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Autore: OpheliaBlack    17/04/2014    10 recensioni
"C'è differenza fra il piangere e il saper piangere. A piangere sono capaci tutti. Saper piangere è privilegio di pochi.”
Quando sua madre pronunciò per la prima volta quella frase, Rose aveva poco più di otto anni e, al epoca, quelle parole la fecero smettere di piangere ma di certo non perché ne avesse capito il significato."
“E' buffo...”
“Cosa?”, chiese curiosa Rose.
“Come a volte parole che tu stesso hai pronunciato ti si ritorcano contro. Se avessi pianto a causa mia o per via di ciò che hai visto poco fa non ne sarei orgoglioso ma almeno avrei una speranza.”
Questa storia si è classificata Terza al contest "A voi la scelta" indetto da S.Eleric, vincendo il premio speciale come Best emotional story e Best female character con Rose Weasley.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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“C'è differenza fra il piangere e il saper piangere. A piangere sono capaci tutti. Saper piangere è privilegio di pochi.”

Quando sua madre pronunciò per la prima volta quella frase, Rose aveva poco più di otto anni e, all'epoca, quelle parole la fecero smettere di piangere ma di certo non perché ne avesse capito il significato. Semplicemente, Hermione Weasley l'aveva ammutolita con la sua proverbiale arguzia e saggezza, la stessa che l'aveva guidata e resa famosa durante i suoi anni difficili a fianco del Prescelto. Era stata in grado di solleticare la mente della figlia, distraendola dal sicuramente futile motivo che aveva scaturito la sua crisi di pianto. Ci rifletté a lungo la piccola Rose Weasley ma non ci fu verso di venirne a capo. Passò settimane a meditare su quella frase, a chiedersi se non si trattasse solo di parole dette senza un senso preciso, anche se sapeva benissimo che sua madre non era una persona che parlava a sproposito. Arrivò addirittura a domandare direttamente a quest'ultima il significato di quella frase ma la risposta che ottene non fece altro che aumentare la sua frustrazione: “lo capirai quando sarai più grande.”Detestava quando gli adulti non le fornivano risposte che soddisfacessero la sua galoppante curiosità, parecchio sviluppata per essere solo una bambina.

Gli anni passarono in fretta e la piccola rossa si dimenticò dell'intera faccenda di sua madre sino a quella notte, quando le parole di Hermione Weasley le si ripresentarono a caratteri cubitali nella testa, come uno di quei maxi-schermi visti qualche anno prima a Piccadilly Circus.

Solo in quel momento, con nove anni di vissuto in più alle spalle, Rose Weasley capì finalmente fino in fondo le parole della madre.

L'arte di saper piangere non significava esibire un pianto composto, senza che il naso colasse e senza singhiozzi. Non significava essere in grado di rimanere composte, versare lacrime con la dignità che spesso accompagnava le eroine della letteratura di cui Rose aveva avuto il piacere di leggere. L'arte di saper piangere significava conservare, trattenere, impedire con tutte le proprie forze che le lacrime venissero sprecate per futili motivi perché le lacrime sono la più grande espressione dell'animo umano, ciò che ci differenzia dagli animali. Sono un bene prezioso, valgono più di mille parole e non vanno versate con frivolezza e in vano.

La sua intera famiglia aveva pianto morti, sofferenze e dolori causati da una guerra senza senso. Le loro lacrime avevano acquistato un senso che fortunatamente Rose non avrebbe mai capito ma che le erano servite per comprendere l'esistenza di mille ragioni in più per essere felici e che bisognava saperle cogliere e sapersele godere. Anche se non ricordava il motivo di quel pianto lontano, sapeva che non poteva essere giustificato, aveva buttato le sue lacrime per una caduta o, più probabilmente, per via di un battibecco con suo fratello.

Quella notte, le lacrime dell'ormai giovane donna Rose Weasley scorrevano sul suo bel viso perlaceo per un motivo valido, forse l'unico valido: l'amore.

Lo stesso amore che spesso l'aveva portata a ridere di sé stessa, a gioire delle piccole vittorie quotidiane; quello che le aveva insegnato ad essere umile e ad apprezzare ogni piccolo gesto e a fantasticare su ogni barlume di speranza che le si presentava. L'amore al quale non aveva voluto cedere per lungo tempo, al quale preferiva non credere mentendo a sé stessa e agli altri, quello di cui si vergognava, dal quale era riuscita a sfuggire sin quando non gli si era presentata di fronte l'amara verità.

“Che schifo”, si disse osservando il fazzolettino ricamato da nonna Molly. Vedere il suo muco biancastro e il poco trucco che era solita portare spalmati su quel bel fazzoletto le provocò un moto di invidia nei confronti di quelle protagoniste di romanzi rosa che piangevano con grazia ed eleganza, nonostante avesse capito che il significato della frase di sua madre non era riferito a loro.

Guardò per un attimo la sua immagine riflessa su di uno specchio appoggiato ad una parete dell'aula di Divinazione, scelta appositamente perché nessuno si sarebbe mai sognato di venire a cercare Rose Weasley nel luogo dove, a detta sua, veniva insegnata la materia più inutile sull'intera faccia del mondo magico.

Gli occhi gonfi, le guance tinte di una punta di rosso simile al colore dei suoi capelli leggermente arruffati per via della corsa, la divisa con qualche bottone della camicia slacciato per permettere a sé stessa di respirare dato che, in quel frangente, sembrava essere appena diventata la cosa più difficile del mondo.

Mancavano pochi mesi all'inizio dei M.A.G.O e lei si era ridotta a versare lacrime come una comune adolescente frivola in preda ad una crisi isterica.

 

 

Scott Preachet, il suo compagno di ronda, sarebbe dovuto essere al suo fianco come sempre ma siccome il giorno seguente sarebbe stato il compleanno della sua ragazza, lui le aveva organizzato una sorpresa romantica e, inutile menzionarlo, illegale. Quella notte doveva essere speciale perché Scotty si sarebbe diplomato quell'anno, lasciando sola la sua amata Lily Potter. Rose chiuse entrambi gli occhi dinnanzi alle intenzioni del compagno e lo lasciò libero di sgattaiolare via dalla ronda. Dopotutto, Lily era sua cugina, Scotty ne era davvero innamorato e non aveva il diritto di rovinare coppie altrui solamente perché la sua vita sentimentale era un disastro.

Si era quindi ritrovata sola, un'impavida Grifona a zonzo per i corridoi in cerca dei cattivi. Sarebbe filato tutto liscio se non si fosse imbattuta in quella famosa verità, quella che la stava praticamente disidratando.

Dei sussurri e delle risatine seguiti da rumori sospetti, arrivarono alle orecchie della giovane Weasley.

Il suo fine udito la portò dinnanzi ad un'aula vuota o meglio, un'aula che sarebbe dovuta essere vuota. Avvicinò l'orecchio destro alla porta e cercò di capire con cosa avrebbe avuto a che fare.

Due voci distinte. Una femminile e una maschile. Rumori che ricordavano vagamente quelli di un pesante tavolo trascinato.

Povera illusa. Sperava che in quella stanza vi fossero i soliti ragazzini idioti intenti ad organizzare l'ennesimo scherzo al custode o a qualche malcapitato.

Poteva essere solo lui e Rose lo sapeva bene. Rimase qualche secondo con la mano posata sulla maniglia in stile barocco, indecisa se entrare o meno. Era suo dovere punire le trasgressioni anche se commesse da altri Prefetti? La parte razionale del suo cervello, alquanto sviluppata, le imponeva di portare a termine il suo compito ma chi avrebbe preservato il cuore?

Alla fine, la parte irrazionale, quella dei sentimenti, prese il sopravvento in un modo che forse nemmeno Rose si aspettava: sarebbe entrata in quella stanza, solo per trovarsi davanti all'evidenza, sperando che con quell'ennesima dimostrazione, si sarebbe messa il cuore in pace, sarebbe riuscita ad andare avanti.

L'idea di coglierlo in flagrante con la ragazza del mese, le fece ribollire il sangue e la rabbia si impossessò del suo corpo. La porta non venne semplicemente aperta, venne spalancata con forza. Rose entrò con decisione, schiena eretta, e sguardo torvo.

Sorprese i due alle spalle, lui con la camicia slacciata e lei già senza la sua, seduta sulla scrivania con le gambe allacciate alla vita del ragazzo.

La mamma non ti ha detto che non è carino spiare?”

Svariate volte ma che ti posso dire? Sono certa che anche tua madre ti abbia detto di non concederti come se non ci fosse un domani.”, rispose Rose che poté scorgere meglio il volto della ragazza in reggiseno. Si trattava di Mia Bennac, figlia di Pansy Bennec, nome da nubile Parkinson.

O forse no...”, aggiunse in seguito la Grifondoro, ricordando i racconti dei genitori che avevano dipinto la giovane Pansy come una ragazza di larghe vedute sotto certi punti di vista.

Rose...”, iniziò a dire sbuffando il ragazzo.

Per te, Caposcuola Weasley”, rispose secca.

Va bene...”, disse lui alzando le mani, “Caposcuola Weasley, non vogliamo di certo disturbare il tuo lavoro e distogliere l'attenzione dai tuoi compiti. Vai pure a finire la ronda, qui chiudo io.”

Prefetto Malfoy, se permetti decido io su cosa riporre la mia attenzione e, per quanto questa situazione mi disgusti, mi vedo costretta a focalizzarmici. Venti punti in meno ad entrambe le vostre case e vi consiglio di non contestare.”

Era stata straordinariamente dura, impassibile, irreprensibile. La degna figlia di Hermione Granger.

Tu non puoi togliere punti ai Prefetti...”, disse Malfoy.

Brutta stronza!”, esclamò poco saggiamente la Bennac.

Trenta.”

Andiamo Rose-...”, disse Scorpius.

Trenta anche a Corvonero.”

Sai, dovresti toglierti quel manico di scopa che hai nel sedere e lasciarti andare un po' rossa!”, continuò Mia.

E siamo a quaranta. Sono quasi certa che il tuo ragazzo sarà parecchio interessato nel sapere il motivo per il quale hai fatto perdere tutti quei punti alla Casa Serpeverde.”, disse sorridendo superiore Rose.

A quelle parole Mia pensò bene che era il giunto il momento di dileguarsi. Raccattò i suoi vestiti e diede un fugace bacio sulla guancia a Scorpius, congedandosi da Rose con un simpatico epiteto.

La ragazza rimase ferma nella sua posizione iniziale, braccia conserte e sguardo fisso su di lui che nel frattempo si stava rimettendo la camicia.

Doveva essersi accorto di avere gli occhi della Grifondoro puntati addosso dato che le chiese scocciato cosa avesse da guardare.

Mia Bennac ha il ragazzo.”, disse atona.

E con ciò?”, rispose annoiato Scorpius.

E' Albus. Il suo ragazzo è mio cugino.”, disse stavolta in tono accusatorio.

Ripeto... e con ciò? Tuo cugino e Mia hanno un concetto di fedeltà e rapporto di coppia alquanto particolare. Io non sono il primo e di certo non sarò l'ultimo. Ed è lo stesso per Albus.”

Quindi è così? Semplicemente, a te non importa di essere la sua seconda scelta? Non ti importa di come la potrebbe prendere Albus?”

Io sono la seconda scelta della settimana per Mia Bennac! E non devo niente ad Albus Potter!”, rispose aggressivo Scorpius, probabilmente sentendosi attaccato da Rose.

Giusto...”, rispose ridendo la ragazza, “tu sei Scorpius Malfoy, vai dritto per la tua strada senza curarti delle persone che calpesti o che ti passano accanto! Conta solo essere il migliore, in tutto. Ora capisco perché Scott non vuole mai fare la ronda insieme al suo borioso Prefetto che avrebbe preso volentieri il suo posto!”

Rose era sbottata. Sentiva i suoi occhi che poco a poco si inumidivano, le labbra tremanti e la voce particolarmente incrinata.

Pensi davvero questo di me?”, chiese alterato Scorpius.

Pensavo molte cose di te Scorpius...”, rispose quasi sussurrando la ragazza a cui sfuggì la prima di quella che sarebbe stata una lunga serie di lacrime, “evidentemente mi sbagliavo. Non sono infallibile come te!”

Prima che Scorpius potesse prendere parola e risponderle, Rose gli aveva dato le spalle, incamminandosi a passo svelto verso l'uscita.

 

Ed ora eccola lì, sola, triste, arrabbiata con sé stessa per quella che riteneva essere una dimostrazione di debolezza totalmente indegna di lei.

“Sapevo di trovarti qui.”

Rose sussultò al solo sentire quella voce. Era dietro di lei, ne sentiva la presenza, gli occhi, l'essenza, tutto.

Passò velocemente le mani sul viso sperando di riuscire ad eliminare ogni traccia del suo pianto anche se sapeva che non sarebbe riuscita ad ingannare Scorpius Malfoy.

“Come ho potuto anche solo sperare di riuscire ad ingannarti! Sei un genio dopotutto...”, rispose Rose, decidendo di rifugiarsi dietro al sarcasmo che per anni era stata la sua maschera, la sua via di fuga, la sua scappatoia dall'intensità dei sentimenti che provava per il giovane rampollo Corvonero.

“Sarò anche un genio ma non sono mai riuscito a leggerti del tutto.”

“Cosa c'è di così complesso in me?”, chiese superficialmente Rose, “Sono un libro aperto per chiunque.”

“Sei un libro che si legge facilmente dalla prima all'ultima pagina ma se provi a fare il contrario, ti perdi alla seconda riga.”, rispose criptico il ragazzo.

“Già Malfoy...succede di non capire se si legge un libro partendo dalla fine.”, rispose sempre ironica la ragazza.

Il ragazzo fece cadere il discorso nel vuoto, scuotendo la testa e abbozzando un sorriso.

“Sai...”, disse Scorpius prendendo posto accanto a lei, “questa non è la prima volta che ti vedo piangere.”

“Non sto piangendo!”, rispose secca Rose cercando di essere convincente.

“Andiamo Weasley...siamo entrambi gli studenti con la media più alta della scuola, non prendiamoci in giro!”, le rispose ridendo Scorpius.

Rose abbassò lo sguardo, ravvicinando le ginocchia al petto e nascondendo il volto con i lunghi capelli rossi, non sapendo bene come rispondere o dialogare con il ragazzo.

“Te lo ricordi?”, chiese quest'ultimo dopo qualche minuto di assoluto silenzio.

“Cosa?”, chiese flebile Rose.

“La prima volta che ti ho vista piangere...te la ricordi?”, chiarificò Scorpius.

Rose abbozzò un sorriso. Come poteva dimenticare il giorno in cui lei e Malfoy diventarono ufficialmente amici? Già, perché Rose Weasley e Scorpius Malfoy quello erano, amici. Entrambi figli di persone importanti, entrambi eccellenti studenti, entrambi educati, affidabili, responsabili, i figli che tutti i padri e tutte le madri sognano.

“Io lo rammento come se fosse accaduto ieri.”, disse sicuro Scorpius.

“Ma davvero?!”, rispose sorniona Rose, “Allora prego Malfoy! Esigo tutti i particolari...”

“La prendo come una sfida Weasley”, disse il ragazzo sfregandosi le mani.

“30 ottobre, ormai di sette anni fa. L'intrepida e fiera Rose Weasley fa sfoggio delle sue qualità da neo-Grifona difendendo gli oppressi e combattendo le ingiustizie dall'alto dei suoi undici anni...Aho!”

Rose aveva interrotto con un sonoro pugno sulla spalla del giovane Scorpius.

“Non dipingermi come una specie di super bambina prodigio!”, disse ridendo la ragazza.

“Eri davvero così! Le tue prime parole al sottoscritto furono 'Vedi di non starmi tra i piedi, biondiccio!'. Nessuno mi aveva mai chiamato biondiccio.”

La giovane Weasley sorrise allegra ripensando a quanto fosse caparbia e parecchio difficile da gestire.

“Posso continuare con la promessa di non essere malmenato ulteriormente?”, chiese Scorpius puntando i suoi occhi chiari in quelli più scuri di Rose. La ragazza rispose che non poteva promettere qualcosa che non era sicura di mantenere.

“30 ottobre”, ricominciò Scorpius, “super Rose Weasley intrattiene in corridoio una fitta conversazione con amici e cugini riguardante cosa mettersi la sera successiva alla festa di Halloween. Il biondiccio si ritrova a passare casualmente da quelle parti e ascolta le proposte della giovane Weasley: zucca gigante, Troll, scheletro, Mirtilla Malcontenta e altri mille costumi bizzarri. Scorpius Malfoy passa accanto a quella strana ragazza dai capelli rossi ed esclama: IO MI VESTIRO' DA ROSE WEASLEY! E' COSÌ RACCHIA DA ESSERE TERRIFICANTE!”

“Eri davvero pessimo nel fare battute...”, disse ridendoci su Rose.

“Ero un pessimo bambino. Mi resi conto di essere stato un completo idiota subito dopo aver intravisto la tua figura correre lontana dai tuoi amici, con il volto tra le mani. Ti seguì a passo veloce sin qui, nell'aula di Divinazione e, proprio come poco fa, negasti l'evidenza dicendomi che non stavi piangendo. Chiesi sinceramente perdono e da quel giorno decidemmo di non punzecchiarci più e per lo meno sopportarci.”

Rose sentì lo sguardo di Scorpius nuovamente su di sé ma decise di fronteggiare quelle iridi profonde. Gli sorrise dolcemente, arrendendosi al fatto che non sarebbe riuscita a controllare i suoi sentimenti. Avrebbe amato Scorpius Malfoy in silenzio, dietro le quinte, uscendo di scena non appena si sarebbero diplomati.

“Sei riuscito ad ottenere il mio perdono solo perché mi hai regalato una-...”, iniziò a dire canzonatoria Rose prima che il ragazzo la stupisse un'altra volta.

Dalla tasca sinistra della divisa, Scorpius tirò fuori una Cioccorana.

“-Cioccorana.”, disse inebetita Rose fissando a turno il dolce e il ragazzo accanto a lei.

Se ne ricordava ancora. Spesso Rose si era ritrovata ad essere affranta per qualcosa durante quei lunghi anni di studio e la causa non era sempre il malcapitato Scorpius. Brutti voti improvvisi, litigate con i cugini, con i genitori, punizioni ingiuste, partite di Quiddich perse...C'erano mille motivi per cui Rose si sentiva triste e l'unico modo che conosceva per tirarsi su era mangiare una Cioccorana. Lei e Scorpius condividevano questa specie di rituale settimanale, nel quale uno dava sostegno all'altro nel caso avesse avuto una giornata storta e mangiavano Cioccorane. Con il tempo, il rituale divenne sempre più sporadico e il dolce preferito di entrambi sparì quasi totalmente dalle loro chiaccherate.

Scorpius le sorrise, arrossendo copiosamente. Rose non credeva che Malfoy potesse provare un sentimento umano come l'imbarazzo.

“E' per te...se vuoi.”

“G-grazie”

Mangiò la sua Cioccorana in silenzio, solo i loro respiri riempivano quella stanza.

“Scorpius...”, iniziò Rose facendosi coraggio, “mi dispiace per prima. Ho esagerato, come sempre melodrammatica!”, disse caustica.

Scorpius boccheggiò più volte, tentando di rispondere. Prese un profondo respiro chiudendo gli occhi, suscitando perplessità nella ragazza che gli sedeva vicino.

“Sette anni fa”, disse serio il Corvonero, “feci una promessa a me stesso: non avresti più pianto a causa mia.”

“Non è colpa tua...”, mentì Rose, “sono solo io e le mie crisi isteriche!”, concluse ridendo. In fondo, quella era una mezza verità. Non poteva dare tutta la colpa a Scorpius, lui si comportava come si suppone debba comportarsi un amico. Certo, se avesse evitato di provarci con la ragazza del cugino, nel bel mezzo della notte, Rose sarebbe stata un tantino più accondiscendente.

“E' buffo...”

“Cosa?”, chiese curiosa Rose.

“Come a volte parole che tu stesso hai pronunciato ti si ritorcano contro. Se avessi pianto a causa mia o per via di ciò che hai visto poco fa non ne sarei orgoglioso ma almeno avrei una speranza.”, disse Scorpius focalizzando l'attenzione in un punto imprecisato della stanza.

Rose non sopportava non essere guardata mentre qualcuno le parlava, nonostante spesso fosse le per prima a distogliere lo sguardo. Posò delicatamente una mano sul braccio dell'amico che sussultò quasi come avesse preso una scossa.

Quando finalmente Rose incontrò i suoi occhi, chiese spiegazioni.

“Speranza per cosa?”

“La speranza...”, iniziò titubante Scorpius, abbassando il tono di voce, “di farti capire che non voglio più essere il ragazzo che ti porta le Cioccorane quando sei triste. Voglio essere il ragazzo che ti faccia dimenticare cosa sia la tristezza.”

Rose non aveva mai visto gli occhi di Scorpius così lucidi, così vivi, così veri. Non credeva possibile che gli stesse davvero pronunciando quelle parole, doveva esserci un altro significato. Rose non riusciva, non poteva credere di aver compreso quel discorso. La ragazza non sapeva come reagire a tutto quello che le stava succedendo. Prese la gonna fra le mani, abbassò lo sguardo e boccheggiò per parecchi minuti alla ricerca, vana, di una risposta o almeno qualcosa di sensato da dire.

“Io-...”, disse Scorpius alzandosi di scatto, “non avrei dovuto dire, fare-...cancella quello stupido discorso ok?”

“Cosa succederebbe...”, disse improvvisamente Rose, anche lei alzandosi da terra ed attirando così l'attenzione del ragazzo che era ormai già diretto verso l'uscita.

“Cosa succederebbe,”, riprese facendosi coraggio, “se ipoteticamente dicessi che è stata colpa tua? Non del tutto colpa tua ma se ammettessi che un buon 80% del mio pianto è imputabile a te, all'averti scoperto con Mia e al fatto che ogni dannatissima volta che ti vedo con una ragazza i miei occhi pizzicano e inondo i cuscini di lacrime? C-cosa accadrebbe?”. L'aveva detto, tutto di un fiato, guardandolo negli occhi.

“I-ipoteticamente...”, ripeté uno Scorpius Malfoy visibilmente in difficoltà.

“Ipoteticamente”, ribadì Rose.

Il ragazzo le si avvicinò ma a differenza di altre volte, lei rimase ferma, in attesa di sentirlo più vicino.

“Accadrebbe qualcosa che ho potuto solo sognare ogni notte negli ultimi due anni.”, disse ormai a pochi centimetri di distanza dal volto di Rose.

“Cosa?”, chiese con un filo di voce.

“Lo sai...”, rispose Scorpius posando lievemente le sue mani sui fianchi di Rose.

“Scorp-...”, disse Rose cercando di indietreggiare ma la stretta sui fianchi di lui si fece più salda.

Posando la fronte su quella di Rose, Scorpius poteva sentirne l'odore, il respiro di lei che si univa al suo.

Rose aveva tentato di staccarsi da lui perché presa dal panico. L'intensità di quel momento la spaventava.

“Ti prego non fuggire”, implorò Scorpius con voce roca.

Le mani di Rose si posarono leggere sul petto del ragazzo, le dita a stringerne la camicia, lievemente.

“Se succede...”, riprese Scorpius alludendo a quello che entrambi sembravano intenzionati a fare, “ non sarà solo un bacio. E' qualcosa da cui non si torna indietro. Voglio che tu sia sicura Rose. Io lo sono.”

Con la fronte ancora appoggiata su quella di Scorpius, Rose annuì.

Dopo un tempo che sembrava infinito, Scorpius fece congiungere le sue labbra con quelle di Rose, delicatamente. Appena sentì le labbra della ragazza rispondere alle sue, approfondì il bacio, stringendo ancora di più la presa su di lei che si aggrappò al suo collo accarezzandolo dolcemente. Rose sapeva di Cioccorana, di sentimenti troppo a lungo repressi e di amore.

Appena il loro idillio di labbra si concluse, si scambiarono uno sguardo nuovo, diverso da tutti gli altri che si erano lanciati durante quegli anni.

La madre di Rose aveva ragione. Piangere per qualcosa per cui ne valga la pena, rende omaggio alle lacrime stesse.

“Comunque”, disse la giovane Grifona cingendo le braccia al collo del suo ormai ex- amico, “io voglio lo stesso le Cioccorane!”

 
  
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