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Autore: Mirty_92    15/04/2014    2 recensioni
Griet è prossima ad abbandonare casa Vermeer non prima, però, di aver regolato un conto in sospeso con il padrone di casa.
"Mi regalò un mesto e semplice sorriso a mezza bocca. Poi mi disse: “Vorrei che tu facessi un’ultima cosa per me, Griet, prima di andartene.” La sua voce era profonda, roca e poco più alta di un sussurro.
Deglutii e gli feci un lieve inchino per acconsentire. Era ancora il mio padrone. "
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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l'addio che mi aspettavo

L’addio che mi aspettavo

Tenevo stretti sotto il braccio i miei pochi averi ed ora mi accingevo ad andarmene. Avrei lasciato presto quella casa alla quale mi ero ormai abituata e che mi era diventata così familiare, tanto da esserlo più di casa mia.
Al piano terra incrociai Tanneke che spazzava il pavimento. La guardai per un momento mentre lei interrompeva il suo lavoro per ricambiare il mio sguardo. Non dissi nulla e nemmeno lei parlò. Dopotutto sapevamo esattamente cosa stava succedendo considerando anche che tra di noi non c’era mai stata molta simpatia. Io me ne stavo andando da quella casa e lei sarebbe ritornata ad essere l’unica serva fedele e onesta di casa Vermeer. La serva che sapeva stare al suo posto, quella che non aveva insidiato il padrone sotto gli occhi della moglie. Mi voltai per non dover più vedere lo sguardo accusatorio e vittorioso di Tanneke e la sentii riprendere la pulizia del pavimento.
Dovevo fare solo un’ultima cosa prima di andarmene da quella casa. Lo dovevo fare per me stessa. Ero stata umiliata, avevo taciuto ed ora venivo scacciata ingiustamente.
Salii in fretta le scale e raggiunsi con circospezione la porta del suo atelier. Avevo imparato a muovermi lesta e senza fare il minimo rumore. Era stato necessario acquisire queste capacità poiché, fino al giorno prima, mi occupavo di pulire il suo studio e questo compito richiedeva sempre la massima attenzione.
Ora non avrei più dovuto preoccuparmene. Stavo per uscire per sempre dalla sua vita. Ma non potevo semplicemente uscire di scena così. Ero diventata più forte da quando ero andata a servizio a casa dei Vermeer. Più forte non in senso fisico, anche se il lavoro mi aveva temprata parecchio, ma in senso caratteriale. Avevo imparato a subire, ma adesso era giunto il momento di dimostrargli quanto valevo, di fargli vedere quanto lui mi aveva cambiata e di fargli capire che era solo colpa sua se ora non avevo più un lavoro; era solo colpa sua se ora sarei stata per il resto dei miei giorni la moglie di un macellaio.
Lui era lì, nell’atelier. Ne ero sicura. Sicura come so che ogni mattina il sole si alza nel cielo nonostante a volte sia coperto dalle nuvole.
Lui era lì, nel suo mondo di colori e luci e ombre; mi stava aspettando. Ne ero certa.
La porta era socchiusa e in quel momento una scarica di adrenalina mi attraversò il corpo.
Lui era lì, a soli pochi passi da me. Solo una porta di legno ci separava. E allora lo feci. Feci il medesimo gesto che avevo fatto il giorno in cui mi stavo occupando della pulizia delle finestre del suo studio. Alzai il braccio destro e accarezzai il ruvido legno della porta massiccia per scostarla leggermente. Questa volta però non prestai attenzione a non fare rumore. La porta scricchiolò, aprendosi appena, e una mano comparve sulla porta, vicinissima alle mie dita.
Non mi spaventai: avevo percepito la sua presenza. Sapevo che lui era dietro quella porta. Probabilmente mi stava aspettando. Feci scorrere le mie dita sul legno della porta ma la sua mano me lo impedì. Con un gesto rapido e silenzioso, la sua mano grande si posò sulla mia. Non mi allontanai. Non sarei di certo stata io questa volta ad interrompere il contatto, tanto più che ora non avevo più nulla da perdere.
Poi improvvisamente la mia mano tornò libera e una forte luce illuminò il corridoio. Mi sentii afferrare per un polso e venni trascinata nell’atelier mentre la pesante porta si chiudeva alle mie spalle con un tonfo sordo.
La luce di mezzogiorno illuminava lo studio e il mio doppio mi guardava, posizionato al centro della stanza sul cavalletto.
Era il dipinto più vero e bello che avessi mai visto. Non tanto perché mi ritraeva, ma semplicemente perché sembrava dire ciò che io non avrei mai potuto spiegare a parole.
Lui se ne stava in piedi davanti a me e mi fissava. Distolsi lo sguardo dal dipinto per dedicare a lui tutta la mia attenzione. Nonostante mi fossi rafforzata nel carattere, non riuscii a trattenere il rossore che i suoi occhi grigi mi provocarono quando incontrarono i miei e lui, ovviamente, se ne accorse.
Mi regalò un mesto e semplice sorriso a mezza bocca. Poi mi disse: “Vorrei che tu facessi un’ultima cosa per me, Griet, prima di andartene.” La sua voce era profonda, roca e poco più alta di un sussurro.
Deglutii e gli feci un lieve inchino per acconsentire. Era ancora il mio padrone.
“Chiudi gli occhi” mi disse.
Non mi stupii. Da tempo, con lui, avevo smesso di chiedermi il perché di certe sue richieste e mi ero semplicemente adeguata.
Ubbidii anche questa volta  e chiusi gli occhi.
Per un attimo non sentii nulla poi capii che lui si era fatto più vicino, così vicino che potevo cogliere l’odore della sua giacca impregnata del profumo di olio di lino. Poi, improvvisamente, colsi il suo respiro sul mio collo ed infine le sue labbra si posarono sulle mie che si dischiusero appena, proprio come nel dipinto.
Sospirammo insieme a quel contatto e io capii che quello era il suo modo per dirmi addio, un dolce e tenero addio.
Avrei voluto che quel momento durasse tutta la vita perché era lì che volevo stare, nello studio di un artista; e soprattutto era con lui che avrei voluto passare il resto dei miei giorni, con il famoso pittore Johannes Vermeer. Ma questo non era possibile e come tutto era iniziato, tutto improvvisamente finì.
Lui si allontanò da me e si voltò a guardare il suo dipinto, il mio ritratto.
“Mi dispiace.” Fu tutto quello che mi disse prima che io abbandonassi per sempre quella maledetta casa che sarebbe stata perennemente nei miei ricordi.

 

 

Angolo Mirty_92:

Un piccolo esperimento su un libro che mi è piaciuto molto e una coppia che mi ha fatto appassionare e commuovere. Spero vi possa piacere questa mia interpretazione alternativa dell’ultima scena del film che, in realtà, vede protagonisti, separati e distanti, Vermeer e Griet.
Buona lettura.
A presto!
Mirty

  
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