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Autore: FrancyF    14/04/2014    2 recensioni
Non credevo che esistesse qualcosa che mi avrebbe fatto piangere dalla felicità. Che avrebbe placato il mio dolore. Eppure oggi mi devo ricredere. Forse ha ragione Peeta, forse non è vero che riesco solo a distruggere tutte le cose belle della mia vita.
{Mellark's family}
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Mi ci sono voluti cinque, dieci, quindici anni per dire di si. Ma Peeta li desiderava tanto. La prima volta che l’ho sentita muoversi dentro di me, sono stata letteralmente divorata da un terrore che pareva antico quanto la vita stessa. Solo la gioia di tenerla tra le braccia è riuscita a domarlo.”
 –cit su Suzanne Collins “Hunger Games: Il Canto Della Rivolta”
 
Peeta ha provato a convincermi per anni ad avere dei figli e poi, quando non ci sperava più, ho sentito che mi mancava qualcosa. Che ci mancava qualcosa, o meglio, qualcuno. E’ così Peeta è stato accontentato. Non so perché, è successo anche a me, non so cosa mi ha spinto a volere dei figli. Ma io e Peeta ci amavamo da più di vent’anni, eravamo sposati da quasi venti e forse il mio orologio biologico ha fatto il resto.
 
Non credevo che esistesse qualcosa che mi avrebbe fatto piangere dalla felicità. Che avrebbe placato il mio dolore. Eppure oggi mi devo ricredere. Forse ha ragione Peeta, forse non è vero che riesco solo a distruggere tutte le cose belle della mia vita.
Nostra figlia è dannatamente perfetta.
Non esiste un altro aggettivo per descriverla.
E’ piccola, un esserino fragile che sento di dover proteggere e amare con tutta me stessa. Una manciata di capelli neri le copre appena la testolina. Ha due guance rosee. Gli occhi sono di un azzurro più chiaro del cielo, come quelli di Prim. Come quelli di Peeta.
Non credevo che io e lui fossimo in grado di creare una cosa talmente bella.
Peeta ci osserva, incantato, con le lacrime agli occhi. E’ già innamorato di sua figlia.
Le conta le dite delle mani e dei piedi, come per accertarsi che non manchi niente.
Nostra figlia è profondamente addormentata fra le mie braccia.
La porgo a Peeta.
-Dio Kat è perfetta- mi sorride, come solo lui sa fare e mi bacia.
Sentiamo nei passi per le scale. Entra mia madre.
-Tutto bene ragazzi?-
E’ la prima volta che mia madre non ha il volto scavato dal dolore.
Le sono eternamente grata per quello che ha fatto per me durante la gravidanza. Eppure so che una parte di lei, che una parte di me, di noi non tornerà più.
Perché Prim non è qui con noi.
Solo adesso immagino quanto sarebbe stata felice mia sorella in questo istante.
Peeta sembra intuire i mie pensieri. Mi prende la mano.
-Hai visto che le primule che ho piantato in giardino sono sbocciate amore?-
Io scuoto la testa.
Come avrei potuto notarle?
Nelle ultime settimane prima del parto stavo così male che tutti mi hanno obbligato a starmene inchiodata a letto.
Peeta torna a contemplare nostra figlia. Adesso è sveglia  e osserva tutti con i suoi occhietti vispi.
-Pensavo di chiamarla così- prosegue Peeta, le porge il suo mignolo e la piccola lo stringe forte  –come lei. Come Prim-
-Primrose?- mia madre ha le lacrime agli occhi.
La guardo.
-No- dico –sarebbe troppo strano-.
Sarebbe orrendo in realtà. Non voglio dare alla nostra bimba un nome che mi avrebbe fatto soffrire ogni volta che l’avrei solamente chiamata.
-Non vuoi chiamarla neanche Rue allora?- Peeta pone le domande in tono dolce, ma una piccola parte di me vorrebbe odiarlo per aver fatto rivivere questi fantasmi in un giorno così bello.
Scuoto la testa con forza.
-Willow- sussurro.
Mia madre e Peeta si voltano verso di me, in attesa di un chiarimento.
-Willow- ripeto ad alta voce – avevo letto questo nome nel tuo libro mamma. E’ un albero piccolo e sottile, aggraziato. Mi è sempre piaciuto-.
Nessuno ha il coraggio di contraddirmi.
Mia madre sorride.
-E’ un bel nome- asserisce,  mentre fa una carezza a Willow.
-E’ splendido amore- le fa eco Peeta.
-Sarei esausta immagino- mia madre si alza –c’è quasi tutto il distretto fuori e Haymitch e Effie non la smettono di bisticciare. E’ meglio che dica a tutti di tornare domani, quando sarai di nuovo in forma-.
Bacia Willow sulla testa, poi bacia me sulla fronte.
Le trattengo, per un secondo, la mano. E la guardo fissa negli occhi. Cerco di metterci dentro un sacco di cose non detto e, sono certa che lei ha capito.
-Grazie- le dico.
Lei ci sorrise, poi chiude la porta.
La sentiamo allontanarsi per le scale, al primo piano.
Peeta mi porge nuovamente Willow e fa per alzarsi.
-Resta con me ti prego-
Non voglio che vada via in un momento come questo.
Non voglio avere incubi e so che lui è il mio unico salvatore.
Mio marito non se lo da ripetere due volte, si mette a petto nudo e si corica con me e Willow.
Normalmente avrebbe fatto storie, perché Peeta odia lasciare chiusa la panetteria, ma è esausto anche lui. Dopotutto è rimasto sveglio per una notte a vegliare su di me durante il parto.
E’ fine aprile, ma fa ancora freddo.
Sotto le coperte, fra le braccia di Peeta che mi proteggono e il corpicino caldo di Willow in mezzo a noi, chiudo gli occhi.
Forse ha ragione Peeta.
Gli Hunger Games non sono riusciti a deformarci completamente la mente.
C’è ancora qualcosa di buono in noi.
Forse posso nuovamente sperare nella felicità.
Willow mette un piccolo vagito.
Anzi, forse è solo questa.
E’ solo questa quella cosa che ho cercato per tutta la vita e che solo oggi sono riuscita a cogliere. Forse è solo questa, quella sensazione magica che tutti chiamano felicità.
                                                                                                       
                                                                                                             * 

Cammino per la piazza del Distretto 12. E’ il giorno della Mietitura.
Guardo verso la pedana ma, ad annunciare i tributi non c’è Effie. Non questa volta. Il Presidente Snow è al suo posto. L’odore pungente di rosa mi fa venire il vomito, le sue labbra si piegano in un ghigno mentre chiama il nome –Primrose Everdeen-.
No! Non Prim! Non riesco a urlare, non esce niente dalla mia bocca.
Perché non dico niente?
-No!- l’urlo di protesta non giunge da me.
Mi volto, l’urlo giunge da Willow. Dalla mia Willow.
Ma come è possibile? Non sa ancora parlare così bene!
-Vado io mamma. Vado io agli Hunger Games-.
 
-NO!-
Mi alzo di scatto. Ho la fronte sudata, il respiro affannoso, il cuore va a mille.
No! No era solo un incubo. Un altro, solo che questa volta è diverso.
Guardo Willow: la mia piccolina di appena tre anni è profondamente addormentata accanto a me.
Io e Peeta non riusciamo a separarcene e quindi, nonostante abbia la sua cameretta tutta arredata, dorme ancora con noi nel lettone.
Il mio respiro si regolarizza. Non mi era mai capitato di sognarla.
Mi tocco il ventre, sorridendo al dolce segreto che conosco solo io.
-Kat?-
Peeta giunge dal corridoio. Si è appena cambiato per andare a preparare la prima infornata.
Si siede vicino a me, attento a non svegliare Willow e mi stringe con le sue braccia forti e solide. Io appoggio la testa contro il suo petto, ascoltando i battiti del suo cuore.
-Era solo un incubo- gli sussurro, baciandoli il petto.
-Si, solo un incubo- mi accarezza i capelli, poi il suo sguardo indugia su nostra figlia –non sai quanto vi ami-.
Una lacrima silenziosa mi scende lungo la guancia.
Non so come farei senza di lui.
-Katniss che fai piangi?-
Io mi libero dal suo abbraccio e lo guardo fisso negli occhi.
-Sono incinta-
-Che?- i suoi occhi brillano nell’oscurità, ma ha lo sguardo sconcertato.
-Sono incinta- ripeto ridendo, fra le lacrime di gioia che mi solcano il viso.
-Non scherzare- lui mi stringe a se’. E’ senza parole.
Io lo bacio.
-Willow avrà un fratellino- sussurro nel suo orecchio, mentre un moto di incredibile di felicità mi porta, inevitabilmente, ad allargare le labbra in un ampio sorriso.

-Willow come lo vuoi chiamare il fratellino?-
La mia piccola di tre anni e mezzo sta mangiando merenda, seduta al tavolo della cucina.
Addenta una focaccina alle nocciole che le ha portato Peeta dalla panetteria, le gambe ondeggiano per aria, i capelli scuri raccolti in una treccia, che le ho fatto stamattina, oscillano a ogni suo movimento. Mi fissa con i suoi grandi occhi azzurri.
Io sono seduta dall’altro lato del tavolo e sto allattando il mio secondogenito.
Quando ho scoperto di essere nuovamente incinta è stata un po’ una sorpresa: per quando amassi la mia piccola Willow, non ero incline ad avere un altro figlio, ma Peeta, ovviamente, era felicissimo e io non ero più immune al fascino dei bambini, anzi dopo tutto quello che avevo dovuto sopportare Willow mi dava una gioia immensa e di sicuro l’avrebbe fatto anche questo bambino.
Fui molto felice di avere un maschio perché li avrei potuto insegnare a tirare con l’arco, cosa che a Willow non interessava minimamente.
La discussione per scelta del nome fu ancora più lunga della prima. Peeta bocciava i miei suggerimenti e io bocciavo i suoi: Finnick, Gale, Haymitch, Cinna; in lista c’era anche il nome di mio padre. Il nostro bimbo era venuto alla luce in un torrido pomeriggio di inizio luglio e, dopo due giorni, non aveva ancora un nome.
Mio figlio succhia avidamente il latte.
E’ un po’ più grande di sua sorella, più robusto. Gli occhi sono identici ai miei, grigi come quelli di suo nonno e come quelli della maggior parte della gente del Giacimento. I capelli talmente biondi, come quelli di Peeta, che si fanno fatica a vedere.
-Allora?-
Willow alza le spalle.
Nessuno mi ha ancora dato un nome che soddisfasse le mie richieste. Devo dire che sono stata molto tentata di chiamarlo come mio padre, ma poi ho desistito.
Questo è un’altra delle condizioni che ho imposto al mio accondiscendente Peeta: se avessimo avuto dei figli i nomi gli avrei scelti io. Ovvero quella che avrebbe fatto tutto il lavoro.
Il piccolo ha finito di mangiare così lo appoggio alla mia spalla e li batto delicatamente sulla schiena.
Willow mi guarda curiosa, è curiosa di tutto. E questo non è necessariamente una cosa positiva, soprattutto se teniamo conto del mio passato.
Salta giù dalla sedia.
-Finito. Vado a giocare!-
Le sorrido, mentre rimetto suo fratello sul mio grembo.
Invidio immensamente la spensieratezza di mia figlia mentre gioca. Io e Peeta non abbiamo mai potuto permetterci di essere così puri e innocenti.
Peeta vizia Willow enormemente. Le avrà comprato una dozzina di bambole.
E’ davvero comico osservare Willow che coinvolge Peeta e Haymitch nei suoi giochi. Ma, grazie alle sue bambole, ho scoperto che Haymitch-bambolotto è davvero un gentiluomo con Willow e, soprattutto, non beve una goccio di liquore. Con Effie è un’altra storia.
Dire che mia figlia ama Effie è riduttivo.
Il guardaroba di Willow straborda di tutti i vestiti frivoli che le ha comprata “zia” Effie. La maggior di essi non glie le faccio mai indossare. Starebbe troppo scomoda con quei vestititi pieni di pizzi e merletti vari, ma quando Effie viene a cena da noi Willow ne indossa uno e a Effie vengono le lacrime agli occhi dalla contentezza.
-Sono a casa!- la voce di Peeta giunge dal portico e riecheggia per tutta la casa.
-Papà!- in un attimo Willow li salta addosso, cingendoli il collo con le sue braccine.
-Ciao amore!- lui con una mano la stringe a se e con l’altra posa sul tavolo della cucina il pane fresco.
Poi Peeta rivolge la sua attenzione all’ultimo nato –Come sta oggi il mio ometto?-.
Gli sfiora i capelli biondi con la mano e mi bacia –Ciao dolcezza-.
-Ciao Peeta, come è andata oggi?-
-Bene- Peeta posa a terra Willow, poi mette il pane nella dispensa.
-Il piccolo non ha ancora un nome?-
-No. E’ più difficile del previsto- fisso mio figlio, i suoi occhi sono specchiati nei miei.
-Sai io avrei un’idea- Peeta si siede a tavola.
-Quale?-
-Oggi lavoravo il grano per fare l’impasto. E mi sono accorto che era il grano rye proveniente dal vecchio Distretto 11. Grano di ottima qualità. Pensavo fosse un nome carino, insomma simboleggia grano di ottima qualità…-
-Rye?- chiedo sorpresa. Non è un nome brutto. Mi piace, trovo un po’ contorto il ragionamento di mio marito, ma dopotutto io porto il nome di una pianta…
Peeta annuisce.
Prende in braccio Rye.
-Ti piace il tuo nome Rye?-
Il piccolo emette un vagito.
-Lo prendo per un sì-
Io sorrido.
-Avevi ragione sai?-
-Su cosa?- è sorpreso. Sono davvero poco le volte in cui io riconosco che ha ragione lui.
-Su tutto. Quella volta con Finnick sulla spiaggia. Quando mia hai detto che sarei stata una buona madre-.
Il suo bacio vale più di mille parole.

Ciao! Avevo scritto questa one-shot circa un anno fa, ma solo ora ho deciso di pubblicarla. Spero che vi paicca perchè io ADORO alla follia Peeta e Katniss come genitori e trovo che sia stato davvero un "peccato" che la Collins abbia tagliato queste parti.
Grazie per le future recensioni.
FrancyF
   
 
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