Sono tornata con questa OS che non mi sembra
corta, ma neanche tanto lunga.
Il titolo è tratto da una canzone dei Green Day, Whatsername.
(Altri chiarimenti sulla storia alla fine)
Ah, per chi non lo sapesse,
Linda e Donna sono le mamme rispettivamente di Frank e di
Gerard. Ovviamente i personaggi non mi appartengono, non conosco nessuno
di loro e la storia è inventata, senza scopi malvagi.
Vi consiglio di leggere con calma, senza fretta.
Buona lettura!
Remember, whatever,
it seems like forever ago
-Ehi Frank, tesoro, vieni che andiamo a casa!-
La magra donna dai capelli color sabbia raccolti in una pigra coda guardò in
direzione di due bambini, seduti al tavolo in legno del parco.
Le altalene gemettero, spinte da una leggera brezza che si preoccupò anche di
far muovere i capelli castani di un bambino (di cinque, sei? anni) come fossero
i fili d'erba che lo circondavano.
Il tavolo su cui il bambino poggiava i gomiti lisci e vellutati quasi rimase
stupito nel sentire l’assenza di questi ultimi, da tanto tempo premuti sulle
venature regolari del legno.
Il bambino si girò di poco, per riuscire a vedere negli occhi sereni e stanchi
della madre.
-Mamma arrivo, altri cinque minuti! Per favore.-
Intanto l’altro bambino, sicuramente più grande, appoggiò la matita ‘blu buio’,
come la chiamava Frank, accanto al foglio su cui giaceva un disegno di Batman.
-Devi già andare?-
Frank annuì, lievemente imbronciato.
-Sì, ci vediamo domani? Vieni anche domani giusto? Se vuoi porto anche i miei
colori e disegniamo insieme, anche se tu sei più bravo.-
-Certo che ci vediamo anche domani! Non importa che porti i colori, io ne ho
tanti...-
-Okay Gerard, ciao! A domani!-
Detto questo Frank stava già saltellando accanto alla mamma, diretto felice
verso casa, già aspettando il momento di rivedere quel bambino un po' strano da
cui si era appena separato.
-Frankie, ti sei divertito oggi al parco?-
-Sì mamma, tantissimo! Ho visto un bambino da solo che sembrava triste, così
gli ho parlato e mi ha detto che non era triste, era solo concentrato perché
stava disegnando. Mamma, ha disegnato anche Batman, è bravissimo! Poi mi ha
fatto vedere disegni di persone che non ho mai visto. Mamma torniamo al parco
domani vero? Gerard ha detto che domani c’è!-
-Va bene, caro. Ora però dammi la manina che non voglio perderti.-
~
Frank e Gerard erano due piccole macchie indefinite in mezzo al verde del
prato, con le teste appoggiate sulle felpe accartocciate.
I piccoli corpi uno accanto all’altro, sdraiati sul soffice manto smeraldo, gli
sguardi rivolti al cielo sereno macchiato di nuvole. I loro occhi assenti
e la loro voce a far vibrare l'aria.
-Gerard, vuoi essere il mio migliore amico?-
Il più grande sorrise, felice di aver finalmente conosciuto, nei suoi 10 anni
di vita, un essere come Frank. Nessuno era stato tanto buono e curioso con lui,
veniva spesso ignorato e, in alcuni casi, persino deriso. Per questo non aveva
amici e parlava quasi esclusivamente con il fratello Michael.
Quell’estate passò così: tra mani sporche di inchiostro
colorato, risate sincere, finte lotte a colpi di solletico, la certezza di
poter ripetere tutto il giorno successivo e tanta, tanta innocente
spensieratezza.
Una tranquillità, un equilibrio, rotti solo da un colpo. Forte. A un chilometro
dal parco.
Un colpo capace non solo di interrompere il corso di una vita, ma anche di
frantumare la sicurezza nei cuori di migliaia di famiglie come fossero
bicchieri del più delicato dei cristalli lanciati con noncuranza all'asfalto.
Sicurezza che andò scemando sempre più nella mamma di due
bambini, che impedì loro di frequentare il parco com’era abitudine, o solo di
uscire a passeggiare.
Niente fece smuovere Donna dalle sue paranoie, neanche i pianti e i capricci
del figlio maggiore, che sentiva sempre più la mancanza del proprio (forse
unico) amico, migliore amico.
Gerard passava le giornate in camera sua o nel salotto della nonna a disegnare,
semplicemente a disegnare.
Ogni tanto si convinceva anche a guardare fuori dalla finestra, cercando con lo
sguardo gli alberi del parco e nel tentativo di scorgere tra quelle fronde la
presenza di Frank.
Se non fosse stato per Mikey che cercava di stare
anche con lui probabilmente sarebbe stato uno dei primi bambini con gravi
problemi di depressione.
~
-TANTI AUGURI FRANKIE!! Buon compleanno!-
Frank si svegliò all’improvviso, svegliato da voci familiari che uscivano da
bocche sorridenti.
Ricambiando il sorriso, si ritrovò a stupirsi di essersi addormentato. Il suo
piano originario consisteva infatti nel restare sveglio fino alla mezzanotte,
per poter saltare sul letto dei genitori urlando cose come “Ho sei anni, ho sei
anni! Svegliatevi, oggi è un giorno fantastico!” ed eventualmente addormentarsi
tra le loro braccia.
Andò tutto in fumo, però. Maledetto Morfeo.
Non fu completamente dispiaciuto da ciò, soprattutto quando gli fu regalato un
costume da zucca e fu informato che quella sera sarebbe uscito con il papà, che
suonava in uno dei tanti locali di amici. Di sicuro Frank sarebbe rimasto nel
tavolo più vicino al palco tutto il tempo, ascoltando attentamente la musica
attraversargli le vene.
Come previsto, Frank era di fronte al palco che beveva un
succo di un arancione simile a quello della zucca che indossava.
Colore che non passava particolarmente inosservato tra quelli più scuri degli
altri abiti.
Questo dettaglio venne notato anche da un bambino in particolare, che corse
subito da Frank. Quando gli fu abbastanza vicino da accertarsi di avere davanti
proprio Frank, e non uno sconosciuto dall’aspetto simile, lo abbracciò senza
troppi complimenti.
L'altro ricambiò subito la dimostrazione di affetto, ancora stranito e quasi
incantato dalla visuale di un Gerard con i canini lunghi ed un lungo mantello
nero. I vampiri hanno sempre il loro fascino, ma neanche Gerard scherzava.
Dopo un po’ i due si separarono, indecisi se provare più stupore o felicità.
-Gee... che ci fai qui? E perché non c’eri più al
parco? Mi sei mancato...-
-Scusa Frank, mia mamma non mi ha quasi fatto uscire di casa, diceva di essere
preoccupata per me e Mikey. Non mi ha neanche fatto
venire un'ultima volta al parco per poterti salutare, non sai quanto l’ho
pregata.- Rispose con un tono sempre più triste. -Anche tu mi sei mancato...
Non so neanche come ho fatto a convincere mia mamma a farmi uscire oggi, tu che
ci fai qui?- Aggiunse.
L’altro sorrise -Oggi è il mio compleanno e mio padre sta suonando. Vedi? È
quello!- Indicò un uomo dall’aria felice e rilassata, che colpiva i tamburi
della batteria in modo deciso ma non violento.
-È il tuo compleanno, vero! Tanti auguri Frankie!- Seguì un altro abbraccio.
-Mi dispiace non avere nessun regalo...-
-Nah, non preoccuparti. Con tutti i parenti che ho
sono a posto. E poi averti rivisto mi sembra abbastanza. Siediti qui!-
Parlarono tanto, ricordando le vacanze passate e
raccontandosi le poche nuove esperienze. Il tempo scivolò loro tra le piccole
mani e arrivò presto l’ora di separarsi, nuovamente, consapevolmente.
-Frankie, credo proprio di dover andare. Mia mamma si sta avvicinando.-
-Okay Gee. Però ci rivedremo, vero?-
Gerard sapeva bene la risposta a quella domanda. Sua madre non l’avrebbe mai
lasciato andare frequentemente a casa di un amico, specialmente se non si
trovava nella loro zona. Frank era troppo lontano, non ci sarebbero state
speranze.
-Un giorno sì, Frankie.-
-Come un giorno? Che giorno? Domani? Puoi venire a casa mia quando vuoi!-
Gerard lo abbracciò e si trattenne dal piangere. Conosceva quel bambino da poco
più di quattro mesi e già sentiva di esserglisi affezionato.
E già doveva dirgli addio.
~~~
[Una decina di anni dopo]
Camminando per le tiepide strade di Belleville,
Frank decise di prendere la strada più lunga per arrivare a casa, quella meno
trafficata e costeggiata da più alberi.
Passeggiò ascoltando la musica tutto il tempo, godendosi il verde che lo
circondava e che non gli era molto familiare, dal momento che non percorreva
spesso quelle vie.
I suoi occhi si posarono su un cancello battuto in ferro, non molto alto, che
si apriva su una stradina non molto stretta, ma su cui le macchine non potevano
comunque circolare.
Frank sorrise e si diresse verso l’ingresso del parco, ricordando il punto in
cui era caduto la prima volta nel tentativo di andare in bicicletta, il sapore
dell’acqua che in estate era calda e dopo pochi secondi diventava fresca, quell’acqua
con cui si inumidiva i capelli (che si sarebbero asciugati in due minuti, con
il caldo che c’era), quell’acqua che adorava schizzare in faccia a sua mamma,
ai suoi amici.
Arrivato di fronte al cancello, guardò attraverso le sbarre i bambini che
correvano tra gli alberi e si nascondevano dietro essi. Cercò di osservare
anche l'altro lato del parco, ma vide solo un foglio nero e verde.
Curioso, ne lesse le scritte:
“My Chemical Romance, sabato 30 marzo alle 10.00 pm...”
Frank si incuriosì e si segnò sul diario il luogo. Il nome del gruppo gli
sembrava figo e le scritte della locandina gli ricordavano i Misfits. Pensò che se a loro piacevano i Misfits non potevano non fare musica come minimo decente,
inoltre era da un po’ che non si svagava ad un concerto.
Quando entrò nel locale ordinò una Coca Cola (per lui era
ancora illegale bere alcolici e nei bar non glieli vendevano facilmente) e si
sedette ad un tavolo vicino allo spazio vuoto davanti al palco.
Notò un ragazzo biondo che non dava l’idea di essere presente, mentalmente, in
quel mondo e che stava probabilmente accordando un basso. Dietro di lui vide
tre ragazzi parlare, a giudicare dalla maglietta con il logo cucito sopra, con
il proprietario o un cameriere del bar. Appena quest’ultimo li lasciò soli per
sparire dietro ad una porta lì vicino, uno dei tre si posizionò sul palco,
seguito dagli altri.
Frank continuava a sorseggiare la Coca Cola, mentre il cantante si inumidì
le labbra e disse qualche saluto ed il titolo della prima canzone. Si soffermò
a guardarlo perché aveva un’aria familiare, anche se non sapeva chi gli
ricordasse.
Il concerto passò veloce e Frank si ritrovò sudato, in mezzo
al pogo. Guardò verso il palco, notando che anche i quattro ragazzi erano fradici.
-Grazie per questa bella serata, spero che vi siate divertiti! Loro- il
cantante indicò il batterista ed il chitarrista -sono Matt e Ray, lui è mio fratello Mikey e
io sono Gerard. Siamo i My Chemical Romance, buona
notte!-
Frank rimase un attimo basito, assimilando le informazioni appena ascoltate.
Mikey.
Gerard.
Fratelli.
Oh. Cazzo.
-Ehi
ciao! Sei triste? Perché stai qui da solo?-
Il bambino interpellato alzò la testa dal disegno appena iniziato, imbattendosi
in due grandi occhi luminosi dal colore indefinito.
-No, non sono triste, mi piace stare da solo a disegnare.-
-Ah.- Il bambino più piccolo, quello dagli occhi grandi e luminosi, si
rattristò in pochi decimi di secondo. -Be’... Se vuoi stare da solo allora vado
via?-
-No, non importa, possiamo disegnare insieme.- Non sapeva cosa lo spinse a fare
quella proposta, solitamente amava disegnare in pace e odiava avere a che fare
con gli altri bambini, in particolare con quelli più piccoli. Forse era stato
il tono preoccupato o la luminosità del suo sguardo che lo convinse. Permise
anche alle labbra di curvarsi in un sorriso sincero.
-Che bello! Lo sai che disegni bene? Io non sono molto bravo, se vuoi possiamo
parlare mentre tu disegni. Io sono Frank, tu come ti chiami?-
Ora i sorrisi sinceri erano due, Frank si sentiva molto felice nell’aver
trovato un nuovo amico; un amico, come scoprì in seguito, diverso dagli altri.
-Io sono Gerard. Dai, siediti qui.-
La mente di Frank gli fece tornare alla mente quel primo incontro, primo di una
lunga serie finita troppo presto.
Appena incontrò gli occhi di Gerard, si accorse di non averne mai dimenticata
alcuna sfumatura. Il modo in cui il verde mangiava piano piano il nocciola, i
contorni scuri, il modo in cui brillavano, anche se le luci del locale
cercavano di coprirlo.
Frank non poté che essere felice, ma anche preoccupato.
Cosa doveva fare?
Doveva andare lì?
Scappare?
Anche Gerard lo aveva riconosciuto?
Gerard si ricordava ancora di lui?
Anche Gerard si stava sentendo felice?
Capì che l’unico modo per rispondere a queste domane (o almeno ad una buona
parte) fosse quello di tornare da lui. Dopo anni.
Gerard stava bevendo una birra ascoltando il fratello, non prestando però
attenzione alle sue parole. Aveva la mente piena di pensieri che orbitavano
intorno ad un ragazzo che aveva visto pogare. Occhi luminosi. Occhi grandi.
Occhi che conosceva ma non ricordava. Occhi che si stavano avvicinando. Occhi
che rapirono i suoi.
Poi accadde l’inevitabile: ricordò, ricordarono.
In pochi minuti tutti quegli anni passati uno lontano dall’altro persero
importanza. Tornarono indietro nel tempo, a quell’estate.
Rivissero tutti i sorrisi, gli scherzi, le lotte e il profumo dell’erba
tagliata.
Ricordarono il dolore, il senso di vuoto, le domande senza risposta.
Poi tornarono al presente.
La tristezza e la solitudine vennero cancellate, dimenticate.
Tutto sigillato in un sorriso, una silenziosa promessa che non necessitava di
essere pronunciata.
Entrambi sapevano bene che non si sarebbero divisi, non più.
Ciao, spero che
la storia vi sia piaciuta. L’idea è nata quando ho sentito di un'equazione (di
un certo Dirac) che descrive un fenomeno secondo il
quale: “Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e
poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi
distinti, ma in qualche modo, diventano un unico sistema. In altri termini,
quello che accade a uno di loro continua ad influenzare l’altro, anche se
distanti chilometri o anni luce”. (Romantico, eh?) Allora ho elaborato questa fanfiction, che in linea teorica (molto teorica) potrebbe
corrispondere alla realtà o ad una parte.
Se vi va ditemi che ne pensate, se avete domande non fatevi problemi, mi
farebbe davvero piacere ricevere qualche recensione!
PS Per quelle/i
che hanno letto la mia altra OS
Avevo detto che probabilmente avrei sviluppato una storia intorno alla OS, ed è
proprio quello che sto facendo :D Si tratta di A small part of what makes you
smile.
Bene, credo di
aver detto tutto. Grazie per aver letto e per l’attenzione. Sono sempre qui per
eventuali domande e critiche (positive o negative che siano).
Cucinate tanti pancake e inviatene la foto a Gerard, così lo fate contento!
xoxo