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Autore: Ruta    18/04/2014    1 recensioni
La prima deduzione è anche la più dolorosa. Via via farà meno male? Mycroft non può assicurarglielo.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. '
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inizi

Nella vita non esistono che gli inizi.
Madame de Staël

 

 

 

 

Inizi

 

 

 

 

 

“Barbarossa era il nome di un imperatore”, dichiara Mycroft in tono di vago rimprovero, senza staccare gli occhi dal paragrafo che sta leggendo.
Sua madre lo redarguisce con un’occhiata carica di avvertimento.
Sherlock non gli bada, continua a lisciare il pelo fulvo del cane. “Barbarossa è un pirata.”

Cocker Spaniel Inglese. Una razza di cane da caccia e da riporto, selezionata originariamente per la caccia della beccaccia. Ottimo nuotatore, adatto al lavoro in palude.
Un cane dai natali di tutto rispetto, di bell’aspetto, elegante e signorile. E suo fratello, il suo stupido fratello minore, vuole farne…
“Un cane pirata”, dice Mycroft. Un’espressione di incredulità gli si fa largo negli occhi, lo porta a guardare i genitori in cerca di un sostegno che non arriva.
L’inventiva di un bambino rimane capacità creativa in qualunque modo la si guardi, ha cercato di spiegargli suo padre innumerevoli volte, senza profitto. Non è scarsa intelligenza, ma precursore di una genialità che sta trovando strada, sta scegliendo come manifestarsi, secondo i suoi tempi.     
(“Sherlock ha tutto il tempo per imparare, Myc. Tutto il tempo del mondo.”)
“Esistono i cani poliziotto”, interviene suo padre mitemente. “Barbarossa sarà il primo cane pirata nella storia della filibusteria.”
“L’unico”, lo corregge Sherlock.
Mycroft li osserva con rassegnazione. Torna al suo libro.

 

 

Sherlock ha sei anni. Si pavoneggia di fronte allo specchio che è in camera dei suoi genitori. Torce gli occhi, uno solo è visibile e l’altro torna a non esserlo dopo che raddrizza la benda nera da pirata che si era spostata.
Fa progetti di fortini da costruire sulla quercia che cresce nel cortile del cottage; nasconde vecchi tesori sotto i cespugli di biancospino e gli arbusti di gelso.
È un pirata e sa che pirata è un sostantivo che deriva dal latino, che a sua volta ha origini più antiche. Viene dal verbo greco ‘πειράομαι’ e significa ‘fare un tentativo, provare un assalto’.
Sherlock ha deciso di assaltare il mondo, di partire all’arrembaggio.
Il tentativo muore il giorno in cui il suo capitano in seconda, luogotenente e ammiraglio e unico altro componente della ciurma (“Per il momento”, spiega con impazienza a sua madre. “Presto avrò una vera ciurma. Servirà un medico di bordo e un navigatore e un cecchino e-”
“Un cuoco”, dice sua madre, brandendo il ramaiolo con cui sta per girare la zuppa che sobbolle sul fuoco. “Non dimenticare un cuoco. Non vorrai rimanere a stomaco vuoto in alto mare, durante un periodo di bonaccia. Non si arriva da nessuna parte a stomaco vuoto.”) viene investito da una macchina.  

 

 

“Adesso capisci, vero, Sherlock?”
C’è stato un servizio funebre. Suo padre lo ha celebrato e sua madre ha preparato un piccolo rinfresco di tartine al salmone e provveduto a comprare una corona di fiori.
È suo padre che gli racconta di come sia stato Mycroft a ideare e organizzare tutto. (“Tuo fratello ti vuole bene, Sherlock. Veglia su di te anche quando ti sembra che non lo faccia. Volere bene a qualcuno è un lavoro a tempo pieno. Non ci sono ferie o pause.”)
“Tenere a qualcuno è uno svantaggio.”
Sherlock si strofina gli occhi. Evita il suo sguardo. C’è qualcosa di dignitoso e fiero nel dolore di questo bambino alto dai ricci scuri che cerca di non piangere la morte del suo migliore amico.
Ed era un cane. Pensa a come sarebbe stato se –
Mycroft lo lascia dedurre il seguito.
La prima deduzione è anche la più dolorosa. Via via farà meno male? Mycroft non può assicurarglielo. Può sembrare crudele, ma da lui Sherlock non otterrà mai niente che non sia la realtà. E farà male, è vero, ma sempre meno di quanto ne abbia fatto la bolla di sapone di questa prima e unica illusione scoppiando. L’unica concessione della fantasia.    

 

 

*

 

Sherlock ha tredici anni. È indisciplinato, un contestatore. Ed è in castigo. La parola gli fa storcere la bocca per il disgusto.
Il castigo della punizione, già di per sé degradante, non è sufficiente. Ora c’è anche la mortificazione di una ramanzina, ennesima della lunga trafila che l’ha preceduta e avanguardia delle moltissime altre che, Sherlock ne ha la scoraggiante sicurezza, seguiranno in futuro.
È una delle poche non-incognite della sua vita: sapere che sempre, sempre, sarà ripreso perché non prova o sente o vede nel modo giusto, banale, appropriato.   
Sherlock osserva, percepisce. Il resto non gli interessa. Dovrebbe fingere?
(“Non è amalgamarsi, caro fratello, né appiattirsi. Mimetizzarsi è un’antica forma di difesa. Nel nostro caso è di tipo emsleyano.”)
Suo padre è un uomo tranquillo con l’aria da pensionato, occhi marroni benevoli che lo guardano con affetto palpabile dietro un paio di pince-nez.
“Le persone non si creano dal nulla. Neppure i sentimenti e i legami, sai. Puoi simularli, certo”, sottolinea, con quell’inflessione da ‘e tu ne sai qualcosa a riguardo, signorino’.
“Nulla si crea.”
“Come dici?”
“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, espone Sherlock in tono chiarificatore.
Suo padre si sfrega il mento, paziente. “Immagino che possa venire applicato anche nelle diverse sfere della vita quotidiana”, acconsente con bonaria indulgenza. “Ma ricorda questa mia, Sherlock: proprio come in ogni reazione chimica non puoi creare dal nulla gli elementi, così non puoi creare le persone, solo avere la fortuna di incontrare quelle giuste.”
“Non mi interessa incontrare le persone.” Perché dovrei?
Suo padre gli dà una pacca sulla spalla, gli strizza l’occhio. “Quando incontrerai la persona giusta, Sherly, quando succederà, cambierai opinione.”

 

*

 

Sherlock non aveva intenzione di capirlo. Per molti anni si è sforzato di non farlo. Al contrario, ha evitato accuratamente di avvicinarsi alla scoperta che avrebbe sbloccato il mistero di quella massima.
Le persone non sono un mistero, non lo sono mai state per lui. Le persone diventano le loro storie, ha sempre pensato, e leggere le parole scritte sulla loro pelle, nei loro sguardi è automatico, istintivo.
John non è stato l’inizio, ma è stato un inizio. È stato una scelta.
Con l’avvento di John Watson si è verificato un sottile, ma percepibile mutamento di registro nel suo rapportarsi alle persone. No, non alle persone in generale quanto piuttosto alle sue conoscenze.
Conoscenze come Mrs. Hudson, l’Ispettore Lestrade e sì, anche lei, Molly Hooper.
Sherlock non ha creato nessuno di loro, ma ha avuto la fortuna di incontrarli e quando è successo, la sua opinione non è cambiata: si è scissa.
Ora, attende il giorno in cui una delle due controparti prevarrà.  

 

 

 

 


 
N/a:

Il dialogo tra Sherlock e la madre… fa molto One Piece, vero?
Leggermente stremata dal corso delle giornate, mi sono goduta il primo giorno di riposo di quelli che saranno molte altri. Una settimana, per la precisione :)
Spero di riuscire a completare degli scritti che ho in sospeso durante questo lasso di tempo. Se non dovessi riuscirci, ne approfitto qui per augurarvi una serena Pasqua. Un abbraccio forte a tutti!

  
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