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Autore: Kruaxi    17/04/2014    1 recensioni
L'anno scorso ho partecipato ad un premio letterario indetto dal circolo della mia città.
Si trattava di scrivere un racconto fantascientifico, partendo da un incipit proposto da un personaggio noto del panorama italico. Gli incipit erano tre, io ho scelto quello di Alfredo Castelli, già noto creatore del fumetto della Bonelli 'Natan Never'.
Prevedibilmente non ho superato le selezioni, pertanto mi ritrovo libero di pubblicare il racconto.
La parte iniziale in corsivo è l'originale incipit del castelli, il resto è robetta mia.
Usando l'espediente dell'universo parallelo, riscrivo la storia dai tardi anni 50: mi viene in aiuto la mia passione per l'astronautica, rivisitata in chiave 'what if'.
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima di cominciare, è necessario che vi riassuma la situazione dell’astronautica nel suo periodo pionieristico. La ricerca di informazioni si fa infatti di giorno in giorno più difficile, come potrete constatare consultando Internet, e – ancor peggio – sono ormai pochi coloro che, come me, sono ancora in grado di ricordare come si sono svolte esattamente le cose.
Ci sono buone probabilità che leggendo dubitiate della mia sanità mentale, ma non posso fare altro se non esporre le vicende come le ho vissute di persona.
La cosiddetta “era spaziale” ebbe inizio il 4 ottobre 1957. Con grande sorpresa dei sovietici, che si ritenevano all’avanguardia nel campo, la NACA (poi NASA) annunciò di aver messo in orbita il primo satellite artificiale. Si chiamava “Travelmate” , era costituito da una sfera di alluminio di 58 centimetri di diametro; conteneva due trasmittenti e un termometro, e comunicava per mezzo di quattro antenne. Fu l’inizio della corsa allo spazio: il primo satellite russo entrò in orbita il 31 gennaio 1958, ma quando ormai le forze sembravano in parità, il 12 aprile 1961 la navicella “West 1” si staccò da Cape Canaveral con a bordo il Maggiore George Loon, e in 88 minuti percorse un’orbita intorno alla terra raggiungendo i 302 chilometri di altitudine.

Forse qualcuno avrà letto che, pochi mesi prima di questo evento, i sovietici avevano tentato di mettere in orbita una cagnetta, Irina, ma il loro vettore a carburante ipergolico, assai ambizioso nell'architettura, era esploso sulla rampa di lancio. La cosa si venne presto a sapere anche in Occidente e gli anticomunisti ebbero buon gioco nel cavalcare le campagne di biasimo indette dalle associazioni degli animalisti. Una famosa copertina di LIFE riportava la foto di un simpatico barboncino, con sotto la dicitura “anch'io sono una vittima del pericolo rosso”. Viste con occhi smaliziati è difficile non cogliere il lato grottesco di queste iniziative, le quali ebbero comunque un forte impatto sull'opinione pubblica.
Due mesi dopo il maggiore Loon, il colonnello Dirk Saller compì ben sette orbite prima di rientrare in atmosfera con la sua “West 2”: -Nell'immensità dello Spazio ho visto Dio- disse nella sua prima intervista alla stampa.
Le campane delle chiese nel “Mondo libero” suonarono all'unisono durante i festeggiamenti in onore dell'astronauta in Times Square.
Oltrecortina tutto taceva.
Efficiente ed affidabile, il vettore statunitense Venus II veniva intanto costruito in grande serie, abbandonando la livrea bianca e rossa degli esploratori spaziali per un cupo blu scuro e sostituendo la capsula “West” alla sua sommità con testate termonucleari via via sempre più potenti, in grado di raggiungere in poche decine di minuti ogni parte del globo.
Dalla base missilistica di 'El Toro', in California, sempre più spesso partivano satelliti spia dell'Esercito; pesanti ed in orbita bassa, potevano scrutare ogni dove del territorio sovietico, palesando l'inattesa debolezza dell'apparato militare comunista.
Io ero un giovane tenente dell'intelligence britannica, distaccato presso i nostri cugini americani, e ricordo benissimo l'eccitazione nelle alte sfere di comando, quando le foto dall'orbita mostrarono come le capacità di deterrenza dei sovietici fossero affidate ad un numero assai basso di vetusti bombardieri Tupolev ed a una manciata di ICBM dall'incerta affidabilità.
Fu allora che i falchi del Pentagono iniziarono a pensare seriamente alla possibilità di iniziare, e vincere, un conflitto nucleare.
Il 13 maggio 1962, con un breve volo suborbitale di quindici minuti, la capsula “Ottobre rosso” fece appena toccare lo Spazio al cosmonauta Arkady Gorbacho.
Sui giornali occidentali la cosa fu relegata all'interno, fra i fatti minori.
Il 20 giugno dello stesso anno, in un'assolata Dallas, il presidente Nixon pronunciò lo storico discorso detto “della canna da zucchero”, dove annunciava l'intenzione di liberare Cuba dal regime comunista se questo non avesse subito indetto libere elezioni.
Un breve passaggio fu dedicato anche all'esplorazione spaziale, con la promessa di conquistare la Luna entro la fine del secolo, per dimostrare la supremazia tecnologica americana.
Nel corso del 1962 furono lanciate altre tre capsule “West”, con permanenze in orbita sempre maggiori.
Io osservavo con estrema preoccupazione la progressiva militarizzazione del programma spaziale americano; ne fanno fede i miei allarmati rapporti a Londra che potrete trovare fra i file della cartella: “allegati personali: Gen. Murdock”.
Il febbraio del 1963 vide infine i sovietici raggiungere l'orbita.
In un gelido mattino, il nuovo vettore 'Armata Rossa' si staccò dalla base di Baykonur per portare nei cieli la capsula “Spettro del comunismo”.
Il Kremlino comunicò che, dopo tre giri del Mondo, il maggiore cosmonauta Vladimir Komarov aveva regolarmente fatto ritorno nella Grande Madre Russia.
L'assenza di immagini dell'impresa, ed i festeggiamenti previsti solo per il mese successivo, ci permisero di scatenare una campagna tesa ad insinuare nel pubblico il dubbio riguardo l'effettivo successo del volo. Invero noi avevamo potuto seguire ogni comunicazione fra il cosmonauta e la base, inoltre tutte le telemetrie ci confermarono le orbite ed il rientro.
Erano altre le cose che non sapevamo, cose che il nostro spionaggio non fu mai in grado di rivelarci.
La nostra disinformazione lavorò bene, e sono certo che molti di voi, se non tutti, considerino ancora il volo di Komarov una messinscena.
In quegli stessi giorni, sulla ABC ed altre emittenti televisive in syndacation, spopolava la pantomima di un mediocre comico fino ad allora sconosciuto, un certo Jerry Lewis.
Lewis nei suoi sketch interpretava uno stralunato cosmonauta, Ivan Ivanovich, perennemente ubriaco di vodka e costretto a volare su scalcinati macinini tenuti insieme col fil di ferro. Ogni scenetta terminava con un vistoso e comico fallimento, al quale seguiva un'inevitabile rieducazione in Siberia...
Se ne fece anche un film di successo, dove Ivanovich finiva per sbaglio sulla Luna (!) e veniva salvato dagli americani. Hollywood ricevette notevoli finanziamenti occulti direttamente dal Pentagono per tale produzione.
L'esplorazione spaziale passò del tutto in secondo piano nei mesi seguenti: il 20 aprile 1963 una poderosa task force statunitense entrò nelle acque territoriali cubane. L'invasione dell'isola, voluta da Nixon, ebbe successo, anche se servirono due mesi per spezzarne completamente la resistenza.
La foto del cadavere di Ernesto Guevara, forse morto suicida durante l'ultima resistenza, fece il giro del Mondo.
La rabbiosa reazione sovietica non fu tenuta in grande considerazione dai vertici occidentali, oltretutto limitandosi alle sole proteste diplomatiche ed a qualche velleitaria esercitazione militare ai confini con la Germania ovest. Il premier russo Dimitri Micoyan divise il Mondo quando, presentatosi all'ONU, pronunciò la storica frase “Io sono cubano”, per poi ritirare la propria delegazione dalle Nazioni Unite, seguito dai rappresentanti di tutti i paesi comunisti.

Lo Spazio tornò alla ribalta dei media con il lancio della nuova capsula “Constitution”, il 7 gennaio 1964, capace di portare ben tre astronauti in orbita. Tutti abbiamo negli occhi le immagini del comandante Gordon Cooper mentre abbandona la navicella, ben ancorato al massiccio tubo dell'ossigeno, per librarsi nella prima passeggiata spaziale.
Intanto avevamo notizia di una grande escalation di voli spaziali sovietici, ma li consideravano semplici sonde automatiche, di cui non ci preoccupavamo granché. I nostri satelliti continuavano a mostrarci un nemico debole, con un esercito tanto elefantiaco quanto obsoleto ed inefficiente.
Nel tardo 1964 tornai in Gran Bretagna, scoprendo che anche nella mia patria in molti erano oramai convinti della necessità di mettere la parola “fine” al comunismo. Nonostante le proteste di una popolazione sempre più impoverita, gli aeroporti abbandonati dall'ultima guerra venivano riaperti e stipati dei nuovi, micidiali, bombardieri atomici “Vulcan”.
In USA, soddisfatti dai successi ottenuti e dalle enormi ricadute tecnologiche in campo militare, i finanziamenti per la ricerca spaziale venivano reindirizzati verso l'apparato bellico.
Von Braun, capo del programma della NASA per portare uomini sulla Luna, venne estromesso da ogni potere: fu sufficiente ricordare ai giornali il suo passato nazista, noto da sempre ed ignorato fintanto risultava utile al progetto.
Il 25 dicembre 1964 dalla Constitution 5, in orbita a 300 km di quota, un astronauta cappellano dell'aviazione pronunciò un sermone di fuoco, trasmesso in mondovisione, sulla necessità di estirpare il male assoluto dell'ateismo comunista dalla Terra.
I toni apocalittici del sacerdote furono di sinistro presagio.
Nel marzo 1965 la NASA cambiò ancora nome, diventando “USSA”, “United States Space Army”.
Tutti i progetti rientrarono sotto l'assoluta autorità militare.
Sui successivi lanci delle Constitution cadde il riserbo.

Come avrete letto ovunque, in quel periodo i sovietici tentarono di lanciare altri cosmonauti nello Spazio, fallendo sempre e riportando gravi perdite. Tutte le informazioni a riguardo venivano fornite all'Occidente da una fonte civile, un osservatorio di radio ascolto in Danimarca, ritenuto dai media affidabile e “super partes”. Anche questa era disinformazione da noi abilmente pilotata.
I sovietici arrivarono a smettere di confutare questo fiume di calunnie; ogni smentita serviva solo a rafforzare la convinzione che fossero stati spazzati via dai cieli.
Intanto l'Occidente stava cambiando.
Il 3 ottobre 1965, all'apice del suo secondo mandato, Richard Nixon venne assassinato durante una visita a Los Angeles. Una granata, lanciata dalla folla che seguiva il corteo presidenziale, raggiunse la sua Lincoln Continental: l'esplosione uccise tutti gli occupanti, compresa la first lady ed il governatore della California, l'ex attore Ronald Reagan.
Venne immediatamente arrestato un noto esponente della contestazione giovanile, Allen Ginsberg, accusato di aver armato la mano di alcuni beatnik dediti alla mariujana ed all'LSD.
Ginsberg non giunse mai al processo: fu trovato morto in cella poche ore dopo il fermo.
Il vicepresidente, il controverso George Lincoln Rockwell, da sempre accusato di simpatie neonaziste, giurò alla Casa Bianca due ore dopo l'attentato, diventando il 36° presidente degli Stati Uniti d'America. Il 5 ottobre 1965, in un senato blindato, venne emesso quello che è noto come “Safety Act”; gran parte delle libertà individuali e la libertà di stampa vennero soppresse: -In questo momento buio per la nazione dobbiamo assumerci la responsabilità di una scelta tanto impopolare quanto necessaria- disse di fronte ad un Congresso impietrito ed inerme, -un mostruoso complotto comunista mondiale sta armando i nostri giovani contro il proprio stesso paese. Falsi ideali e fiumi di droga stanno corrompendo le loro menti. Non staremo fermi a guardare questa azione atta a distruggere quanto i nostri padri fondatori, uomini bianchi guidati dalla luce di Dio, hanno costruito in quasi duecento anni. I comunisti stanno utilizzando la popolazione negra e gli immigrati sudamericani, con stolte promesse di assurde emancipazioni. Tutto questo grida vendetta a nostro Signore !-
La sera stessa una capsula Constitution esplose dei proiettili contro un satellite sovietico per le telecomunicazioni, distruggendolo.
Non troverete in Arpanet, ora Internet, molte informazioni riguardo quel periodo.
Nella mia amata Gran Bretagna i conservatori si allearono con i neofascisti del giovane Max Monsley, un ex pilota da corsa, figlio del noto sir Oswald, già capo del partito fascista inglese prima della guerra. Il malessere dei proletari inglesi venne abilmente indirizzato contro gli immigrati: non passava giorno senza che venisse data a fuoco una moschea od un ristorante indiano. Infine anche le sinagoghe britanniche, come anni prima nell'Europa continentale, iniziarono a bruciare.
In Italia un colpo di stato estromise la sinistra dal parlamento. Lo stadio Olimpico di Roma venne usato come prigione a cielo aperto per decine di migliaia di oppositori. Molti di loro sparirono nel nulla.
In Germania ovest come in Giappone, il “Mondo libero” rinunciava a gran parte della propria sovranità sotto la pressione dei vincitori della seconda guerra mondiale. Ovunque l'apparato militare veniva rafforzato e la dissidenza eliminata.
Di contro stava succedendo qualcosa di strano in Unione Sovietica. Una nuova primavera di libertà prendeva sorprendentemente piede. Il nuovo premier Andrey Gromiko, inaspettatamente visti i suoi trascorsi da fedelissimo del regime, varò riforme economiche e libertarie che diedero nuova spinta al blocco oltrecortina. Da Praga a Vladivostok milioni di persone tornarono a sfilare spontaneamente in piazza; stavolta non chiedevano la libertà che stavano, certo faticosamente, ottenendo... adesso si coalizzavano per paura del Fascismo nuovamente alle porte di casa.
L'8 settembre 1966, da Cape Canaveral, adesso ribattezzata Cape Nixon, si alzò in cielo l'enorme missile Jupiter V: il presidente Rockwell annunciò al Mondo che il primo modulo della nuova stazione spaziale permanente da combattimento, l'enorme “Liberty”, era in orbita a difesa dei valori americani e, dunque, mondiali. “Agiamo in Cristo” era scritto sullo scafo.
Il 1967 iniziò con lo smantellamento del muro di Berlino. Ad Occidente la gioia fu contenuta.
I profughi dall'Est furono pochi, mentre si osservò una paradossale diaspora di gente annientata dalla continua crisi economica, nonché dalla costante riduzione delle libertà, verso la Germania democratica. Nel maggio 1967, in una notte, venne tirato su un nuovo sbarramento divisorio, questa volta dagli occidentali: -E' necessario difendersi dalla contaminazione comunista- affermò seccamente Rockwell all'oramai addestrata stampa mondiale.
Forse vi chiederete cosa c'entri tutto questo con l'astronautica, magari troverete questa video conferenza d'introduzione tediosa... ma per quanto sia ozioso, chiedersi cosa sarebbe successo in un diverso contesto politico è lecito.
So che è difficile, ma provate ad immaginare uno Spazio smilitarizzato, satelliti per le comunicazioni atti a portare libera informazione in ogni dove, sonde per l'esplorazione scientifica verso gli altri pianeti del Sistema Solare... immaginate tutte le conoscenze che potevamo acquisire e che non furono.
L'America che vide l'alba del 1968 non era che la pallida immagine riflessa del paese guida della democrazia di un tempo. Squadracce prezzolate aggredivano i giovani hippies, rasandogli i capelli fra il pubblico ludibrio e pestandoli a sangue ogni qual volta provavano a radunarsi per una manifestazione od un concerto. In migliaia vennero arruolati a forza e spediti a combattere nelle insanguinate risaie del Vietnam e del fronte riaperto in Corea.
Il 16 luglio 1968, dopo una serie di dieci lanci dello Jupiter V coronati dal successo, il presidente Rockwell dichiarò terminata ed operativa la stazione “Liberty”. Simile ad una ruota dal raggio di 30 metri, non si mancò di sottolineare la presenza a bordo di 50 sofisticate testate termonucleari, in grado di raggiungere l'Unione Sovietica in meno di dieci minuti.
-Se mai osassero attaccarci- affermò sorridendo il presidente, intervistato in televisione dal famoso giornalista Walter Cronkite -per noi sarà come tirare sassi da un cavalcavia.-

L'aver assunto posizioni contrarie a questo nuovo ordine mondiale mi fu ripagato con un avanzamento di grado, ed un trasferimento immediato presso un nostro centro d'ascolto spaziale nel desolato entroterra australiano.
Insieme a pochi altri paria, passavo giorni e notti ad ascoltare ed a tracciare tutto quanto veniva dal cielo: fu così che ebbi modo di conoscere l'assoluta verità degli ultimi fatti.

Era il 20 novembre 1968.
Gli osservatori sismici ai confini del Kazakistan rilevarono una scossa tellurica, compatibile con una esplosione nucleare di media intensità, epicentro a Baykonur.
Immediatamente si pensò ad un qualche catastrofico fallimento di un lancio sovietico, senonché testimonianze dirette, ed inequivocabili tracce radar, segnalarono l'arrivo in orbita di un grosso ordigno. Andammo in fibrillazione e dopo pochi minuti eravamo già a DEFCON 2.
Seguimmo con paura quell'oggetto, che si muoveva ad una velocità mai vista prima tanto che, dopo due orbite, abbandonò la Terra e si mosse verso lo spazio profondo.
Verso la Luna.

Già mi sembra di vedervi ridacchiare... “Ancora la bufala dei Russi sulla Luna !” Ecco cosa state pensando.
Ma io ho le prove, le abbiamo sempre avute, e soltanto adesso la nuova situazione politica della nostra coalizione ci ha permesso di desecretare i molti documenti in nostro possesso: le prove inequivocabili di quanto successe davvero.

Per due interi giorni potei seguire i collegamenti in chiaro fra la navicella sovietica “LK-700” e le basi di rilevamento a terra. I russi avevano lanciato, grazie ad un enorme vettore con l'ultimo stadio a propulsione nucleare, una grande navetta a quattro posti che, raggiunta la via di fuga, aveva iniziato un veloce viaggio verso il nostro satellite.
Li ascoltammo con eccitazione crescente. Tememmo per loro quando il comandante della missione, il colonnello Yuri Gagarin, comunicava qualche piccolo intoppo. Pregammo addirittura quando iniziarono la discesa verticale verso la desolazione selenita.
La radio e la tv moscovita, con un'azione senza precedenti, trasmettevano in diretta al Mondo la grande impresa in corso ma, da noi, la cosa veniva derisa e giudicata, da stampa e televisione, una ridicola burla di un paese oramai alle corde.

Alle ore 21 (Tutti gli orari riportati sono GMT: ora di Greenwich) del 23 novembre 1968, la LK-700 posò le sue quattro zampe telescopiche sul “Mare della tranquillità”. Alle 21.34 il comandante Gagarin scese con attenzione la lunga scaletta e lasciò la sua storica impronta sul suolo lunare: -Visito questo mondo ma non ne prendo possesso- disse -siamo uomini fra gli uomini, e veniamo in pace.-
Nessuno in occidente poté seguire la diretta televisiva, rilanciata alla Terra da un piccolo satellite lasciato in orbita lunare dalla nave spaziale sovietica, ma furono ugualmente in molti ad alzare lo sguardo verso il cielo, interrogandosi se davvero qualcuno stava camminando su quell'astro vicino e luminoso.

Non vi fu tempo per sognare, ed il resto lo conoscete tutti fin troppo bene.
Alle 02:43 del 24 novembre, il presidente Rockwell dichiarò DEFCON 1 ed attivò i codici dell'attacco nucleare.
Convinti di avere facile gioco, la nostra prima ondata d'attacco si limitò a poche decine di testate termonucleari; secondo le previsioni queste avrebbero completamente distrutto ogni capacità sovietica di reagire, eliminando per sempre il pericolo comunista.
Ma avevamo fatto gravi errori di valutazione.
I nostri satelliti spia ci avevano fatto vedere tutto, ma non per questo eravamo sempre stati in grado di capire cosa vedevamo… Una nuova generazione di scienziati, più liberi dei loro predecessori e ben motivati, avevano lavorato con successo a soluzioni difensive incredibilmente efficienti. Decine di potenti laser, basati a Terra e su navi oceanografiche apparentemente innocue, spazzarono via la grande maggioranza dei nostri ICBM mentre erano ancora in ascesa. Gli impulsi elettromagnetici delle gigantesche esplosioni nella stratosfera bruciarono i circuiti elettrici non protetti dell'intero pianeta.
Là dov'era notte, il buio accompagnò la paura.
I satelliti smisero di funzionare e, inerte, l'inutile stazione Liberty iniziò una lenta parabola discendente verso gli alti strati dell'atmosfera, dove sarebbe bruciata pochi giorni dopo.
L'Unione Sovietica venne comunque duramente colpita, ma fece in tempo a scaricare gran parte del suo arsenale su di noi. Una nostra ulteriore risposta fu tardiva ed in gran parte inefficace.
Venimmo anche colpiti dall'attacco, inutile e suicida, di molte navette “Spettro del comunismo”, in effetti degli efficienti bombardieri antipoidali.

Come è noto, la guerra viene universalmente considerata conclusa alle ore 18 del 24 novembre quando, attraverso linee telefoniche superprotette, i sopravvissuti dei vertici dei due schieramenti poterono concordare un armistizio, che tuttora perdura.
Rockwell era morto poche ore prima, disintegrato col suo aereo presidenziale.

Mentre il Mondo bruciava miliardi di vite, quattro cosmonauti sulla Luna, tre uomini ed una donna, impotenti, rimasero a guardare. Di loro ci rimangono poche sbiadite immagini radiotrasmesse, che a lungo la propaganda e l'odio vi hanno fatto credere esser false.
Inoltre non sapete che esiste un triste, laconico messaggio rispedito a terra in una piccola sonda, miracolosamente recuperata intatta nei primi anni 80.
-Non abbiamo proclami, non abbiamo parole da dire né poesie da recitare. Siamo venuti sulla Luna per dimostrare che l'uomo poteva farlo, che potevamo fare ben altro che ucciderci in nome di ideologie già vecchie nel momento stesso in cui vengono enunciate... O di divinità che, se esistono davvero, devono essere feroci... oppure incapaci di difendersi dai propri stessi credenti.
In questo momento noi rappresentiamo solo il nostro fallimento.
Abbiamo un'autonomia di circa un mese; ripartiremo da questo satellite ma non torneremo da voi. Siamo tutti d'accordo che punteremo la prua verso lo spazio esterno; i nostri motori ci consentono di raggiungere la via di fuga da questo sistema solare. Ci perderemo nel nulla, ad eterna testimonianza di quel che potevamo essere... e della nostra stupidità.-
Dalla LK-700 non giunse altro.

Sono un sopravvissuto, nonché uno degli uomini più anziani al Mondo, che non vuole andarsene prima di aver lasciato qualcosa di concreto a questa nuova, giovane umanità che, si spera, saprà fare meglio delle precedenti. La cosa migliore che ci hanno lasciato i militari, Arpanet, Internet come dite adesso, ci ha permesso di rimanere in contatto e di mantenere la luce della conoscenza. Molto è andato perduto, ma molto è stato recuperato. L'Unione anglo americana, secondo l'ultimo censimento del 2011, è forte oramai di ben sei milioni di abitanti. Si calcola che nel resto del Mondo vivano in condizioni sufficientemente buone perlomeno altri trenta milioni di individui, sparsi fra la coalizione orientale ed il poco che resta della così detta “Bundes europea”.

Con questo video ho voluto introdurvi ad un enorme database, al quale da oggi potrete tutti accedere liberamente. Vi sono tutte le informazioni che abbiamo potuto recuperare dalla catastrofe riguardo la tecnica del volo spaziale. Vi troverete migliaia di libri, articoli, testimonianze civili e militari, progetti e sogni...
La nostra unica richiesta è di farne copia e diffusione, di far si che questo Sapere non rischi di andare perduto.
Attualmente l'orbita è un posto pericoloso, pieno di milioni di detriti non ancora ricaduti a terra, dove sarebbe quasi impossibile tornare senza rischiare drammatiche collisioni.
Ma prima o poi ci rimetteremo piede, e stavolta dovremo fare in modo che le cose vadano diversamente.
Il prossimo uomo ad arrivare in orbita non dovrà rimanere a guardare la Terra dall'alto, dovrà guardarle oltre.
C'è l'assoluta necessità che decenni di ricerca non vadano perduti, è fondamentale che si formino nuove generazioni di ingegneri, di fisici, di esploratori.
Perché ne avremo bisogno, fra cento anni o poco più, quando la radioattività sarà tornata a livelli sopportabili... e potremo uscire dal sottosuolo per guardare nuovamente il cielo.
 
   
 
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