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Autore: Coffee_Time    13/04/2014    1 recensioni
[2.105 parole]
[Dal testo]
-Ehi ciao! Sei triste? Perché stai qui da solo?-
Il bambino interpellato alzò la testa dal disegno appena iniziato, imbattendosi in due grandi occhi luminosi dal colore indefinito.
-No, non sono triste, mi piace stare da solo a disegnare.-
-Ah.- Il bambino più piccolo, quello dagli occhi grandi e luminosi, si rattristò in pochi decimi di secondo. -Be'... Se vuoi stare da solo allora vado via?-
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono tornata con questa OS che non mi sembra corta, ma neanche tanto lunga.
Il titolo è tratto da una canzone dei Green Day, Whatsername. (Altri chiarimenti sulla storia alla fine)
Ah, per chi non lo sapesse, Linda e Donna sono le mamme rispettivamente di Frank e di Gerard. Ovviamente i personaggi non mi appartengono, non conosco nessuno di loro e la storia è inventata, senza scopi malvagi.
Vi consiglio di leggere con calma, senza fretta.
Buona lettura!

 

 

 

 

 

Remember, whatever, it seems like forever ago

 

 

 

-Ehi Frank, tesoro, vieni che andiamo a casa!-
La magra donna dai capelli color sabbia raccolti in una pigra coda guardò in direzione di due bambini, seduti al tavolo in legno del parco.
Le altalene gemettero, spinte da una leggera brezza che si preoccupò anche di far muovere i capelli castani di un bambino (di cinque, sei? anni) come fossero i fili d'erba che lo circondavano.
Il tavolo su cui il bambino poggiava i gomiti lisci e vellutati quasi rimase stupito nel sentire l’assenza di questi ultimi, da tanto tempo premuti sulle venature regolari del legno.
Il bambino si girò di poco, per riuscire a vedere negli occhi sereni e stanchi della madre.
-Mamma arrivo, altri cinque minuti! Per favore.-
Intanto l’altro bambino, sicuramente più grande, appoggiò la matita ‘blu buio’, come la chiamava Frank, accanto al foglio su cui giaceva un disegno di Batman.
-Devi già andare?-
Frank annuì, lievemente imbronciato.
-Sì, ci vediamo domani? Vieni anche domani giusto? Se vuoi porto anche i miei colori e disegniamo insieme, anche se tu sei più bravo.-
-Certo che ci vediamo anche domani! Non importa che porti i colori, io ne ho tanti...-
-Okay Gerard, ciao! A domani!-
Detto questo Frank stava già saltellando accanto alla mamma, diretto felice verso casa, già aspettando il momento di rivedere quel bambino un po' strano da cui si era appena separato.
-Frankie, ti sei divertito oggi al parco?-
-Sì mamma, tantissimo! Ho visto un bambino da solo che sembrava triste, così gli ho parlato e mi ha detto che non era triste, era solo concentrato perché stava disegnando. Mamma, ha disegnato anche Batman, è bravissimo! Poi mi ha fatto vedere disegni di persone che non ho mai visto. Mamma torniamo al parco domani vero? Gerard ha detto che domani c’è!-
-Va bene, caro. Ora però dammi la manina che non voglio perderti.-

~

Frank e Gerard erano due piccole macchie indefinite in mezzo al verde del prato, con le teste appoggiate sulle felpe accartocciate.
I piccoli corpi uno accanto all’altro, sdraiati sul soffice manto smeraldo, gli sguardi rivolti al cielo sereno macchiato di nuvole. I loro occhi assenti e la loro voce a far vibrare l'aria.
-Gerard, vuoi essere il mio migliore amico?-
Il più grande sorrise, felice di aver finalmente conosciuto, nei suoi 10 anni di vita, un essere come Frank. Nessuno era stato tanto buono e curioso con lui, veniva spesso ignorato e, in alcuni casi, persino deriso. Per questo non aveva amici e parlava quasi esclusivamente con il fratello Michael.

Quell’estate passò così: tra mani sporche di inchiostro colorato, risate sincere, finte lotte a colpi di solletico, la certezza di poter ripetere tutto il giorno successivo e tanta, tanta innocente spensieratezza.
Una tranquillità, un equilibrio, rotti solo da un colpo. Forte. A un chilometro dal parco.
Un colpo capace non solo di interrompere il corso di una vita, ma anche di frantumare la sicurezza nei cuori di migliaia di famiglie come fossero bicchieri del più delicato dei cristalli lanciati con noncuranza all'asfalto.

Sicurezza che andò scemando sempre più nella mamma di due bambini, che impedì loro di frequentare il parco com’era abitudine, o solo di uscire a passeggiare.
Niente fece smuovere Donna dalle sue paranoie, neanche i pianti e i capricci del figlio maggiore, che sentiva sempre più la mancanza del proprio (forse unico) amico, migliore amico.
Gerard passava le giornate in camera sua o nel salotto della nonna a disegnare, semplicemente a disegnare.
Ogni tanto si convinceva anche a guardare fuori dalla finestra, cercando con lo sguardo gli alberi del parco e nel tentativo di scorgere tra quelle fronde la presenza di Frank.
Se non fosse stato per Mikey che cercava di stare anche con lui probabilmente sarebbe stato uno dei primi bambini con gravi problemi di depressione.

~

-TANTI AUGURI FRANKIE!! Buon compleanno!-
Frank si svegliò all’improvviso, svegliato da voci familiari che uscivano da bocche sorridenti.
Ricambiando il sorriso, si ritrovò a stupirsi di essersi addormentato. Il suo piano originario consisteva infatti nel restare sveglio fino alla mezzanotte, per poter saltare sul letto dei genitori urlando cose come “Ho sei anni, ho sei anni! Svegliatevi, oggi è un giorno fantastico!” ed eventualmente addormentarsi tra le loro braccia.
Andò tutto in fumo, però. Maledetto Morfeo.
Non fu completamente dispiaciuto da ciò, soprattutto quando gli fu regalato un costume da zucca e fu informato che quella sera sarebbe uscito con il papà, che suonava in uno dei tanti locali di amici. Di sicuro Frank sarebbe rimasto nel tavolo più vicino al palco tutto il tempo, ascoltando attentamente la musica attraversargli le vene.

Come previsto, Frank era di fronte al palco che beveva un succo di un arancione  simile a quello della zucca che indossava.
Colore che non passava particolarmente inosservato tra quelli più scuri degli altri abiti.
Questo dettaglio venne notato anche da un bambino in particolare, che corse subito da Frank. Quando gli fu abbastanza vicino da accertarsi di avere davanti proprio Frank, e non uno sconosciuto dall’aspetto simile, lo abbracciò senza troppi complimenti.
L'altro ricambiò subito la dimostrazione di affetto, ancora stranito e quasi incantato dalla visuale di un Gerard con i canini lunghi ed un lungo mantello nero. I vampiri hanno sempre il loro fascino, ma neanche Gerard scherzava.
Dopo un po’ i due si separarono, indecisi se provare più stupore o felicità.
-Gee... che ci fai qui? E perché non c’eri più al parco? Mi sei mancato...-
-Scusa Frank, mia mamma non mi ha quasi fatto uscire di casa, diceva di essere preoccupata per me e Mikey. Non mi ha neanche fatto venire un'ultima volta al parco per poterti salutare, non sai quanto l’ho pregata.- Rispose con un tono sempre più triste. -Anche tu mi sei mancato... Non so neanche come ho fatto a convincere mia mamma a farmi uscire oggi, tu che ci fai qui?- Aggiunse.
L’altro sorrise -Oggi è il mio compleanno e mio padre sta suonando. Vedi? È quello!- Indicò un uomo dall’aria felice e rilassata, che colpiva i tamburi della batteria in modo deciso ma non violento.
-È il tuo compleanno, vero! Tanti auguri Frankie!- Seguì un altro abbraccio. -Mi dispiace non avere nessun regalo...-
-Nah, non preoccuparti. Con tutti i parenti che ho sono a posto. E poi averti rivisto mi sembra abbastanza. Siediti qui!-

Parlarono tanto, ricordando le vacanze passate e raccontandosi le poche nuove esperienze. Il tempo scivolò loro tra le piccole mani e arrivò presto l’ora di separarsi, nuovamente, consapevolmente.
-Frankie, credo proprio di dover andare. Mia mamma si sta avvicinando.-
-Okay Gee. Però ci rivedremo, vero?-
Gerard sapeva bene la risposta a quella domanda. Sua madre non l’avrebbe mai lasciato andare frequentemente a casa di un amico, specialmente se non si trovava nella loro zona. Frank era troppo lontano, non ci sarebbero state speranze.
-Un giorno sì, Frankie.-
-Come un giorno? Che giorno? Domani? Puoi venire a casa mia quando vuoi!-
Gerard lo abbracciò e si trattenne dal piangere. Conosceva quel bambino da poco più di quattro mesi e già sentiva di esserglisi affezionato.
E già doveva dirgli addio.

~~~

[Una decina di anni dopo]

Camminando per le tiepide strade di Belleville, Frank decise di prendere la strada più lunga per arrivare a casa, quella meno trafficata e costeggiata da più alberi.
Passeggiò ascoltando la musica tutto il tempo, godendosi il verde che lo circondava e che non gli era molto familiare, dal momento che non percorreva spesso quelle vie.
I suoi occhi si posarono su un cancello battuto in ferro, non molto alto, che si apriva su una stradina non molto stretta, ma su cui le macchine non potevano comunque circolare.
Frank sorrise e si diresse verso l’ingresso del parco, ricordando il punto in cui era caduto la prima volta nel tentativo di andare in bicicletta, il sapore dell’acqua che in estate era calda e dopo pochi secondi diventava fresca, quell’acqua con cui si inumidiva i capelli (che si sarebbero asciugati in due minuti, con il caldo che c’era), quell’acqua che adorava schizzare in faccia a sua mamma, ai suoi amici.
Arrivato di fronte al cancello, guardò attraverso le sbarre i bambini che correvano tra gli alberi e si nascondevano dietro essi. Cercò di osservare anche l'altro lato del parco, ma vide solo un foglio nero e verde.
Curioso, ne lesse le scritte:
“My Chemical Romance, sabato 30 marzo alle 10.00 pm...”
Frank si incuriosì e si segnò sul diario il luogo. Il nome del gruppo gli sembrava figo e le scritte della locandina gli ricordavano i Misfits. Pensò che se a loro piacevano i Misfits non potevano non fare musica come minimo decente, inoltre era da un po’ che non si svagava ad un concerto.

Quando entrò nel locale ordinò una Coca Cola (per lui era ancora illegale bere alcolici e nei bar non glieli vendevano facilmente) e si sedette ad un tavolo vicino allo spazio vuoto davanti al palco.
Notò un ragazzo biondo che non dava l’idea di essere presente, mentalmente, in quel mondo e che stava probabilmente accordando un basso. Dietro di lui vide tre ragazzi parlare, a giudicare dalla maglietta con il logo cucito sopra, con il proprietario o un cameriere del bar. Appena quest’ultimo li lasciò soli per sparire dietro ad una porta lì vicino, uno dei tre si posizionò sul palco, seguito dagli altri.
Frank continuava a sorseggiare la Coca Cola, mentre il cantante si inumidì le labbra e disse qualche saluto ed il titolo della prima canzone. Si soffermò a guardarlo perché aveva un’aria familiare, anche se non sapeva chi gli ricordasse.

Il concerto passò veloce e Frank si ritrovò sudato, in mezzo al pogo. Guardò verso il palco, notando che anche i quattro ragazzi erano fradici.
-Grazie per questa bella serata, spero che vi siate divertiti! Loro- il cantante indicò il batterista ed il chitarrista -sono Matt e Ray, lui è mio fratello Mikey e io sono Gerard. Siamo i My Chemical Romance, buona notte!-
Frank rimase un attimo basito, assimilando le informazioni appena ascoltate.
Mikey.
Gerard.
Fratelli.
Oh. Cazzo.

-Ehi ciao! Sei triste? Perché stai qui da solo?-
Il bambino interpellato alzò la testa dal disegno appena iniziato, imbattendosi in due grandi occhi luminosi dal colore indefinito.
-No, non sono triste, mi piace stare da solo a disegnare.-
-Ah.- Il bambino più piccolo, quello dagli occhi grandi e luminosi, si rattristò in pochi decimi di secondo. -Be’... Se vuoi stare da solo allora vado via?-
-No, non importa, possiamo disegnare insieme.- Non sapeva cosa lo spinse a fare quella proposta, solitamente amava disegnare in pace e odiava avere a che fare con gli altri bambini, in particolare con quelli più piccoli. Forse era stato il tono preoccupato o la luminosità del suo sguardo che lo convinse. Permise anche alle labbra di curvarsi in un sorriso sincero.
-Che bello! Lo sai che disegni bene? Io non sono molto bravo, se vuoi possiamo parlare mentre tu disegni. Io sono Frank, tu come ti chiami?-
Ora i sorrisi sinceri erano due, Frank si sentiva molto felice nell’aver trovato un nuovo amico; un amico, come scoprì in seguito, diverso dagli altri.
-Io sono Gerard. Dai, siediti qui.-


La mente di Frank gli fece tornare alla mente quel primo incontro, primo di una lunga serie finita troppo presto.
Appena incontrò gli occhi di Gerard, si accorse di non averne mai dimenticata alcuna sfumatura. Il modo in cui il verde mangiava piano piano il nocciola, i contorni scuri, il modo in cui brillavano, anche se le luci del locale cercavano di coprirlo.
Frank non poté che essere felice, ma anche preoccupato.
Cosa doveva fare?
Doveva andare lì?
Scappare?
Anche Gerard lo aveva riconosciuto?
Gerard si ricordava ancora di lui?
Anche Gerard si stava sentendo felice?
Capì che l’unico modo per rispondere a queste domane (o almeno ad una buona parte) fosse quello di tornare da lui. Dopo anni.

Gerard stava bevendo una birra ascoltando il fratello, non prestando però attenzione alle sue parole. Aveva la mente piena di pensieri che orbitavano intorno ad un ragazzo che aveva visto pogare. Occhi luminosi. Occhi grandi. Occhi che conosceva ma non ricordava. Occhi che si stavano avvicinando. Occhi che rapirono i suoi.
Poi accadde l’inevitabile: ricordò, ricordarono.
In pochi minuti tutti quegli anni passati uno lontano dall’altro persero importanza. Tornarono indietro nel tempo, a quell’estate.
Rivissero tutti i sorrisi, gli scherzi, le lotte e il profumo dell’erba tagliata.
Ricordarono il dolore, il senso di vuoto, le domande senza risposta.
Poi tornarono al presente.
La tristezza e la solitudine vennero cancellate, dimenticate.
Tutto sigillato in un sorriso, una silenziosa promessa che non necessitava di essere pronunciata.
Entrambi sapevano bene che non si sarebbero divisi, non più.

 

 

 

 

 

Ciao, spero che la storia vi sia piaciuta. L’idea è nata quando ho sentito di un'equazione (di un certo Dirac) che descrive un fenomeno secondo il quale: “Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma in qualche modo, diventano un unico sistema. In altri termini, quello che accade a uno di loro continua ad influenzare l’altro, anche se distanti chilometri o anni luce”. (Romantico, eh?) Allora ho elaborato questa fanfiction, che in linea teorica (molto teorica) potrebbe corrispondere alla realtà o ad una parte.
Se vi va ditemi che ne pensate, se avete domande non fatevi problemi, mi farebbe davvero piacere ricevere qualche recensione!

PS Per quelle/i che hanno letto la mia altra OS
Avevo detto che probabilmente avrei sviluppato una storia intorno alla OS, ed è proprio quello che sto facendo :D Si tratta di A small part of what makes you smile.

Bene, credo di aver detto tutto. Grazie per aver letto e per l’attenzione. Sono sempre qui per eventuali domande e critiche (positive o negative che siano).
Cucinate tanti pancake e inviatene la foto a Gerard, così lo fate contento!
xoxo

  
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