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Autore: SakiJune    17/04/2014    0 recensioni
Ada Markham vive a Londra e NON è una ragazza come tutte le altre: è una fangirl del Dottore, proveniente da un’altra dimensione. Per un capriccio di Clara, delusa e scontenta dopo la rigenerazione del Dottore, Ada giunge a bordo della TARDIS e gli equilibri stagnanti tra i membri dell’equipaggio subiranno un serio scossone.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Clara Oswin Oswald, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Qualche nota esplicativa:
I Rutani (in inglese "Rutans" o "Rutan Host"), abitanti di Ruta III, sono un'entità plurale e mutaforma, nemici giurati dei Sontaran. Se li volete conoscere meglio, guardate l'episodio della serie classica "Horror of Fang Rock", uno dei più belli con il Quarto Dottore e Leela.
I Sand Shrews, da me ribattezzati Zoccole Arenelle, sono topi carnivori che vivono su Sontar e compaiono nel romanzo breve "The Sontaran Games".
La spilla di Vastra e gli occhialetti sonici di Strax sono due dei gadgets scelti durante un concorso per bambini (qui) che compariranno probabilmente nell'ottava stagione. Lo spero proprio perché sono fighissimi.


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- Chi esce con me ad esplorare questa volta? Non ha l’aria di essere Ruta III, perciò potresti mettere il musino fuori. - Il Dottore aveva qualcosa in mente. Aveva controllato lo schermo dopo l’atterraggio, e da allora aveva iniziato a guardare Strax con un’espressione vagamente divertita.
- Pronto per la ricognizione, allora! - era stata la risposta.
- Si respira fuori, sì? - aveva domandato Clara, scambiandosi un mezzo sorriso con Ada. - E la temperatura? Non ho nessuna intenzione di gelare o di crepare di caldo, perciò dateci una dritta e ci prepariamo di conseguenza.
Il guardaroba non le dava più tristezza, da quando aveva un’amica con cui provare i vestiti davanti allo specchio. Essi non le trasmettevano più quel terribile senso di nostalgia per momenti mai vissuti, o forse intravisti dalle sue eco. Aveva messo da parte persino i tentativi di far luce sui propri sentimenti per il Dottore. Dopotutto, non era per amore che aveva iniziato a viaggiare con lui; dunque non avrebbe nemmeno smesso per motivi ad esso circoscritti.
- No, ragazze, voi restate dentro. Non siamo qui per caso. Lei non ci porta in nessun posto per caso, se non te ne fossi accorta.
Si era rivolta a Clara, e nemmeno con gentilezza, ma fu Ada ad annuire con una tale vivacità da sembrare sotto l’effetto di qualche droga molto potente.
- Stai iperventilando, prova a respirare lentamente. - consigliò Vastra con distacco.
- Mi perdoni, Madame! - Ada sapeva essere la goffaggine personificata, quando ci si metteva. Ma il Dottore dimostrò di non essere da meno quando, uscendo dalla TARDIS, incespicò e rischiò seriamente di piombare a terra.
- Dimenticavo questo particolare. - Si voltò verso Strax: - Ti troverai a tuo agio in modo sorprendente.
Quando i due furono fuori portata di voce, Ada si affrettò alla console, continuando a gesticolare: - Siamo proprio su Sontar, non è vero? La gravità, l’ho capito dalla gravità!
Dopo aver controllato, Vastra sembrò compiaciuta e ignorò l’agitazione della nuova arrivata. Conoscenza e intuizione erano doti che compensavano ampiamente la mancanza di autocontrollo, almeno in tempo di pace.
Prendiamo ad esempio la sua ex moglie, Jenny - tanto per cambiare. Era così intelligente… ma era stata proprio la razionalità ad allontanarla da lei. Veniva da chiedersi chi fosse la creatura a sangue freddo tra le due.
Ecco perché Clara le era piaciuta subito: non aveva proprio l’aria di chi rinuncerebbe all’amore nel presente per la paura del futuro. E nemmeno Ada le dava questa impressione.
Si sbagliava, in parte.
Clara aveva avuto mille pensieri, in cuor suo, su un’eventuale separazione dal Dottore, e solo di recente aveva accantonato quella possibilità. E Ada… un giorno l’avrebbe lasciato senza pensarci troppo, per una speranza più grande.
Per un amore completamente diverso.
Ma quel giorno, sotto il cielo di Sontar, Vastra ammirò entrambe, mentre si esercitavano a camminare pur sentendosi le gambe di tre quintali ciascuna, ridendo e, con sua somma preoccupazione, allontanandosi un po’ troppo dalla sua visuale.

- Sei felice.
Non era una domanda. Clara la sovrastava, dopo essere cadute di peso l’una sull’altra: - Cosa?
- Dico che lo sei. Lo vedo. Eppure, quando c’è il Dottore, sei diversa.
Ada voltò il capo, con la guancia sul terreno, e chiuse gli occhi. Si sentiva più libera di parlare, in quella posizione. Le sembrava di sprofondare, anche, ma non importava.
- Sono fortunata di essere con voi. Ed è tutto merito tuo. - Fu un sorriso invisibile, ma il rossore si estendeva fino alle orecchie e Clara poté goderne. - Ma è difficile. Quello che a te sembra straordinario, per me è impossibile. Tu provi stupore per ciò che non hai mai visto prima… io l’ho già visto, e a volte lo conosco bene, ma è sempre stata una finzione per me. - Le venne in mente il libro che si era trovata fra le mani il giorno del loro incontro: - Come ti sei sentita quando ti ho detto che il mio bisnonno era un personaggio del tuo romanzo giallo?
Clara ci pensò su. Si rialzò a metà, con parecchia fatica. Se si fossero fermati a lungo su quel pianeta avrebbero sviluppato un bel po’ di muscoli, oppure sarebbero stati disintegrati dai Sontaran, una delle due opzioni a piacere. - Non mi è sembrato così strano. Però ho capito cosa vuoi dire. Se mi avessi detto che il mio orsacchiotto di pezza nel tuo mondo era un orso vero, pelo e tutina e cravattino e tutto, avrei avuto un tracollo mentale, lì per lì.
Ada iniziò a ridacchiare. - Hai centrato il punto, ma capisci che è più complicato di così. Il Dottore era… il mio orsacchiotto. Oddio Clara, ti prego, non dirgli che ho tirato fuori una cosa del genere o mi caccia via davvero!
Vide un’ombra sopra di lei e per un istante credette che il cielo si fosse oscurato, ma poi si accorse che, semplicemente, Clara si era chinata di nuovo, tendendole entrambe le mani per aiutarla ad alzarsi. Questa volta non poté nascondere il viso mentre arrossiva.
- Un orsacchiotto tutto grigio, direi. - Ada non si accorse che c’era tristezza in quella frase. Non si accorse nemmeno del topo nerastro che le era rimasto abbarbicato alla spalla, almeno finché esso non vi ebbe affondato i denti.
Clara cacciò uno strillo e glielo strappò di dosso, ma la bestiola aveva già pasteggiato abbondantemente. Ada, sanguinante e con gli occhi sgranati, emise un lamento che poteva sembrare di dolore, ma quando indicò in basso Clara capì che la situazione stava volgendo al peggio: altri topi si stavano arrampicando sui suoi stivali e avevano già fatto scempio dei lacci. Ruzzolò a terra nel tentativo di calciarli via, e con sommo terrore sentì che avevano iniziato a strapparle i capelli. Ada, che continuava a perdere sangue, cercò a sua volta di schiacciarli con le scarpe, ma la vista ormai offuscata le impediva di distinguerli.
Sul punto di svenire, all’improvviso udì un sibilo che si fece sempre più sottile e pungente, fino a scomparire.
- Quando vi dice di non andarvene in giro, non ce la fate proprio a dargli retta?
La voce severa e preoccupata di Madame Vastra diede ad Ada un po’ di conforto e riuscì a balbettare: - Zo-zoccole Arenelle…
- Mi fa più che piacere che conosci la fauna locale, signorina Markham, ora però torniamo alla TARDIS prima che si facciano rivedere. - Si rinfilò la spilla sonica nel cappello. - Clara, tutto bene?
L’interpellata si controllò la testa e inorridì, ma si limitò ad annuire.
Le Zoccole Arenelle comparivano in un romanzetto sul Decimo Dottore che si vendeva in edicola per due sterline. Ada l’aveva letto, ma non era stata quella la prima cosa che le era venuta in mente quando si era resa conto di essere su Sontar - piuttosto, aveva immaginato squadroni di Sontaran in assetto da battaglia, e non sarebbe stato ben più probabile?

 

Strax continuava a procedere per i corridoi, aprendo ogni porta e richiudendola dopo avere esaminato la stanza, sistematicamente. Il Dottore lo seguiva, la bocca dischiusa e la gola secca, incapace di fermarlo.
La caserma del Quindicesimo Battaglione si estendeva per diversi chilometri quadrati. Non esistevano edifici a più piani su Sontar, per via della gravità, perciò i più importanti occupavano superfici notevoli. Quando il Dottore si fermò a riposare, le gambe scosse da tremiti, Strax continuò ad aprire e chiudere porte con fare meccanico e lo sguardo impassibile.
- Basta! - Quella semplice parola echeggiò a lungo tra le pareti prima di penetrare nell’animo del Sontaran, che fermò la mano davanti ad un ennesimo pulsante di apertura e la lasciò ricadere.
Il Dottore lo raggiunse, ancora un po’ affannato, e lo vide più che mai vulnerabile: immobile, il foro di alimentazione alla mercé di un eventuale nemico, senza armatura, senza speranza…
C’erano morti ovunque.
Si sarebbe potuto dire che vi era stata una battaglia, perché i Rutani avevano sempre combattuto in quel modo - con astuti stratagemmi e trucchi letali. Mai, però, si erano spinti a causare una tale devastazione, per quanto ricordasse. E il Dottore non era solito considerare i genocidi come scontri degni d’onore.
C’erano morti ad ogni angolo, in ogni stanza, in ogni cortile e per tutta la strada che li aveva portati in città, morti con gli occhi sbarrati e la schiuma alla bocca, e non sembravano soldati fieri di dare la vita per la gloria dell’Impero, erano solo gusci vuoti di creature terrorizzate.
Un virus, era stata la conclusione del Dottore. Un virus creato appositamente per la razza Sontaran, il che spiegava il perché non avevano trovato alcun superstite ma anche perché entrambi ne sembravano immuni: i geni di Strax erano stati modificati per svolgere lo svilente compito di infermiere.
Ormai, sia il più coraggioso comandante militare che il medico più esperto non avrebbero potuto cambiare la realtà, né riempire abbastanza quel silenzio.
Il Dottore ricordò le innumerevoli occasioni in cui aveva dovuto proteggere pianeti, satelliti e intere galassie dall’invasione dei Sontaran - anche la Terra, persino Gallifrey, ed era stato costretto a dare il peggio di sé pur di sconfiggerli, persino farsi eleggere Lord Presidente! No, i Sontaran non erano migliori delle meduse mutaforma di Ruta III, autori di quella strage. Ma in quel momento non poté fare a meno di provare pena per tutti loro.
Si aspettava che Strax gridasse vendetta, che afferrasse un’arma e si precipitasse fuori, brandendola contro il cielo.
Nulla.
Camminò avanti e indietro, poiché non poteva fare altro: restare fermo per troppo tempo stancava i muscoli delle gambe ancor più che muoversi.
- Perché? - lo sentì chiedere, infine.
Il Dottore sapeva tante cose, e di solito poteva rispondere ad ogni domanda. Conosceva le regole del cricket e le commedie di Shakespeare, i nomi dell’imperatore Porridge e quelli di Albus Dumbledore. Sarebbe stato in grado di descrivere il volto di Omega, che pure era fatto di vuoto. Ma non sapeva perché.
Non c’era un perché.
Quel che poteva dire era “Basta.” Basta con la crudeltà, basta con la vendetta, basta con la violenza. Basta lacrime.
Non più.
Porco schifo, non più.
- Perché mi hai portato a casa? Sapevi cos’era successo? Sapevi che sarebbe successo?
Quell’accusa lo ferì.
Il Dottore si costrinse a deglutire prima di scuotere la testa una, due volte.
Dopo un lungo silenzio, Strax sembrò credergli. Non avrebbe cercato il suo conforto, non era come i terrestri, questo lui lo accettava… ma che l’avesse creduto colpevole o complice o soddisfatto dell’accaduto, ecco, per un poco quel dubbio, sorto dallo shock e dopotutto comprensibile,  l’aveva stordito.
“Non dovrebbe sorprenderti. Ricordi cosa significa il tuo nome nelle Foreste Gamma? E quale oscura leggenda si tramanda fra i Sycorax? Cosa riesce a far tremare un Dalek nella sua corazza? Il tuo nome, il tuo nome…”
Più tardi videro altre atrocità.
Vasche piene di embrioni, ormai contaminati e morti.
Migliaia e migliaia di fiale di materiale genetico esposte all’aria assassina.
La città aveva solo orrore da mostrare, e il Dottore provò l’istinto di fuggire senza guardarsi indietro, saltare sulla TARDIS e… e poi che cosa? Sarebbe forse riuscito a dimenticare ciò che aveva visto?

Al di là di una porta, gli occhialini sonici di Strax individuarono un soffio di vita.
- Sono qui. Gli schifosi si sono nascosti qui.
Il Dottore aggrottò la fronte. - I Rutani non avrebbero bisogno di nascondersi. No, controlla meglio. Dove ho messo… - Si frugò nelle tasche. Da quanto non usava il suo cacciavite? Non ricordava nemmeno più dove fosse.
- Sono Sontaran! Sono vivi!
Fecero per aprire la porta, ma un identico dubbio passò nelle loro menti. Forse lì dentro il virus non era riuscito a penetrare, ma se avessero dissigillato la stanza…
Il sollievo ridiede a Strax la lucidità di cui aveva bisogno: - Di sicuro la chiusura non è a prova di microrganismi. È solo un magazzino. Mi sentite? Chi siete? Specificare nome, rango e battaglione!
Qualcuno rispose. E da quelle parole capì che poteva aprire senza timori, che non c’erano pericoli.
Erano Sontaran come lui.
Uguali a lui.
Geneticamente modificati per assolvere a compiti ingrati e mortificanti, ma per questo, proprio come lui, sopravvissuti.

   
 
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