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Autore: _joy    15/04/2014    6 recensioni
"La sera in cui Ben Barnes lasciò Rebecca Milani era una sera piovosa e grigia."
Quello che accadde tra un addio e un ritrovarsi.
Perché niente altro conta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un anno e mezzo dopo

 
 
 
Ben si sistemò il nodo della cravatta davanti allo specchio.
 
Storse il naso, osservando la sua immagine riflessa, poi si passò una mano tra i capelli corti e tirati indietro con il gel.
«Hai due orecchie enormi!» rise Jack, piombandogli alle spalle all’improvviso.
Ben gli diede una spintarella scherzosa ma storse di nuovo il naso: le orecchie erano un suo punto debole e quel simpaticone di suo fratello lo sapeva benissimo.
Carino, a ricordarglielo oggi.
 
«Ready, guys?»
Entrambi si volsero, sorridendo, verso loro padre, che entrava in quel momento.
Jack tese al padre una tazza di caffè e Ben alzò gli occhi al cielo.
«Smettila di bere caffè. Ti fa male!»
«Figurati» rispose quello, impenitente «Sei tu quello già nervoso, non io!»
«Io sono calmissimo» rispose il fratello maggiore «Tu non dovresti essere così tranquillo, invece. La tua fidanzata non ti ha dato buca?»
«A me le donne non danno mai buca, caro il mio fratellone. L’ho mollata io»
«Certo, certo, come no»
«Ti dico di sì!»
«Ma se dicevi che era quella giusta, stavolta…»
Jack alzò il naso di fronte allo sguardo divertito del fratello.
«Sentitelo, l’esperto delle relazioni sentimentali! Non era affatto quella giusta… E poi venire in Italia con lei al seguito sarebbe stato un errore tattico imperdonabile!»
Ben seguì lo sguardo del fratello, rivolto fuori dalla finestra, e vide Carolina che, in un abito azzurro, portava tra le mani un cesto di fiori.
Tornò subito serio.
«Jack, scordatelo di provarci con lei, sono stato chiaro?»
«Non fare il rompipalle»
«Non fare il coglione!»
«Senti, ma comunque lei è maggiorenne…»
«Senti tu, lei è mia amica e tu…»
«Sono tuo fratello!»
«Questo non fa comunque di te uno che presenterei a una mia amica!»
Si guardarono in cagnesco e loro padre ridacchiò, poi i suoi occhi si illuminarono quando vide qualcuno in corridoio.
 
Tommaso entrò di corsa, chiamando a gran voce:
«Papà! Papà!»
Ben si chinò immediatamente per accogliere il figlio tra le braccia.
Lo strinse forte e poi lo sollevò e lo lanciò in aria, facendolo ridere.
Con Tommaso avvinghiato al collo, ripensò alla prima volta che il piccolo lo aveva chiamato “papà”: lo avevano portato a fare una passeggiata in montagna e il bambino stava raccogliendo dei sassi e lo tirava per la mano per farsi seguire. Ben si era voltato per aspettare Becky e Tommi, impaziente, lo aveva chiamato “papà”.
Lui si era messo a piangere senza ritegno.
Becky lo prendeva ancora in giro, ma non gli importava.
Non avrebbe mai creduto di poter provare tanta gioia, tanto amore per un essere così minuscolo e adorabile.
 
Baciò il bambino e disse:
«Ciao, ometto! Sei pronto?»
Tommaso annuì, entusiasta.
Ben gli sorrise: suo figlio era vestito come lui ed era bellissimo nella sua giacca scura e con il papillon dello stesso colore della sua cravatta.
Thomas Barnes si schiarì la voce, emozionato.
Suo figlio e suo nipote erano due gocce d’acqua.
Ancora era strano, per lui, vederli vicini.
Jack arruffò i capelli del nipotino.
«Io e te oggi stiamo seduti vicini, ok?»
Tommi arricciò il naso in una smorfia che era la copia di quella di Ben e i tre uomini sorrisero, inteneriti.
«E nonno?» chiese il piccolo, adocchiando Thomas.
Lui sorrise, estatico, anche se ancora non capiva bene l’italiano.
Lo stava però studiando, insieme alla moglie.
Tommi si divertiva moltissimo a sentire i nonni che parlavano una strana lingua che mescolava parole note a parole che invece erano stranissime.
Anche il suo papà a volte diceva parole strane come i nonni e lui non lo capiva, ma parlava sempre e comunque benissimo.
«Nonno sta vicino a voi, amore mio» rispose Ben.
«E mamma?»
«Mamma è molto impegnata con papà, piccolo! Ma saremo vicinissimi a te e a zio Jack, va bene?»
«E a zia Carolina» fece Jack, sornione.
Ben gli lanciò un’occhiataccia, mentre Tommi ci pensava su.
«Sì sì» disse poi.
Ben gli diede un altro bacio.
«Tommi, vuoi fare le foto?» gli chiese Jack.
Ben passò il bimbo al fratello, mentre quello annuiva.
«Con papà?» chiese poi, con un sorriso irresistibile.
E Ben, che stava proprio per dire che non intendeva assolutamente passare la mattinata davanti all’obiettivo, si scoprì incapace di deludere suo figlio.
Quindi lo riprese per mano e uscirono insieme in giardino.
 
*
 
Quando Becky scese dall’auto, si prese un momento per guardarsi attorno.
 
La chiesetta del paesino in cui era stata battezzata era davvero un gioiello.
Non credeva che questo giorno sarebbe mai arrivato.
Carolina le si affaccendava attorno, sistemandole l’abito.
«Fatto» sorrise «Sei stupenda!»
Rebecca sospirò, nervosa, e alzò una mano per sistemarsi i capelli.
«Becky!» strillò l’amica, inorridita «Cosa combini? Sei matta? Lascia stare i capelli!»
L’altra sobbalzò e disse con aria colpevole:
«Oh scusa!»
Carolina sbuffò.
«Se lo avesse fatto una tua sposa saresti uscita di testa!»
«Veramente ho modi molto più carini dei tuoi!» la prese in giro l’amica.
Carolina borbottò, allegra:
«Ma tu sei la mia sposina e quindi valgono solo i miei modi!»
Becky rise e abbracciò l’amica.
«Ok, allora andiamo prima che Ben ci ripensi» scherzò.
«Se ci ripensasse dovrebbe fare i conti con me e sa che non gli conviene!»
«Ma se siete amiconi!»
 
Era vero.
Ben e Carolina erano passati dal tollerarsi a stento ad essere amici.
Chissà come.
Forse era stato perchè Ben, un giorno, le aveva detto che capiva perchè lei non lo sopportava e le dava ragione, visto come si era comportato.
O per i cambiamenti che Ben aveva fatto nella sua vita.
O per il rapporto che aveva ricostruito con Rebecca e Tommaso.
Carolina non lo sapeva, ma un giorno aveva iniziato a vederlo come un amico e non come la causa di tutti i mali del mondo.
Tuttavia, a volte le piaceva conservare la sua aria da dura, quindi sbuffò, ignorando l’occhiata scettica dell’amica.
Poi le abbassò il velo.
«Forza» disse «È l’ora del tuo matrimonio!»
 
*
 
La cerimonia fu semplice ed emozionante.
Rebecca, con suo grande scorno, non riuscì a trattenersi e si mise a singhiozzare.
Ben, accanto a lei, era raggiante e le tenne la mano per tutto il tempo.
Tommaso trotterellò per tutta la chiesa reggendo il cuscino con gli anelli e, due minuti prima della sua processione trionfale per consegnarli al padre, ne perse uno che rotolò sotto un candelabro e che fu recuperato in tuffo da Jack.
Carolina si diede molto da fare per nascondere le risatine dietro il bouquet della sposa.
Marito e moglie erano raggianti, bellissimi e chiaramente innamorati pazzi, l’uno dell’altra ed entrambi del figlio.
Il pranzo fu allegro e animato da grandi risate; gli sposi sedevano a un tavolo riservato solo a loro e a Tommi.
Si imboccavano a vicenda e non smettevano di baciarsi, per cui il figlio, decisamente annoiato, se ne andò in cerca di una compagnia più divertente e arruolò lo zio e Carolina.
Jack non era affatto dispiaciuto della piega presa dagli eventi e, prima di sera, fu visto corteggiare alacremente la damigella d’onore.
Lei fingeva ritrosia, ma alla fine gli scrisse il suo numero di cellulare con il rossetto sulla camicia D&G.
Così, tanto per marcare il territorio.
 
Marito e moglie sarebbero andati in luna di miele in Patagonia e Tommi sarebbe stato con i nonni a Londra per tre settimane.
Rebecca non riusciva a darsi pace all’idea di stare lontana dal figlio per così tanto tempo e la sua ansia, alla fine, aveva contagiato anche Ben.
Erano stati Jack e Carolina, separatamente, a convincerli che meritavano qualche settimana solo per loro perché, tra il bimbo, il lavoro di Ben (che, seppure in tono molto ridotto, lui aveva ripreso) e quello di Rebecca non avevano mai modo di stare un po’ soli.
Gli sposi erano stati molto combattuti ma, alla fine, avevano acconsentito.
Razionalmente, inoltre, Rebecca capiva che la famiglia di Ben era assetata di momenti con Tommaso e ne era felice: non lo aveva confessato a nessuno ma all’inizio temeva che potessero non accettare lei e il bambino, che non li trovassero all’altezza.
Invece si erano precipitati in Italia dopo l’incidente di Ben, si erano innamorati a tempo record del nipotino e volevano bene anche a lei.
La madre di Ben le aveva confessato che non sperava che il figlio si sistemasse con una brava ragazza e, anzi, era molto preoccupata che il jet set americano lo distraesse troppo.
Certo, la signora tenne il muso a Ben per una settimana visto che lui non si era degnato di mettere lei e il marito a parte di una questione poco importante come la sua paternità, ma alla fine la vista del figlio malmesso - e pazzamente innamorato del suo appena scoperto nipotino - la fece scendere a più miti consigli.
 
Lei e Thomas avevano regalato agli sposi una casetta a Londra.
Così, “per qualche breve vacanza”.
In Italia avevano la casa di Rebecca e a Los Angeles Ben aveva un affitto per altri tre anni.
«Dove vivremo?» aveva chiesto una sera lei, disorientata.
Ben si era sporto sul divano per baciarla.
«Dove vuoi tu»
«Ma tu cosa preferisci? Los Angeles?»
«Non credo sia una buona idea trasferirci lì, considerando quanto è piccolo Tommi» aveva risposto lui, pensieroso, e lei aveva tirato un segreto sospiro di sollievo «Se vuoi, possiamo stare qui di base e, magari, qualche volta andare a Londra per brevi periodi»
Becky aveva sorriso e lo aveva  abbracciato.
«Dici così perché hai paura di tua madre» aveva scherzato.
«Ho più paura che mi lasci tu» aveva risposto lui, ridendo.
Lei aveva rimirato il diamante che le brillava all’anulare: Ben le aveva fatto la proposta sei mesi dopo essersi trasferito da lei e quattro mesi dopo che era diventato palese a tutti che non se ne sarebbe più andato.
«Mmm… Non so. Io sono una che tiene fede agli impegni»
«Per mia fortuna, amore mio» aveva bisbigliato lui prima di baciarla.
«E il tuo lavoro?» aveva poi chiesto lei.
Ben aveva scrollato le spalle.
«Non penso che lavorerò più tanto come prima»
Lei si era fatta seria.
«Per via della causa con la casa di produzione?»
Alla fine erano andati davvero in causa, perchè l’incidente di Ben, che era il protagonista, aveva ovviamente bloccato le riprese del film.
Lui non aveva quasi battuto ciglio, mentre il suo agente era uscito di testa.
Era finita che Ben lo aveva licenziato ed era rimasto tranquillamente a fare la sua convalescenza in Italia.
Ogni giorno, segretamente, Rebecca temeva che lui le dicesse che era il momento di salutarsi.
Ogni giorno, invece, lui sembrava più tranquillo, rilassato e innamorato del suo bambino.
I giorni erano diventati settimane e le settimane mesi.
Gli avvocati si facevano la guerra oltre oceano ma Ben non si era mai presentato a nessuna riunione.
 
Incredibile.
 
E poi era arrivata la proposta di matrimonio e Rebecca aveva avuto l’impressione che un buco nella sua vita si colmasse, un buco che lei quasi non sapeva ci fosse.
Era un cerchio che quadrava.
Erano loro tre.
All’inizio aveva paura, ma tutto si rivelò facile.
E perfetto.
E giusto.
Tommi cresceva e suo padre si inserì nella sua vita con grande naturalezza, ma non cercò mai di sostituirsi alla madre, anzi.
Ben non si fidava di nessuno più che di Rebecca, per quanto riguardava il bambino.
Lei lo osservava e si stupiva di come era cambiato.
 
Poi arrivarono le nozze.
E Polinesia fu.
 
Ben e Rebecca partirono lasciando una casa in subbuglio: valigie degli sposi, valigie di Tommaso, bagagli per la famiglia che sarebbe andata per un mese a Vancouver per un impegno lavorativo di Ben.
Lui aveva ridotto drasticamente gli impegni sul set: accettava solo copioni validi e che non lo avrebbero portato in luoghi sperduti, perché voleva sempre con sé la sua famiglia.
Inoltre, disertava i party e latitava da Hollywood senza rimpianti.
«La mia vita è dove sta la mia famiglia» diceva ad amici, colleghi e giornalisti.
Aveva scioccato parecchi, nell’ambiente.
E non gli importava affatto.
Rebecca era rimasta ad osservare in silenzio quelle decisioni: non voleva influenzare Ben su una scleta così importante per non scatenare future recriminazioni.
Ci erano già passati e lei voleva con tutta se stessa che stavolta funzionasse.
Ma segretamente doveva ammettere che Ben non le aveva più datro motivo di lamentarsi.
Seguirlo all’estero le piaceva, anche se sua madre era uscita di testa all’idea, la prima volta.
Insomma, Tommaso era troppo piccolo e l’America troppo lontana e lo sapevano tutti che l’ambiente del cinema era perverso.
Becky ci aveva pensato su, riconoscendo che solo qualche mese prima lei avrebbe detto le stesse cose, ma poi aveva deciso di partire lo stesso.
Lo doveva a Ben e al loro rapporto, se voleva che le cose funzionassero tra loro.
Lei non voleva più essere relegata a un ruolo subordinato, ma soprattutto non voleva che una cosa del genere toccasse a Tommaso.
Ma aveva sottovalutato la forza di volontà di Ben: una volta presa una decisione, era uno che non tornava indietro.
Inoltre, per loro figlio significava crescere ed aprirsi a più culture e questa era una cosa bellissima.
Era partita e non se ne era pentita un solo secondo.
Ben era presente, attento e responsabile e lei scoprì che dividere le responsabilità e le gioie la rendeva felice.
Enormemente felice.
 
 
Poco dopo il ritorno da Vancouver, Rebecca scoprì di essere di nuovo incinta.
Quando nacque Patricia Cecilia Barnes, Tommaso aveva iniziato a dire qualche frase in inglese, i suoi suoceri avevano acquistato una casa in Italia per stare più vicini ai nipotini e Jack e Carolina si erano messi insieme e poi lasciati.
E poi ripresi, a quanto pareva, visto che erano venuti a conoscere la piccola di casa insieme.
Ben era sempre il papà più perfetto del mondo, secondo Rebecca.
Era entrato in sala parto con lei e, sebbene avesse assunto un’allarmante sfumatura verde in faccia nel momento critico, non era svenuto, né aveva dato di stomaco, né se l’era presa per gli insulti di cui lei l’aveva coperto.
Poi, dopo un travaglio di otto ore, la piccola era nata.
L’avevano data a Rebecca e lei si era girata verso Ben, raggiante e dimentica delle ore precedenti.
Lui l’aveva guardata ed era crollato di schianto a sedere, ripetendo:
«Oddio. Oddio. Oddio»
Becky stava ancora ridendo quando avevano portato via la bambina per ripulirla.
 
Ora, a distanza di qualche ora, marito e moglie erano nella camera di ospedale in cui dormiva Rebecca e rimiravano la piccola, minuscola e perfetta.
Tommaso era appena andato via con i nonni, dicendo che secondo lui “quella nana era very strange”.
Ben sfiorò con un dito la manina della figlia e lei glielo strinse nel suo pugno.
Lui sorrise di gioia.
Becky lo osservava con il cuore gonfio di amore.
«Nessun rimpianto, alla fine, signor Barnes?» scherzò poi.
Lui si sporse a baciarla.
«Nessuno» rispose «Non c’è niente, assolutamente nient’altro, che conta per me»
 
 
 
 ***
Buongiorno!
Questa è la settimana delle chiusure delle mie storie, a quanto pare... Fa un po' strano, almeno a me!
Però una fine è anche il momento di fare un bilancio e come potrei, nel farlo, ringraziare tutti voi, che avete passato del tempo qui con me?
Un grazie speciale alle mie amiche adorate, a tutte le persone che mi hanno incoraggiata, ma anche a chi ha ricordato/preferito/seguito e a chi ha letto in silenzio.
Grazie del vostro tempo, spero di ritrovarvi ancora in una delle mie storie!
Sapete che questa storia non avrà un seguito, ma per tutti gli aggiornamenti su quello che combino qui su Efp mi trovate qui:
 https://www.facebook.com/Joy10Efp
Ancora grazie, di cuore!
A presto,
Joy

 

 
 
 
 

   
 
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