Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Harley Sparrow    09/04/2014    12 recensioni
|Helsa| |Hans + Elsa| |ho pubblicato anche il seguito, Fix You|
*
Un amore che non diede loro la forza di volare, ma di lasciarsi precipitare. E tornare a vivere.
*
"Ora capisco per quale motivo siete qui..." [...] Elsa strinse la tazza fra le mani, aggrappandosi a essa come se fosse l’unico modo per non cadere "vi siete resa conto che qualche anno di pace non è stato sufficiente per guarire le ferite di una vita, non è così?"
Lo guardò sbigottita e si affrettò a squittire un "no!" che rivelò tutta la sua fragilità e insicurezza.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa, Hans, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bring me to Life'
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Nota introduttiva

(Ho iniziato a revisionare questa storia il 17/02/2019).
Questa breve long è nata senza grosse pretese, se non quella di essere scritta discretamente bene. È nata dalla mia crescente ossessione per la coppia Hans-Elsa. 
Il titolo della storia prende il nome da una delle canzoni che amo di più degli Evanescence, che nel testo ripercorre la storia dei due protagonisti secondo il mio punto di vista. 
I titoli dei capitoli sono presi da canzoni i cui testi e titoli mi sono venuti in mente prima o dopo aver scritto il capitolo; ogni capitolo sarà introdotto da citazione colte che mi hanno guidata nella scrittura della storia. Non saltatele, dicono molto di quel che succede nel capitolo. 

La prima canzone è Smooth Criminal; in particolare vi consiglio l’interpretazione del Glee Cast: Smooth Criminal, Glee
And…Here…We… GO!




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BRING ME TO LIFE

 
Capitolo 1
SMOOTH CRIMINAL


Ma ecco omai l’ora fatale è giunta
che ’l viver di Clorinda al suo fin deve.
Spinge egli il ferro nel bel sen di punta
che vi s’immerge e ’l sangue avido beve;
e la veste, che d’or vago trapunta
le mammelle stringea tenera e leve,
l’empie d’un caldo fiume. Ella già sente
morirsi, e ’l piè le manca egro e languente.
 
[…]
 Tremar sentí la man, mentre la fronte
non conosciuta ancor sciolse e scoprio.
La vide, la conobbe, e restò senza
e voce e moto. Ahi vista! ahi conoscenza!


[La Gerusalemme Liberata - Torquato Tasso]
 
 
 
 
 
Aveva dieci anni Hans la prima volta che conobbe Elsa. Lei invece ne aveva solo nove, o forse otto e mezzo; la famiglia reale di Arendelle si era recata nel Regno delle Isole del Sud per celebrare un nuovo periodo di pace e alleanza militare e commerciale. Lei si era rifiutata di porgergli la mano e lui si era arrabbiato, perché da bravo principino doveva attenersi agli ordini del suo precettore, il quale gli aveva imposto di fare il baciamano alla graziosa principessa che si sarebbe trovato davanti. I suoi fratelli maggiori erano lì a guardarlo – a ridere alle sue spalle – e lui era solo un bambino, non capiva quando era il caso di lasciar perdere, così aveva insistito con lei, al punto afferrarle la mano con la forza.
Il padre di lei, il re di Arendelle, gli aveva detto di lasciar perdere perché la piccola Elsa era stanca.
"Porgere la mano non vuol dire correre per ore, stupida smorfiosa" aveva pensato il piccolo Hans, sentendo la rabbia montare dentro di lui. Rabbia che in realtà mascherava la delusione dell'ennesimo rifiuto da parte di qualcuno. 
Sentirsi rifiutato da qualcuno era una delle cose che odiava di più al mondo: proprio in quel giorno, infatti, erano passati ventisei mesi dall'ultima volta in cui i suoi tre fratelli appena più grandi
– Joseph, Edmund e Siegfried  gli avevano rivolto la parola.
Anche se non si erano più visti, perché lei da anni si rifiutava di intraprendere i viaggi con i suoi, non l'aveva mai perdonata per quell' umiliazione; si era spesso trovato a chiedersi cosa ci fosse di sbagliato in lei, o in lui, a giudicare da come lo trattavano tutti.
Non riusciva a dimenticare quel giorno, quegli occhi di ghiaccio che lo scrutavano intimoriti, come se temessero che Hans la potesse violentare da un momento all'altro. Non avrebbe mai dimenticato quel giorno anche perché quello fu il giorno in cui Siegfried gli rivolse (ahimè, finalmente) la parola urlandogli dall'altra parte del tavolo: "Visto Hans? Nemmeno la principessa Elsa vuole parlare con te!" seguito dalle risate di tutti gli altri.
Si era sempre chiesto per quale motivo lo odiassero tanto: aveva cercato una risposta nei suoi libri e aveva concluso, col passare degli anni, che semmai doveva essere lui ad odiare loro. E così fu. Sentiva che qualcosa si era definitivamente rotto fra lui e loro, e non avrebbe tentato di andar loro incontro mai più.
 
Arendelle era un piccolo regno, non abbastanza importante per le attenzioni dei suoi fratelli. Per questo avevano mandato lui a rappresentare la famiglia reale dei Westerguard alla cerimonia di incoronazione della nuova regina. Hans li aveva sentiti, li aveva sentiti cospirare alle sue spalle. Era arrivato leggermente in ritardo al Consiglio del re, suo fratello, e li aveva sentiti.
"Siamo stati invitati all'incoronazione della regina Elsa di Arendelle. Non posso permettermi di abbandonare il Paese. Uno di voi deve andare e rappresentare l'intera famiglia" aveva detto un fratello.  
"Non è un regno di grande importanza, non vale la pena perdere alcuni giorni lì. Non per una regina che non esce mai dalle mura del suo palazzo..."
Poi la soluzione era arrivata proprio mentre Hans arrivava trafelato davanti alla porta accostata.
"Perché non mandiamo Hans? Ce lo leviamo di torno per qualche giorno!"
E così era partito, da solo, e con un odio velenoso che gli infettava il sangue, la mente, le membra. Voleva andarsene dalla corte delle Isole del Sud. Trovarsi una principessa ereditaria, sposarsela e governare con lei. Per lei.
Doveva andarsene da quel posto. Queste erano le parole che come un 
macabro ritornello  si alternavano a "li odio" nella sua mente mentre scrutava famelico l'orizzonte dalla prua della sua nave in attesa di vedere la terra.
Aveva ricevuto un'istruzione esemplare: aveva tutte le capacità necessarie per diventare re, forse più di quelle di molti suoi fratelli.
Pensò che forse avrebbe potuto fare in modo di sciogliere il cuore alla regina Elsa, ma ricordò che quella donna... quella bambina... bionda, stranamente bionda, era stata la causa di un'umiliazione senza pari proprio perché inavvicinabile. 
Forse era cambiata nel corso degli anni... Forse adesso era più disposta a concedere la sua mano.

La principessa Anna si era gettata fra le sue braccia senza che lui dovesse fare alcuno sforzo, così decise che se non avesse funzionato con Elsa, Anna sarebbe stata la soluzione perfetta.
Capì che con la regina era una battaglia persa in partenza non appena la vide dopo dodici anni.
Non aveva potuto fare a meno di notare chela sua bellezza era fiorita in maniera formidabile, ma aveva conservato lo stesso sguardo triste ed estremamente freddo che ricordava.
Non era mai stato abituato a credere in sé stesso e nelle proprie capacità, per questo abbandonò da subito il piano iniziale, a malincuore, perché Elsa era davvero, davvero meravigliosa, bella come un sogno di paradiso, e quando l'aveva vista sorridere con la sorella, si rese conto di quello che stava per perdere. Ma non aveva né la pazienza né il coraggio per provarci con la regina, e non voleva rischiare di perdere anche Anna: voleva un regno, subito. 
...Così aveva cercato gli occhi di Anna, che scoprì bramosi dei suoi, e le aveva sorriso con tutta la dolcezza che era riuscito a mettere insieme e, a quanto pareva, aveva funzionato. Nel giro di tre ore si era ritrovato fidanzato con quella piccola, sciocca ragazzina.
Avrebbe sposato Anna e ucciso Elsa. Il piano all'inizio sembrava semplice ed elementare. Con il tempo avrebbe trovato il coraggio di avvelenarle la cioccolata calda, o di ucciderla nel sonno e dare la colpa a un servo... E avrebbe avuto il suo regno, la sua opportunità. 
Poi era successo l'impensabile: Elsa aveva mostrato in quel momento di collera i suoi poteri e Hans
– che vide finalmente ogni tassello andare a posto – si ritrovò in un battibaleno solo, a governare un regno interamente congelato, e con la consapevolezza che uccidere Elsa sarebbe stato più difficile del previsto, e non solo per i poteri che essa possedeva.
Avrebbe potuto lasciare che i sicari del duca di Weselton facessero il lavoro sporco per lui, ma era stato preso talmente di sorpresa vedendola quasi inerme, sotto la mira di quella balestra, che senza pensare che quei due gli avrebbero facilitato il tutto, deviò il colpo. Poi la riportò indietro, nel suo regno, e si rese conto che non avrebbe mai potuto uccidere quella donna. Era talmente confuso dai suoi sentimenti... Da una parte poteva giurare a sé stesso di averla salvata per un sentimento a lui completamente sconosciuto che aveva chiamato "simpatia", dall'altra sentiva l'urgenza di eliminare al più presto quell'enorme problema. 
Quando tutti avevano iniziato a indietreggiare intimoriti sussurrando la parola 'strega', lo sguardo terrorizzato di lei gli aveva ricordato quello di un bambino deriso da tutti, e aveva smesso di odiarla per quello che era successo anni prima.
Sentiva di essere attratto da lei, e che in fondo non erano poi così diversi
– poteri a parte. Sentiva di non essere più in collera con quella bambina che anni e anni fa lo aveva umiliato. Sentiva che se solo si fossero conosciuti un po', entrambi si sarebbero resi conto di quanto fossero simili. Però non aveva tempo per fantasticare. E nemmeno per innamorarsi.
Recise quei sentimenti sul nascere quando Anna si presentò al suo cospetto richiedendo un bacio. Un bacio d'amore.
Hans sapeva che non avrebbe potuto salvare Anna neanche se lo avesse desiderato.
La lasciò da sola a morire.
Ora sapeva quello che doveva fare. Le due sorelline gli avevano offerto la corona sul piatto d'argento: avrebbe incolpato una della morte dell'altra (ormai era questione di minuti). Avrebbe ucciso la strega 
– mi dispiace, Elsa  e poi il popolo lo avrebbe acclamato come salvatore di Arendelle.  Non aveva scelta.
O forse sì?!

 
* * *
 
Quando Elsa aveva conosciuto per la prima volta il giovane principe Hans si era sentita esattamente come si sentiva ogni maledetta volta che aveva a che fare con un qualsiasi altro essere vivente: inadeguata.
"Non vi preoccupate, principe Hans. Elsa oggi è un po' stanca” aveva detto suo padre poco prima di scoccare un'occhiata d'imbarazzo, impercettibile da chiunque
– tranne Elsa  alla sua consorte, lievemente arrossita per la vergogna.
Inadeguata e stupida.
 
Il giorno della sua incoronazione ricordava perfettamente quello che era successo anni prima con il principe Hans, per questo aveva fatto il possibile per non guardarlo negli occhi. E non voleva averlo come cognato: sarebbe stato imbarazzante. E poi Anna era troppo piccola per un passo del genere. 

Sapeva che anche lui ricordava: lo aveva capito quando i loro occhi si erano incontrati poco prima che decidesse di fuggire dalla festa.
 
"Tua sorella è morta per causa tua!"
Ecco, Hans le aveva rivelato ciò che temeva... e sapeva di aver fatto.
"Ti prego, Hans, uccidimi" aveva pensato in quel momento, mentre sentiva un vuoto mai percepito prima impossessarsi del suo cuore.
Tutto era diventato disperazione e oscurità per lei. Il mondo era finito, ecco perché la tempesta causata dal suo tormento interiore era cessata; Elsa si accasciò a terra senza nemmeno fare caso, anche se vedeva la sua ombra, ad Hans che sollevava la spada e la calava su di lei con una forza bestiale. Non si accorse nemmeno che Anna, viva e a pochi passi da lei, aveva visto tutto e si era gettata fra lei e il principe per cercare di salvarla.
 
Scoprì la vera storia solo dopo aver visto la sorella tirare un forte pugno in pieno viso al principe.

 
 * * *
 
Le due sorelle, ora ricongiunte, osservavano in silenzio l'allontanamento della nave che portava il vessillo del Regno delle Isole del Sud. La fissarono fino a quando non sparì sotto l'orizzonte, come se temessero che potesse ritornare indietro. O che Hans si tuffasse in mare per raggiungerle e far loro del male.
Di nuovo.
"Cosa gli succederà?" la voce di Anna spezzò il silenzio.
"Non lo so, Anna..."
Temeva che la famiglia reale non avrebbe gradito che il principe tornasse a casa incatenato come un criminale, o che non le avrebbero creduto, e lo avrebbero lasciato a piede libero.
"Spero solo che credano alla lettera in cui ho scritto quello che ci ha fatto quell'uomo." confessò alla sorella.
"Ci crederanno" ribatté Anna, con una strana sicurezza, e quando vide la sorella voltarsi verso di lei con sguardo interrogativo aggiunse con fare minaccioso alzando un pugno ancora fasciato
– la faccia di Hans non era fatta di burro, dopotutto – "o dovranno credere ai miei pugni".
Elsa sorrise, e per la prima volta da quando era tornata a far parte della vita di Anna, si sentì davvero rilassata. La prese a braccetto e insieme imboccarono la strada che portava al palazzo reale. 
"Sai, credo che nelle biografie e nei ritratti che faranno su di te suggerirò di chiamarti Anna la Guerriera"
"O l'Ingenua" disse con un sospiro.
Era forse un tentativo di dirle che aveva ragione? Anna non meritava la sua collera, anche perché, ad essere sinceri, Elsa aveva fatto qualcosa di molto più grave. Si limitò a sorridere e a sospirare un "anche" di conciliazione. Infine, dandole un bacio sulla guancia e stringendole forte la mano, concluse "Ma non parliamone più."

Sapeva che non era finita, non era un'ingenua, ma per un giorno, almeno per un giorno voleva credere che lo fosse davvero.




 
   
 
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