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Autore: Anna Wanderer Love    14/04/2014    4 recensioni
-Che cosa ci fai qui?
Natasha riaprì gli occhi. Osservò per bene il suo collega, esaminando il suo viso liscio e serio, i capelli biondi stranamente spettinati e la gradevole vista che l'aderente maglia bianca le offriva.
-Non lo so- riuscì ad articolare, mentre i penetranti occhi color fiordaliso di Steve la osservavano in lungo e in largo. Natasha aveva i capelli ricci, stavolta, e i suoi grandi occhi azzurri erano decisamente ubriachi.
Con uno sguardo pieno di disapprovazione Steve guardò la bottiglia di vodka e il bicchiere mezzo pieno che la donna teneva in mano.
-Perché sei qui?
Cosa succede se una Natasha Romanoff tormentata dagli incubi aspetta Steve a casa sua, decisamente ubriaca?
[Raccolta di 4 OS post the Winter Soldier e pre Avengers: Infinity War, quando Nat era ancora viva]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Little moments'
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Veloce angolo delle ciambelle carnivore blu:
Salve a tutti! ^^ Questa StevexNat è completamente inventata, può contenere SPOILER di The Winter Soldier, anhe se non molti.
I personaggi non mi appartengono ma li uso solo per divertirmi, appartengono alla Marvel e a chi li ha creati.
Ho ritratto la nostra Nat in un suo momento di debolezza, ma non penso sia OOC, o almeno, non più di tanto.
Per chi volesse: sto scrivendo una long sempre StevexNat, si chiama I'm not a monster ed è nella sezione The Avenges (sempre post The Winter Soldier)
Buona lettura!
Anna Love

 

Mi Devi Una Vodka.



Natasha non stava bene, se ne era accorta. Si sentiva in grado di prendere a pugni Fury, Loki o qualunque altro stronzo le avesse mentito o avesse manie di grandezza che l'avrebbero presto messa nei guai, ma psicologicamente si sentiva distrutta. E non ne sapeva nemmeno il motivo. Era passata una settimana da quando aveva detto a Rogers che se ne andava per costruire nuove coperture che forse le sarebbero presto servite in altre missioni, ma dopo appena sette giorni era di nuovo lì.
Be', adesso in realtà Natasha aveva un po' paura.
Non sapeva come spiegare la sua presenza sul suo divano, nel suo salotto, nella sua casa.
Se lo conosceva bene, non ne sarebbe stato proprio entusiasta, ma non l'avrebbe nemmeno cacciata via. Però Nat aveva bevuto un po'. Sì, okay. Forse un po' più di un po', però non era ancora ubriaca. Purtroppo per lei.
Negli ultimi giorni le era capitato spesso di svegliarsi in preda al solito, maledettissimo incubo. Sognava di partecipare alle ricerche di Cap, come aveva effettivamente fatto, ma di trovarlo sdraiato sulla riva e di precipitarsi da lui. Dopo essersi inginocchiata vedeva sempre i meravigliosi occhi azzurri del suo amico -era suo amico? O no?- agonizzanti di dolore che l'accusavano di non essere intervenuta. E poi Steve moriva e lei moriva di dolore.
Ogni volta che si svegliava da quel maledetto incubo si ritrovava sudata e col cuore a mille.
Natasha strinse le mani attorno al bicchiere bombato che conteneva la sua vodka preferita, non quella cosa annacquata che facevano gli americani, ma la vodka vera. Quella russa. Aveva imparato ad apprezzarla quando era nel KGB.
Bevve un generoso sorso, svuotando il bicchiere e sentendo con piacere i primi effetti della sbronza imminente. Si riempì di nuovo il bicchiere, annegando nell'alcool il ricordo di quelle iridi vuote e vitree.
Non dovette attendere molto.
Sentì fuori dalla porta la voce di Steve che parlava con qualcuno -con una donna. Si sentì male pensando che avrebbe molto probabilmente interrotto la loro serata, ma non aveva la minima forza necessaria per alzarsi e sparire, così si rassegnò a fare una figura di merda.
Tanto per prepararsi bevve un altro sorso della bevanda, sentendo il primo velo di nebbia stordirle la mente.
Quando le chiavi girarono nella serratura Natasha chiuse gli occhi, ma avvertì soltanto un paio di passi ben conosciuti entrare nell'appartamento prima che si chiudesse la porta.
Cazzo. È da solo, porca puttana.
Chissà per quale strano motivo ora Natasha avrebbe preferito che ci fosse qualcun'altro con lui. Anche quella donna. Non voleva restare da sola con lui, cosa strana, visto che era andata lì proprio per quello.
Quando Steve accese la luce la spia russa socchiuse le palpebre e sentì una morsa allo stomaco quando lui parlò.
-Che cosa ci fai qui?
Natasha riaprì gli occhi. Osservò per bene il suo collega, esaminando il suo viso liscio e serio,  i capelli biondi stranamente spettinati e la gradevole vista che l'aderente maglia bianca le offriva.
-Non lo so- riuscì ad articolare, mentre i penetranti occhi color fiordaliso di Steve la osservavano in lungo e in largo. Natasha aveva i capelli ricci, stavolta, e i suoi grandi occhi azzurri erano decisamente ubriachi.
Con uno sguardo pieno di disapprovazione Steve guardò la bottiglia di vodka e il bicchiere mezzo pieno che la donna teneva in mano.
-Perché sei qui?- Le chiese, andandosi lentamente a sedere al suo fianco e guardandola portarsi il bicchiere alle labbra.
Lei bevve un altro sorso,  facendo un ampio cenno con la mano che impugnava la bottiglia.
-Che cazzo ne so.
Perfetto. È completamente sbronza.
-Uhm. A proposito. Chi era la ragazza?- Biascicò Nat, cercando di bere ancora dell'altra vodka.
Steve glielo impedì appropriandosi della bottiglia. Mentre si dirigeva in cucina, tra le proteste della russa, le rispose con assoluta calma.
-La mia nuova vicina.
Natasha borbottò qualcosa di indistinto sulle sue vicine di casa che si perse nella strada tra il salotto e il lavandino dove Steve stava versando la vodka.
-Se me la butti ti uccido- gli gridò dietro Natasha, e Steve alzò gli occhi al cielo.
-Sei già abbastanza ubriaca- la riprese posando la bottiglia vuota sul piano da cucina e tornando ad affacciarsi nel salotto. Si appoggiò allo stipite della porta e osservò Natasha mentre si strofinava gli occhi. Indossava pantaloni neri aderenti e una camicia di un bell'azzurro chiaro che le faceva risaltare gli occhi.
-Cos'hai, Natasha? Non dovevi mica sparire per un po'?
La spia sbuffò e reclinò la testa all'indietro. Steve notò con preoccupante prontezza la sua camicetta tendersi sul suo seno. Osservò per qualche istante la gola tesa e bianca della ragazza prima di dedicare un'occhiata sfuggente alla cascata di ricci rossi che si era riversata sulle spalle della sua collega.
-Già- bofonchiò Nat, massaggiandosi il collo con le dita. Cinque ore di aereo avevano i loro effetti.
-E allora perché sei qui?- La incalzò Steve, incrociando le braccia muscolose al petto.
Lei socchiuse gli occhi.
-Non lo so- gemette. -Non mi ricordo.
Steve inarcò un sopracciglio e con un sospiro si smosse dalla sua immobilità, avvicinandosi a lei.
-Natasha, quante bottiglie hai bevuto prima di questa?
-Due- sospirò lei, e Steve la guardò incredulo.
-Dai, Cap, non guardarmi in quel modo! Anche tu avresti voluto sbronzarti se ogni sacrosanta notte avessi fatto quel cazzo di incubo.
-Quale incubo?- Steve si sedette con cautela al suo fianco.
Natasha fece un vago gesto svolazzante con la mano, passandosi una mano sulla fronte.
-Lascia perdere- mormorò,  ma Steve scosse la testa.
-Dimmelo- insisté.
Lei fece una curiosa smorfia arricciando l'angolo della bocca, ma si arrese.
-Ogni notte ti sogno morto.
Il Capitano aggrottò le sopracciglia, perplesso.
-E questo ti disturba?- Chiese a voce bassa.
Natasha aprì finalmente gli occhi e si voltò a guardarlo, fissandolo con uno sguardo fiammeggiante. Gli puntò un dito al petto, ed entrambi rabbrividirono al contatto, anche se non lo diedero a vedere.
-Mettiamola così, Rogers- disse Natasha con un tono vagamente strascicato -potrei considerarti una di quelle cazzo di persone di cui mi fido di più e di cui m'importa di più. E di cui ho paura di più, ma questo non c'entra nulla.
Steve alzò la mano e afferrò il dito della donna, abbassandolo e fissandola in quegli occhi ubriachi.
-Di cosa hai paura, esattamente?- Chiese cauto, e lei ridacchiò.
-Di te e della tua fissazione maledetta.
-Quale fissazione?
-Sei convinto di non poterti più innamorare. Mettila così, Cap. Io ho visto l'uomo che amavo venire trafitto da dieci proiettili a un metro da me. Aveva ventotto anni e tutta la vita davanti. Tu hai salvato il mondo e lo fai tuttora. Hai novantacinque anni e sei dannatamente bello e attraente come uno di venti. La donna che amavi ha vissuto una vita piena e abbastanza felice. Io sono un'assassina e sono stata a lungo dalla parte sbagliata. Io mi sono innamorata di qualcuno che non mi vede neppure, almeno in quel senso. Perciò fidati se ti dico che puoi tranquillamente uscire e baciare qualche bella ragazza.
Steve la fissò in silenzio mentre lei evitava accuratamente il suo sguardo.
Se era vero che poteva capire le sue emozioni con un solo sguardo Nat non era poi così sicura che non fosse lo stesso per lui.
Da parte sua Steve cominciava a capire il motivo per cui la russa era lì, oltre a volersi ubriacare. Ingenuamente, il Capitano pensava -e poi lei gliel'aveva anche confermato- che si fosse innamorata di un uomo e che non avesse il coraggio di farsi avanti.
-Quindi... di chi ti sei innamorata?- Chiese con cautela.
Natasha ridacchiò, ma il Capitano avvertì una punta di nervosismo nella sua voce.
-Non mi sono innamorata... oh cazzo. Te l'ho detto prima- sospirò portandosi le mani alla fronte.
-La vodka. Ho bisogno di vodka- Steve, preso in contropiede, non riuscì a fermarla. Era ubriaca ma non aveva perso la velocità dei suoi movimenti aggraziati.
Frettolosamente, Nat si diresse in cucina, seguita dal Capitano, che aveva rinunciato a fermarla e ora la fissava imperscrutabile.
-No. No. NO- Strillò Nat. Si voltò verso di lui con gli occhi che esprimevano un palese senso di tradimento.
-Hai buttato la MIA vodka! Ma sei scemo?! Sai quando dovrò tornare in Russia? No? Be', nemmeno io!- Strillò la russa.
Steve alzò gli occhi al cielo. Non riusciva a decidere se fosse peggio il sarcasmo della Natasha sobria o l'isterismo di quella sbronza. Forse erano peggio le urla isteriche.
Natasha, con un'ombra omicida nei grandi occhi azzurri, si avvicinò all'amico e fece per tirargli un pugno colpendogli il torace, ma Steve le afferrò prima un polso e poi l'altro quando cercò di mollargli uno schiaffo poco convinto.
Velocemente le torse le braccia dietro alla schiena, mentre lei gemeva inarcando il busto. Rimasero a fissarsi per qualche istante; Steve osservava il viso stravolto della donna e lei guardava i severi occhi azzurri dell'uomo.
-Se ti lascio la smetti di provare a picchiarmi?- Sussurrò il Capitano.
Natasha abbassò lo sguardo, puntandolo sul suo petto.
Annuì semplicemente e si ritrovò a barcollare senza essere più sostenuta dalla presa gentile del Capitano.
Allungò la mano a caso, verso destra, e si aggrappò al piano liscio e freddo della cucina. Le girava la testa.
Steve fece un passo indietro mentre Natasha si appoggiava al mobile dietro di lei.
-Di chi ti sei innamorata?- Steve si rendeva conto che quella non era la domanda più adatta da fare, in quel momento, ma non poteva farci nulla. Era curioso... e non riusciva a capire che cosa fosse quel sentimento amaro che gli stringeva la bocca dello stomaco.
Natasha si voltò e aprì il rubinetto, facendo scorrere l'acqua. Immerse le mani nell'acqua limpida e gelida e rabbrividì. Steve si rese conto di fissare poco galantemente il fondoschiena dell'amica e si affrettò a distogliere lo sguardo prima che lei si voltasse e lo mandasse al tappeto, sperando di non arrossire.
-Non importa- mormorò  Natasha, passandosi le mani grondanti d'acqua sul collo.
Subito la spia sentì una mano chiudersi con forza sul proprio braccio e trasalì. Le dita di Steve sembravano passarle una scarica di scintille d'elettricità che partiva dal punto in cui la stringeva.
Fu costretta a voltarsi e per un attimo le mancò il fiato, mentre si rendeva conto della distanza minima che separava i loro corpi.
-Ti ho trovato ubriaca in casa mia a mezzanotte e mezza in piena crisi isterica. Adesso mi dici chi ti ha ridotta in questo modo- Steve non ammetteva repliche; i suoi occhi azzurri erano stranamente intensi e infuriati.
Vedendo che lei non si decideva a parlare provò a indovinare.
-È Barton?
Natasha sgranò gli occhi, sinceramente sorpresa.
-Che c'entra Barton? No, certo che no!
Il nervosismo nei muscoli di Steve si sciolse all'improvviso, così come quello nella sua voce e nei suoi lineamenti.
-Natasha.
La spia sospirò, alzando gli occhi al cielo per scampare alla vista di quei glaciali occhi color fiordaliso. Storse di nuovo le sue belle labbra rosse, attirando lo sguardo del ragazzo su di esse.
-E va bene- mormorò, così piano che se Steve non fosse stato praticamente appiccicato a lei non l’avrebbe nemmeno sentita.
-Lo conosci, sai? È biondo... ha degli occhi azzurri, stupendi. È alto 1 e 84... ha salvato milioni di persone, più di una volta, compresa me. Ha novantacinque anni e ha una stramaledetta paura di amare... e soprattutto di essere amato.
Natasha tacque, aspettando una reazione che non arrivò. Steve era come congelato, con lo sguardo assente e fisso sopra alla sua testa. Vedova Nera chiuse per un attimo gli occhi, trattenendo le lacrime che le offuscavano la vista.
Si alzò in punta di piedi, sempre tenendo gli occhi chiusi, e appoggiò le mani sul petto del Capitano, che trasalì, ma non si spostò. Baciò la sua guancia, trattenendo le labbra sulla sua pelle liscia e morbida per qualche secondo.
-Grazie, Steve- mormorò -ma ricorda che mi devi una vodka.
Steve non reagì neanche a quello. Rimase immobile, senza osare neppure respirare.
Dentro di lui stavano combattendo ferocemente due parti: una che si aggrappava disperatamente al ricordo di Peggy e alla convinzione che Nat fosse solo ubriaca e non dicesse sul serio, mentre l’altra, che gli stava facendo un male assurdo al petto, scavando nel suo cuore, urlava di andare da lei e prenderla lì, baciarla, dare sfogo a tutta la rabbia e la voglia di amore rimasta serbata in lui per troppo tempo.
Il Capitano si mosse solo sentendo le chiavi girare nella serratura. Scattò.
Natasha si aspettava di tutto tranne che essere afferrata con violenza e sbattuta contro il muro senza nessuna delicatezza. Trattenne un urlo e un pugno -dovuto al suo maledetto istinto di autoconservazione che le aveva impedito di morire, allora- e aprì le palpebre, per poi richiuderle in preda alle vertigini.
Stava baciando Steve. E non per finta, no.

Chi cazzo pensava che baciasse così divinamente.
Natasha si aggrappò alle spalle ampie del ragazzo -che sembrava essere in preda agli ormoni; come lei, del resto. E sì che aveva trent’anni- e rabbrividì violentemente sentendo le sue mani grandi afferrarle i fianchi per sollevarla.
Tra i respiri affannosi e i gemiti di protesta quando uno dei due si scostava per riprendere fiato, Natasha si rese conto di una cosa.
Non si sentiva più sola.

 

-Cazzo. Cazzo cazzo cazzo.
Steve si rese subito conto quando Nat si svegliò. Una serie di improperi giunse alle sue orecchie dal salotto mentre preparava il caffé. Cinque secondi dopo, una scarmigliata e bellissima più che mai Natasha Romanoff versione assassina si precipitò verso di lui per tirargli un pugno così forte che Steve barcollò.
-DEFICIENTE!- Urlò a pieni polmoni la ragazza, mentre lui indietreggiava con una smorfia di dolore.
-Perché cazzo non mi hai svegliata?! Dovevo andare da Fury tre ore fa, cazzo!
Il povero Steve fece per replicare quando un trillo giunse dal tavolo. Natasha gli fece cenno di tacere e si voltò, afferrando il cellulare e portandoselo all’orecchio.
Steve si appoggiò al piano della cucina e bevve un sorso di caffé, osservando la schiena nuda dell’amica con aria concentrata.
Non è mia amica, pensò all’improvviso, colto da un fulmine. È la mia amante.
-Romanoff.
Steve sentì la voce potente di Fury arrivare fino alle sue orecchie.
“Dovevi essere nel mio ufficio tre ore fa, Romanoff! Vedi di sbrigarti, o sarà peggio per te! e già che ci sei, va’ a prendere anche Rogers, non riesco a contattarlo.”
-Sì signore.
Natasha sussultò sentendo il braccio di Steve cingerle la vita, e parlò senza riflettere.
-Sta’ fermo, Steve!
Poi si tappò la bocca, sgranando gli occhi, mentre dall’altro capo del telefono calava il silenzio.

“MUOVETEVI!!” Sbraitò Fury, prima di chiuderle in faccia.
Natasha posò con apparente calma il cellulare sul tavolo. Poi si voltò e afferrò il fianco dell'amico conficcandogli le unghie nella pelle. Lui fece una smorfia ma non protestò.
-Sei impazzito?- Sibilò, gli occhi azzurri scintillanti di ansia.
-Perché dovrei?- Replicò Steve con calma, accarezzandole la schiena morbida e sorridendo nel sentirla inarcarsi sotto al suo tocco.
Natasha sospirò, passandosi una mano tra i lunghi ricci rossi.
Steve seguì quel movimento e le afferrò una ciocca, osservandone i riflessi cangianti alla luce del sole.
-Mi piacciono- rifletté a voce alta, e lei sorrise.
-Lo pensavo- sussurrò, prima di alzare il volto verso di lui e accogliere con piacere il suo bacio caldo, passionale.
 

Intanto...
 

Tony Stark giocherellò con la matita, fissando la sagoma scura del Colonnello.
-Muovetevi?- Domandò con un sorrisetto.
Fury gli gettò un'occhiata che valeva più di mille parole, ma Stark fu quasi certo di vedere una scintilla divertita nei suoi occhi.
-Esatto, Stark.  Muovetevi. Oh, Barton. Benvenuto- disse al nuovo arrivato.
Stark, che intanto stava bevendo un sorso d'acqua, quasi si strozzò.
Se Barton era lì allora con chi...
Oh cazzo. Capitan Ghiacciolo si è svegliato pensò sbalordito.



 
   
 
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