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Autore: katvil    10/04/2014    7 recensioni
Sono lì, uno di fronte all’altro da alcuni minuti o forse sono giorni? Il tempo sta scorrendo così lento che anche pochi secondi gli sembrano interminabili ore.
Occhi negli occhi, fissi. Come se attraverso le iridi riuscisse a scrutare le sue paure, a trovare l’interruttore per farlo crollare e mettere fine a questo stupido gioco.
Un gioco.
Solo uno stupido gioco.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And I'm staring down the barrel of a 45,
swimming through the ashes of another life.
No real reason to accept the way things have changed
staring down the barrel of a 45[1]
 
Sono lì, uno di fronte all’altro da alcuni minuti o forse sono giorni? Il tempo sta scorrendo così lento che anche pochi secondi gli sembrano interminabili ore.
Occhi negli occhi, fissi. Come se attraverso le iridi riuscisse a scrutare le sue paure, a trovare l’interruttore per farlo crollare e mettere fine a questo stupido gioco.
Un gioco.
Solo uno stupido gioco.
Sente i muscoli tesi: il bicipite gli fa un male pazzesco, il polso inizia a tremare e la mascella è rigida, resa di marmo dalla tensione.
Perché sono arrivati a questo punto?
Una goccia di sudore scorre dalle tempie giù, lungo la basetta, lungo la giugulare che pulsa come se all’interno stesse correndo una mandria di cavalli impazziti. Un dolore martellante alle tempie, come se fossero picchiate da un batterista furioso.
Perché sono arrivati a questo punto?
Sente il metallo freddo premergli sulla fronte come se lo stessero marchiando a fuoco, ma il dolore non arriva dalla pelle, arriva da dentro. Attraverso la canna della pistola sente come se gli arrivassero le insicurezze, le paure dell’uomo che ha davanti.
Perché sono arrivati a questo punto?
Nella stanza il silenzio è irreale: sembra che tutto intorno a loro sia sparito, risucchiato da un’altra dimensione in cui non sono autorizzati ad entrare. Il respiro è pesante e l’odore della paura gli brucia le narici. Il cuore sembra pulsargli direttamente nelle orecchie, scandendo inesorabile lo scorrere del tempo.
Perché sono arrivati a questo punto?

Tutto era iniziato qualche giorno prima, quando si erano ritrovati per caso in quel bar.
Adriano e Manuel, una vita passata insieme. In un primo momento Adry ha faticato a riconoscere il suo amico: dov’è finita la folta chioma di Manu? Questi due anni nei quali non si sono visti l’hanno cambiato, almeno nell’aspetto fisico. Adesso sfoggia una bella testa rasata, ma gli occhi sono rimasti sempre gli stessi che erano capaci di rassicurarlo ogni volta la vita gli poneva davanti difficoltà.
Sono cresciuti così Adriano e Manuel: la periferia di una grande città del nord, un vicolo, due balconi uno di fronte all’altro e pochi metri a separarli. Manu ha qualche anno in più di Adry e si conoscono quando uno ha sei anni, l’altro quattro e i genitori del più giovane si separano così sua mamma affitta un appartamento proprio di fronte a casa dell’altro.
Manuel si è sempre sentito un po’ il fratello maggiore di Adriano, quello che doveva proteggerlo dal mondo. Lui, quello più pacato dei due nonostante l’aspetto da duro: capelli lunghi e neri, sguardo perennemente incazzato che in realtà nasconde una gran timidezza. Dall’altra parte Adriano, con quei suoi capelli neri leggermente mossi, gli occhi scuri da cucciolotto incorniciati da due sopracciglia folte e un carattere spavaldo, uno di quelli sempre pronti a sfidare il mondo. Non si sono mai lasciati e hanno condiviso tutto, anche le cazzate. Soprattutto le cazzate: erano degli specialisti quando si trattava di ficcarsi nei guai. Ne hanno passate davvero tante insieme e non esagerano quando dicono di aver provato di tutto, proprio tutto.
Poi è arrivata lei, Patrizia, e le cose sono cambiate: Adry ha deciso di mettere la testa a posto, di metter su famiglia e se n’è andato. Una bella villetta a schiera, un lavoro da impiegato, una bella donna che ti aspetta a casa: a venticinque anni non era male come prospettiva di vita! Poi è andata come è andata e si è ritrovato a dover riprogettare tutto da capo. Così è tornato al paesello di periferia, al vecchio palazzo, al balcone di fronte al quale però non ha più trovato Manuel, ormai assorbito da un’altra vita.

Pensava di aver perso per sempre il suo amico, almeno fino a quando, entrando nel bar dove era solito fermarsi per una birretta, non ha sentito quella voce.
“Adry!”
“Manu!”
“Sei l’ultima persona che mi aspettavo di trovare qua stasera. Che ci fai da queste parti? Tu e la tua dolce metà avevate nostalgia del paesello?”
“Veramente… la mia dolce metà non era poi così dolce… sono tornato al paesello da solo.”
Manuel si passa una mano sulla testa e abbassa lo sguardo imbarazzato.
“Ops… Beh… comunque… mi dispiace che ti sia andata male, ma sono contento di averti rivisto.”
“Pure io. Vedo che anche tu hai perso qualcosa in questi due anni…” E così dicendo gli si avvicina sfregandogli la testa rasata.
“Meglio perdere i capelli che la testa.”

Da quel momento si sono rivisti altre volte ed è stato come se quei due anni non fossero mai passati: Adry e Manu erano tornati, se è possibile ancora più uniti di prima.
Questo almeno fino a quella sera.
Entrano nel solito bar e la vedono lì, seduta al banco che sorseggia un Martini. Non è vestita in un modo particolarmente appariscente: un jeans un po’ sgualcito e una maglietta nera che mette in evidenza le sue curve. I lunghi capelli anch’essi neri sono raccolti in una coda di cavallo alta. Gli occhi verdi sono incorniciati da un trucco leggero, anche se le ciglia sono rese lunghe e folte da una gran quantità di mascara. La matita scura ne segna il contorno dando loro un taglio felino. Le labbra carnose sono rese ancora più invitanti da un rossetto rosso fuoco. L’attenzione di entrambi viene catalizzata da quella donna e lei se ne accorge, tanto che inizia a guardarli.
Si siedono al solito tavolo, ma i loro sguardi non si staccano un secondo da quella donna: sono attirati come una calamita dal metallo. La vedono che si alza e si dirige verso di loro.
“Salve, io sono Giulia. Posso sedermi con voi?”
“Certo.”
Manuel si alza e sposta una sedia per far accomodare la donna mentre lei continua a guardarli: è chiaro che la sua presenza intriga entrambi gli uomini e lei ci gioca tutta sera.
Dopo un paio di ore passate tra chiacchiere e alcol, forse un po’ troppo alcol, Giulia si alza e guarda i due uomini con un sorriso malizioso.
“Vi piace giocare?”
Manuel e Adriano si guardano aggrottando le sopracciglia poi si voltano verso la donna e la guardano in tralice: cosa vorrà dire con quella domanda?
“Allora? Vi piace giocare o no?”
“Certo che ci piace.”
Adry risponde poi da un’occhiata al suo amico che fa un cenno d’assenso con la testa.
“E allora giochiamo. E’ tutta sera che vi osservo e dai vostri sguardi ho capito che interesso ad entrambi così voglio lanciarvi una sfida: vediamo chi di voi riuscirà a meritarsi il mio cuore nel giro di una settimana.”
Adry e Manu si guardano poi scoppiano a ridere: una richiesta così assurda suona quasi come una barzelletta.
“Ok, io ci sto e tu Adry? Ti proporrei la ritirata già in partenza, tanto sai che con me non hai mai avuto scampo.”
“Lo vedremo… ci sto pure io!”
“Allora vediamoci domani sera qua, intorno alle 22 e che il gioco abbia inizio.”
Poi si alza, schiocca un bacio sulla fronte dei due uomini ed esce dal locale ancheggiando.
La sera dopo i due si presentano al bar, convinti di non incontrare più la donna ed invece eccola lì, seduta al banco come la sera precedente con il suo solito Martini. Si alza e va verso di loro.
“Buona sera, siete pronti per giocare? E allora ditemi: cosa siete disposti a fare per me?”

Cosa siete disposti a fare per me?
Una domanda.
Una semplice, stupida domanda che ha dato il via ad un semplice, stupido gioco.
Da lì è partito tutto: ogni sera Giulia, Manuel e Adriano si trovano al solito bar, alla solita ora e il copione è sempre lo stesso.
Cosa siete disposti a fare per me?
Un’escalation di richieste per un gioco nel quale alla fine l’unica vincitrice sarebbe stata solo lei: la vanità di Giulia che se ne sta a guardare divertita mentre Adriano e Manuel diventano sempre più cinici e sospettosi uno nei confronti dell’altro.
Cosa siete disposti a fare per me?

Anche quella sera gliel’ha chiesto. Si sono trovati al solito bar poi li ha portati in un capannone mostrando loro due pistole.
“Questa è l’ultima manche del nostro gioco: stasera solo uno di voi resterà in piedi, ma dovrà dimostrarmi di avere il coraggio necessario. Quello che vi chiedo è un gesto estremo: chi di voi ucciderà l’altro sarà il vincitore. Siete disposti a proseguire?”
I due uomini si guardano negli occhi: entrambi forse sperano che l’altro ceda, che decida di metter fine a questo gioco assurdo. Poi Manuel prende la pistola e fissa Adriano deciso.
“Per me va bene, giochiamo.”
Adriano rimane per qualche secondo spiazzato dalla decisione di quello che era il suo miglior amico, ma che ormai non riconosce più. Dov’è finito quel bambino che era sempre pronto a fare a botte con i più grandi per proteggerlo? Dov’è finito quello sguardo che era sempre capace di rassicurarlo? Guarda l’uomo che ha davanti negli occhi e non trova più niente di tutto questo: com’è possibile che una settimana abbia potuto cambiarli così tanto? Poi prende anche lui la pistola.
Cosa siete disposti a fare per me?
La domanda gli riecheggia nella testa mentre fissa il suo amico puntandogli la canna della pistola dritta in fronte. Com’è possibile che un gioco abbia spinto loro fino a questo punto? Come hanno fatto a farsi travolgere da tutto questo?
Il tempo sembra essersi fermato in quel capannone dove persino l’aria sembra immobile. Adriano e Manuel si fissano, pronti a sfruttare anche il più piccolo cedimento da parte dell’altro.
Giulia osserva la scena con un ghigno soddisfatto: sa bene che le vincitrici finali di questo gioco saranno sempre e solo lei e la sua vanità.
“Siete pronti? Al mio tre vedremo chi avrà il coraggio di premere il grilletto per primo.”
I due uomini restano impassibili, le braccia tese uno verso la fronte dell’altro con le armi ben strette in pugno.
“Uno…”
Adriano prende un respiro profondo mentre Giulia scandisce i secondi che lo separano da quella che potrebbe essere la resa dei conti definitiva con la sua vita.
“Due…”
All’improvviso sembra risvegliarsi da un sogno del quale non si sente più protagonista, non come vorrebbe.
“Ma davvero vogliamo questo Manu? Davvero saresti pronto ad uccidermi per lei? Non ti rendi conto che questo è un gioco al quale non potremmo mai vincere? Uno di noi perderebbe la vita, ma l’altro perderebbe molto di più. Davvero saresti capace di andare avanti come se niente fosse dopo aver ucciso un uomo? Dopo aver ucciso me? Beh… Io non ne sarei capace.”
Continua a guardare Manuel negli occhi mentre abbassa la pistola e la getta a terra, ai piedi di Giulia.
Poi allarga le braccia mentre il suo amico continua a puntargli l’arma alla fronte.
“Eccomi, sono qua: adesso sta a te decidere cosa fare.”
Manuel rimane immobile ad osservarlo continuando a premere con la canna della pistola sulla sua fronte: i muscoli tesi, la mascella rigida, le gocce di sudore a imperlargli la fronte.
Adriano sente il battito cardiaco accelerato, lo stomaco contratto: chiude gli occhi affidandosi totalmente all’uomo che ha di fronte.
Ad un tratto Manuel scoppia in una risata, abbassa la pistola e la getta anche lui ai piedi di Giulia, la quale lo guarda stranita.
Adriano apre gli occhi, abbassa le braccia poi si volta verso Giulia che fissa i due uomini con uno sguardo tra il deluso e il canzonatorio.
“Che vigliacchi: avete perso tutti e due. Si vede che non siete all’altezza di una come me, mi avete davvero delusa.”
Manuel si avvicina alla donna, la guarda negli occhi poi scuote la testa sorridendo voltandosi verso il suo amico.
“Andiamo Adry, abbiamo perso fin troppo tempo con questa signora. Stacci bene Giulia. Noi avremo anche perso il tuo stupido gioco, ma nemmeno tu hai vinto: noi siamo qua, abbiamo ancora la nostra amicizia e la nostra dignità mentre tu cosa hai? Pensaci bene Giulia: chi è il vero vincitore in tutto questo?”
Prende il suo amico sotto braccio ed escono dal capannone consapevoli che quel giorno avrebbe cambiato per sempre le loro vite.
 

[1] Frase tratta dal brano “45” degli Shinedow

Storia ispirata dall'immagine che ho usato come copertina, che prende il titolo da questa canzone (che in parte mi ha anche ispirata) https://www.youtube.com/watch?v=MLeIyy2ipps e ispirazione da questo video https://www.youtube.com/watch?v=b_MSsr9H70Q (i 2 protagonisti prendono i nomi dai protagonisti di questo video). Evvia la mia Musa e le sue ossessioni musicali XD
   
 
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