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Le Catene di Venere ∞
Prologo
Un’anima
rovinosa
L’aria
fredda di campagna inondava
ininterrottamente con le sue spire violente l’erba alta. I
soffi continui del
vento autunnale strappavano con veemenza le foglie ormai secche delle
querce e
gli aghi pungenti dei pini. Il granoturco proveniente dai campi non
poteva non
rimanere coinvolto in quella spirale di vento continua che oramai stava
prendendo
sempre più piede nei primi giorni d’ottobre,
quando il cielo è completamente
oscurato da grandi nuvole grigiastre. Ai margini dei vasti campi,
lontani
qualche centinaio di chilometri dalla città di Heartland
City, si trovavano
diverse abitazioni, costituite per la maggior parte da villette
appartenenti
alla classe ricca, e da maestose cascine abitate da borghesi di
campagna, i
quali lavoravano parsimoniosamente svolgendo lavori modesti. Poche
erano le
famiglie appartenenti a quella classe sociale rimasti ancora legati
alla vita
della campagna; dato che molti di essi si trasferivano, come giusto che
sia,
nelle grandi città, soprattutto nella famosa e grandiosa
Heartland City, dove
c’era più possibilità di praticare il
proprio lavoro.
Al
centro dell’amplissimo territorio
rurale circondato da una strada asfaltata, si trovava una cascina molto
più
grande delle altre. Quest’ultima apparteneva alla famiglia
Lyken,
conosciutissima da quelle parti.
Arnold
Lyken, il patriarca della
famiglia, era un borghese di modeste origini, che in quel periodo era
spesso
assente da casa per lavoro. La sua professione di orologiaio gli ha
sempre dato
soddisfazione non solo per via della sua straordinaria
abilità nel mestiere e
per il suo piacere nel maneggiare quei piccoli e utili oggetti
meccanici, ma
soprattutto perché gli garantiva la resa di un buono
stipendio per un completo
mantenimento della sua famiglia.
Quel
giorno, lui dovette tornare a
casa prima del previsto, precisamente verso le otto di sera, quando le
tenebre
cominciavano man mano a discendere sulla terra.
L’uomo
era avvolto in un lungo
cappotto marroncino e il suo capo circondato da un cappuccio stretto e
scomodo,
ma che gli consentiva almeno di non subire almeno in parte, i capricci
del
vento serale.
A
fatica l’uomo si dirigeva verso
l’ingresso della sua cascina e un grande tormento lo
assalì non appena
oltrepassò la cancellata.
-Accidenti!
Ho dimenticato di
comprare quel nuovo abito alla mia figliola. Mi sa che dovrò
vedermela con lei
per l’ennesima volta- si lamentò il signor Lyken.
A
lui tuttavia non importò tutto
ciò. La fretta di tornare a casa non gli aveva dato il tempo
di fermarsi al
negozio vicino alla sua bottega per comprare quel benedetto vestito che
la sua
primogenita desiderava ardentemente avere.
Giunto
alla porta d’ingresso della
casa, una donna abbastanza giovane lo fece entrare. Era Miranda, sua
moglie.
Una brava signora, clemente e gentile ma molto ingenua, forse troppo.
Era
vestita con un lungo abito bianco di pizzo immacolato e i suoi capelli
castano
scuro erano legati in uno chignon elegante. La sua prima espressione
non appena
vide il marito fu di pura inquietudine.
-Caro!
Stai bene? Come mai sei
tornato così presto?- domandò lei ansiosa.
Arnold
si sedette cautamente sulla
poltrona in pelle del salotto, accanto al caminetto. Prima di
risponderle,
allungò le braccia lungo il fuoco, cercando di riscaldare il
più possibile le
sue mani completamente gelate.
-Miranda,
c’è stato un furto nelle
vicinanze della mia bottega e mi hanno avvertito di chiuderla prima per
evitare
un’aggressione da parte dei ladri. Dicono che siano molto
violenti, e meglio
tenersi pronti a tutto-
-Come?
O mio Dio, speriamo almeno
che non derubino anche nella nostra unica fonte di…-
-Non
preoccuparti, se ciò dovesse
accadere, non esiterò a cambiare mestiere. Sai bene che io
so fare qualunque
tipo di lavoro manuale”-la interruppe lui.
-Papà!
Bentornato!-
Una
voce dal piano di sopra attirò
l’attenzione della coppia: era un ragazzo giovane, magrolino,
sui quindici
anni, dal volto coperto di lentiggini e dai capelli castani. La sua
aria vivace
non esitò a rendere felice il proprio padre, il quale lo
abbracciò non appena
gli fu vicino.
-Ikida!
Ragazzo mio! Com’è andata
oggi ai campi? Ti sei divertito con Pitt?-
Il
ragazzo annui.
-Tantissimo!
Abbiamo inseguito due
lepri, sai? Ne avevo quasi catturata una, ma un ramo mi ha sbarrato la
strada e
l’ho perso di vista!- disse Ikida facendo il broncio, ma il
padre lo consolò.
-Oh,
non preoccuparti, vedrai che un
giorno riuscirai a catturarne uno! Come sta tua sorella?-
-Beh,
lei è su, se vuoi la chiamo…-
Miranda
ricominciò a parlare. –Caro,
nostra figlia sarà molto delusa del fatto che tu non gli
abbia comprato quel
vestito che le avevi promesso-
L’uomo
ritornò serio ed esasperato
delle richieste della figlia viziata, alzò la voce:
-Credimi
ho cercato di
accontentarla, ma sono dovuto andare di fretta e allora non ho potuto!-
Una
voce femminile a un certo punto
interruppe quell’atmosfera serena nel salotto e una ragazza
irruppe bruscamente
nella stanza.
Era
molto carina. I suoi capelli
lunghi e neri le arrivavano fino al fondoschiena e i suoi occhi
azzurrini
scrutavano il padre minacciosamente. Arnold rimase tuttavia estasiato
alla sua
vista e le si avvicinò.
-Angelina!
Figliola! Che piacere
vederti!- esclamò abbracciandola.
Lei
però non dimostrava alcun
piacere né affetto in quel caldo gesto paterno e si
allontanò a braccia tese.
-Il
mio vestito dov’è?- domandò
tagliente.
La
madre intervenne.
-Suvvia,
Angelina! Non essere così
brusca e maleducata con tuo padre!-
-Vedi,
cara, ho avuto un problema e
di conseguenza non ho potuto accontentarti. Magari te lo
prenderò la settimana
prossima- mormorò il padre cercando di non far infuriare
troppo la figlia.
-Come?
Io lo volevo per oggi! Domani
e la settimana prossima i negozi sono chiusi, ricordi? Sei uno stupido,
papà!
Stupido!- urlò lei, senza portare un minimo di rispetto.
Fu
allora che il fratello minore
parlò e decise di prendere le difese di Arnold.
-Angelina,
ma come osi parlare così
a nostro padre? Sei impazzita?-
-Taci,
nanerottolo! Io stasera non
cenerò con voi, soprattutto di fianco a te, papà!
E dato che tu non mantieni
mai le promesse mi comprerò da sola il vestito, sia ben
chiaro!- continuò la
giovane, che sempre più presa dalla disperazione,
cominciò a dimenarsi e a
gridare.
-Smettila
Angelina! E’ un ordine!-
ruggì il padre, che ormai imbestialito, le
afferrò le spalle per tenerla ferma.
-Lasciami!
Senti mamma, stasera non
ceno con voi, voglio restare da sola, chiaro?- concluse dopo essersi
liberata
della presa di Arnold. Poi si diresse verso le scale che
l’avrebbero condotta
nella sua stanza, davanti agli occhi attoniti della madre e del
fratello.
-Angelina,
aspetta!- gridò Ikida,
che però fu fermato dal padre stesso che disse: -Lasciala
stare, non ne vale la
pena. La metterò in castigo, stavolta però per un
periodo più prolungato!
Quella ragazza mi fa impazzire!-
-Non
sarebbe meglio se andassi a
parlarle un po’ per tranquillizzarla?- chiese dolcemente la
moglie,
preoccupatissima per la situazione.
-No.
Senti Miranda, è meglio se
stasera noi tre mangiamo da soli, cosicché lei possa
riflettere sul suo
comportamento disdicevole!-
(Angelina’s
Pov)
-Vivo
in campagna come una
poveraccia, non fa per me, dannazione! Mio padre è un
idiota, mia madre anche e
mio fratello è un perfetto imbecille! Ah, come deve essere
bello vivere ad
Heartland City, lì la vita sarà sicuramente
migliore di questo porcile! Voglio
anche trovare un lavoro laggiù, come fanno tutti! Io sono
Angelina e da stasera
non resterò più sotto l'autorità dei
miei genitori! Questa è una
promessa! -
Angolino
dell'autrice:
Ciao
a tutti! Questa è la prima
storia che pubblico, quindi vogliate perdonarmi per non essere stata
così brava
nei dialoghi tra famigliari! xD Ringrazio moltissimo Sognatrice Felice
e
PuffballOtaGirl per avermi sostenuta in questo
“esperimento” :D Ci tengo a
sottolineare, che io ad aggiornare sono molto lenta e ho bisogno sempre
di
tempo per controllare ciò che scrivo, visto appunto il mio
essere principiante
. Niente, spero (almeno) di avervi interessato e che la storia vi
piaccia! J
Alla prossima!
vennalyrion96