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Autore: LaGrace    13/04/2014    0 recensioni
"Per anni immaginai la Montagna Solitaria e le imponenti sale di Erebor riposte sotto di essa. Per anni io e mio fratello Fili ci preparammo ad affrontare il viaggio alla riconquista della nostra patria.
Eravamo appena scesi dal dorso delle grandi aquile e riuscivamo a scorgerla in lontananza: la nostra montagna, la nostra casa."
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Ciao a tutti, in questa fanfiction ho voluto riscrivere parte della storia de "Lo Hobbit" partendo dal secondo capitolo della trilogia di P.J.
Guardando il film mi ha molto colpito il legame che si stava creando tra Kili e Tauriel e ho pensato che sarebbe stato interessante descrivere la storia dal punto di vista di kili.
I primi capitoli terranno abbastanza fede al secondo film "La desolazione di Smaug", ma poi.. MISTERO!
Auguro a tutti una buona lettura e spero di ricevere le vostre opinioni =)
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 1

<< Lui ci aiuterà o ci ucciderà! >>

Ero ancora un piccolo nano quando lo zio Thorin raccontava a me e a mio fratello la storia della grande montagna solitaria, la nostra terra natia che ci era stata portata via da Smaug, enorme drago proveniente dal nord . Attratto dalle enormi ricchezze del nostro popolo, il drago assalì Erebor e ridusse in fiamme la città di Dale. Da allora Smaug vive indisturbato sotto la montagna, assopito tra oro e pietre preziose.

Per anni immaginai la Montagna Solitaria e le imponenti sale di Erebor riposte sotto di essa. Per anni io e mio fratello Fili ci preparammo ad affrontare il viaggio alla riconquista della nostra patria.
Eravamo appena scesi dal dorso delle grandi aquile e riuscivamo a scorgerla in lontananza: la nostra montagna, la nostra casa.
 
Continuammo ad avanzare silenziosamente.  Gli orchi e i mannari erano vicini. Mandammo il nostro Hobbit in avanscoperta e attendemmo nascosti  tra le rocce.  Un momento dopo eccolo tornare in preda all’ansia.
“Quant’è vicino il branco?” domandò Thorin.
“Troppo vicino, un paio di leghe, non di più, ma questa non è la parte peggiore” rispose Bilbo ansimando.
“Ti hanno visto?” chiese Gandalf.
“no, non è questo. Sto cercando di dirvi che c’è qualcos’altro là fuori” affermò Bilbo spazientito.
Ci guardammo cercando di capire a cosa si riferisse, ma Gandalf riprese la parola e domandò: “quale forma ha assunto? Quella di un orso?”.
Bilbo esitò per una attimo, ma poi confermò: “si, ma molto più grosso”.
“Tu sapevi di questa bestia?” chiese Bofur sconcertato.
Il panico prese piede nella compagnia e Bofur continuava dicendoci di fare dietro fronte.
“C’è una casa” interruppe lo stregone “non è molto lontana da qui e potremo trovare rifugio”.
“Di chi è la casa? Amico o nemico” chiese Thorin.
“Nessuno dei due. Lui ci aiuterà o ci ucciderà!” affermò Gandalf.
Non avendo scelta iniziammo a seguire rapidamente la strada indicata da Gandalf, un ruggito spaventoso irruppe sempre più vicino alla nostra posizione. Accelerammo e finalmente, uscendo dal sentiero che attraversa il bosco, riuscimmo a scorgere una casa di proporzioni insolite.
Giungemmo al portone ed entrammo appena in tempo. La grossa bestia nera colpì un paio di volte l’entrata sbarrata e poi si allontanò.
“Quello cos’è?” domandò Ori sconvolto.
“Il nostro anfitrione. Il suo nome è Beorn ed è un mutatore di pelle” spiegò Gandalf. “Bene, ora mettetevi a dormire. Saremo più al sicuro qui stanotte”.
Non mi sarei fatto ripetere due volte quelle parole, tale era la stanchezza che mi pervase che dimenticai all’istante le enormi zanne di quella bestia e del fatto che ci eravamo chiusi proprio nella sua dimora. Sistemai un po’ di fieno nel pavimento e mi abbandonai immediatamente al riposo.
 
“Ti ringraziamo per averci accolti in casa tua”.
Era la voce di Gandalf. Aprii gli occhi e vidi il sole entrare dalle grandi finestre. Il mattino era giunto e alcuni di noi già si erano alzati. Mi voltai verso Fili e notai che stava ancora dormendo abbracciato alle sue armi, lo scossi per svegliarlo ,ma si limitò a mugugnare.
Raggiunsi parte della compagnia nell’immensa cucina. Sul grande tavolo vi erano una grande ciotola di miele, del formaggio e delle noci.  Un’alta figura stava servendo del latte fresco in grandi boccali e scambiava qualche parola con Thorin e Gandalf riguardo la nostra missione. Beorn mi guardò per un attimo, feci un breve cenno di saluto, poi sedetti a tavola come il resto della compagnia.
“Dovete raggiungere la montagna prima degli ultimi giorni d’Autunno” raccomandò Beorn con la sua voce cavernosa.
“Prima che il dì di Durin venga” precisò  Gandalf.
“Non avete molto tempo” disse Beorn.
“Perciò dobbiamo attraversare Bosco Atro”ribatté  Gandalf.
Beorn fissò lo stregone cercando di capire le sue intenzioni “un’oscurità grava su quella foresta, creature malvagie strisciano sotto quegli alberi”.
“Prenderemo la strada Elfica, la zona è ancora sicura” Gandalf, però, sembrava dubbioso delle sue stesse parole.
“Sicura?” chiese Beorn.  “Gli elfi silvani di Bosco Atro non sono come i loro parenti. Sono meno saggi e più pericolosi. Ad ogni modo queste terre brulicano di orchi e voi siete a piedi. Non raggiungerete mai la foresta da vivi. ”
Silenzio, riflettemmo sulle parole del possente uomo. Poi egli riprese: “Non mi piacciono i nani, sono avidi e ciechi verso la vita di quelli che loro ritengono più miseri di loro”.
Un senso di offesa e di vuoto riempì l’aria. Poi Beorn concluse dicendo: “Ma gli orchi li odio di più. Cosa vi serve?”.
Ci diede quattordici dei suoi poni e un cavallo per Gandalf e ci rifornì di provviste per il viaggio.
Partimmo verso la tarda mattinata e nel tardo pomeriggio giungemmo al limitare di Bosco Atro.  L’aspetto del bosco era inquietante, come se una malattia lo avvolgesse e contagiasse chiunque vi si addentri. Gandalf diceva di attraversarlo seguendo la via Elfica.
 Ricordo quando Thorin mi parlava degli elfi e la sua voce era piena di risentimento. Anche io, crescendo sotto la sua istruzione avrei dovuto risentirne, ma al contrario ne ero affascinato.
“Liberate i poni, che tornino dal suo padrone” ci raccomandò Gandalf a gran voce prima di scomparire per un attimo tra i primi alberi che limitavano la soglia del bosco. Quando riapparse aveva un’espressione preoccupata.
“Non il mio cavallo, mi occorre” Gandalf riprese Nori che stava per liberare il cavallo.
“Gandalf non vorrai lasciarci?” chiese Bilbo con espressione accigliata.
“Non lo farei se non fosse necessario” spiegò lo stregone dirigendosi verso il suo cavallo. “Vi aspetterò allo spiazzo prima delle pendici di Erebor, tenete la chiave e la mappa al sicuro” poi si fermò un attimo e ci guardò con sguardo pieno di raccomandazione “non entrate in quella montagna senza di me”.
Prima di andare Gandalf  ci avvertì riguardo all’oscuro potere del bosco.
“Tenterà di entrarvi nella mente e sviarvi dalla strada” diceva “dovete restare sul sentiero”.
 
La pioggia iniziò a cadere e nessuno di noi era impaziente di addentrarsi in un tale luogo, ma era nostro dovere farlo. Così abbandonammo il verde spiazzo luminoso e ci inoltrammo nell’oscurità.

 

 

  
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