava.

Lei, Shikamaru e Choji erano soliti guardare le stelle più luminose, insieme, la notte.

 

Entrarono nel locale, in cui la musica non era ancora arrivata a livelli troppo elevati, ma la gente pullulava già per la sala, riempiendola: metà Konoha era stata invitata, da quanto poté notare la Yamanaka, arricciando il nasino stizzita.

Tenten tirò il suo braccio, scotendola dai suoi pensieri, portandola di nuovo alla realtà. Con un dito le stava indicando un codino alto e nero che, teoricamente, sarebbe dovuto appartenere al suo compagno di squadra.

«Andiamo a salutarlo», squittì la giovane, afferrando la mano di Ino e tirandola verso Shikamaru, per nulla accortasi dell’espressione dura che si era aperta sul volto della kunoichi.

Shikamaru e Tenten si salutarono: la giovane aveva poggiato appena le sue labbra sulla guancia del ragazzo, rimasto totalmente indifferente dal gesto, continuando a guardare lei, l’ex membro femminile del Team 10, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni troppo larghi e scoloriti per poter essere eleganti.

Teneva gli occhi bassi, Ino, non voleva guardarlo; se l’avesse fatto, non avrebbe resistito e sarebbe scoppiata in lacrime.

Scosse il capo, liberandosi dalla presa dell’amica e sparendo tra la folla, mentre gli occhi di Shikamaru ancora la scrutavano.

 

«Shikamaru?»

Il ragazzo sollevò lo sguardo, osservando la giovane che, per la prima volta, l’aveva chiamato con il nome integro, senza utilizzare nessuno di quegli stupidi nomignoli che solitamente gli affibbiava.

Mugugnò in risposta, facendole capire che l’ascoltava.

«La missione di domani non è pericolosa, vero? », domandò la Yamanaka, evitando di guardarlo.

Choji accanto a loro sgranocchiava una manciata di patatine, sereno e pacato, ascoltando solo parzialmente quello che Ino diceva.

«Perché?»

«Voi tornerete, vero?»

Shikamaru sollevò stancamente le palpebre pesanti, portando poi lo sguardo sul corpo formoso  della compagna di squadra, fasciata in un abito poco femminile per la prima volta, scorrendola tutta, fino ad arrivare gli occhi cerulei.

Occhi preoccupati che lo fecero sbuffare sonoramente.

«Scema, è ovvio. Tu che faresti senza di noi?»

Morirei, avrebbe volentieri risposto, ma si limitò semplicemente a sdraiarsi sul petto del Nara, prendendo una mano di Choji fra le sue e stringendola forte.

«Vi voglio bene», proclamò con una voce troppo dolce per una come lei.

Shikamaru roteò gli occhi, mentre Choji si limitò ad annuire, carezzandole con distrazione il dorso della mano bianca.

 

Ballavano tutti, chi a coppie, chi solo, chi in gruppo: Ino poteva benissimo distinguere le chiome dei suoi più chiari amici in mezzo a quella folla.

Sakura e Naruto decisamente imbarazzati, cercavano di non sfiorarsi troppo ancora non abituati al fatto che, ormai, stavano insieme da quasi un mese e mezzo.

Perfino Neji e Tenten stavano ballando. Perfino il freddo e distaccato Hyuuga, pur di tenere fra le braccia Tenten forse.

Sorrise, sorseggiando il drink che teneva fra le mani.

Era seduta su un divanetto, lontano dagli sguardi di tutti, proprio come aveva deciso. Niente e nessuno era ancora riuscito a disturbarla, fino a quel momento.

«Ehi bellezza, che ci fai qui tutta sola?»

Sai la guardò con il solito sorrisetto falso, sedendosi accanto a lei e portandole via il drink.

Ricambiò il sorriso, girando parzialmente il corpo verso il giovane che, impudente, allungò una mano verso il suo viso, accarezzandolo.

Ino rimase piacevolmente sorpresa dal gesto, dimenticatasi dei suoi progetti per la serata.

Rilassò il viso, lasciando che la mano di Sai continuasse ad accarezzarla, non rendendosi conto di alcuni sguardi su di loro.

«Balliamo?»,domandò qualche secondo dopo il pittore, porgendole la mano e alzandosi in piedi.

Ino fece per accettare, ma l’incrociare degl’occhi di Shikamaru la fece desistere.

Sorrise colpevole a Sai, scotendo il capo in segno di diniego.

«Scusami, ma devo...»

Lasciò la frase in sospeso, scappando da quelle braccia.

Passò accanto a Sakura, accennandole un sorrisetto di incoraggiamento; a Tenten a cui indicò Neji con gli occhi; a Hinata, impacciata fra le braccia di Kiba.

«Che volevi?», domandò seccata una volta di fronte a Shikamaru, le mani sui fianchi magri fasciati dal vestito violetto attillato.

Il ragazzo scrollò le spalle, appoggiandosi al muro senza smettere di fissarla.

Si ritrovò nuda sotto quegl’occhi così penetranti che la scrutavano fino dal più profondo dell’anima.

Morse un labbro, come faceva sempre quando l’agitazione prendeva possesso del suo corpo.

«Domani parto», bofonchiò lui dopo un po’.

Come se non lo sapesse, pensò sarcastica Ino, sbuffando e scostandosi il ciuffo biondo che le copriva parte del viso.

Si avvicinò a lui, andando ad appoggiarsi alla parete, spalla contro spalla.

«Tornerai?», chiese con scetticismo, ben sapendo la risposta.

Il silenzio si fece largo fra di loro, nonostante la musica continuasse a rimbombare nelle orecchie, sotto i loro piedi, contro i muri.

Il vociare della gente non era cessato, eppure ad entrambi sembrava di essere piombati nel silenzio più assurdo di tutta la loro vita.

«Non lo so, Ino»

La bionda annuì piattamente, schioccando la lingua sul palato seccata. Lanciò uno sguardo di sottecchi a Shikamaru che, per un motivo a lei ben conosciuto, giocherellava con la tasca destra della sua giacca nera.

«Se vuoi ti accompagno», propose sorridendo leggera, alludendo alle sigarette.

Shikamaru abbozzò un sorriso, afferrandola per mano.

Una cosa che non aveva mai fatto, mai, nemmeno quando erano più piccoli.

 

 

Shikamaru creava delle nuvolette di fumo.

L’aria era sicuramente più tranquilla lì dove si trovavano, su quel pezzo di praticello che avevano occupato così tante volte d’aver perso il conto.

Nessuno dei due spezzò il silenzio, solo il respiro di entrambi si poteva udire, altri rumori non esistevano.

Neppure il rimbombo del vociare appartenente alle persone invitate alla festa.

Ino lanciò un’occhiata di sottecchi a Shikamaru, arrossendo leggera quando incrociò i suoi occhi.

Era da una vita che non rimanevano soli.

«Andrai a...?», domandò agitata, giocherellando con l’orlo di pizzo dell’abitino.

Lui sbuffò fumo, guardandola con ovvietà.

«Ho saputo che Temari si è sposata», bofonchiò ancora lei, non trovando altro da dire.

Eppure le cose che avrebbe voluto chiedere c’erano eccome.

Erano tantissime, non sarebbe mai bastata una notte intera per raccontarle tutte.

«Già, proprio un mese fa», disse piatto, gettando la cicca della sigaretta lontano da loro: Ino osservò l’arancione spegnersi placidamente.

Il moro si appoggiò sull’erba, portandosi le mani dietro la testa, fissando il cielo di Konoha forse per l’ultima volta. Con lei, lì accanto, un dolore lancinante nel petto.

Ino si mosse: appoggiò la testa al suo petto, accoccolandosi più vicino a lui.

Avrebbe voluto ignorarlo quella sera, proprio per evitare tutti quei gesti d’affetto, quelle lacrime che avevano iniziato a bagnarle il viso, che avrebbe preferito versare solo una volta al sicuro, chiusa nella sua stanza, bagnando il cuscino, il lenzuolo.

Sentì il cuore sussultare quando la mano di Shikamaru andò a sfiorarle i capelli. Leggero, quasi con titubanza, iniziò giocherellare con il chignon che Ino aveva acconciato.

Strofinò il viso contro la giacca, sporcandola di phard.

«Merda», sibilò Ino osservando il danno.

«Non ti preoccupare»

Si erano alzati entrambi, pochi millimetri tra i loro volti.

 

«Ino...Shika...»

Choji tossì, sputando sangue e sporcandosi maggiormente. Socchiuse un occhio, per osservare entrambi gli ex compagni di squadra, sorridendo tranquillamente, come se nulla stesse accadendo.

Eppure le lacrime di Ino e il viso scosso di Shikamaru erano un segno evidente di quello che di li a poco sarebbe successo.

«Sto morendo, no?», domandò con sarcasmo, alludendo al kunai che era piantato nel petto.

Ino cacciò un singulto, stringendo forte il braccio di Shikamaru.

«Voi...dovete farmi una promessa...»

Tossì di nuovo, cercando gli occhi azzurri di Ino, che annuì silenziosa, mentre quelli neri di Shika esprimevano già un consenso.

«Dovrete...essere sinceri con i vostri sentimenti...»

Un altro sorriso si fece largo sulle sue labbra.

«Siamo stati il miglior team...di Konoha...»

Ino osservò inorridita la bocca di Choji aperta ancora in un sorriso, gli occhi socchiusi e il respiro inesistente.

«No, no, no!»

Shikamaru l’afferrò per le spalle, stringendola.

Continuò a piangere, mischiando le lacrime con quelle del ragazzo, ore ed ore, imperterriti.

Senza pudore o vergogna.

 

Non avevano mantenuto quella promessa.

A distanza di otto mesi, nessuno dei due aveva più cercato il dialogo o tentato di rimanere solo con l’altra.

Ed ora Shikamaru se ne sarebbe andato e il team 10 avrebbe smesso di esistere per sempre.

Eppure...

«Shikamaru, ricordi cosa ci disse Cho?», domandò Ino avvicinandosi maggiormente al Nara.

Lo vide deglutire, ma non si allontanò.

«Avrei...», perse subito tutta quella sicurezza, «avrei tanto voluto dirtelo prima...», bisbiglio abbassando gli occhi azzurri sull’erba.

Sentì il respiro di Shikamaru farsi più pesante.

Non voleva dirglielo, aveva odiato Shikamaru nell’ultimo periodo, l’aveva detestato per averla lasciata sola, perché stava per abbandonarla e per quello che le stava facendo provare.

«Ino», le mani di Shikamaru la sollevarono il viso.

Non resistette: chiuse gli occhi e baciò leggerissima le labbra di Shikamaru, aggrappandosi alla sua giacca, facendo si che il bacio si approfondisse, sbocciando in qualcosa di più.

Si lasciò stendere, lasciò che le mani di lui la sfiorassero, che la sua bocca baciasse ogni piccola parte del suo corpo, lasciò le sue labbra libere da qualsiasi costrizione, permettendo loro di chiamarlo.

Lasciò sfregare i loro corpi, lasciò che lui l’amasse su un prato d’erba, sotto un cielo impudente, sotto un’unica stella luminosa.

 

«Dov’è Shikamaru?», domandò scendendo in cucina il giorno seguente, fissando negl’occhi il padre, intento a bere una tazza di caffé.

Questi inarcò un sopracciglio albino, osservando il vestito violetto che la figlia indossava la sera prima macchiato d’erba.

«Ti ha portata a casa sta mattina. Che vi è...?»

«Se n’è andato?»

Inoichi rimase silenzioso, scrutando gli occhi di Ino adombrarsi.

La figlia sbatté la porta di casa, uscendo e correndo.

Nessuno la guardava, o forse tutti guardavano quella ragazza così volgare che si era lasciata amare su un prato da un uomo che non avrebbe più rivisto, che si era lasciata calpestare il cuore.

Si fermò solamente quando la lapide di Asuma Sarutobi e quella di Choji Akimichi comparvero davanti ai suoi occhi.

Si gettò su quest’ultima, in cerca di conforto.

«Cho...», sussurrò, «Cho ho fatto come mi hai detto...ma come al solito...è stato troppo tardi...»

I singhiozzi le impedirono una frase completa, non sentì nemmeno i passi che arrivarono dietro di lei, silenziosi e tranquilli.

 

Una farfalla volava fra i cieli di Konoha, un bambino al seguito correva spensierato, cercando inutilmente di afferrarla.

Saltò in alto, rovinando poi a terra malamente.

Si grattò i capelli neri, borbottando un  mendokuse tra i denti.

«Choji!», la voce squillante e stridula di sua madre lo raggiunse.

Il volto si aprì in un’aria seccata quando la sentì buttarsi a terra accanto a lui e le braccia che lo stringevano.

«Ti sei fatto male?», chiese poi la donna, guardando il ginocchio preoccupata.

Choji scosse il capo, osservando i due mazzi di fiori riposti con cura in un cestino di vimini, proprio accanto alla madre.

«Ino, lascialo stare, è grande», bofonchiò la voce di un uomo maturo alle loro spalle.

La donna bionda si girò, ringhiando in sua direzione.

«Tappati la bocca, Nara! Solo perché tu hai la sensibilità di un bradipo non vuol dire che io non devo preoccuparmi!», sbottò guardandolo male.

L’uomo alzò gli occhi al cielo, borbottando sottovoce.

«Oh, Cho, passiamo dallo zio Asuma e dallo zio Choji o preferisci prima andare a casa a medicarti?»

Il bambino cercò mentalmente l’aiuto del padre, ma questo alzò le mani in segno di resa.

Ino sorrise, resasi conto di quei muti scambi di pensieri, arruffò i capelli neri del figlio.

«Ho capito. Andiamo prima a trovare gli zii», esclamò allegramente, prendendolo per mano e allontanandosi.

Shikamaru li seguì con passo lento e cadenzato, osservando le figure dei due di fronte a sé.

 

* *** *

Edit 11 settembre 2009, ore 19.11:

Ho cambiato alcuni punti, corretto alcune frasi e altro.

Come sempre non apprezzo maggiormente questa versione più dell’altra, ma mi farò una ragione.

 

Cà.

 

 

 

 

   
 
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