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Autore: maynflow    16/04/2014    3 recensioni
“Teatrale.” Non sembrava sorpreso, solo triste. Sapeva che Grantaire era pronto a controbattere della sua decisione di restare lì per farsi ammazzare. Enjolras lo sapeva benissimo.
“Quando si accorgeranno della tua assenza torneranno indietro.”
“A quel tempo se ne saranno già andati via tutti.” Tutti. Anche loro. Il riccio prese un fucile e con un sospiro, mentre si aspetta la morte col sorriso sulle labbra, prese posto di fronte alla barricata e accanto alla consapevolezza, osservando l’armata che marciava verso di loro, pronti ad investirli con la polvere da sparo.
“Sei in tempo per andare via.” Il cinico stava cercando di salvare la vita al marmo della libertà, che imperterrito strinse il fucile con più forza.
“Io sono fatto per combattere il crimine, non per governarlo. Non è ancora giunto il tempo in cui gli uomini onesti possono servire la patria.”
“Citare Robespierre non ti servirà la vita, pazzo.”
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Enjolras, Grantaire
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erano l’ultima barricata rimasta. Avrebbero spento le insurrezioni con così tanta facilità che l’ultima barricata, La Barricata, sarebbe caduta più velocemente di come era stata costruita.

Si erano riuniti la notte prima perché restare in famiglia era la prima vittoria. Enjolras si era sistemato la giacca rossa, la medaglia con la bandiera francese sul petto e come bravo leader de La Revolution de la Mort, come la chiamava il grande ubriaco dai capelli ricci, aveva tenuto uno di quei discorsi che si fanno al popolo per convincerlo a innalzarsi e a morire.
Les Amis de l’ABC, de l’Abaissè, del popolo, che scendeva per le strade.
Apollo aveva parlato di Patria, di quella donna che bramava la libertà, la grande Signora che dovevano salvare. Enjolras era riuscito nel suo intento a smuovere gli animi e per un brevissimo momento di lucidità, perfino Grantaire, attaccato alla bottiglia di vino scadente del Musain, ci aveva creduto.
Ma erano l’unica barricata rimasta, l’unica barricata di studenti universitari che avrebbe combattuto fino alla dipartita. Grantaire, dall’alto della sua sbronza, aveva capito che erano gli unici che avevano perseguito il percorso di sola andata, per salvare qualcosa che non voleva essere salvata. Sarebbero morti non come eroi, perché gli eroi non muoiono così, lanciandosi davanti a delle baionette pregando di essere ammazzati.
Perché? Perché avevano un ideale imperfetto e utopico che sapevano benissimo, non sarebbero mai riusciti a raggiungere. Cosa sarebbe potuto succedere? Nel caso più favorevole, sarebbe morto qualcuno, il Governo avrebbe tentato di temperare le anime, ma nulla sarebbe cambiato.
Sarebbero morti da stolti, perché era l’unico aggettivo plausibile per Grantaire; Sarebbero morti da pazzi, nella miseria per qualcosa per cui non valeva la pena combattere. Ma no, non l’avrebbe mai ammesso davanti al marmo della morte, perché molte volte gli aveva chiesto di andare via, di non partecipare ad una rivoluzione per cui non credeva.
“Va a bere Grantaire nella taverna, non abbiamo bisogno di te.” Ed era vero. Avrebbero potuto fare a meno dei vezzeggiamenti, delle derisioni,  del suo modo di essere così cinico e disfattista.
Bisognava abbracciare la Revolution, bisognava trovarla e perseguirla senza paura. Aveva prospettato e schematizzato quella notte da troppi mesi, ma Grantaire riusciva a vedere nei suoi occhi, l’acrimonia del momento,  l’inquietudine. Enjolras non avrebbe detto agli altri che stava tentennando, perché una pietra una tentenna, riflette la perfezione all’esterno.
Enjolras era un marmo, forgiato con uno dei più bei scalpelli. Qualcuno diceva che la guerra la crea l’uomo e che tutti sono cesellati allo stesso modo e come un figlio segue la propria madre, brandiscono lo scalpello e corrono a fare i martiri.
Loro erano giovani, Grantaire era giovane, avevano tutta la vita davanti, e stavano andando a morire.
Il tribuno della rivoluzione non lasciava manifestare niente dai suoi occhi grigi e spenti, segnati dall’usura del tempo, dal trascorrere deleterio dei giorni e dei minuti, come se fosse futile concentrarsi su qualcosa di così palese.
“Chi mai posso essere io futile ed ubriaco stolto, per dirti di essere umano, Enjolras? Sii umano, è il primo dovere verso te stesso, verso ciò che sei e verso ciò che sarai perché non c’è altra saggezza all’infuori dell’umanità”
 Ma lui era restato in silenzio, inusuale per chi era abituato a programmare tutta la vita; gli avrebbe volentieri offerto quel vino, ma era troppo insipido per un biondo come lui. Quindi gli aveva evitato una sofferenza in più, perché il vino per chi non lo sa apprezzare, è molesto.

Ma questa non è la storia di come i Rivoluzionari presero in mano i fucili e combatterono per la Patria, per la propria famiglia, per le generazioni future e per la propria vita. Questa è la storia di come Enjolras iniziò a pensare razionalmente, come un uomo, umano,  realizzando qualcosa che per troppi mesi era restata sopita nel suo subconscio, sperando di non emerge mai.
Una rivoluzione non dovrebbe mai essere fermata affinché non sia assicurata la libertà. Così la natura progredisce. Amici miei e validi combattenti, se siamo qui  sono vincolato a ringraziarvi per quello che avete fatto per me, per non essere andati via, per la patria. Mi avete seguito come si segue un generale. Per questo, adesso, vi chiedo un ultimo sacrificio. Andate, salvatevi. Abbiamo combattuto, abbiamo urlato il nome di Bonaparte e dei suoi ideali, ma la guerra finisce quando troppe anime vengono portate via. E lungi da me a voler decidere per le vostre vite. Andate uomini, amici, compagni, vi prego.”

Grantaire aveva guardato il marmo come si guarda un moribondo, chiedendosi cosa avesse spinto il grande pazzo a rinunciare a mesi di lavoro. Che avesse pensato davvero che sarebbe stata solo una corsa verso la morte? Grantaire era a conoscenza di quanto quei ragazzi importassero per lui e in fondo anche il riccio, era a cuore di Enjolras. In qualunque caso l’avrebbe seguito, perché credeva in lui. Accade spesso che quando si è abituati a non credere in niente, si cerca un pretesto per riporre tutte le speranze in qualcosa, in qualcuno. Enjolras era il pretesto di Grantaire e l’avrebbe seguito perché come lui credeva nella Francia, l’ubriaco credeva in lui. Certo, continuare a vivere destava in lui una grande gioia, un senso di appagamento; magari avrebbe vissuto altre cinque decadi, forse sarebbe morto per mano della bottiglia che stringeva forte tanto da farsi sbiancare le nocche.
 Enjolras aveva parlato dall’alto di un piedistallo, una piccola cassa adibita a parlamento, dove tenevano i loro comizi, discussioni animate che terminavano sempre con un buon bicchiere di vino. Quello buono che riservavano alle compagnie che potevano permetterselo.

E allora Grantaire si ricordò di ciò che una sera, con le parole impregnate di irragionevolezza, aveva detto ad Enjolras quando non erano rimasti che loro due, estranei e amanti, secondo la testa folle del riccio.
Grantaire l’aveva guardato e quale pretesto se non iniziare a parlare di quella causa che avrebbe ucciso tutti.
E’ una battaglia che non può essere vinta e continuarla sarebbe un suicidio, non una morte nobile. Non siete, siamo, degli eroi. Solo sconsiderati.”
Il brusio che seguì, destò tutti i presenti al Musain. Enjolras aveva appena dichiarato che nessun attacco sarebbe avvenuto quella notte,  perché la Revolution Française per loro era finita. Avevano tirato le cuoia, perché sì, le baionette ti uccidevano e basta. Ma il comandante dell’armata del Governo marciò nella strada fuori al Musain, di fronte alla barricata che avevano costruito con tanto ardore. No, non dovevano continuare con la rivoluzione, stavano sbagliando a tentare di spegnere un focolaio che si era placato da solo. Gli studenti si allarmarono guardando il ragazzo biondo dagli occhi grigi. Sentivano muovere i cannoni sul terreno, come un terremoto che stava per divorare tutto. Gli studenti avevano deciso di fermare la loro pazzia, l’armata che stava avanzando verso loro, non si sarebbe assestata. I soldati girarono l’angolo e marciarono verso la barricata. La polvere si muoveva di lato, lasciando libero il passaggio agli angeli della morte, con le baionette e i cannoni.
L’uomo è nato libero e ovunque si trova in catene. Non era cosa strana se, in quel momento, avrebbero dovuto combattere come se nulla fosse stato detto. E allora l’angoscia di tutti i presenti si fece tangibile e perfino Jehan si girò per cercare uno sguardo di incoraggiamento.

Enjolras iniziò ad urlare direzioni da prendere, perché non c’era più tempo e sarebbero dovuto andare via di lì, perché non erano pronti e la morte stava arrivando.
Enjolras. Ange.”  I capelli biondi e gli occhi maturi. Grantaire parlava, urlava, ma non c’era tempo per lui. Dovevano andare via. Per cui decise di attenersi al piano originale, che rientrava nelle tante cose che probabilmente l’avrebbe portato alla morte. Avrebbe seguito Enjolras e tutto ciò che il ragazzo avrebbe fatto. Se avesse deciso di andare a combattere da solo con un fucile di  fronte a tutti i soldati, l’avrebbe raggiunto. “Morirò per te, Apollo.” E beveva.
Enjolras era a capo di tutto quel movimento, come lo era sempre stato e “Correte verso le strade, dimenticatevi della barricata” urlava cercando di far deviare tutti verso la direzione opposta. Stavano scappando. Tutti quanti. “Correte uomini, salvatevi. Siete giovani per morire.” E tutti correvano, prendendo quante più armi Dio avesse prodotto. Dio non creava la guerra, gli uomini decidevano di risolvere in quel modo i conflitti. Non era il momenti di citare Rosseau, Roberspierre o chiunque altro e mentre tutti gli altri andavano verso i palazzi e verso le strade opposte alla barricata, Enjolras aveva imbracciato un fucile e stava aspettando. Aspettava l’arrivo dei soldati.

Grantaire capì. Capì che aveva deciso di salvare la vita agli altri e che sarebbe rimasto lui a fare la Rivoluzione. Grantaire realizzò che non avrebbe mai potuto abbandonare un ideale che coltivava sin da quando era nato, solo per il bene degli altri. Il buonsenso che avrebbe dovuto avere per se stesso invece, era inesistente. Sarebbe rimasto a combattere, da solo contro i soldati, mentre gli altri, ormai lontani, sarebbero stati in salvo. Sarebbe stato ricordato come il  nobile aristocratico che per la Patria e per i suoi compagni di barricata, si era sacrificato. Era stato un buon leader, tutti avrebbero volentieri salvato la vita al biondo. Ma come un capitano di una nave, è l’ultimo a scendere e il primo a salire, Enjolras apparteneva alla barricata e la barricata spettava all’angelo biondo. L’angelo con il fucile.

Teatrale.” Non sembrava sorpreso, solo triste. Sapeva che Grantaire era pronto a controbattere della sua decisione di restare lì per farsi ammazzare. Enjolras lo sapeva benissimo.
Quando si accorgeranno della tua assenza torneranno indietro.”
“A quel tempo se ne saranno già andati via tutti.”
Tutti. Anche loro. Il riccio prese un fucile e con un sospiro, mentre si aspetta la morte col sorriso sulle labbra, prese posto di fronte alla barricata e accanto alla consapevolezza, osservando l’armata che marciava verso di loro, pronti ad investirli con la polvere da sparo.
Sei in tempo per andare via.” Il cinico stava cercando di salvare la vita al marmo della libertà, che imperterrito strinse il fucile con più forza.
Io sono fatto per combattere il crimine, non per governarlo. Non è ancora giunto il tempo in cui gli uomini onesti possono servire la patria.”
“Citare Robespierre non ti salverà la vita, pazzo.”


“Fuoco.” Una parola e un boato. La scritta “Libertè”, la bandiera della Francia e le giacche rosse rendevano la situazione talmente palese che i soldati non avevano nemmeno chiesto il motivo della loro presenza. Di certo, però, erano stati curiosi nel constatare che erano rimaste solo due persone. Era curioso, per i paladini della giustizia, ma non tanto da fermarli nello sparare. Una pallottola in più, una in meno, quella notte stavano compiendo il loro lavoro.
La barricata, dietro i due saltò in aria, frantumandosi in mille pezzi, schegge di legno che volavano e si mischiavano alla polvere irrespirabile. Erano stati entrambi investiti dal fumo, catapultati per terra, dalle macerie e dalla sconfitta.
Non erano rimaste più barricate, ma non era ancora arrivata la fine.

Prendeteli. Entrambi.”

Enjolras si svegliò con un dolore straziante che iniziava dalla testa e si espandeva per tutto il corpo. Provò a muovere le ossa del corpo e gli risultò doloroso, ma fattibile. Passò quindi a cercare qualcosa di rotto, ma forse con qualche costola inclinata, sarebbe riuscito a cavarsela. Le palpebre pesanti affermavano che non doveva aver dormito, o forse era svenuto?, più di qualche ora e il sole fuori suggeriva che l’alba era sorta da circa settanta minuti. Enjolras era impeccabile nel capire il cielo, quel firmamenti di luci e colori non erano mai stati un mistero per lui. Una volta raccomandato a se stesso di essere bene o male vivo , pensò che sarebbe stata cosa giusta, cercare di capire in che posso fosse capitato. Cercare di ricordare l’ultima cosa che avesse visto gli risultava piuttosto difficile.
La polvere, lo sparo. Grantaire.
Grantaire.

Il biondo spalancò gli occhi e preso dalle convulsioni si mise a sedere, osservando Grantaire nell’angolo della stanza, fissarlo.
Non erano soli, il duetto più impensabile della storia in una cella che puzzava di piscio e sangue.
Ange, siete uno stolto. Avreste potuto scappare.” Le labbra si Grantaire si contrassero in una smorfia simile ad un sorriso di circostanza, forse perché i suoi danni erano più grandi del biondo. Stava soffrendo. Enjolras se ne sarebbe assicurato successivamente.
E tu avresti potuto andare via quando te l’ho ordinato. Dove hai lasciato la bottiglia, non sei ubriaco?” Grantaire non aveva bevuto la notte prima; o meglio, si era lasciato andare al vino scadente e forse era poco lucido, ma sapeva reggere bene il vino e non era ubriaco. Di solito non lo era mai così tanto da non riuscire ad pronunciare anche una singola parola. Solo in un’occasione era accaduto una delle tante cose che Grantaire aveva relegato nella sua mente come avvenimenti che non sarebbero  dovuti  più verificarsi. Ma non per questo il riccio doveva ricordarselo.
“Touché.”

Ora, Enjolras era abbastanza in forze per potersi alzare da quel pavimento sudicio su cui si ritrovava, ma non abbastanza cosciente per capire dove si trovassero. Era una stanza piccola, ma abbastanza grande per due persone; il pavimento sporco, con la muffa che cresceva nei luoghi più umidi e perfino qualche ragnatela. L’unica fonte di luce era una piccola fenditura, quasi adiacente al soffitto, da cui traspariva la luce del giorno.
Notando che Grantaire non accennava ad alzarsi, Enjolras si ricordò che quel giovane uomo era restato con lui preparandosi al peggio e che in quel momento erano entrambi vivi, anche se non nelle più vantaggiose condizioni. Enjolras avrebbe dovuto ringraziare Grantaire, che aveva dimostrato essere valoroso, nonostante tutti i commenti di cattivo gusto che gli aveva prestato in tutti quei mesi. Enjolras aveva allontanato tutti ed era sempre stato addestrato a comportarsi così. Un marmo non è fatto per sorridere, ma per mantenere la compostezza dedita.  Così Enjolras si era imposto di non lasciare trasparire alcuna emozione, anche se poi di emozioni non si parlava ma di semplice pietà verso l’uomo che era restato al suo fianco, nonostante tutte le parole di astio nei suoi confronti.

Il silenzio che si creò dopo le poche parole che si erano scambiati i due, venne interrotto dall’arrivo di un commilitone, vestito di tutto punto; la divisa suggeriva qualcuno appartenente all’esercito del Governo, uomini addestrati per sorvegliare le prigioni del Governo. Ecco cos’erano diventati. Da amanti della Patria, prigionieri.
Alzatevi” La voce dell’uomo era bassa, probabilmente si lasciava andare a qualche pipa spesso con i suoi compagni; tante erano le cose che si potevano assumere da manciate di minuti con qualcuno.
Enjolras, che in quel momento si ritrovava nuovamente sul pavimento, si alzò nuovamente in piedi, mascherando con la sua solita falsa apparenza, il dolore che avvertiva.  Gettò uno sguardo all’uomo che si era dimostrato coraggioso tante ore addietro, col desiderio di aiutarlo ad alzarsi. Enjolras non era orgoglioso, ma nella sua natura era impensabile curare qualcuno che non cura se stesso. E Grantaire era l’esempio di uomo che preferirebbe mettere qualcun altro prima di sé.

Percorsero un corridoio stretto e angusto, privo di quadri o tappezzeria, completamente bianco e nudo. Enjolras e Grantaire avanti, il soldato con la spada in posizione, dietro di loro. Non sarebbero andati via. Quando il corridoio terminò, la costruzione si aprì in una sala con mobili di mogano pregiato, scrivania dello stesso materiale, pareti decorate con arazzi provenienti dall’India, suppose Enjolras poco interessato perfino alle statuette di qualcuno per loro importante. Il generale, o quello che entrambi supposero nelle loro menti frastornate dalla notte prima fosse un generale, era comodamente seduto sulla sedia di pelle, osservando i due giustiziati – non ancora – con aria di beffa. Enjolras aveva bene in mente quel genere di persone: cercavano di realizzare un accordo ‘favorevole’ a tutti, ma chi pazzo avrebbe desiderato intraprendere un accordo con due traditori del Governo francese?
Faremo una cosa molto semplice” Usava parole rudimentali, forse non sapeva che stava parlando con due studenti universitari dopotutto, non dei barbari delle strade. Forse quell’uomo non era a conoscenza che entrambi conoscevano la Costituzione forse meglio del generale in persona, forse, ma a nessuno importava. “Voi rispondete ad una domanda semplice, e potremmo trovare un accordo. Potremmo anche lasciarvi liberi e non condannarvi per alto tradimento.”
Tradimento. Come poteva osare parlare di tradimento quando l’unica cosa che tutta il popolo aveva intrapreso era levale la voce per avvertire del malessere?
Noi non combattiamo per quelli che vivono oggi, ma per coloro che verranno.” Parlò Enjolras, mantenendo quella compostezza timica di un marmo che Grantaire tanto ammirava. Il riccio notò una nota di disgusto nel suo volto perfetto e immacolato, segnato solo da quei  quasi invisibili segni di un invecchiamento troppo precoce per un ragazzo come lui.
Chi è il leader che ha mosso la rivoluzione? Dateci un nome.” Enjolras aprì la bocca per parlare, ma venne fermato da Grantaire che era rimasto in silenzio per tutto  quel tempo. Sapeva cosa stava per fare, e forse far mentire lui piuttosto che il biondo, sarebbe stato più convincente. Grantaire non avrebbe mai lasciato che il nome del suo Apollo uscisse dalle labbra di uno dei due. Enjolras lo guardò e fu solo quello: uno sguardo, il massimo che poteva offrirgli.
“Desolato, non possiamo dirlo e non potete fare nulla.”
“Non potete o non volete?”
Grantaire era fin troppo calmo e allietato per avere qualche osso rotto e per essere un prigioniero.
Non possiamo.” Enjolras in quel momento avrebbe voluto dare del pazzo al compagno, che qualche ora prima era stato aggettivo sulla bocca dell’altro. Non erano lì per divertirsi e infatti “Colpitelo” ordinò e un soldato raggiunse Grantaire, afferrandolo per quei ricci che Enjolras avrebbe salvato volentieri e sferrando un colpo all’altezza delle costole. Quello bofonchiò per il dolore ed il marmo biondo non fece altro che restare a guardare. Mostrare emozioni sarebbe stato fatale, lo sapeva bene.  “Non te lo direi mai, anche se lo sapessi.” Sputò il pazzo secondo Enjolras, che stava giocando col fuoco. Era sopravvissuto ad un’insurrezione e stava cercando di morire per mano di un politico. Perché il pazzo, nonché ubriaco, nonché sconsiderato – parlava proprio lui che aveva quasi chiesto di essere sparato per la libertà- stesse cercando di salvare il suo nome, ad Enjolras era un mistero, ma mai Grantaire aveva mostrato così tanto ardore e fede. Ma in fondo, Apollo lo aveva sempre saputo, che Grantaire aveva impiegato le sue forze e il suo sapere, nel modo sbagliato.
Per la sua insolenza, il ragazzo si guadagnò un calcio nel naso, che iniziò a sanguinare.
Risponderò. Fermatevi.” L’autorità nel ragazzo biondo perfino in quella situazione era eccezionale, tanto che con un gesto della mano, il soldato smise di  molestare Grantaire, tutt’orecchie per il biondo dall’aria aristocratica e regale.
Sto aspettando.”
“Lui… Non lo sa.”
La voce severa di Grantaire spiccò nuovamente nel silenzio della stanza. Pazzo, pensò il biondo; tutto quel soffrire, martoriato dalla guerra che non stavano combattendo, per non pronunciare un nome. Presto avrebbero perso la pazienza. Enjolras riusciva a perspirare quella sensazione guardando soltanto l’uomo seduto di fronte a lui.
“Bene. Sembra che questa storia del non rispondere, non avrà fine subito. Ovviamente, l’avevo già immaginato; cosa potevo mai aspettarmi da dei traditori della Francia?” Enjolras strinse i pugni; essere chiamato in tale modo spregevole dopo che era quasi morto per salvare la Francia, era sempre un colpo basso per lui. Sapeva che sarebbe stato messo sotto pressione, entrambi, ma riusciva a pensare che il desiderio della morte sarebbe stato meno doloroso che vedere un uomo, un amico, per quanto amico potesse considerare Grantaire, sul pavimento a malapena con gli occhi aperti. L’uomo seduto alla scrivania, col panciotto che stava per scoppiare da un momento all’altro, continuò a parlare “Ci riproveremo domani, e farete meglio a trovare una risposta alla domanda.” Con un cenno del capo, il soldato prese per le spalle Grantaire, che, tramortito, era ancora steso  in preda al dolore. Enjolras lo guardò, come aveva guardato Eponine, l’unica notte in cui avevano combattuto. Eponine stava morendo tra le braccia di Marius, e l’unica cosa che aveva fatto Enjolras, era stata guardarla. Con pietà, tristezza e pietà. Perché quando qualcuno moriva a causa di una rivoluzione a cui lui aveva dato inizio, sentiva  tutta la colpa sulle sue spalle. E adesso vedere Grantaire sdraiato per terra, col sangue che macchiava il tappeto, strappava il cuore di Enjolras in mille pezzi impercettibili, che all’esterno non mostravano nessuna crepa. Era sempre lui, la maschera di marmo, e doveva continuare a fingere. In realtà non sapeva nemmeno perché avesse seguito il consiglio del moro, pronunciato con un solo sguardo; avrebbe potuto dire il suo nome e Grantaire sarebbe stato libero. Perché era quello che importava al biondo pazzo; che almeno Grantaire si salvasse.
Non appena l’uomo prese Grantaire, questo si lamentò lentamente, come se non avesse più le forze nemmeno per parlare, cosa bizzarra per un ubriacone come lui.
Stavano per andare via, per ritornare nella cella e magari avrebbe anche aiutato Grantaire a sistemarsi e a riposare, quando il generale li richiamò indietro. Il cuore e lo stomaco di Enjolras si erano quasi rilassati, ma furono costretti a tornare indietro.
“Scusate, cambio idea così facilmente. Stavo pensando, che forse possiate non aver capito cosa c’è in ballo. Forse non avete compreso quali e quante leggi avete infranto, tu e i tuoi amichetti.” Si rivolgeva direttamente ad Enjolras, dato che il compagno accanto a lui era in ginocchio privo di forze.
“Per cui, credo sia meglio dare una piccola dimostrazione di cosa accadrà se continuate a rifiutare la giustizia.” Sorrise bastardo, e da una piccola custodia di cuoio, ne uscì una frusta dello stesso materiale, sottile e nuova.
Enjolras capì ciò che stava per accadere, ma sperò ancora che la sua idea fosse sbagliata.
Quando tolsero la maglietta a Grantaire – i muscoli tesi fecero capire al biondo che riusciva a capire cosa stesse per accadere, nonostante tenesse gli occhi chiusi – anche Enjolras ebbe la conferma che l’idea che aveva attraversato la sua mente era corretta. Voleva chiudere anche lui gli occhi, ma un leader deve restare ad osservare mentre frustano un proprio compagno di squadra. E quindi tenne gli occhi aperti per tutto il tempo che impiegarono a frustare la spalla di Grantaire. Restò con gli occhi aperti mentre il moro si accasciava sempre di più al pavimento, non emanando nemmeno un suono ogni qualvolta che il cuoio toccava la sua spalla. Ce ne vollero quindici, di frustate, prima che il generale decidesse di lasciarli liberi.
Grantaire aveva gli occhi chiusi, la spalla completamente bruciata e segnata dalla frusta; il biondo non riusciva a capire il motivo per il quale dovessero essere puniti così duramente;  non avevano causato nessun male alla Francia, nessun male ai Governatori; ma la storia in seguito avrebbe trovato la risposta alla domanda di Enjolras: nessuno poteva esprimere la propria opinione senza suscitare, in  almeno un individuo, scandalo.

Prima di richiudere la cella, il soldato lasciò loro una ciotola con del cibo misero; forse nemmeno l’acqua era potabile, per cui Enjolras se ne tenne a debita distanza. Grantaire non si era ancora svegliato, dormiva profondamente come se nulla al mondo potesse svegliarlo; per un momento Enjolras pensò che sarebbe stato meglio così; svegliarsi e ritrovarsi in quella cella lurida, non sarebbe stato un degno risveglio nemmeno per il peggiore dei tiranni. Nel tempo da impiegare – non avrebbe di certo dormito, era solito pensare la notte – decise che bagnare le ferite di Grantaire, per evitare spiacevoli infezioni, sarebbe stata la cosa migliore. Con l’acqua che il soldato aveva portato poco prima, immerse un pezzo di stoffa strappata abilmente dalla sua camicia, e prese a tamponare le ferite del riccio, sulla spalla e sul tutto il corpo. Ripulite da tutta quella sporcizia e da tutto quel sangue, erano meno gravi di quanto aveva immaginato, quindi tirò un sospiro di sollievo.
Quando prese a ripulire anche la ferita sul labbro inferiore, dovuta al pugno col guanto di ferro del soldato, Grantaire iniziò a tremare convulsamente, preso da piccoli spasmi; il biondo poggiò le sue mani sul petto del riccio, con l’intento di farlo calmare, magari di farlo addormentare, e dopo un po’ Grantaire tornò a respirare normalmente, solo leggermente più veloce del solito; Enjolras pensò che un po’ di riposo per il riccio avrebbe fatto bene, sempre troppo ubriaco per addormentarsi.
La mente ritornò a ricordare quei tempi in cui tutto era meno pericoloso, e potevano perfino riunirsi la sera per bere allegramente; ovviamente il marmo della libertà non osava toccare l’alcool, il vino era il mezzo del popolo per parlare, lui ci riusciva anche senza quel modesto liquido scarlatto.
Grantaire, da addormentato, ricordava ad Enjolras un bambino, prova elementare che in fondo tutti Les Amis de l’ABC non erano altro che studenti universitari  poco più  ventenni. Quando Grantaire aprì gli occhi, la sua testa era poggiata sulle gambe di Enjolras, perché entrambi non avrebbero voluto restare da soli in una cella come quella; forse dovevano ringraziare un Dio sopra di loro che li avesse tenuti insieme per sopportare il dolore non in solitudine, ma il riccio non credeva in niente, quindi non ringraziò nessuno.
Dal canto suo, Enjolras si era trovato in uno stato di  dormiveglia e al risveglio di Grantaire saltò sull’attenti, riassumendo la sua posizione di marmo, perfetta e composta, allontanando le sue dita dai capelli ricci di Grantaire. 
Quello mugugnò, perché le mani di Enjolras accanto al suo corpo era stato più di ciò che avesse mai potuto desiderare da sobrio, ma anche da lucido.
“Fame?” Enjolras alzò la ciotola contenente il pezzo di pane lasciato e guardò Grantaire.
“Oh Dio sì.” Enjolras quasi sorrise al tono con cui Grantaire aveva pronunciato quelle parole, come se nessun male potesse affliggere il suo animo.
“Sei comodo lo sai?” Grantaire aveva iniziato ad essere più confidenziale col biondo, perché in una situazione del genere, bisognava mettere da parte l’orgoglio e l’astio, e poi perché era ancora poggiato al corpo di Enjolras, nonostante si fosse svegliato da un bel po’, con la scusa di non riuscire a mantenersi da solo.
“Um..?”
“Scherzavo. Sai quando torneranno a prenderci?” Grantaire stava cercando di alleggerire la tensione, non riuscendoci; la sua voce, dopotutto, era tirata, ma ammirevolmente sicura, nonostante dovesse avere paura. Entrambi.
“Non lo so.”
Grantaire tremava; non visibilmente ma Enjolras poteva sentire la sua spalla vibrare a contatto col suo petto.
 Il biondo di solito non confortava le persone, ma sentiva di dover dire qualcosa, come capo della rivolta.
“Grantaire, andrà tutto bene. Diciamogli che sono il  lead-“
“No” La voce di Grantaire era seria, non ammetteva repliche ed Enjolras rimase colpito dall’intensità di quell’unica parola. “Se sanno ciò che sei, sei morto.”
“Anche se non glielo diciamo, siamo morti! Se facciamo un patto, tu puoi..” Non riusciva a seguire il ragionamento del moro, e il motivo per cui all’improvviso avesse deciso di sacrificarsi insieme a lui.
“Non voglio viv-“ Grantaire si prese un momento di pausa, sospirando brevemente, poi continuò “Ho seguito la causa, ti ho seguito alla barricata, perché credevo in te. E se morirò, morirò perché ho creduto in te.” Era serio, Enjolras glielo leggeva negli occhi, e nonostante non riuscisse a concepire una mentalità  del genere, decise di non controbattere.
“E poi…” Continuò l’ubriaco “Questa è l’unica occasione per morire da martire. “

Era sera inoltrata quando il governo decise di chiamarli nuovamente. Non che fossero ospiti ben desiderati; gli occhi del comandante erano sempre arrabbiati, forse perché odiava il suo lavoro, forse perché aveva una moglie che non lo soddisfaceva, o dei figli che lo deludevano; sembrava davvero un uomo che non  trovava mai la gioia in nulla e Grantaire provò pietà per lui.
Quella volta però, fu il Governo ad andare nella loro cella, e non loro nella sala del giorno precedente.
“Siete pronti a darci delle risposte? Sono solo poche risposte, non è tanto difficile.” La calma prima della tempesta, pensò Enjolras, ma non se ne fece una colpa.
“Non risponderemo a nessuna delle vostre domande. Mai. Nemmeno se questo fosse l’ultimo respiro prima di morire, nemmeno con la porta del Paradiso di fronte a noi.” Enjolras sembrava regale anche in una cella sporca e umida;
“Ammirevole. Davvero, mi meraviglio. Non sembravi della stessa idea ieri, quando  hai implorato affinchè non uccidessi il tuo amichetto.” Il comandante si avvicinò ad Enjolras, dandogli uno schiaffetto gentile sulla sua guancia, come si fa per placare un bambino arrabbiato. Il biondo rimase immobile, bravo come sempre a non far trasparire le sue emozioni, qualsiasi cosa stesse pensando, SE stesse pensando.
Il comandante si fermò davanti a Grantaire, e sorrise vedendo che il ragazzo finalmente era riuscito a mantenere un contatto visivo con lui.
“Come ti senti, tesoro?” Il riccio non rispose, facendo solo un piccolo passo indietro, trovandosi con le spalle al muro.
Il comandante perse tutto il suo sorriso divertito, riferendosi ai soldati “Prendete il piccolino”
Un soldato prese le braccia di Grantaire che per un primo momento cercò di liberarsi, e raggiunsero la porta. Il comandante invece si avvicinò ad Enjolras, e presigli i capelli, tirò il suo volto indietro, il modo che lo guardasse direttamente negli occhi.
“Avete entrambi deciso di non collaborare. Forse questo vi aiuterà a capire qual è la vostra posizione sulla questione.” E detto ciò lasciò cadere Enjolras per terra, come un sacco, raggiungendo l’altra parte della cella e lasciando Enjolras da solo.

Poi le urla incominciarono. Erano forti e si sentivano perfettamente da un’altra stanza di cui Enjolras ignorava l’ubicazione, e all’improvviso diminuivano fino a scomparire. Ogni volta che le urla di Grantaire si strozzavano quasi in un pianto liberatorio, così si spezzava l’anima di Enjolras. Stavano torturando Grantaire, ma nel piccolo, anche Enjolras stava soffrendo. Il biondo avrebbe preferito di gran lunga le torture del compagno di cella, piuttosto che restare immobile, quasi graziato, a sentire le urla dell’altro. In fondo, era sempre stato abituato al dolore, sin da quando era bambino.
Enjolras era vicino a Grantaire, sentiva ancora le urla dall’altra stanza adiacente, ma non poteva aiutarlo. Era mille volte peggiore del giorno precedente, quando aveva potuto mettere fine, anche per alcuni minuti, alle sofferenze del riccio. Se le urla di Grantaire erano state nauseanti il giorno prima, adesso rasentavano i peggiori gironi dell’inferno. Anche i demoni avrebbero voluto che quel lamento si fermasse.

Finalmente la tortura terminò, come una tempesta d’estate, che arriva all’improvviso e termina senza lasciare nemmeno un avviso. Quando Grantaire venne portato nella cella nuovamente, era sveglio, ma non parlò; sembrava quasi che facesse fatica anche a respirare; quella volta avevano lasciato il volto illeso, nonostante il labbro inferiore continuasse a sanguinare impercettibilmente. Il biondo corse da lui, con la fretta di chi  non poteva perdere qualcuno di importante. E poi, Grantaire era la persona che non gli permetteva di affrontare tutto quello da solo. Doveva vivere.
Enjolras prese il volto di Grantaire e come la volta precedente, lo posò delicatamente sulle sue gambe.
“Sono io, sono Enjolras.”
Rabbia. Era l’unica cosa che riusciva a sentire Enjolras in quel momento. L’unica cosa che invece poteva fare, era far sentire il riccio più al sicuro, quindi lo circondò con le sue braccia, in modo che la sua spalla ancora dilaniata dalle ferite, poggiasse contro il suo petto, che si alzava e si abbastanza troppo velocemente;
“Fa male.”
“Lo so.” Enjolras si sentiva così terribilmente fuori posto lì, a tenere Grantaire fra le sue braccia, ma non sarebbe andato via, perché se c’era una cosa che il riccio avrebbe voluto, era proprio quello. Lui era il marmo della libertà, non un amico, o qualcuno che poteva consolare un malato o un ferito. Non cedeva pietà, così come non cercava l’amore.
Accentuò quell’abbraccio, se così si poteva chiamare, con il timore di poter far male a Grantaire, con le sue braccia di guerra e distruzione. Non era colpa sua se si ritrovavano lì? Per le sue manie di salvezza? A causa sua e della Francia?
Enjolras non poteva offrire altro a Grantaire se non quell’abbraccio  misto a compassione e ammirazione, per aver affrontato tutto quello senza lamentarsi; e Grantaire non si lamentò, anche se avrebbe voluto altro dal marmo della libertà. Un bacio di addio, una parola di conforto, restò lì, tra le braccia di Oreste, sperando che Morfeo lo catturasse il prima possibile.
Enjolras aveva bisogno di Grantaire, e questa realizzazione fu destinata a restare nella mente del biondo fino alla fine.
Erano entrambi complementari ed opposti; Enjolras la luce, Grantaire il buio; Grantaire aveva scelto lo scetticismo, Enjolras aveva scelto di credere nella fede; uno della logica, l’altro nell’irrazionalità.
La gente tende a separare gli opposti come due accezioni completamente differenti; in realtà, gli opposti hanno molte cose in comune; così come Enjolras e Grantaire in quel momento non erano mai stati così uniti.

Fu la prima notte in cui entrambi dormirono, l’uno tra le braccia dell’altro in una posizione piuttosto scomoda per permettere un sonno profondo senza incubi; infatti Grantaire si era svegliato parecchie volte in preda agli spasmi dovuti agli incubi, ma aveva cercato di essere più silenzioso possibile per non svegliare Enjolras, che dormiva beato poggiato al muro della cella. Si svegliarono solo quando i raggi del sole mattutino si infiltrarono tra le sbarre.
“Fa ancora male?”
“Meno di ieri, farebbe meno male se dovessi restare così per sempre.” Il solito Grantaire, anche se quella volta provocò in Enjolras un leggero imbarazzo e rossore sulle sue guance.
“Chiedo perdono per quello che è accaduto la notte scorsa; dovevo esserci io.” Incredibilmente in imbarazzo, Enjolras chiese scusa a Grantaire,  per qualcosa che nemmeno aveva fatto di proposito. Era Grantaire che si era proposto ed era rimasto con lui. Fino alla fine.
“Potresti scusarti per tante cose Apollo, ma questa non è contemplata. Quando usciremo ti farai ripagare.” Grantaire sorrise e per un momento, osservò di sbieco anche il biondo sorridere, forse più sollevato;
“Come?”
“All’ABC, un bicchiere del vino più buono della Francia; spenderò tutti i miei averi Apollo.” Rise quello contento, ed Enjolras non ebbe il coraggio di controbattere. Magari quel bicchiere di vino gliel’avrebbe anche concesso, ma il biondo pensava al momento, e in quel preciso istante erano chiusi in una cella.

Come due volte prima, il comandante era seduto dietro la scrivania ed Enjolras e Grantaire erano fermi in piedi di fronte a lui, quasi in colpa a dover calpestare un tappeto come quello sotto i loro piedi.
“Presumo io non debba spiegarvi cosa voglio da voi. Non deve per forza essere così difficile; rispondete solo a qualche domanda.”  Enjolras alzò un sopracciglio per comunicare il suo disappunto e il comandante provò una nuova tattica, continuando a parlare.
“Rispondi ad alcune domande e non alzeremo un dito su di lui.” Disse indicando Grantaire. “Promesso.”
Sembrava un accordo, ma ad Enjolras pareva solo una minaccia. Guardò gli occhi azzurri, cristallo, del riccio, in difficoltà.
“Perché dovremmo fidarci?” Era Grantaire a parlare, forse per lasciare al biondo un po’ di tempo per decidere sul da farsi.
“Lo giuro sul Re di Francia e su Dio stesso.”
“D’accordo.” Grantaire guardava Enjolras mentre questo parlava, ma il biondo non ricambiò lo sguardo del cinico. Non poteva, avrebbe parlato.
“Chi è il vostro leader?”
“No.” La voce ferma di Enjolras non tradiva nessuna emozione. Era un prigioniero e stava dettando le regole; Dangereux.
“Dov’è stata organizzata la barricata?”
“C’è un’organizzazione, l’ABC. Ci incontravamo in varie parti della città.” Grantaire restava immobile, mentre Enjolras continuava a decidere quali fossero le domande a cui poteva rispondere senza mettere in pericolo nessuno dei suoi compagni di barricata. Amis.
“Dov’è la base?”
“Il Cafe Musain. “ O almeno, era il loro luogo d’incontro. Aveva subito così tanti danni durante l’ultima rivoluzione, che Grantaire presumeva che avessero trovato un altro posto per riunirsi.
“Voglio il nome del leader.”
“No.”
“Il nome degli altri componenti dell’associazione.”
“No.” Nessun nome sarebbe uscito dalle labbra di entrambi; non avrebbero potuto mettere in pericolo il patriottico Combeferre, o il dolce Jehan, o l’ipocondriaco Joly. Non potevano dire il nome di Marius,  perché avrebbe causato tante sofferenze a Cosette, e nemmeno Courfeyrac, Bahorel e tutti gli altri amici. Nessun nome.
“Nessuno lascerà questa stanza finchè non avrò qualche nome.”
“Allora suppongo dovremmo metterci tutti più comodi.” Enjolras era rilassato, perfino più schietto;  mai avrebbe tradito i suoi amici, anche se questo significava andare incontro alla morte. Avrebbe preferito dire il suo nome, piuttosto che condannare tutti gli altri.
“Prendetelo” Disse il comanda indicando Enjolras e subito Grantaire si alzò in piedi.
“Avevi detto-“ Sussurrò con la voce strozzata.
“E manterrò la mia parola. Ma  a lui…nessuna promessa è stata fatta. Ora… dimmi chi è il leader o ti uccido seduta stante.” Aveva perso la pazienza e tutti in quella stanza potevano notarlo.
L’uomo, basso e robusto, prese Enjolras per i capelli, tirando indietro la sua testa; evidentemente provava una certa antipatia per i suoi ricci biondi. Il marmo era in ginocchio e la lama affilata di un coltello minacciava la sua gola esposta.
“Dimmi il nome, ragazzo.”
“Napoleone Bonaparte.” Enjolras rise, l’adrenalina che scorreva nel suo corpo, impulsivo come non lo era mai stato. In risposta a quella menzogna, il coltello premette di più sulla pelle nuda di Enjolras, tanto che solo respirare gli risultava difficile.
Se fosse dovuto morire così, non sarebbe stata una dipartita degna di un leader come lui. Avrebbe preferito morire tra le macerie della sua barricata, come sarebbe dovuto essere dall’inizio.
Lo sguardo scivolò non così accidentalmente, su Grantaire che in piedi, osservava la scena con sgomento negli occhi. Quel ragazzo sarebbe stato capace di affermare di essere il leader solo per salvare la vita al biondo. Ma non l’avrebbe fatto, perché Enjolras non l’avrebbe perdonato e in qualche modo, il perdono e la fedeltà di Enjolras, valevano più di qualsiasi altra morte da martire;
Enjolras guardò Grantaire, concentrandosi sul suo volto che molte volte aveva discriminato e denigrato;  non rimpiangeva nulla, neanche di aver condiviso la cella con l’ubriaco cinico che credeva solo nell’uomo che lo aveva portato quasi alla morte. Neanche davanti alla morte Enjolras pensava di meritare tanta riverenza. Non si sarebbe scusato di nuovo con Grantaire, ma con lo sguardo stava sorridendo, perché era il lieto fine che aveva sperato.

“Guardatela, che bella storia d’amore. A te importa di questo ragazzo.” Il comandante aveva preso le distanze da Enjolras, e il suo coltello non minacciava più la gola  del biondo. Quando Enjolras riaprì gli occhi, la prima cosa che notò fu un Grantaire rantolante sul pavimento, con una profonda ferita sull’addome, e la camicia impregnata di sangue cremisi.
“No.” Lo raggiunse, poggiando una mano sulla ferita, per impedire il sanguinamento troppo violento; stava soffrendo, più di qualsiasi tortura. Un’imboscata; non avevano mai voluto uccidere Enjolras, in quanto avevano già deciso che la loro prossima vittima sarebbe stata Grantaire.
“Sei il ragazzo più coraggioso che io abbia mai incontrato.” Grantaire rise e tossì, abbandonando lentamente le forze. Non ebbe la forza di continuare a parlare, nessuno dei due, perché Grantaire chiuse gli occhi e non li riaprì più.
Enjolras non aveva mai pianto, perché un leader della rivoluzione non piange mai. Un leader deve essere forte per gli altri, che dipendono da lui, quindi non aveva mai pianto nemmeno nelle situazioni più difficili.
Non pianse nemmeno in quel momento, anche se non aveva più nessuno da guidare, nessuno da sostenere, non doveva essere forte per nessuno. Grantaire era morto e lui non piangeva perché le lacrime non sarebbero uscite.

“Sono io il leader. Ho guidato io la rivoluzione, perché credo in una Francia diversa, dove la giustizia è alla pari con la libertà. Non si porta la libertà sulla punta della baionette, ma non ci avete dato altra scelta. La guerra non finirà oggi, con la mia dichiarazione, e non finirà mai finchè l’uomo non sarà mai sazio di potere.” Grantaire era morto, ma nulla impedì ad Enjolras di confessare il suo ruolo nella Rivoluzione. Successivamente l’avrebbero condannato a morte, ma il marmo della libertà avrebbe  l’avrebbe affrontata come l’aveva fronteggiata Grantaire. Da martire.
                                                                                                                                                                                                          Chiunque arrossisce è già colpevole: la vera innocenza non ha vergogna 
di niente.

Precisazioni 
C'è qualche citazione sparsa di Robespierre, Rosseau, Bonaparte e compagnia, spero non me ne vogliate.
Spero anche che non ci siano troppi errori, in questo mio misero tentativo di rendere onore a Victor Hugo. (Hai fallito miseramente Mina, miseramente.)
Che dire, sono ritornata con un'altra oneshot, dopo "We won our battle"  e "Drink with me",  nonostante io debba finire di scrivere le mie bellissime longs, che sono ancora lì ad aspettarmi.  Non contavo di farla così lunga, ma mai mettere freno alle parole e quindi eccola qui:  una one shot senza senso, nata dall'ispirazione di un noioso pomeriggio trascorso su tumblr; devo ammettere che il prompt l'ho trovato proprio lì, riaddattato secondo i miei gusti of course. Se siete arrivati fin qui, congratulations! Non è facile restare indenni alla morte di due dei personaggi più amati del libro, 
di nuovo.
Come già detto, questa one shot non ha nessuna pretesa, ma se vi è piaciuta (e lo spero vivamente) siete sempre liberi di farmelo sapere tramite una piccolissima recensione. Ovviamente se vi ha fatto digerire il pranzo, potete ugualmente scrivermelo;
E nulla, vi ringrazio per aver perso il vostro tempo con quasi 7000 parole, e Vive la France
Mina.
   
 
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