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Autore: Bathin Raksha Dolorosa    12/04/2014    1 recensioni
"Non aprì nemmeno le braccia quando si gettò di schiena verso la morte... non versò una lacrima, non vece nulla, solo un sorriso triste come il suo solito.
Nemmeno io piansi... per qualche ragione non ci riuscii.
Nessuno trovò mai il suo cadavere, nessuno recitò mai una preghiera per lei, era come se fosse stata invisibile per tutto questo tempo... come se non fosse mai esistita, come se fosse stata un fantasma.
Solo io ho le prove della sua esistenza.... eppure..
Catherine... ancora non ricordo il tuo volto."
I tragici ricordi di un dottore tormentato ambientati in un passato ormai morto...
Egli non riesce a dimenticare una ragazza incontrata più di 10 anni fa nonostante abbia ormai una famiglia.
(Inutile dire da chi arriva la mia ispirazione)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Catherine

Ricordo ancora la sua pelle morbida e di porcellana, il suo dolce profumo di violetta, i suoi morbidi capelli che le carezzavano il viso.
Ricordo tutto di Catherine, fuorché il suo viso... non ricordo il viso della tentazione, della maledizione e del piacere che la sua esistenza mi ha dato.
Ma allora era tutto diverso... lei mi allontanò dalla mia monotona vita e sempre lei mi abbandonò nella nullità più completa... scomparendo davanti ai miei occhi.
Una fata o uno spirito? Un angelo o un demone?... ancora non so rispondermi, ma ciò che so... è che Catherine era semplicemente Catherine e che una come lei non l’avrei mai più rincontrata in vita mia.
Fu il fato crudele a portarmela via così velocemente oppure fu lei stessa crudele per avermi sedotto, ma al tempo stesso continuato con la sua vita?
Catherine... se il mio cuore non esistente potesse parlare, ti direbbe di tornare da me.
Ma un cuore non ce l’ho, come anche lei non l’aveva.
Le nostre esistenze furono intrecciate dal caso in un nodo ben stretto... solo per essere sciolto dalle Parche in persona tempo dopo.
Catherine... il tuo ricordo è l’unica cosa che mi lascia sano di mente in questa futile esistenza che ho sempre temuto, questo destino che ho sempre disprezzato e cercato di tenermi lontano. Catherine... mi avevi salvato da tutto questo, ma allo stesso tempo mi hai condannato.
Ovunque tu sia ora, probabilmente sei ancora la capricciosa tentazione che eri quand’eri in vita.
Ma come sgradevolmente ricordo di tanto in tanto...
Ho una moglie ora...
 
-Jack è tardi, vuoi per favore venire a letto?- Leonie entrò nel mio studio con un’adirata espressione in volto ed una vestaglia esteticamente poco appetibile.
-Sì, ora arrivo.. sto solo controllando delle scartoffie- dissi mentendo spudoratamente, come se potessi mentire a lei.
-Ed è quello che mi hai detto anche due ore fa, non ci credo che tu abbia così tanti pazienti, come medico sei mediocre...- mi rispose lei sgradevolmente.
Sospirai e mi girai a guardarla.
Non ho mai amato mia moglie.
Non ho mai amato Catherine.
Quello che mi ha sempre legato a loro era solo una grande intesa... un’intesa che Catherine sapeva controllare alla perfezione, Leonie invece no, lei non faceva parte del mio mondo.. e come poteva?... del resto era solo un semplice essere umano come tutti a questo mondo.
Ciò non toglie però, che detesti farla soffrire.
-Pensavi ancora a lei, vero?... quelle scartoffie, come le chiami tu, non sono altro che le sue fotografie- mi aveva beccato in pieno, non che facessi altro.
-Leonie...- le dissi sospirando.
-Sono passati... quanto?... 10 anni da allora?... falla finita! Sono io tua moglie! Ora dovresti pensare a me, ai tuoi bambini! Ora siamo noi tutto quello che hai!- disse lei quasi in lacrime, che sceneggiata.
Quanta presunzione nelle sue parole, chi le dà il diritto di eleggere su due piedi le cose importanti per me? Ma devo controllarmi, non posso avere sfuriate troppo violente contro di lei.
Non sono una bestia, voglio che i miei figli non passino mai ciò che ho provato io.
-Catherine... Catherine Catherine! Non pensi a nessun altro! Non pensi ad altro che a quella puttana che stava distruggendo il nostro rapporto!-
Per quanto ancora vuole parlare senza l’occasione di farmi dire qualcosa? O forse è meglio così... forse è meglio che io non parli.
-Non era una puttana...- fu tutto ciò che dissi.
-Come scusa?... TE LA SEI FATTA CHE NOI ERAVAMO FIDANZATI!!... era decisamente una puttana!-
-Non sopporto queste tue calunnie, lei sapeva tutto di me- la guardai con gli occhi più severi che potevo -Tu in confronto. Non sai niente.-
Leonie fece una faccia offesa, forse anche troppo.
-Io...io... tu stai uscendo di testa, hai una famiglia!-
-IO NON VOLEVO ALCUNA FAMIGLIA!- urlai infine -NON VOLEVO NULLA DI QUESTO! Non volevo sposarmi. Non volevo dei figli. Non volevo questa monotona vita, e Catherine... lei mi stava aiutando! Mi stava salvando!-
-Ma poi è morta. Arrenditi Jack- mi guardò con occhi di compassione -Arrenditi, smettila di inseguire una ragazza morta più di 10 anni fa, ti prego... può non essere la vita che sognavi, ma è l’unica che hai...-
Mi si avvicinò e strinse, quel che poteva per la sua bassezza.
Dopo tutto aveva ragione, ma ciò non significava che dovevo fare come voleva lei...
-Vieni a letto ora...-
Devo essermi proprio rammollito negli anni, una volta ero un leone indomabile, non mi facevo mettere i piedi in testa da nessuno... ed ora, se Catherine fosse qui mi prenderebbe in giro a vita.
-Il mio piccolo arruffato gattino bisbetico..- sorrise una voce.
-Catherine?!- mollai un attimo mia moglie e mi girai, ma lei non c’era.
-E ora cos’hai?...- disse Leonie scocciata.
-Nulla, dormo troppo poco-
Per quella notte mi arresi alle sue false speranze ed alle mie allucinazioni, che allucinazioni poi... non lo erano molto.
Coricandomi, mi abbandonai letteralmente al mio sonno.
 
A 22 anni mi capitò di fare un estenuante viaggio...
In quel periodo la mia ragazza mi stava molto stretta, anche troppo forse. Fare un viaggio in macchina ed infinito per me era un ottimo modo per distrarmi e vederla il meno possibile.
Fu nella campagna più desolata e sconfinata che notai una ragazza passeggiare sul ciglio della strada... rossa, nulla di particolare, quà di ginger head ne è pieno.
La superai senza farci nemmeno caso, quando però la vidi nello specchietto retrovisore... i miei occhi si sgranarono oltre l’impossibile... il destino stava camminando dietro di me, il destino mi stava invitando ad aiutare sua figlia.
-Sei stato gentile a fermarti... gli altri passano semplicemente oltre la mia presenza, come fossi quasi un fantasma...- mi disse non appena ripartii dopo averla accolta nella mia macchina.
-Beh, prova a cambiare colore di vestito, magari ti noteranno di più...- sorrisi io con quella battuta.
-Perché?- mi si avvicinò vertiginosamente -Il bianco non mi sta bene?-
Concentrato nella guida, quasi non feci caso alla sua scollatura, o forse ero io troppo posato per non dare nell’occhio.
Lei notò che non le davo attenzioni, così si rimise a sedere e tornò seria.
Fu in quel momento che io allungai gli occhi verso di lei, vestita di bianco quasi come una bambina, scollata senza la vergogna del mostrare il reggiseno, una gonna forse un po’ troppo stretta.
-Allora, io ti ho caricata sù, ma tu dove stai andando?- le chiesi.
-Dipende da dove mi porti... quando ci sarà un luogo in cui varrà la pena fermarsi, allora scenderò da questa macchina!- mi rispose lei.
-Il tuo nome?- le chiesi ancora.
-Tu ti chiami Jack, vero?- mi disse tutto d’un tratto.
-Come lo...-
-Allora ho indovinato! In questo paese hanno tutti nomi così prevedibili! Jack, Bill, Billy, Tom... Joe, non hanno un minimo di fantasia!- si accese una sigaretta, che teneva dentro ad un bocchino... molto vintage.
-A me piace il mio nome...- le dissi in tutta tranquillità -Il tuo nome invece, qual è?-
Sbuffò un po’ di fumo, poi sorrise.
-Non lo indovinerai mai...-
Mi disse di chiamarsi Catherine, ma nulla più...
Non sapevo da dove veniva, né da dove era diretta... ed il suo accento era vuoto di qualunque dialetto parlato in tutto il paese.
La conoscevo da molto poco, ma avevo come l’impressione che facesse parte di me, non avevo vergogne o segreti con lei, perché stavo davvero a meraviglia, il mio destino sedeva nel posto passeggero della mia auto e non potevo chiedere di più.
In poco tempo mi dimenticai di Leonie, la mia ragazza... mi importava solo di Catherine, Catherine ed il mio lavoro come apprendista dottore... uno di quegli studenti che seguono i medici come si vede in tv.
Il medico. La mia vocazione... salvare le persone oppure eliminarle a secondo di chi fossero.
Il mio paradiso... il mio limbo.
Sentire le sue fredde mani su di me... in contrasto con il suo caldo corpo ed al contrario su di lei... le mie calde mani sul suo bellissimo corpo.
Sembrava una scultura, perfetta così com’era senza troppo. Perfetta nella sua normalità o almeno... quello che si può definire normale.
Ben presto iniziai a conoscere Catherine per quello che era.. né una libertina, né una donnina della strada. Soffriva di depressione da tempo ormai remoto ed era schiava di sigarette ed alcolici... schiava? No... non è la parola giusta.
Sempre così posata e controllata, se non fosse stata lei stessa a confessarsi a me non ci avrei mai creduto. Io potevo salvarla allo stesso modo in cui lei stava salvando me... perché sotto quel faccino tentatore e quel corpo perfetto, Catherine era un’anima gentile che tentava di aiutare chi ne aveva bisogno senza dare troppo peso ai propri pensieri, cercando di fare e dire sempre la cosa giusta....
Questa Catherine era tutta mia ed io la possedevo ormai, nel letto, nell’auto... ormai era tutta mia e lei non aveva nessun altro.
Una nuova vita nel mezzo del nulla, viverla come dobbiamo viverla... senza obblighi o doveri..
Questo volevamo fare...
O almeno così mi illusi...
-Non è bellissimo sentire le onde infrangersi qui dove “La terra finisce”?- mi disse mentre guardava giù verso il mare.
-Fai attenzione, negli anni ’80 qui sono caduti e morti dei ragazzi- le dissi indicandole la piccola lapide in loro memoria.
-Non hai nemmeno idea, di tutto le persone che sono morte qui.. e che non hanno alcun monumento in loro memoria- si girò a guardarmi.
-Touchè- sorrisi sorseggiando una birra.
-Ricordi quando ti ho detto che la mia vita ormai era già vissuta?...-
Iniziai a non capire.
-Ebbene devo dirti che... incontrarti era l’ultima cosa che volevo fare, ti stavo aspettando e tu sei venuto da me, attirato come un marinaio al canto di una sirena...- continuò.
-Catherine... che cosa stai dicendo?- mi avvicinai a lei, ma si girò verso di me e mi fermai.
-Siamo creature astratte che non amano e non comprendono gli esseri umani... siamo creature che si completano a vicenda e si riempiono una dell’anima dell’altro... completiamo i nostri pensieri ed i nostri bisogni- impercettibilmente fece dei passi all’indietro fino alla punta della scogliera.
-Catherine... tu-
Non aprì nemmeno le braccia quando si gettò di schiena verso la morte... non versò una lacrima, non fece nulla, solo un sorriso triste come il suo solito.
Nemmeno io piansi... per qualche ragione non ci riuscii.
Nessuno trovò mai il suo cadavere, nessuno recitò mai una preghiera per lei, era come se fosse stata invisibile per tutto questo tempo... come se non fosse mai esistita, come se fosse stata un fantasma.
Solo io ho le prove della sua esistenza.... eppure..
 
Catherine... ancora non ricordo il tuo volto. 
   
 
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